giovedì 19 luglio 2018

L'Ungheria ieri... ed oggi "Mosca Bianca" d'Europa


Budapest (Ungheria) - Palazzo del Parlamento e ponte sul Danubio.

Sebirblu, 19 luglio 2018

È inusuale che io mi occupi di storia, ma quella dell'Ungheria, oggi sotto i riflettori di tutto il mondo per le sue scelte politiche "anti-immigrazione" e di estrema custodia della sovranità nazionale, merita di essere letta, tanto più che a parlarne è uno storico di cui si accenna all'inizio dell'articolo.

Per quanto mi riguarda, posso solo dire che Viktor Orban, al timone del paese sin dal 2010 e rieletto quest'anno per la terza volta a furor di popolo, ha ottenuto 133 seggi su 199, ossia una maggioranza superiore ai due terzi che gli ha consentito di cambiare la Costituzione del paese magiaro.

Nonostante il pesante ostracismo sul piano internazionale, il premier ha condotto l'Ungheria, in pochi anni, ad un tasso di disoccupazione attuale del 3,8% dall'11,3% del 2010, e ad una crescita economica straordinaria, annunciata dal Fondo Monetario Internazionale per questo 2018, con il PIL (prodotto interno lordo) al 4,3%  (v. QUI).

Tutto grazie ad una moneta sovrana (il Fiorino), le giuste politiche fiscali ed il coraggio necessario per cacciare gli "squali" dell'FMI (di proprietà dei Rothschild) che, con i suoi regimi di austerità, sta lentamente portando l'intera Europa sul fondo di un baratro senza via d'uscita.


Viktor Mihály Orbán - nato il 31 maggio 1963  (55 anni).

Ma ecco il brano pubblicato da "Le Figaro" in data 6 luglio 2018, firmato da:

Joseph Yacoub, nato in Siria a Hassaké, nel nord-est del paese, il 2 luglio 1944, è un esperto dei diritti dell'uomo, delle minoranze etniche, linguistiche, religiose e culturali nel mondo e dei cristiani d'Oriente.

È stato professore di Scienze Politiche all'Università Cattolica di Lione dal 1975 all'ottobre 2011, nonché titolare e fondatore della cattedra «Memoria, culture e interculturalità»  dell'Unesco,  sempre nello stesso ateneo.

I suoi lavori sono stati oggetto di numerose recensioni e analisi critiche.

In questo articolo egli traccia la singolare storia dell'Ungheria. Secondo lui, è solo concentrandosi sul patrimonio di questo paese atipico che è possibile cogliere la sua relazione contemporanea con la nazione.


Joseph Yacoub - nato il 2 luglio 1944  (74 anni).

L'Ungheria (o Magyarorszag) è uno stato europeo, tuttavia ha i suoi particolari tratti identitari, spiegati dalla storia e dalla geografia, che ne determinano in gran parte le scelte e ne modellano la condotta.

A ciò va aggiunto un linguaggio né germanico, né slavo, e ancor meno latino (eccetto l'alfabeto), che appartiene invece al ceppo ugro-finnico.

Questo,  aiuta a comprendere  il  perché  tale  paese  sia  così  legato al suo  passato  e alla  sua  cultura,  tanto da  non  gettarsi  a  mani vuote,  e  senza difesa,  nelle  braccia della compagine europea, specialmente nell'àmbito migratorio esploso nel 2015, e sull'esercizio  della  democrazia.

Nel mezzo della Mittel Europa (o Centroeuropa, termine evocante l'ambiente e la tradizione culturale dell'impero asburgico al suo tramonto; ndt), distinta dai tedeschi e dagli slavi, questo territorio ha avuto un destino singolare e una storia dolorosa, quanto terribile.

In più, i suoi limiti territoriali sono mutati fortemente nel corso dei secoli, in balìa dei conquistatori, in particolare dopo il trattato del Trianon (il 4 giugno 1920; ved. QUI), che li sezionò.

Il paese fu invaso dai Tartari nel 1241 e occupato per lo più dai Turchi, durante 150 anni dal 1526 al 1686.


"L'Entrata degli Ungheresi" (dettaglio) di Árpád Feszty  (1892-1894)

Successivamente, conobbe il lungo dominio degli Asburgo dal 1686, prima di pervenire nel 1867 al compromesso austro-ungarico.

Avendo il trattato del Trianon smembrata e suddivisa in tre parti la nazione perdente, ciò fu recepito come un grave shock dagli ungheresi e considerato umiliante, poiché la loro terra venne largamente amputata a beneficio dei paesi vicini (Romania, Serbia, Slovacchia, Ucraina) e ridusse significativamente la sua popolazione.

Nel periodo tra le due guerre, l'Ungheria fu segnata dal regime reazionario e ultraconservatore dell'ammiraglio Miklos Horthy, che si avvicinò all'Italia fascista e alla Germania hitleriana.

La nazione fu allora occupata dalle truppe tedesche, e gli ebrei, di conseguenza, furono vittime di numerose misure discriminatorie e subirono la deportazione.

Liberata dall'esercito russo nell'ottobre 1944, cominciò un po' più tardi la tirannia comunista. Così, all'indomani della seconda guerra mondiale, le cose erano ben lungi dall'essere risolte.


Smembramento e spartizione dell'Ungheria dopo il Trattato del Trianon.

Torniamo alla storia che ci permette di capire il presente.

Il decimo secolo fu un punto di svolta, perché il paese, che prende il nome di Magyar, fece una scelta per il cristianesimo sotto Re Stefano (997-1038) ‒ erede di Arpad, il quale unificò sette tribù giunte dagli Urali e dal Volga, nell'895.

Questo primo monarca, che fu consacrato re nel 1001 e canonizzato nel 1038, è considerato il fondatore dello Stato ungherese cristiano (la Corona di Santo Stefano; ved. QUI; ndt).

Da allora, si parla dei Magiari come detentori di un ricchissimo patrimonio cattolico; lo dimostrano Esztergom, a nord di Budapest, e Pécs. Inoltre, la Cattedrale di Pest porta il nome di Re Stefano.

Prima di questo periodo, ma successivo ai Romani, che la chiamarono Pannonia, il paese fu invaso nel V secolo da tribù di origine asiatica: gli Unni, tra i quali si distinse Attila ‒ il famigerato "flagello di Dio" ‒ e gli Àvari, che si stabilirono nel bacino del Danubio.

Anche re Mathias Corvin emerge come figura importante del XV secolo (1440-1490) agli albori del Rinascimento e dell'Umanesimo: promosse attività culturali e fondò l'Università di Buda.

Fu cruciale, invece, il XVI secolo, perché vide l'avanzata ottomana. La caduta di Belgrado, nel 1521, sotto la regìa di Solimano il Magnifico, preluse all'occupazione di gran parte dell'Ungheria.

Dopo la sconfitta dell'esercito magiaro a Mohacs nel 1526, la capitale Buda verrà occupata soltanto nel 1541, alla quale faranno seguito Esztergom (centro religioso nazionale) Szeged nel 1543, Eger nel 1552, così come Visegrad, Hatvan e Temesvar. (Timișoara, pronuncia italiana: Timiscioàra; ndt).


"Carica di Nikola Šubić Zrinski della fortezza di Szigetvár"  di Johann Peter Krafft  (1780-1856).

Dal punto di vista amministrativo, le regioni occupate furono organizzate secondo il modello turco a Vilayet e Sandjak. Durante quel periodo, le chiese furono trasformate in moschee, i luoghi sconvolti e i territori spopolati.

Ancor oggi, alcune vestigia architettoniche testimoniano quel dominio straniero, specialmente a Pécs con i suoi luoghi di culto musulmano e il minareto di Eger che è, tuttavia, sormontato in alto da una croce.

Fieri dei propri particolarismi, gli ungheresi furono in grado di resistere alle successive occupazioni. Diventando cristiani nel X secolo, fecero di questa scelta un loro vessillo, in simbiosi con il resto d'Europa (che ha tradito, però, miseramente le sue radici come descritto QUI e QUI; ndt).

Il capitano Istvan Dobo, combattente della prima ora, resistette eroicamente ai turchi nel 1552. Diventato leggendario, la sua effige troneggia ora al centro della bella piazza di Eger, che porta il suo nome.

E contro gli Asburgo, sotto la leadership di Ferenc Rakoczi, nativo della Transilvania, il paese intraprese una guerra d'indipendenza dal 1707 al 1711. 


"Ritratto del principe Ferenc Rákóczi II" di Mányoki Ádam  (1673-1757).

Per affermare la propria identità linguistica rispetto al tedesco e al latino, l'ungherese divenne l'idioma ufficiale del paese, nel 1844.

Durante la rivoluzione del marzo 1848 (un periodo assai turbolento), lo statista Jozsef Eötvös fu un valoroso difensore della libertà e della democrazia, secondo i suoi scritti.

Il 23 ottobre 1956, gli ungheresi scatenarono l'insurrezione contro il regime socialista filo-russo che segnò fortemente le loro coscienze.

In quel tempo, anche se il comunista Imre Nagy, capo del governo dal 1953 al 1955, concesse delle riforme e adottò delle misure di liberalizzazione, nondimeno, i carri armati sovietici invasero il paese il 4 novembre del '56 e Imre Nagy fu impiccato due anni dopo, nel 1958. (Cfr. QUI; ndt).

Ma poiché ogni cosa ha una fine, all'indomani del 1989-1990, i dati cambiarono sostanzialmente a favore della democrazia, tanto che Imre Nagy fu ampiamente riabilitato.

Sui biglietti della valuta (il Fiorino), figurano nomi illustri come quelli di Ferenc Rakoczi, Mathias Kiraly, Bethlen Gabor e del conte Istvan Széchenyi (1791-1860) ‒ fondatore dell'Accademia ungherese delle Scienze ‒ che fece costruire il primo ponte sul Danubio (il ponte delle Catene), collegando Buda a Pest.


Il  25  aprile  2011,  il  paese  ha  varato  la  sua  seconda  Costituzione,   molto  diversa  da  quella  del 1990 del post-comunismo. Fondamento del suo ordine giuridico, essa si distingue per la sua originalità su un certo numero di punti, non immuni da contestazioni.

Si riferisce a Dio, al cristianesimo e alla famiglia definendosi europea. Inizia così: «Che Dio benedica gli ungheresi!» Il suo preambolo si intitola: «La professione di fede nazionale (Nemzeti hitvallas) è una sintesi dei principi per guidare il paese».

Vi si ricorda con fierezza che re Stefano, mille anni fa, fondò lo stato ungherese su solide basi e fece della patria una componente dell'Europa cristiana.

Riporta pure come «i nostri antenati lottarono per la sopravvivenza, la libertà e la sovranità della nostra nazione» e che il popolo ungherese «combatté per secoli al fine di difendere l'Europa, contribuendo ai valori comuni attraverso il suo talento e la sua assiduità».

Viene riconosciuto il ruolo svolto dal cristianesimo nella custodia della nazione, precisando che nel paese si rispettano le differenti tradizioni religiose.

In quanto alle minoranze etniche che vi abitano, queste fanno parte della comunità politica ungherese essendo parti costitutive dello stato. Su dieci milioni di abitanti, infatti, il 10% della popolazione appartiene ad esse.

D'altronde, il paese è impegnato a preservare e a mantenere la cultura ungherese, «la nostra lingua unica» ma anche il linguaggio e la tradizione delle altre etnie che vivono in Ungheria.





Cosa importante è che vi si afferma quanto il patrimonio culturale sia «un ricco apporto alla diversità dell'unione europea» e insiste sui cardini essenziali della vita in comune basati sulla famiglia e sulla nazione.

Il preambolo dice che il paese rispetta «la Santa Corona, che incarna la continuità costituzionale dello Stato ungherese e l'unità nazionale».

Per quanto concerne gli ungheresi autoctoni che vivono nei paesi limitrofi in seguito al trattato del Trianon (ved. anche QUI; ndt), si vuole ascoltarli, sebbene ciò non sia senza problemi.

Verso di loro, il governo attua misure protettive, suscitando spesso timori agli stati vicini, che sospettano finalità irredentiste.

L'articolo D della suddetta Costituzione stabilisce: «Tenendo presente che esiste una sola nazione ungherese unita, l'Ungheria si assume la responsabilità della condizione dei compatrioti che vivono fuori dai confini del paese. Essa aiuta il mantenimento e lo sviluppo delle loro comunità.

Sostiene gli sforzi fatti per conservare la "magiarità" personale, per custodire i diritti individuali e collettivi, per creare organi comuni di autogestione e prosperare sulla propria terra d'origine. Promuove la cooperazione tra loro e l'Ungheria».

Vivendo una tale storia, spesso radicata nei ricordi e supportata da disposizioni costituzionali, quale conciliazione può sorgere all'orizzonte?

È una sfida per l'Europa.

Joseph Yacoub

Traduzione, adattamento e cura di Sebirblu.blogspot.it

Fonte: lefigaro.fr

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