lunedì 2 ottobre 2017

Cataclismi e Terremoti sono Castighi di Dio?


"Il Diluvio" di Francis Danby (1793-1861)

Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell'uomo:
 mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, 
fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio 
e li fece perire tutti. (Lc. 17, 26-30).


Sebirblu, 2 ottobre 2017

Lo scritto che segue vuol essere la testimonianza diretta di quanto il Cielo sia vicino a noi quando l'intento è proiettato solo al bene degli altri per sollevarli un po' dalle miserie del mondo.

Dopo aver pubblicato l'ultimo post sugli Arcangeli (QUI), ho pensato di preparare qualcosa di utile per le coscienze in prossimità della ricorrenza solenne del Patrono d'Italia, il nostro Santo di Assisi.

Allora, per avere uno spunto, ho riletto alcuni brani della "Vita Seconda di Francesco d'Assisi" di Tommaso da Celano (scaricabile QUI; la Prima QUI), e optando per due piccoli brani che poi riporterò.

La scelta è stata determinata dagli ultimi eventi catastrofici che hanno colpito particolarmente l'America, ma soprattutto il Messico con il suo terribile sisma.

La mia mente è andata subito alla relazione di "Causa ed Effetto" di cui ho parlato specificamente QUI e QUI), ma soprattutto alle "rimozioni eccellenti" del Prof. Roberto de Mattei (QUI e QUI) e di Padre Cavalcoli (QUI e QUI) dai microfoni di Radio Maria, perché accomunati dal medesimo concetto cristiano del rapporto esistente tra "peccato e castigo".

Le Sacre Scritture sono ricche di esempi riguardo a questo tema, ed uno dei più antichi nel Vecchio Testamento è quello che si riferisce alla sorte delle due città corrotte "Sodoma e Gomorra" che, a detta di monsignor Galantino, sarebbero state risparmiate da Dio per un atto di grande clemenza (ved. QUI), stravolgendo del tutto la storia biblica.


"Sodoma e Gomorra" di Benjamin West (1738-1820)

Ma è proprio questo il punto! Siccome la nuova Chiesa modernista con a capo Bergoglio sta rimuovendo completamente il concetto di "peccato" perché Dio, tanto, perdona sempre (ved. QUI), è ovvio che le punizioni divine in conseguenza di un trasgressivo comportamento alle Sue Leggi, risulti estremamente ostico al Clero attuale!

Dunque, proseguendo nell'esposizione di quanto mi è accaduto in questi giorni, ricercando sul web, ho trovato una pagina del quotidiano "la Repubblica" (QUI) che riporta il "caso" De Mattei, quando nel 2011 spiegò come il terremoto del 1908 di Messina fu addirittura evocato da una parte della popolazione atea, secondo uno scritto profetico del 1905, ad opera di un sacerdote che poi sarebbe diventato santo: padre Annibale Maria di Francia.

Per poter meglio comprendere l'articolarsi degli eventi, che a prima vista possono sembrare "coincidenze", devo premettere che nell'arco della mia vita, sin dai primi passi del Cammino spirituale iniziato proprio a Perugia nelle zone di San Francesco, ho avuto il sentore costante della Sua presenza, che si sarebbe mostrata poi, tramite una serie incredibile di aiuti provvidenziali, sempre per mezzo di frati, in occasione di un rocambolesco viaggio in Africa.

Ebbene, forte di questa certezza, ho domandato al Santo di Assisi di guidarmi nel rintracciare in rete ciò che mi era necessario per comporre l'articolo sull'importante tema centrale menzionato anche da lui sui brani che presenterò fra poco.

Ed ho trovato senza cercarlo, quindi letteralmente "caduto dal Cielo", proprio il documento scritto da Sant'Annibale Maria di Francia (ved. QUI), il cui nome corrisponde esattamente a quello riportato dal giornale "la Repubblica" del 22 aprile 2011! (E, tra l'altro, curiosamente postato da un certo "Fra Cristoforo"! Ved. QUI).


Sant'Annibale Maria di Francia (1851-1927)

Eccolo:

"Senza mezzi termini, senza reticenze e timori, io vi dico, o miei concittadini, che Messina è sotto la minaccia dei castighi di Dio: essa non è meno colpevole di tante altre città del mondo che sono state distrutte o dal fuoco o dalle guerre o dai terremoti: deve dunque aspettarsi da un momento all'altro di subire anch'essa la stessa sorte... Ecco il terribile argomento del mio lacrimevole discorso.

Comincio col farvi un'enumerazione di tutti i motivi per i quali i flagelli del Signore su questa città appaiono alla mia mente atterrita quasi inevitabili.

I. Il primo è che i nostri peccati richiamano i castighi di Dio. Presso di noi "peccato" è una parola di poco peso.

Lo commettiamo con la massima facilità, ci abituiamo assai naturalmente, arriviamo a bere l'iniquità come acqua e con l'anima piena di sozzure e di delitti ridiamo, scherziamo, dormiamo e pensiamo ad acquistarci il ben vivere per peccare ancora di più.

Se qualche volta ci pentiamo, è un pentimento superficiale e momentaneo: ben presto si torna al vomito.

Leggiamo la Sacra Scrittura, interroghiamo la storia di tutti i secoli, e noi troviamo che Dio punisce non solo nell'altra vita, ma anche in questa.

Diluvi sterminatori, terremoti distruttori, guerre, epidemie devastatrici, carestie, siccità, mali sempre nuovi ed incogniti: tutto dimostra che Iddio castiga severamente le colpe anche in questa vita.

Messina ha peccati? O miei concittadini, rispondete voi!

Qui la bestemmia regna sovrana. Qui l'indifferentismo religioso non è poco; qui l'usura, il furto, gli omicidi apertamente, per strada, di giorno. Qui la cattiva stampa. Qui gli insegnanti atei, le superstizioni sono all'ordine del giorno. Vi è lo spiritismo, vi sono le "magherie", vi sono i sortilegi.

In Messina vi è la disonestà divenuta abitudine; vi è l'avarizia e la durezza del cuore per cui si lasciano perire i poveri e il danaro si spende piuttosto nel lusso. Tutti questi peccati gridano al Signore: "Signore, affrettati punisci!".

II. Il secondo motivo per cui dobbiamo ritenere sicuri i castighi di Dio è che tante altre città a noi vicine li hanno già ricevuti, appunto perché avevano le nostre stesse colpe. Ora, se il Padre Eterno punì quei luoghi che erano colpevoli come noi, perché non potrebbe arrivare anche qui? Dio è giusto.




III. Il terzo è che i flagelli di Dio verranno su noi perché abbiamo avuto diversi avvisi e non ne abbiamo tenuto conto. Undici anni or sono, la terra ci tremò sotto i piedi. Dopo 4 anni, nel 1898, un altro terremoto: ancor meno fervore. Fino a quello di 40 giorni fa. Che si fece? Nulla! Il popolo, le famiglie rimasero indifferenti!

Ci siamo abituati. Ci siamo persuasi di godere di un privilegio d'immunità presso Dio e di poter peccare a nostro bell'agio. Ah, non è così! Tutti questi reiterati avvisi non sono che i lampi e i tuoni precursori dell'imminente scoppio dell'uragano!

IV. Il  quarto è  che  la  nostra storia,  fin  dalle origini,  ci  rivela  che  Messina,  di epoca  in epoca, è stata sempre visitata dal divino flagello. Il passato ci ammaestra sull'avvenire. Se Iddio per tanti secoli ha fatto tutto questo sulla nostra città, perché dovrebbe mutare la Sua condotta adesso?

Ed aggiungo che ormai è da molto tempo che Messina è esente dalla sferza di Dio. Altre volte passavano soltanto dieci o dodici anni da quando la guerra o le epidemie visitavano questa città. Dal '48  all'87  è  stata  un'alternanza  di  guerre  e  di  colera.

Ma dal 1887 ad oggi, ossia circa 20 anni fa, abbiamo avuto una completa esenzione da pubbliche e violente calamità. Cosa significa? Che Messina da allora si è forse macchiata di meno peccati di prima? Ah, tutt'altro! Piuttosto vuol dire che quando Iddio ritarda...

Ma a me pare che, sin da quando ho iniziato a dimostrarvi che i flagelli di Dio sono per noi inevitabili, voi abbiate cominciato ad appellarvi alla divina Misericordia.

Dunque, tutto ci porta a temere che i castighi di Dio siano già prossimi a piombare sulla nostra città. Ahimè!

Io sento che tutto in noi e fuori di noi li richiama. E noi che facciamo? Seguitiamo ad attirarli e provochiamo il Signore a mandarceli.

Mi è capitato spesso di sentire con le mie orecchie persone dire: "Se Dio sapesse fare le cose, manderebbe un terremoto e ci subisserebbe tutti". Empia parola!

Non è questo uno sfidare la Collera divina, perché ci seppellisca tutti col terremoto?


Sant'Annibale Maria di Francia con Melanie Calvat,
la veggente di La Salette.

E qui non posso nascondervi, fratelli miei, che è appunto questo il flagello col quale io temo che il Signore voglia punirci.

Diverse ragioni mi persuadono di ciò:

In primo luogo, regna in Messina tale indifferentismo, tale acquiescenza col peccato, tale noncuranza delle punizioni di Dio, che abbiamo bisogno di essere percossi: abbiamo bisogno di un castigo che ci scuota, che ci atterrisca, che ci risvegli! E tale è il terremoto, quando è veramente forte sterminatore!

Questa è la sciagura che attualmente Iddio pare abbia preso nelle Sue mani: questo flagello ha rumoreggiato. E le minacce che ci ha fatte non sono di guerra ma di terremoto!

Esso tuttavia, per quanto terribile, ha però qualcosa di buono: apporta una conversione generale! È un gran missionario. Si resiste alle prediche. Ma quando ci sentiamo tremare...

È da molto tempo che tale calamità in tutto il suo rigore non viene su di noi. L'ultima che rovinò Messina avvenne nel 1783, vuol dire centoventidue anni fa.

La nostra storia ci fa sapere che dal 1360 in poi vi sono stati sismi a Messina quasi ogni secolo, più o meno. Ora, sono passati appunto 122 anni da quell'ultimo terremoto, e adesso pare che questa misera città stia aspettando proprio la sua rovina da un momento all'altro!"

(Sant'Annibale Maria Di Francia; Appunti di predica, 15 novembre 1905, in Scritti, vol. 55, doc. 2005).


Messina: terremoto del 1908. Piazza Annunziata con la statua di don Giovanni d'Austria.

A distanza di tre anni da tale scritto profetico, accadde quello che il quotidiano "la Repubblica" ha esposto così:

«All'alba del 28 dicembre 1908, una violentissima scossa di terremoto, di non più di trenta secondi, ma del decimo grado della scala Mercalli, seguita da un terribile maremoto, distrusse la città siciliana e si estese alle coste calabre. Le vittime furono oltre 80.000.

"Messina venne ridotta ad un cumulo di macerie", spiega il docente di Storia del Cristianesimo e della Chiesa. De Mattei cita due testimoni del sisma, che "si prodigarono per aiutare le vittime" ‒ don Luigi Orione e padre Annibale Maria Di Francia.


Sant'Annibale Maria di Francia e San Luigi Orione,
entrambi canonizzati, nel 2004, da Giovanni Paolo II.

"Questi sacerdoti ‒ aggiunge ‒ erano convinti che il terremoto di Messina fosse stato un castigo divino.

Il giorno prima, nella mattina della domenica del 27 dicembre 1908 erano apparse nella città strisce con la scritta «Gesù Cristo non è mai esistito», e per dimostrare l'empia affermazione, alla sera, in un pubblico dibattito era seguita una processione blasfema che era giunta fino alla spiaggia:

‒ un crocifisso era stato buttato a mare tra lazzi e oscenità, mentre il circolo Giordano Bruno si riuniva per decretare la distruzione della religione a Messina."

"Il terremoto distrusse la città, ma (guarda caso!) salvò la dimora degli orfanelli di padre Annibale Maria di Francia."

"Dio, quindi, ha punito i messinesi per i loro peccati." La conclusione è di De Mattei, che non prende le distanze da questa interpretazione storica: c'è un rapporto dunque tra le rovine materiali e quelle spirituali che colpiscono le città e i popoli.»

Ed ecco i due episodi francescani descritti da Tommaso da Celano nelle sue memorie:


"S. Francesco riceve le stigmate" di Federico Fiori detto Barocci (1535-1612)

San Francesco libera gli abitanti di Greccio
dai lupi e dalla grandine.

«Il Santo si fermava volentieri nell'eremo di Greccio, sia perché lo vedeva ricco di povertà, sia perché da una celletta appartata, costruita sulla roccia prominente, poteva dedicarsi più liberamente alla contemplazione delle cose celesti.

È proprio questo il luogo, dove qualche tempo prima aveva celebrato il Natale del Bambino di Betlemme, facendosi bambino col Bambino.

Ora, gli abitanti del luogo erano colpiti da diversi mali: torme di lupi rapaci attaccavano bestiame e uomini, e inoltre la grandine stroncava ogni anno messi e viti.

Un giorno Francesco, mentre predicava, disse: "A gloria e lode di Dio Onnipotente, ascoltate la verità che vi annunzio.

Se ciascuno di voi confesserà i suoi peccati e farà degni frutti di penitenza, vi do la mia parola che questo flagello si allontanerà definitivamente ed il Signore, guardando a voi con amore, vi arricchirà di beni temporali.

Ma ‒ continuò ‒ ascoltate anche questo: vi avverto pure che se, ingrati dei benefici, ritornerete al vomito, si risveglierà la piaga, raddoppierà la pena e la sua ira infierirà su di voi più crudelmente di prima ".

Da quel momento, per i meriti e le preghiere del Padre santo, cessarono le calamità, svanirono i pericoli, e i lupi e la tempesta non recarono più molestia. Anzi, ciò che più meraviglia, quando la grandine batteva i campi dei vicini e si appressava al loro confine, o cessava lì o si dirigeva altrove.

Ma nella tranquillità, i paesani crebbero di numero e si arricchirono troppo di beni materiali. Ed il benessere portò le conseguenze solite: affondarono il volto nel grasso e furono accecati dalla pinguedine o meglio dallo sterco della ricchezza.

E così, ricaduti in colpe maggiori, si dimenticarono di Dio che li aveva salvati. Ma non impunemente, perché il giusto castigo del Signore colpisce meno severamente chi cade nel peccato una volta di chi è recidivo.

Si risvegliò contro di essi il furore di Dio e ai flagelli di prima si aggiunse la guerra e venne dal cielo una epidemia che fece innumerevoli vittime. Da ultimo, un incendio vendicatore distrusse tutto il borgo.

È ben giusto che chi volge la schiena ai benefici, vada in perdizione.»


"San Francesco medita sulla morte" di Francisco De Zurbaran

San Francesco predice ad un ecclesiastico, da lui guarito,
castighi peggiori se ricadrà nel peccato.

«Nel tempo in cui il santo Padre giaceva ammalato nel palazzo del vescovo di Rieti, era pure costretto in un letto, perché infermo e attanagliato dai dolori, un canonico di nome Gedeone, uomo sensuale e mondano.

Fattosi portare da Francesco, lo scongiurò con lacrime a voler fare su di lui il segno della croce. Rispose il Santo: "Come posso benedirti se da gran tempo sei vissuto secondo i desideri della carne e senza timore del giudizio di Dio?"

E continuò: "Ecco, io ti segno nel nome di Cristo. Ma tu ricordati che subirai pene maggiori se, una volta guarito, ritornerai al tuo vomito". E concluse: "Il peccato della ingratitudine riceve sempre castighi più gravi".

Tracciato su di lui un segno di croce, subito l'ammalato, che giaceva fino a quel momento rattrappito, si alzò sano, ed esclamò esultante: "Eccomi guarito!"

Molti sono testimoni che le ossa della sua schiena scricchiolarono, come i legni secchi quando sono spezzati a mano. Ma passato poco tempo, dimenticatosi di Dio, si abbandonò di nuovo alla sensualità.

Una sera si trovava a cena da un canonico suo collega e si fermò quella notte a casa di lui. All'improvviso crollò su tutti il tetto della casa ma, mentre gli altri scamparono alla morte, lui solo, lo sventurato, fu schiacciato sotto il peso delle macerie e morì.

E non è meraviglia se, come aveva predetto il Santo, fu colpito da un castigo più grave del primo: perché si deve essere grati per il perdono ricevuto, e offende doppiamente la ricaduta nel peccato.»

Estratti da "La Vita Seconda di Francesco d'Assisi di Tommaso da Celano"




Conclusione

Come si è letto, ben due santi, di cui uno chiamato da papa Innocenzo III (dal quale Francesco d'Assisi si recò) "Gigante dello Spirito", hanno espresso il loro pensiero sulla correlazione tra peccato "impenitente" e castigo di Dio.

Ma si obbietta che Dio è Amore e che quindi mai più infierirebbe come un aguzzino sui poveri mortali! Ci si dimentica però che Egli è anche Giustizia assoluta, la quale si basa unicamente su una Legge da Lui stesso istituita: quella universalmente in vigore sulle cause e sugli effetti che da esse si dipartono.

Non quindi ritorsione o vendetta, ma giusta retribuzione di meriti o demeriti in rapporto all'utilizzo più o meno improprio della libertà concessa ad ogni uomo.

E non mi si venga a dire, persistendo nella caparbietà più totale che nega il principio reincarnativo, che non si sa perché i bambini soffrono, come ha detto Bergoglio QUI, né perché in una sciagura debbano andarci di mezzo gli innocenti, perché Dio non permetterebbe mai una tale "mannaia" se l'Essere stesso non l'avesse chiesta prima di nascere, al fine di espiare le proprie colpe precedenti!

Non c'è logica più grande di questa, e risolverebbe molti quesiti che ancora assillano la gran parte del genere umano che, macerato dal dolore, talvolta al limite della sopportabilità, non sa darsi pace davanti ad un "mistero" volutamente taciuto sin dagli albori del cristianesimo e che potrebbe chiarire, se solo si decidesse a cercare in modo serio, la realtà delle cose. (Cfr. QUI, QUI e QUI).

Relazione, adattamento e cura di Sebirblu.blogspot.it

Fonti e spunti già menzionati nei link.

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