Il Monastero di Solovki |
Con quale grazia il grande scrittore Leone Tolstoi ha saputo esporre un popolare e antico racconto russo e come da esso scaturisce la sintesi di ciò che è veramente sostanziale nella vita! (Per conoscere meglio Lev Nikolaevic Tolstoj, QUI).
"Pregando, non sprecate parole
inutili come fanno i pagani:
essi credono di venire ascoltati per le
molte parole.
Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro
sa
di cosa avete bisogno prima ancora che glielo chiediate".
(Mt.
6, 7-8)
Lev Feliksovich Lagorio (1828-1905) |
I Tre Eremiti
Un arciprete navigava su un veliero dalla città di Arcangelsk (sul delta del fiume Dvina nel Mar Bianco; ndr) al monastero-fortezza di Solovki (nell'omonimo arcipelago; ndr). Sulla
stessa imbarcazione viaggiavano alcuni pellegrini che andavano a
visitare i santuari. Il vento era favorevole, il tempo chiaro, nessun
rollio.
Una parte di essi si riposava, un'altra
mangiucchiava, altri ancora stavano seduti in gruppi conversando fra
loro.
Anche il parroco salì sul ponte e
cominciò a camminare avanti e indietro; avvicinandosi alla prua vide
che vi era riunito un gruppetto di persone. Un piccolo paesano stava
indicando qualcosa sul mare, e parlava mentre la gente stava ad
ascoltare... non si vedeva nulla, solo il mare luccicava al sole.
Il paesano si accorse di lui, si tolse
il berretto e tacque. Pure gli astanti lo videro e si scoprirono il
capo, ossequiosi.
«Non disturbatevi fratelli», disse
l'arciprete, «mi sono avvicinato anch'io per sentire ciò che tu
dici, buon uomo».
«Quel piccolo pescatore ci raccontava
degli eremiti», osservò un mercante più audace.
«Che dici degli eremiti?», gli chiese
il canonico, avvicinandosi al parapetto della nave e mettendosi a
sedere su una cassa. «Raccontalo anche a me, ti ascolterò
volentieri, che cosa mostravi?»
«Ecco, su quell'isolotto che spunta»,
disse il paesano indicando davanti a destra, «vivono alcuni eremiti
per salvarsi l'anima...»
Il parroco guardava, guardava, ma
l'acqua tremolava al sole ed egli non poteva scorgere niente perché
non ne aveva l'abitudine.
«Non vedo nulla» disse. «Ma quali
eremiti stanno su quell'isola?»
«Sono persone di Dio» rispose l'uomo.
«Ne avevo sentito parlare da molto tempo ma non avevo mai avuto
l'occasione di vederli. Due estati fa, invece, li potei vedere coi
miei propri occhi».
Il pescatore tornò al suo racconto:
era andato per la pesca, fu spinto verso quell'isola e non sapeva
dove si trovasse. All'alba s'era messo a girovagare finché si
imbatté in una capanna di terra.
Davanti ad essa vide un eremita e poi,
ne uscirono altri due: gli diedero da mangiare, lo asciugarono e lo
aiutarono a riparare la barca.
«Com'erano d'aspetto?», domandò
l'arciprete.
«Uno era piccolo, rattrappito, proprio
anziano; aveva addosso una tonaca vecchia vecchia; doveva avere più
di cento anni. La sua barba bianca cominciava perfino a verdeggiare;
lui sorrideva sempre ed era chiaro come un angelo del cielo.
Un altro, di statura un po' più alta,
vecchio anche lui, con una casacca lacera, la barba larga e bianca
con riflessi giallognoli; era però un uomo robusto: rigirò la mia
barca come un secchio; non ebbi nemmeno il tempo di aiutarlo; anche
lui era tutto gioioso.
Il terzo superava gli altri due in
altezza, aveva la barba lunga fino ai ginocchi, bianca come le penne
del cigno; le sopracciglia gli scendevano sugli occhi; completamente
nudo, solo intorno alla vita aveva una stuoia».
«Che cosa ti hanno detto?», chiese
l'arciprete.
«Facevano quasi tutto in silenzio, ed
anche tra loro parlavano poco. Bastava che uno guardasse l'altro
perché questi capisse al volo. Chiesi a quello alto se era molto che
abitavano l'isola.
Egli si oscurò, cominciò a dire
qualcosa come se fosse irritato. Ma quello più anziano e piccolo gli
prese la mano, sorrise, e il grande si acquietò.
Mentre il paesano parlava, il veliero
si era ancor più avvicinato alle isole. «Ora si vede proprio bene»,
disse il mercante; «degnatevi di guardare, eminenza», aggiunse
indicando il punto.
Il canonico iniziò a guardare. E
difatti scorse una strisciolina nera: l'isolotto. Poi si spostò
dalla prua verso poppa, avvicinandosi al timoniere. «Che è
quell'isolotto?», chiese, «cosa si vede là?»
«È uno qualunque, senza nome. Ce ne
sono tanti».
«È vero che ci sono degli eremiti che
si salvano l'anima?»
«Si dice, eminenza, ma non so se sia
vero. Sembra che i pescatori li abbiano visti. Ma succede spesso che
la gente racconti frottole».
«Vorrei sbarcare nell'isola per
vederli», disse il parroco. «Come si può fare?»
«Non ci si può avvicinare con la
nave», rispose il timoniere, «Con la barca si potrebbe, ma bisogna
chiederlo al capitano».
Chiamarono il comandante. «Vorrei
vedere questi eremiti», disse l'arciprete. «Non si potrebbe farmi
sbarcare?»
Il capitano cercò di dissuaderlo: «Non
che sia impossibile, ma si perderebbe molto tempo, ed oso far
osservare a vostra eminenza che non vale la pena di vederli. Ho
sentito dalla gente che sono vecchi imbecilli che non capiscono
niente e non parlano nemmeno, come se fossero pesci di mare».
«Non importa. Vorrei andare lo
stesso», insistette il canonico. «Pagherò il disturbo, basta che
mi facciate sbarcare».
Era irremovibile. Il timoniere fece
virare la nave e la diresse verso l'isola. La gente si era radunata a
prua e tutti guardavano in direzione dell'isola. E coloro che avevano
la vista più acuta, già cominciavano a distinguerne le rocce e ad
indicare la capanna.
Uno era riuscito perfino a scorgere i
tre vecchi solitari.
Il capitano estrasse il cannocchiale,
guardò e lo porse all'arciprete. «Difatti», disse, «là sulla
riva, un po' a destra di quel grande scoglio, si vedono tre uomini in
piedi».
L'uomo di chiesa prese il cannocchiale
e lo diresse verso il punto indicatogli. Si vedevano i tre eremiti in
piedi. Uno alto, l'altro un po' più basso e il terzo piccolino
addirittura; stavano sulla riva, tenendosi per mano.
Il capitano si avvicinò al parroco:
«Qui, eminenza, bisogna fermare la nave. Se ci tenete proprio vi
possiamo accompagnare alla riva in barca; noi intanto caleremo le
ancore»...
Così i rematori condussero la
scialuppa a terra, e con un gancio attraccarono alla riva. Il
canonico scese.
Quando lo incontrarono, i tre vecchi si
inchinarono davanti a lui: egli li benedisse e loro si inchinarono di
più. Allora egli cominciò a dire:
«Ho sentito che voi, eremiti di Dio,
salvate qui la vostra anima e pregate Gesù Cristo per il prossimo.
Io, schiavo indegno di Cristo, per grazia di Dio sono stato chiamato
a custodire il suo gregge; quindi ho voluto vedere anche voi, servi
di Dio, e darvi, se posso, l'insegnamento del Signore».
Loro tacevano, sorridevano, e si
guardavano l'un l'altro. «Ditemi come salvate la vostra anima e come
servite Dio», concluse l'arciprete.
L'eremita mezzano sospirò e guardò il
più vecchio tra loro, così come fece quello più alto
accigliandosi. L'anziano allora disse: «Non sappiamo, servo di Dio,
servire Iddio; serviamo soltanto noi stessi per nutrirci».
«E come pregate Iddio?», chiese
l'arciprete.
L'anziano rispose: «Preghiamo così:
"Tre siete Voi, tre siamo noi... Abbi misericordia di noi!"»
ed appena disse questo, tutti e tre alzarono gli occhi al cielo e
ripeterono: "Tre siete Voi, tre siamo noi... Abbi misericordia
di noi!"
Il parroco sorrise e disse: «Certo
avete sentito parlare della Santa Trinità. Ma non pregate come si
deve. Ho preso a ben-volervi eremiti di Dio; vedo che lo vorreste
accontentare, ma non sapete come servirLo. Non si deve pregare così;
ascoltatemi, ve lo insegnerò.
Non sarà un ammaestramento mio, ma vi
trasmetterò quel che è riportato nella Sacra Scrittura; vi dirò
come Dio comandò a tutta la gente di recitare le preghiere». Ed
iniziò ad esporre loro come l'Eterno avesse rivelato se stesso agli
uomini.
Parlò di Dio Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo: «Iddio Figlio discese sulla Terra per salvare gli
uomini ed insegnò a pregare così. Ascoltatemi e ripetete ciò che
dirò».
E cominciò a dire: «Padre nostro»,
ed anche l'altro ripeté "Padre nostro". «Che sei nei
cieli»... ma il mezzano si imbrogliò nelle parole dicendole in
altro modo e nemmeno quello alto, mezzo nudo, le espresse bene: i
baffi gli erano cresciuti fino alla bocca e non aveva la pronuncia
chiara; allo stesso modo balbettò qualcosa di incomprensibile anche
l'eremita anziano che non aveva più denti.
E tutto il giorno, fino a sera, non si
stancò di ripetere la stessa preghiera, dieci, venti, cento volte e
i tre vecchi sempre dietro... E si confondevano, e lui li correggeva
obbligandoli a ricominciare daccapo. Non li lasciò finché non
l'ebbero imparata interamente.
Iniziava ad imbrunire e la luna già si
alzava sul mare quando l'uomo di Dio decise di ritornare sul veliero.
Si accomiatò dagli eremiti che gli
fecero un inchino fino a terra. Lui li fece rialzare e li baciò uno
ad uno, ordinando loro di pregare come aveva loro insegnato. Salì
sulla barca che si diresse verso la nave, e mentre navigava sentiva
sempre le tre voci ripetere di continuo la preghiera...
Lev Feliksovich Lagorio (1828-1905) |
Quando già stava per arrivare vicino
al veliero e non sentiva più i vegliardi, li poteva scorgere al
chiaro di luna: erano in piedi sulla riva, allo stesso posto.
La scialuppa si accostò al battello ed
egli salì sul ponte; vennero alzate le ancore e issate le vele che
si gonfiarono al vento spingendo l'imbarcazione in avanti.
Il parroco andò a poppa, dove rimase
seduto guardando sempre verso l'isolotto. Man mano gli eremiti
scomparvero alla vista e ben presto anche la striscia di terra.
I pellegrini andarono a dormire e tutto
era silenzio sulla tolda. Ma egli non aveva sonno e rimase seduto
guardando il mare in direzione della piccola isola lasciata, pensando
ai buoni vegliardi.
Si ricordava come essi fossero felici
d'aver imparato la preghiera e ringraziava l'Eterno per avergli
concesso di aiutare gli eremiti di Dio insegnando loro la parola
divina.
Stava seduto così, l'arciprete: nei
suoi occhi passavano dei riflessi, perché la luce, or qua or là,
scintillava sulle onde mosse.
Ad un tratto, vide che qualcosa
riluceva, biancheggiando sulla scia della luna... sembrava un
uccello... un gabbiano... Guardò più attentamente: «Dev'essere una
barca a vela che ci corre appresso», pensava.
Ma pareva che si avvicinasse troppo
lesta. Era così lontana... ed eccola quasi a ridosso del veliero...
stava per raggiungerlo...
Egli non riusciva a capire cosa potesse
essere, allora si avvicinò al timoniere per chiedergli che cosa
fosse... ma già si era accorto da sé che si trattava dei vegliardi
i quali, correndo sulle onde con le loro bianche barbe splendenti, si
avvicinavano al battello...
Il timoniere si volse, abbandonò il
timone e si mise ad urlare: «Mio Dio! Gli eremiti ci rincorrono sul
mare come se fosse terra ferma!
La gente lo sentì; tutti si alzarono
precipitandosi a poppa... e videro i tre vecchi correre tenendosi per
mano, senza muovere nemmeno i piedi. I due che si trovavano più
prossimi alla nave agitavano le braccia per indicare di arrestarsi.
Ma non ce ne fu bisogno perché essi
l'avevano ormai già raggiunta. Si avvicinarono, alzarono le teste e
dissero insieme: «Abbiamo dimenticato, servo di Dio, abbiamo
dimenticato la tua lezione.
Finché la ripetevamo ce ne
ricordavamo; abbiamo smesso per un'ora e una parola ci è sfuggita;
l'abbiamo dimenticata e tutto si è sgretolato. Non ricordiamo più
nulla, insegnacela di nuovo».
Il canonico si segnò; si inchinò
verso i tre vecchi e disse: «Anche la vostra preghiera raggiunge il
Signore, eremiti di Dio. Non sta a me insegnarvela. Pregate per noi
peccatori!» E si inchinò fino terra davanti ai vegliardi.
Essi, allora, in silenzio si voltarono
riprendendo il mare. E fino al mattino si scorse un bagliore nella
direzione in cui erano andati.
(Da Leone Tolstoi, Racconti e ricordi,
raccolti e illustrati dalla figlia Tatiana; a cura di C. Alvaro.
Milano, Mondadori, 1942).
Relazione, adattamento e cura di
Sebirblu.blogspot.it
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