lunedì 14 maggio 2018

Non c'è più Religione quando il Vaticano si svende!




... «Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta
che siede presso le grandi acque.
Con lei si sono prostituiti i re della Terra
e i suoi abitanti si sono inebriati del vino della sua prostituzione...

... Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso:
"Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli abomini della Terra".
E vidi che quella donna era ebbra del sangue dei santi
 e del sangue dei martiri di Gesù».
(Ap. 17, 1-14).


Sebirblu, 13 maggio 2018

L'ottimo articolo che ho scelto di riportare è l'ennesima ma indispensabile denuncia, per chi ancora indugiasse a non voler aprire gli occhi, sulla rovinosa quanto desolante caduta della Chiesa romana, ormai sull'orlo dell'abisso, specialmente durante i cinque anni di questo pontificato.

Si è ripetuto in un certo senso, ma in modo più eclatante e subdolo perché ammantato di cultura, quello che si era verificato QUI e QUI, ed ora per giunta con l'intervento del Vaticano, il quale non ha esitato a prostituirsi di fronte a proposte "indecenti" e dissacratorie della storia del costume ecclesiale pur di incassare cifre stratosferiche per la "concessione" accordata.

La serata di gala per l'inaugurazione della mostra speciale dedicata ai paramenti sacri è stata l'occasione per diversi stilisti, specialmente italiani ‒ come Versace (sponsor della stessa), Gucci, Dolce & Gabbana, Valentino e la Maison Margiela che ha spopolato per l'abito "papale" di Rihanna ‒ di distinguersi per i look oltraggiosi e irridenti. Un bel primato, non c'è che dire!


 Rihanna, la papessa nera col vizietto del "satanismo"; ved. QUI (by Versace).

Reliquie e parati sacri: l'intreccio tra Vaticano e Met

Dietro l'oscena parata blasfema delle starlette nella serata speciale newyorkese c'è una gigantesca operazione condotta da Vogue per una mostra inedita su moda e religione.

Per allestirla, molti ecclesiastici vaticani in auge in questo pontificato hanno ceduto in prestito paramenti sacri e reliquie di Papi, tra cui San Giovanni Paolo II, dietro il paravento della povertà, col placet di Ravasi e del solito Martin. Ritratto non di una Chiesa più povera, ma più poverina e mondana.

La Chiesa povera si spoglia delle sue ricchezze per arricchire il circuito della moda, ma non è una bella notizia. Sarebbe troppo facile ridurre a semplice gossip la colossale sfilata di moda in stile blasfemo-kitch dei vip del cinema e della musica americana che hanno ostentato mise ispirate all'immaginario cattolico in occasione della vernice inaugurale del Met Gala 2018, il prestigioso evento benefico modaiolo organizzato dal Metropolitan Museum di New York.

Se si trattasse di dover mandare giù il magone di vedere una prosperosa Rihanna agghindata da papessa con tanto di mitra o di accettare il presepe napoletano in testa con il quale si è presentata Sarah Jessica Parker, si potrebbe anche ridimensionare il tutto al solito cattivo gusto hoollywoodiano che irride il sacro per i suoi scopi ultra mondani.


Sarah Jessica Parker con il "presepe in testa" (by Dolce & Gabbana)

Invece l'evento ha fatto da cornice ad una mostra che vede protagonisti una quarantina di indumenti religiosi pervenuti direttamente dalla sagrestia della Cappella Sistina che, dopo una trattativa durata due anni, ha ceduto in prestito fino ad ottobre al Metropolitan Museum of Art a prezzi esorbitanti (a proposito, quanto?) pianete, dalmatiche, piviali e altri parati sacri appartenuti ai papi degli ultimi due secoli.

La mostra si chiama "Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination" (Corpi celestiali: Moda & Immaginazione Cattolica) e resterà aperta fino ad ottobre.

Vestiario liturgico del passato? Molto di più: testimonianze della bellezza prodotta dall'uomo regalata a Dio e utilizzata non per il "red carpet" (tappeto rosso; ndr), ma per offrire il perfetto e il bello nel Sacrificio dell'altare. Paramenti benedetti con il solo obiettivo di essere utilizzati per il culto.

Quindi c'è molto di più del kitch nell'evento che è andato in scena domenica a New York. C'è una profanazione e una ridicolizzazione di oggetti che sono sacri e che, ormai musealizzati perché la Chiesa li ha sostituiti con "vili" casule di terital all'insegna della povertà*, finiscono ora per arricchire il mondo del fashion con la compiacenza dei vertici vaticani.

*(Io non userei il termine "Vili" ma "modeste", perché in linea di massima sarei d'accordo con tale scelta, se non fosse da imputare alla falsa umiltà ostentata dal Falso Profeta (tutto su di lui cliccando Bergoglio e Profezie, sulle Etichette), dalle scarpe da montanaro alla croce di ferro al collo o alla confessione ‒ stranamente in ginocchio ‒sbandierata davanti ai flash; ndr).

La mostra infatti si compone di creazioni esclusive delle principali "maison" (case; ndr) d'alta moda che riproducono le forme e le linee dei paramenti sacri.


Taylor Hill in abito cardinalizio (by Diane Von Fürstenberg)

In una parte staccata, ma speculare, sono esposti 40 pezzi tra vesti e oggetti sacri fatti arrivare direttamente dalla Città del Vaticano, dove il curatore Andrew Bolton e la direttrice editoriale di Vogue America, Anne Wintour, hanno letteralmente transato con alti papaveri vaticani e funzionari del Museo Pontificio i pezzi da esporre.

Moda e paramenti solenni, un accostamento impossibile. Perché la prima serve per abbellire l'uomo, i secondi per presentarsi degni di fronte a Dio. (Anche qui, non sono perfettamente d'accordo, perché di "degno davanti a Dio" è necessario prima di tutto avere l'Anima; ndr).

Ma a guardar bene, si scopre che l'impegno di vescovi e cardinali per aiutare i ricchi allestitori è stato davvero enorme. Un investimento colossale per quello che il direttore del Museo Metropolitan ha definito "un vero e proprio pellegrinaggio". Verso Cristo? Ma figuriamoci, verso un "bello" indefinito, semmai, inteso come estetica della vanità.

A tenere a battesimo la manifestazione c'era persino il cardinale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, il quale si è timidamente chiesto che cosa ci facesse lì (timido mica tanto, cfr. immagini e testi QUI e QUI; ndr), per poi concludere che "siamo qui perché al centro del Cattolicesimo i valori sono verità, bontà, bellezza". Insomma, parole impegnative, ma dirette ad un obiettivo mondano.


Da sinistra: la coppia finanziatrice del gala S. e C. Schwarzman,
il card. T. Dolan, D. Versace, A. Clooney ed A. Wintour, curatrice della mostra. 

Tuttavia, sbaglierebbe chi pensasse che in fondo si sia trattato solo di un evento fashion, ancorché di dubbio gusto. No, dietro le quinte di questa operazione c'è un coinvolgimento imbarazzante di alti prelati vaticani da far impressione.

Nomi in vista nel pontificato attuale di Bergoglio che però non viene toccato perché lui «ha un altro stile, più dimesso», mentre viene coinvolto Benedetto XVI, definito dal New York Times "il Papa della moda", chissà, forse perché quei paramenti così preziosi li ha usati non per sé stesso ma per fare risplendere la liturgia di Dio. D'altronde, a queste latitudini, è un concetto troppo difficile da comprendere.*

*(Peccato che nelle "latitudini" dei veri cristiani, di fatto e non di forma, si consideri che Gesù, figlio di un falegname, sia nato in una mangiatoia, e la Sua scelta per eleggere i discepoli sia caduta su semplici e rozzi pescatori! Ed è proprio su questo che fa leva l'inganno del Falso Profeta, perché il Maligno sa con quali mezzi abbindolare i fedeli cattolici. Ndr).

Infatti, il primo nome che si incontra nella ricostruzione del complesso percorso burocratico affrontato dalla coppia Bolton & Wintour, in missione speciale per conto del business della New York così a la page, è quello di George Gänswein che viene presentato in quanto braccio destro di Benedetto XVI e Prefetto della casa pontificia.

L'incontro avviene nel maggio 2017 ed è in quell'occasione che Bolton gli illustra il progetto: voi ci date i vostri paramenti sacri che non usate più e noi ci mettiamo a fianco le creazioni degli stilisti.


Lana Del Rey e Jared Leto (by Gucci). Non ci sono parole!...

Ma le porte da aprire sono ancora tante. Per poter ottenere le pregiate vesti da Messa, la coppia deve compiere una decina di viaggi a Roma. Bolton incontra così, successivamente ‒ secondo la ricostruzione del NYT (New York Time; ndr) ‒ alti funzionari vaticani che gli concedono l'autorizzazione di prendere a prestito i parati. Ed è qui che gli viene accordato l'accesso alla sagrestia della Cappella Sistina.

Nel corso degli incontri e delle trattative con la Santa Sede l'equipe di Bolton entra in contatto con Arnold Nesselrath, uno dei curatori dei Musei Vaticani. E da lui si passa a Barbara Jatta, neo direttrice della collezione d'arte più famosa della Cristianità. La Jatta organizza per loro diversi tour nella sagrestia della Cappella Sistina.

A quel punto inizia la contrattazione vera e propria: Jatta chiede quanti paramenti servono, Bolton risponde circa otto, ma la Wintour dice che ne servono almeno il doppio. La responsabile della raccolta preziosa ride sarcastica. Alla fine riescono ad ottenerne 40.

Ma gli abiti liturgici non sono nella disponibilità dei musei: bisogna chiedere all'Ufficio delle celebrazioni del Santo Padre dato che teoricamente essi appartengono in toto al "corredo" papale che il cerimoniere Guido Marini custodisce gelosamente.

Che fare? Gänswein invita ad inoltrare una richiesta ufficiale a Marini il quale, ricevutala, la manda alla Segreteria di Stato, garante degli affari generali della Chiesa. Viene coinvolto anche il portavoce vaticano Greg Burke il quale informa che questa procedura non necessita dell'avallo del Sommo pontefice.

Così si va in discesa. Bolton tornerà ancora diverse volte a Roma per perfezionare il suo catalogo da inviare a New York e alla fine riesce a portare al Met persino la tiara papale di Pio IX con 19.000 pietre preziose, tra cui 18.000 diamanti, tanto che arriverà a New York con la "sua guardia del corpo". (Si noti quanto in duemila anni sia stato distorto il concetto di ossequio alla Divinità! Ndr).


Tiara papale di Pio IX

Tra i pezzi esposti ci sono: una dalmatica di Pio IX, una pianeta appartenuta a Pio XI, un piviale di Benedetto XV e persino le scarpe rosse di Giovanni Paolo II. Semplici indumenti? Non proprio: almeno per il beato Pio IX e San Giovanni Paolo II si tratta di reliquie per contatto, oggetti destinati alla devozione.

Arrivato in America, Bolton prosegue con la sua tela di complicità. E qui trova James Martin, il gesuita noto alle cronache per il suo orientamento omoeretico, nominato l'anno scorso da Bergoglio "Consulente del Segretariato per le Comunicazioni Vaticane". Martin lo tranquillizza sulle possibili lamentele al motto di: "Vedranno qualcosa di bello, e questo fa parte dell'immaginario cattolico". Vanità delle vanità... tanto che Martin aiuta Bolton nella stesura del catalogo.

Arriva a suggerirgli la mossa finale: il coinvolgimento del cardinale Gianfranco Ravasi, ministro della cultura, il quale vantandosi di conoscere parecchi stilisti accetta di buon grado di tenere a battesimo la mostra, tanto che a febbraio una delegazione del Met lo incontra. Con loro c'è anche Donatella Versace che si complimenta del rosso cremisi del porporato. E lui, con nonchalance le dice: "Perché non mi ha visto con il viola". Risate a gogo.


Il cardinale Gianfranco Ravasi inaugura la mostra.

Il resto è storia d'oggi: l'oscena passerella di Madonne e croci impresse su cosce e glutei tonificati dal pilates (significato QUI; ndr) delle starlette: voyerismo, seni e deretani d'alta classe con rimando ai simboli cristiani più amati, simboli per i quali oggi in molte parti del mondo si muore ammazzati.

Una parata oltraggiosa della quale adesso i vertici vaticani diranno di non aver saputo nulla perché solo collaterale alla mostra (come aveva detto lo stesso curatore mettendo le mani avanti). Una tesi difficile da sostenere visto che al Met Gala 2018 hanno partecipato anche i cantores della Cappella Sistina.

Quei paramenti, però, hanno visto la celebrazione della santa Messa nel corso degli anni,  per indossare i quali i sacerdoti dovevano  recitare  preghiere,  affinché  fossero i primi a comprendere l'importanza dei gesti e degli indumenti, non certo per pavoneggiarsi con la moda come invece sembra fare qualche ecclesiastico di nuovo corso.

Al momento di indossare la pianeta il sacerdote recitava: "O Signore, che hai detto: «Il Mio giogo è soave e il Mio carico è lieve», fa che io possa portare questo in maniera da conseguire la Tua Grazia. Così sia".

Le stesse pianete che addosso ai martiri messicani o ai preti mediorientali sono state lordate di sangue, proprio durante la celebrazione della Messa, dai nemici di Cristo e dai tagliagole dell'Islam.

Oggi per profanarle basta molto meno, ma in ogni caso tantissimi soldi, che vengono poi girati nella cosiddetta Chiesa povera che svende i suoi tesori per un piatto di lenticchie di mondanità. Grazie a prìncipi annoiati che nel clima generale si dilettano come monarchi rinascimentali nella voluttà e nel lusso.


Ecco fino a che punto siamo arrivati! L'insulto blasfemo
ci fa vergognare di appartenere all'umanità
redenta da Nostro Signore.

E così, mentre Bergoglio predica contro i lussi degli ecclesiastici, contro il pretino che si specchia nel negozio con il suo nuovo clergyman, i suoi uomini più vicini si abbandonano ai saldi di fine stagione della tradizione cattolica, che è costata molto più sudore e sangue di quello che verseranno loro nell'andare a visitare la mostra.

Riflessi di una gerarchia ecclesiastica che se avesse impiegato sul caso di Alfie Evans anche un decimo del tempo speso nel mettersi a disposizione del Met Gala 2018 per sensibilizzare il red carpet, forse oggi racconteremmo un'altra storia.

Una gerarchia che si disinteressa delle questioni di morale e di etica, della crisi della fede per baloccarsi con queste operazioni di cultura pop così asservita al "Principe di questo mondo", per paura di sembrare troppo retrograda: l'evangelizzazione è zero, la mondanità è tutto.

Una Chiesa che si spoglia così distrattamente dei suoi tesori, della sua storia, delle sue devozioni, non è una Chiesa più povera, ma è solo una Chiesa più poverina, ignorante e impreparata a dissetare l'anelito del "divino" nell'uomo, vestendo panni di un falso pauperismo, che lasciando l'habitus della propria dignità, si consegna ad una nudità impressionante e voluttuaria, la stessa che, crassa ed opulenta, ha sfilato sul red carpet newyorkese.

Andrea Zambrano

Fonte: lanuovabq.it




Post Scriptum

Un'altra voce forte e solitaria continua ad alzarsi coraggiosa per ribadire gli stessi concetti appena esposti, quella di Don Minutella che, nonostante le angherie e le irrisioni subite ‒ cfr. QUI, QUI e QUI ‒ porta avanti la sua battaglia eroica contro la Chiesa, diventata ormai la "prostituta apocalittica" di questi tempi finali. Merita proprio di essere ascoltato.





Relazione, adattamento e cura: Sebirblu.blogspot.it

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