Sebirblu, 3 dicembre 2015
Il periodo dell'anno appena iniziato è
il più ricco in festività e ricorrenze mondane che coinvolgono gran
parte dell'umanità fino al 6 gennaio. Così, il mio pensiero è
corso a considerare quanto sono cambiate nel loro insieme le
celebrazioni sacre nell'ultimo scorcio di secolo.
Esse infatti con l'aumento del
benessere occidentale, risucchiate dal vortice opulento e
individualista, si sono impoverite della loro più profonda
espressione religiosa diventando profane e perdendo irrimediabilmente
ogni valore sostanziale necessario per vivere.
Naturalmente, tutto ciò non è
avvenuto "per caso" ma è stato fortemente voluto ed
auspicato dalle forze Oscure che governano il mondo assoggettandone
gli abitanti ignari con satanica maestria.
Ecco allora che, al posto di "Gesù
Bambino" recante i doni, siamo passati all'usanza nordica di
Babbo Natale con tanto di slitta e renne, per arrivare pian piano,
subdolamente, ad eliminare i presepi (preferendovi l'albero
scintillante e colorato), i re Magi (per rimpiazzarli con la Befana)
le croci e qualsiasi altro richiamo al Cristianesimo perché troppo
"scomodo" o addirittura offensivo per altre confessioni.
Così, anche altre ricorrenze come
quella di Pasqua (utile ormai solo per programmare vacanze e picnic
all'aperto con le immancabili uova variopinte), il giorno di San
Giuseppe (mutatosi in festa del Papà), di Ognissanti concomitante
alle bolge di Halloween (Cfr. QUI), degli Angeli Custodi il 2 di
ottobre (diventato festa dei Nonni) e via dicendo...
Ma la cosa più grave, come suddetto, è
la scomparsa graduale, pressoché costante nell'ambito sociale e in
special modo educativo, del senso della cristianità; inconsciamente
la si rinnega, come se ci si dovesse vergognare delle nostre radici
bimillenarie provenienti dall'epoca romana.
È per questo motivo, gentili Lettori,
che ho deciso di pubblicare l'articolo che segue perché, pur essendo
uno fra i tanti ormai, è anche la denuncia di una nuova mentalità
umana completamente vuota, superficiale, insipiente e sterile che pretende
purtroppo arrogantemente di insegnare alle nuove leve generazionali.
Mercatino natalizio a Stoccarda in Germania |
Il Natale oscurato segno della nostra
disgregazione
Tommaso Scandroglio, 29-11-2015
Se passate dall'aeroporto di Fiumicino,
alcuni negozi hanno addobbato le vetrine e gli interni con sagome di
abeti in cui campeggia la scritta "Season Greetings" che
letteralmente significa "Auguri di stagione".
Questi auguri "stagionali"
vogliono sostituire quelli natalizi. Già Babbo Natale aveva avuto
gran parte nello sfrattare dall'immaginario collettivo, soprattutto
infantile, il Bambino Gesù.
Ora ci si sono messi pure le catene
commerciali e gli enti pubblici in giro per il mondo a svuotare ancor
più dall'interno il significato cristico del Natale, sostituendolo
con un Natale laico, che è un vero e proprio ossimoro (di senso
opposto; ndr), o con una Festa d'Inverno dal sapore tanto celtico.
Questa tendenza a "candeggiare"
nella tinozza laicista il Santo Natale non ha risparmiato le scuole
di ogni ordine e grado. Già da diversi anni parecchi istituti hanno
abolito i presepi, e Gesù, Maria e Giuseppe non sono più persone
gradite nelle aule a volte frequentate pure da immigrati clandestini
con foglio di via.
La ventata cristiano-fobica ha avuto il
suo picco in quel di Rozzano (nel milanese), in particolare
all'Istituto Garofani.
Marco Parma, dirigente scolastico dello
stesso, ha deciso di annullare l'usuale festa di Natale che si teneva
ogni anno (ad eccezione delle Medie) e di sostituirla con festicciole
private nelle classi, in stile "catacombale", e con una
pagana Festa d'Inverno che si svolgerà a gennaio.
Banditi per tutti, poi, i canti a
sfondo religioso e via dalle aule gli ultimi due crocefissi
sopravvissuti non alla furia iconoclasta dei miliziani dell'Isis
bensì al Consiglio di Istituto. La nostra piccola Palmira l'abbiamo
avuta in provincia di Milano.
L'Istituto Garofani di Rozzano (MI) |
Partiamo da un'evidenza (che non è più
tale): il Natale si festeggia perché nasce Gesù. Proibire di intonare carmi
religiosi è come impedire ad una ricorrenza di compleanno di
inneggiare "Tanti auguri a te" perché potrebbe dare
fastidio a quei bambini che non hanno compiuto gli anni in quel
giorno.
Eppure è questa la motivazione addotta
dal preside: «Per evitare che qualcuno potesse sentirsi escluso» si
è deciso di censurare la fede cattolica in quell'istituto. Mettersi
a cantare "Tu scendi dalle stelle" «non sarebbe stato il
massimo», spiega Parma, «perché questa è una scuola multietnica».
Così gli esclusi e i discriminati
finiscono per essere la maggioranza, cioè i bambini cattolici. Il
dirigente scolastico aggiunge: «Non è un passo indietro nei
confronti dell'Islam rispettare la sensibilità delle persone che
appartengono ad altre culture e credenze religiose, mi pare invece un
passo avanti nell'integrazione e nel rispetto reciproco».
Qualche riflessione su questo frusto
argomento:
‒ Primo: se si vietano canti e
simboli natalizi-religiosi, si viola la libertà d'espressione dei
credenti. Si tratta di un atto di violenza culturale.
‒ Secondo: il rispetto della libertà
non consiste nel vietare gli emblemi e le espressioni della fede
cristiana, ma nell'astenersi dall'imporli.
Il cattolico sa che ogni manifestazione
inerente al proprio credo corrisponde al Vero e l'eventuale fastidio
da parte di terzi (tutto da provare perché spesso è presunto)
risulta simile all'avversione di prendere una medicina amara... ma
che fa bene.
Il laicismo pretende una neutralità
"svizzera" in tema di espressività religiosa: pari dignità
a tutte le fedi o, che è lo stesso, zero dignità a qualsiasi altra.
Questo è inesatto perché nella prospettiva di Dio – e non degli
uomini che hanno la vista corta – c'è una sola religione
autentica, ed è quella del Cristo.
Dio è cattolico (ossia "universale", checché ne dica il
Papa; cfr. QUI, ndr), non protestante, né ebreo, né musulmano (per gli
incerti si rimanda al documento "Dominus Iesus della
Congregazione della Dottrina per la Fede").
Nella prospettiva cattolica le altre
credenze si tollerano e si rispetta il libero arbitrio delle persone
non appartenenti alla Chiesa di Roma, dal momento che la libertà è
condizione ineludibile e necessaria perché si aderisca ad essa
volontariamente.
Il Cristo chiede di essere conosciuto e
amato, ma amare è un atto di libertà. Il più eccelso atto di
libertà.
Se poi portiamo a logica conclusione
l'asserto che il rispetto delle differenze equivale alla
cancellazione della propria identità, perché queste potrebbero
risultare urticanti per chi non è cristiano, gli effetti diventano
dirompenti.
Infatti, la fede permea tutto il nostro
vivere: anche l'ateo dice "grazie" a qualcuno come forma di
cortesia, ignaro che quel termine voglia dire «che il Signore ti
riempia di grazie». Così come il suo interlocutore rispondendo:
«prego», in pratica dice: «prego per te».
La cristianità è dappertutto: vie e
piazze sono dedicate ai santi; così come sovente lo sono i nostri
stessi nomi di battesimo, e la medesima cosa vale per ospedali ed
università.
Per non infastidire atei e credenti di
confessioni diverse dovremmo far tabula rasa di tutto questo? E
ancora, perché non ampliare il discorso ad altre fedi, come quelle
calcistiche? A Tizio dovrebbe essere vietato di andare in giro con la
maglia della (gloriosa) Juve per non indispettire gli interisti o i
milanisti.
‒ Terza riflessione: integrazione vuol
dire che è l'ospite che si deve adeguare al contesto e alle regole
dell'ospitante e non viceversa.
Se ai bambini musulmani la canzoncina
"Astro del Ciel" provoca la «pellagra» possono ovviamente astenersi dal presenziare.
Se io vado alla Mecca, non mi è lecito
chiedere di radere al suolo il Masjid al-Haram, cioè la più grande
moschea al mondo perché ne sono infastidito. Tanto per capire il
senso del principio di reciprocità e di rispetto delle altre
religioni così come inteso in Arabia Saudita: l'accesso alla Mecca è
interdetto ai non musulmani.
La moschea di Masjid al-Haram con la Kaaba - Mecca - Arabia Saudita |
Se "sbianchiettiamo" la
nostra specificità non c'è integrazione ma solo annullamento,
perché quest'ultima prevede come presupposto logico che un'identità
possa convivere pacificamente con un'altra.
Non integrazione quindi, ma
disintegrazione di una fede, di una cultura, di un popolo, di una
nazione. Se noi andassimo a cancellare i nostri dati anagrafici in
Comune ciò significherebbe che per lo Stato noi saremmo morti, vale
a dire dei cadaveri.
Quindi è sbagliato ciò che dice il
preside: «meno si sottolineano le differenze e meglio è se si
accentuano le concordanze». Sono proprio quelle diversità che
identificano me stesso, altrimenti sarei uguale in tutto e per tutto
all'altro. Il dialogo avviene tra due individui, non tra una persona
ed un fantasma.
Infine tale preside, in merito ai
recenti fatti di Parigi, così chiosa: «Se avessimo organizzato un
concerto a base di canti religiosi dopo quello che è successo,
qualcuno avrebbe potuto interpretarlo come una provocazione
probabilmente anche pericolosa».
Gli risponde Nostro Signore: «Non
abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno il potere
di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far
perire e l'anima e il corpo nella Geenna» (Mt 10, 28).
I terroristi e, in modo non violento,
una buonissima parte del mondo islamico vogliono annientare la nostra
fede, e sradicare dai nostri cuori e dalle nostre menti le verità
rivelate. Vogliono togliere il crocifisso per metterci la mezzaluna.
Il preside di Rozzano ha già compiuto
per loro metà dell'opera. La cosa triste, sicuramente, sta nel fatto
che noi ci prestiamo a questo piano. «Islam», infatti, significa
sottomissione (che altra musica quando Gesù ci dice «Non vi chiamo
più servi [...] ma vi ho chiamato amici», Gv. 15, 15).
James Seward |
Non opponiamo resistenza, e scegliamo
da noi l'eutanasia della fede. Anticipiamo il nemico nei suoi
progetti e diamo alle fiamme la cittadella cristiana con le nostre
stesse mani. Il dramma sta tutto qui: il cattolico medio ‒ così
come mediamente sul piano culturale l'italiano comune ‒ è un
imbelle.
Di fronte a gente spietata che
follemente si suicida (e dà la morte ad altri; ndr) per una credenza
erronea, noi non siamo capaci ‒ non diciamo di dare la vita per
Cristo, ossia di offrirGli fedeltà «usque sanguinem» ‒ ma almeno
di fornire un'aula dove si insegnano canti cattolici.
In nome di Allah ci bersagliano a colpi
di kalashnikov e noi porgiamo loro le terga a brache calate. La
pavidità di affermazioni come «non offendiamo, siamo prudenti,
veniamoci incontro, scegliamo ciò che ci unisce e non ciò che ci
divide» è il sintomo più veritiero che la nostra fede è già
morta.
Ci prostituiamo con il pretesto della
tolleranza, ma siamo noi che non tolleriamo più il nome di Cristo.
Relazione, adattamento e cura di
Sebirblu.blogspot.it
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