Sebirblu, 7 gennaio 2016
L'articolo che segue ha molte
somiglianze con quello che tradussi circa due anni fa riguardante i monti
Bucegi, in Romania (QUI), e gli occultamenti di importantissimi
reperti antichi trovati nel luogo.
Ora si ripete la stessa cosa, ma questa
volta negli USA, e precisamente nel Grand Canyon lungo il fiume
Colorado.
Ne è misteriosamente coinvolto
addirittura lo Smithsonian, il prestigioso istituto archeologico
americano, che ovviamente cerca di negare, ma ormai con scarsi
risultati, viste le prove a suo carico.
"Chi controlla il passato, controlla il
futuro.
Chi controlla il presente, controlla il passato".
George Orwell, 1984
La maggior parte di noi ricorda bene
l'ultima scena del popolare film sulle avventure archeologiche di
Indiana Jones "I Predatori dell'Arca perduta", in cui un
importante manufatto storico, l'Arca dell'Alleanza, veniva asportato
dal Tempio di Gerusalemme e chiuso in una cassa per essere messo in
un caveau ed occultato alla vista per sempre.
Questo, in modo da impedire che nessun
libro di storia ne parlasse e che alcun professore potesse,
leggendolo, farne argomento di lezione negli ultimi quarant'anni.
Benché il film fosse una finzione
(come tantissimi altri ormai, che rispecchiano drammaticamente eventi
attuali; ndt), la scena in cui l'antica reliquia viene posta in un
magazzino è spiacevolmente simile alla nostra realtà per molti
ricercatori.
Per coloro che indagano se siano vere
le accuse di "cover-up" concernenti antichi reperti, ci
sono indicazioni inquietanti che lo Smithsonian, il più famoso
Istituto archeologico degli Stati Uniti, a carattere federale
indipendente, avrebbe soppresso alcune delle scoperte americane più
interessanti e fondamentali.
Questo organismo fu creato nel 1829,
quando un eccentrico milionario britannico, James Smithson, morì
lasciando 515.169 dollari per edificare un complesso "per
l'incremento della conoscenza e la sua diffusione tra gli uomini".
Purtroppo, ci sono prove che lo
Smithsonian, negli ultimi cento anni, sia stato più attivo a
soffocare il sapere... piuttosto che a divulgarlo.
Il nascondimento e la soppressione di
prove archeologiche sarebbero iniziate fin dal 1881, quando John
Wesley Powell, il geologo diventato famoso per aver esplorato il
Grand Canyon, nominò Cyrus Thomas come direttore della Eastern Mound
Division del Dipartimento di Etnologia dell'Istituto Smithsonian.
Quando quest'ultimo arrivò ad
insediarsi, credeva fermamente all'esistenza di una razza di
costruttori di tumuli [Mound Builders] differenti dalla razza
amerindia.
D'altronde, J. W. Powell,
responsabile del Settore etnologico, nutriva molta simpatia per gli
indiani d'America avendo vissuto in gioventù parecchi anni con i
pacifici pellirossa Winnebago del Wisconsin e sentiva, perciò, che
chiamarli primitivi e selvaggi era profondamente ingiusto.
Fu allora che lo Smithsonian cominciò a promuovere l'idea che i nativi americani, i quali in quell'epoca
venivano sistematicamente sterminati nelle guerre indiane,
discendessero da civiltà avanzate e fossero degni, perciò, di
rispetto e protezione.
L'Istituto, quindi, iniziò a
nascondere ogni prova archeologica che desse credito alla scuola di
pensiero conosciuta come "Diffusionismo" ‒ concezione
secondo cui nel corso della storia ci sarebbe stata una grande
espansione della cultura e della civiltà attraverso contatti via
mare per mezzo delle principali rotte commerciali.
Lo Smithsonian optò per il sistema
opposto, conosciuto come "Isolazionismo". Questo concetto
presuppone che la maggioranza delle civiltà siano rimaste isolate,
lontane le une dalle altre, e con pochissimi rapporti tra loro, in
particolare quelle separate da corsi d'acqua.
Durante tale guerra intellettuale, che
principiò nel 1880, venne dichiarato che persino le relazioni tra le
civiltà valligiane dell'Ohio e del Mississippi fossero rare e che
sicuramente non avevano avuto alcun contatto con culture avanzate
come i Maya, i Toltechi, o gli Aztechi del Messico e dell'America
Centrale.
Per gli stereotipi del Vecchio Mondo,
questa risulta essere un'idea estrema e persino ridicola,
considerando che la rete fluviale raggiungeva il Golfo del Messico e
che quelle civiltà erano le più vicine alla sua riva opposta. È
come se si dicesse che i popoli del Mar Nero, non avrebbero potuto
avere collegamenti con il Mediterraneo.
Quando si esaminò il contenuto di
diversi tumuli e di alcune piramidi antiche del centro-ovest, fu
dimostrato che la storia delle valli del Mississippi era costituita
da un'antica cultura che era stata influenzata da contatti con
l'Europa ed altri paesi.
Non solo, ma ciò che fu trovato in
parecchie tombe portò alla luce delle sepolture di uomini molto
grandi, persino di sette od otto metri di altezza, con usberghi e
spade, circondati a volte da enormi tesori.
Per esempio, quando si effettuarono gli
scavi dello Spiro Mound in Oklahoma nel 1930, venne scoperto un uomo
molto alto con l'armatura, un cofano di migliaia di perle ed altri
manufatti, e l'insieme risultò essere il più grande dei tesori
finora mai documentati.
La provenienza di un tale scheletro è
rimasta sconosciuta ed è molto probabile che alla fine se ne sia
appropriato lo Smithsonian.
In una conversazione privata con un
ricercatore storico ben noto (che rimarrà anonimo), mi è stato
detto che un ex dipendente di tale Istituto, che fu licenziato per
aver difeso il punto di vista del "Diffusionismo" nelle
Americhe (ossia l'eresia che altre antiche civiltà possano aver
visitato le coste Nord e Sud dell'America, durante i millenni prima
di Colombo), aveva sostenuto che un tempo lo Smithsonian aveva
inviato una chiatta piena di reperti insoliti nell'oceano Atlantico per
esservi gettati.
Benché l'idea di un occultamento di
preziosi esemplari archeologici da parte dello Smithsonian sia
difficile da accettare per alcuni, esistono purtroppo innumerevoli
prove che suggeriscono quanto l'Istituto in questione abbia
deliberatamente nascosto e "smarrito" importanti reperti
archeologici.
Il "Notiziario Stonewatch"
della società Gungywamp nel Connecticut, specializzata in ricerche
di siti megalitici nel New England, pubblicò una storia curiosa in
un numero d'inverno del 1992 su alcuni sarcofagi rinvenuti nell'anno
1892 in Alabama, perché questi erano stati spediti all'Istituto
Smithsonian ed in seguito andati "perduti".
Secondo il bollettino, il ricercatore
Frederick J. Pohl scrisse una lettera intrigante nel 1950 al dottor
T.C. Lethbridge, un archeologo britannico.
La missiva dichiarava:
«Un professore di geologia mi ha
inviato un libro dell'Istituto Smithsonian, intitolato "la
Grotta sepolcrale di Crumf" di Frank Burns, basato su un
rapporto del Museo Nazionale USA del 1892.
In questa caverna, situata nel ramo
meridionale del fiume Warrior, nella valle di Murphy, presso la
contea Blount in Alabama ed accessibile solo per via fluviale dalla
Mobile Bay, c'erano delle bare di legno incavate col fuoco per mezzo
di scalpelli di pietra o rame.
Otto di esse furono acquisite dallo
Smithsonian. Erano lunghe circa 2 metri e 30, larghe dai 43 ai 46
centimetri e profonde massimo cm 18. I coperchi erano aperti.»
Ho scritto recentemente allo
Smithsonian, ed ho ricevuto risposta l'11 marzo dal signor F.M.
Setzler, curatore capo del Dipartimento di Antropologia, in questi
termini: "Non siamo riusciti a trovare gli esemplari nelle
nostre collezioni, benché i documenti dimostrino il loro
ricevimento".
David Barron, presidente della Società
Gungywamp, nel 1992 fu infine avvertito dallo Smithsonian che le
casse erano in realtà degli abbeveratoi in legno e che comunque non
potevano essere visualizzati perché messi in un deposito in quanto
contaminati dall'amianto. Il magazzino doveva rimanere chiuso per
dieci anni e nessuno era autorizzato ad entrarvi salvo il personale
dell'Istituto stesso!
Pure Ivan T. Sanderson, zoologo molto
noto e stimato, un giorno raccontò una strana storia su una lettera
che aveva ricevuto da un ingegnere residente sull'isola Aleutina
"Shemya" durante la seconda guerra mondiale.
Nel corso della costruzione di una
pista d'atterraggio, la sua squadra, mentre spianava con il bulldozer
un gruppo di colline, scoprì sotto diversi strati sedimentari quelli
che sembravano essere resti umani. Il tumulo Alaskan era infatti un
cimitero di scheletri d'uomini giganteschi, composto da scatole
craniche ed ossa di arti inferiori molto lunghe.
I teschi misuravano da 56 a 61
centimetri dalla base alla sommità. E visto che un cranio adulto
misura normalmente circa 20 centimetri dalla nuca alla fronte, una struttura di tal genere implicherebbe una dimensione enorme per un
essere umano normalmente proporzionato. Inoltre, tutti i teschi erano
stati trapanati con precisione (nella loro parte superiore).
Infatti, l'abitudine di appiattire il
capo dei neonati, costringendolo a crescere in forma allungata, era
una pratica usata dagli antichi peruviani, dai Maya e dagli indiani
Flathead (ossia testa piatta; ndt) del Montana.
Sanderson tentò di raccogliere
ulteriori prove, e finalmente ricevette una lettera da un altro
membro del gruppo che continuava il rapporto. Entrambe le missive
indicavano che lo Smithsonian aveva assemblato i resti, ma poi
nessuno ne seppe più nulla.
Sanderson sembrava convinto che
l'Istituto avesse ricevuto gli straordinari reperti, ma si domandava
perché non ne rilasciasse i dati.
Si chiedeva: "Possibile che queste persone non
possano affrontare di riscrivere i libri di testo?"
Nel 1944 una scoperta accidentale di
natura ancora più controversa fu fatta da Waldemar Julsrud ad
Acambaro, in Messico.
Acambaro si trova nello stato di
Guanajuato, a 280 km a nord ovest di Città del Messico. Lo strano
sito archeologico aveva prodotto oltre 33.500 oggetti di ceramica e
pietra, includendo giada e coltelli di ossidiana (più tagliente
dell'acciaio ed ancora oggi usata in chirurgia cardiaca).
Julsrud, un importante commerciante
tedesco locale, trovò delle statue che andavano da un'altezza minima
di 2 cm ad una massima di 1 metro e 80, raffiguranti grandi rettili,
alcuni dei quali in comunicazione attiva con gli esseri umani,
generalmente per mangiarli, ma in alcune statuette particolari veniva
anche indicata un'associazione erotica. Per gli osservatori molte di
queste creature assomigliavano a dinosauri.
Jalsrud stipò questa collezione in
dodici stanze della sua residenza. Là, si trovavano rappresentazioni
sorprendenti di individui neri, orientali e barbuti caucasici,
incluso richiami agli egizi, ai sumeri e ad altre civiltà antiche,
così come certe figure di "Bigfoot" e creature acquatiche
mostruose, miscellanee strane di uomini-animali, ed una miriade di
altre creazioni inspiegabili.
Ed ancora, nella stessa area dei
manufatti in maiolica, si rinvennero i denti di un cavallo dell'era
glaciale, lo scheletro di un mammut, ed una serie di teschi umani.
Per determinare l'età degli oggetti,
furono eseguite analisi al radiocarbonio nei laboratori
dell'Università della Pennsylvania e test supplementari con la
termo-luminescenza per la datazione delle ceramiche. I risultati
indicarono che i reperti furono fabbricati circa 6.500 anni fa,
intorno al 4.500 a.C.
Un'équipe di esperti di un'altra
università, avendo notato una mezza dozzina di esemplari di Jalsrud
e pur non conoscendone l'origine, escluse la possibilità che fossero
riproduzioni moderne. Tuttavia, divenne silenziosa quando si parlò
della loro contrastata fonte.
Nel 1952, nel tentativo di screditare
questa collezione strana che stava guadagnando una certa notorietà,
l'archeologo americano Charles C. Di Peso affermò di avere
minuziosamente esaminato i 32.000 pezzi nel corso di quattro ore
trascorse a casa di Julsrud.
In un libro di prossima pubblicazione a
lungo rimandata, continuando lo sviluppo dell'indagine suddetta,
l'esperto in archeologia John H. Tierney, che ha tenuto conferenze
sul caso per decenni, fa notare che per compiere l'esame, il Di Peso
avrebbe dovuto ispezionare 133 pezzi al minuto senza interruzione per
quattro ore, quando in realtà, ci sarebbero volute settimane solo
per separare l'imponente miscuglio di reperti e organizzarlo
adeguatamente per una valutazione valida.
Tierney, che ha collaborato con i
professori, ora deceduti, Hapgood, e William N. Russell per
l'inchiesta, accusa la Smithsonian Institution ed altre note autorità
archeologiche d'aver condotto una campagna di disinformazione sulle
scoperte.
L'Istituto aveva respinto, all'inizio
della controversia, l'intera collezione Acambaro come falso
elaborato. Così, servendosi del Freedom of Information Act (legge
della libertà d'informazione; ndr), Tierney scoprì che praticamente
la totalità dei fascicoli Julsrud della Smithsonian mancavano.
Dopo due spedizioni al sito, nel 1955 e
nel 1968, il professor Charles Hapgood, un professore di storia e
antropologia all'Università dello New Hampshire, aveva esposto i
risultati della sua indagine durata diciotto anni su un libro
stampato privatamente con il titolo: "Mistero di Acambaro".
Hapgood era all'inizio scettico,
mantenendo però una mentalità aperta sulla raccolta, ma vi ha
creduto davvero dopo la sua prima visita nel 1955, epoca in cui fu
testimone dell'esumazione di alcuni oggetti, e dove indicò ai
ricercatori persino il luogo dove scavare.
In aggiunta agli aspetti insoliti di
questa polemica c'è il fatto che l'Istituto Nazionale di
Antropologia e Storia, per tramite dell'allora Direttore ai Monumenti
Preispanici, Dr. Eduardo Noguera (il quale, alla testa di un team per
un'indagine ufficiale in loco, pubblicò un rapporto che Tierney
editerà), ammise che "una pseudo-legalità scientifica aveva
accompagnato il ritrovamento di quei reperti."
Ma, nonostante l'evidenza delle prove,
apparsa ai loro stessi occhi, i funzionari dichiararono che, a causa
della natura "fantastica" degli stessi, doveva trattarsi di
un inganno organizzato alle spalle di Julsrud!
Egli, seppur deluso, ma sempre colmo di
speranza morì. La sua casa fu venduta, la collezione archiviata e
messa in deposito senza essere aperta al pubblico.
Forse però, il più sorprendente
occultamento fra tutti è la scoperta di una tomba egizia, fatta
dallo stesso Smithsonian, in Arizona.
Una lunga storia, annunciata sulla
copertina della "Phoenix Gazette" del 5 aprile 1909, un
rapporto molto circostanziato della scoperta di una caverna e
relativi scavi effettuati nella roccia da una spedizione guidata dal
professor S. A. Jordan della Smithsonian. L'Istituto, però, sostiene
di non avere alcuna conoscenza della scoperta e dei suoi
ricercatori.
Il "World Explorer" Club
decise di verificare questo fatto chiamando lo Smithsonian di
Washington, D.C. (anche se i componenti del giornale percepivano di
avere poche possibilità di ottenere una qualsiasi informazione
reale).
Dopo aver parlato brevemente con un
operatore, furono messi in comunicazione telefonica con una voce
femminile che identificò sé stessa come archeologa dello
Smithsonian.
Le venne precisato che si stava
indagando sull'inchiesta, pubblicata dal giornale Phoenix nel
lontano 1909, a proposito degli scavi compiuti da loro sulla volta
della grotta nel Grand Canyon dove erano stati scoperti manufatti
egizi, e domandato se l'Istituto poteva fornire più informazioni su
quell'argomento.
Smithsonian Istitution |
Alla richiesta, ella rispose: "Ebbene,
la prima cosa che posso dirvi, prima di proseguire, è che non sono
mai stati trovati manufatti egizi di alcun tipo nel Nord o nel Sud
America. Pertanto, posso dichiarare che lo Smithsonian Institution
non è mai stato implicato in tali scavi."
La donna era molto disponibile e
cortese ma, in pratica, non ne sapeva nulla. Né lei, né nessun
altro con cui venimmo in contatto poterono trovare la benché minima
traccia della scoperta, né di G. E. Kinkaid o del professor S. A.
Jordan.
Anche non volendo escludere l'ipotesi
che l'intera storia potesse essere un elaborato scherzo del giornale,
il fatto che sul fronte-pagina ci fosse il nome del prestigioso
Smithsonian Institution e la presentasse in modo assai dettagliato
per intere pagine, le dà molta credibilità.
È difficile pensare che un fatto del
genere sia scaturito dal nulla.
Allora, l'autorevole Istituto ha
forse occultato intenzionalmente un rinvenimento archeologico di così
enorme importanza?
Se tutto ciò fosse vero, cambierebbe
radicalmente la visione attuale secondo cui non vi fu alcun contatto
trans-oceanico nel periodo pre-colombiano, e che tutti gli indiani
d'America, dei due continenti, sarebbero discesi da esploratori
dell'era glaciale che attraversarono lo stretto di Bering.
E l'idea che antichi Egiziani
raggiunsero l'Arizona nel lontano passato è poi così discutibile e
assurda tanto da dover essere nascosta a qualsiasi prezzo?
Forse lo Smithsonian Institution è più
interessato a mantenere lo status quo piuttosto che smuovere le acque
con sorprendenti nuove scoperte le quali sconvolgerebbero quanto
precedentemente accettato dagli insegnamenti accademici.
Lo storico e linguista Carl Han,
editore del "World Explorer", si procurò in seguito la
mappa di un escursionista del Grand Canyon in una libreria di
Chicago.
Studiandola con attenzione, notò con
stupore che gran parte della zona sul lato nord del canyon aveva nomi
egiziani.
L'area circostante a "Ninety-four Mile
Creek e Trinity Creek" (caratterizzata in apparenza da
formazioni rocciose) aveva nomi come: Torre di Set, Torre di Ra, Tempio di Horus, Tempio di Osiride e Tempio d'Iside.
Torre di Set |
Torre di Ra |
Tempio di Horus |
Inoltre, nella regione del "Haunted
Canyon" si trovavano nomi come: la Piramide di Cheope, il
Chiostro di Buddha, il Tempio di Buddha, il Tempio di Manu e il
Tempio di Shiva. Esisteva qualche relazione tra questi luoghi e le
presunte scoperte egiziane nel Grand Canyon?
Su quel territorio, furono richiesti
ragguagli ad un archeologo di stato, e lui rispose che i primi
esploratori amavano semplicemente dei nomi egiziani e indù, ma che
comunque era una zona inaccessibile agli escursionisti o ad altri
visitatori, "a causa di grotte pericolose".
Infatti, l'intera area contraddistinta
da quei nomi era zona vietata. A nessuno veniva consentito di
entrarvi.
Possiamo solo concludere dicendo che
quello era il settore in cui si trovavano le caverne degli scavi. Anche
oggi quel luogo è curiosamente interdetto a chiunque e, in gran
parte, persino al personale del parco.
Io penso che il lettore arguto realizzerà che, se pur soltanto una minima parte dello
"Smithsonian-gate" fosse vera, allora il nostro Istituto
archeologico più sacro risulterebbe essere attivamente coinvolto a
sopprimere prove incontestabili di culture avanzate americane, prove
di antichi viaggi di differenti culture per il Nord America, prove di
giganti anomali ed altri manufatti strani, ed infine, prove che
tendono a smentire il dogma ufficiale che oggi costituisce la storia
dell'America settentrionale.
Il Consiglio d'Amministrazione dello
Smithsonian continua a rifiutare di aprire le sue riunioni ai mezzi
di informazione o al pubblico.
Se gli americani fossero ammessi
all'interno del "Solaio della Nazione", com'è stato
chiamato lo Smithsonian, quanti scheletri potrebbero trovarvi dentro?
Esplorazioni nel Grand Canyon
Portati alla luce i misteri di
un'immensa e ricca caverna
Prima pagina del "Phoenix Gazette" del 5 Aprile 1909 |
Reperti significativi indicano che
antichi popoli migrarono dall'Oriente.
Le ultime notizie sul progresso delle
esplorazioni, riguardo a quello che oggi viene considerato dagli
scienziati non soltanto il più antico rinvenimento archeologico
degli Stati Uniti, ma uno dei più preziosi al mondo, menzionato
qualche tempo fa dal nostro giornale, sono state portate ieri in
città da G. E. Kinkaid, il pioniere che ha trovato la grande
cittadella sotterranea del Grand Canyon durante un viaggio da Green
River, in una barca di legno, attraverso lo Wyoming e giù per il
Colorado fino a Yuma, diversi mesi fa.
Secondo la storia riportata da Mr.
Kinkaid sulla Gazzetta, gli archeologi dell'Istituto Smithsonian,
finanziatore delle spedizioni, hanno fatto delle scoperte comprovanti
con certezza che la razza insediatasi in quella misteriosa grotta,
scavata nella roccia da mani umane, era di origine orientale, forse
egizia, e risalente al tempo di Ramsete.
Se le loro teorie dovessero essere
confermate dalla decodificazione delle tavolette incise a caratteri
geroglifici, il mistero dei popoli preistorici del Nord America, le
loro antiche arti, chi fossero e da dove venissero, sarebbero
risolti.
L'Egitto e il Nilo con l'Arizona e il
Colorado sarebbero così uniti da una sequenza storica risalente ad
epoche che oltrepassano la più sbrigliata fantasia fantascientifica.
Un'investigazione approfondita
Lo Smithsonian Institute, sotto la
guida del Prof. S. A. Jordan, sta ora proseguendo le indagini più
approfondite, che continueranno fino a quando l'ultimo anello della
catena sarà assemblato.
A circa 450 metri di profondità sotto
la superficie, è stato perlustrato un varco primario che portava ad
un altro ambiente gigantesco da cui partivano innumerevoli gallerie
come i raggi di una ruota.
La Soppressione della Scienza non
Ortodossa
Sono state trovate centinaia di camere,
raggiungibili dai corridoi dipartentesi dal passaggio principale; uno
di essi è stato percorso per 260 metri e un altro per 193 metri.
Gli ultimi rinvenimenti riguardano
reperti che non sono mai stati considerati autoctoni da questo paese
e, senza dubbio, hanno avuto la loro origine in Oriente.
Armi da guerra e strumenti di rame, dal
bordo tranciante e duro come l'acciaio, indicano l'elevato stato di
civiltà raggiunto da queste popolazioni straniere.
Gli scienziati vi hanno trovato così
tanto interesse che sono in corso dei preparativi per equipaggiare il
campo in vista di studi più approfonditi, con un incremento
operativo di trenta o quaranta persone.
Prima di avventurarsi nella grotta,
bisognerà installare migliori strutture per l'illuminazione, perché
l'oscurità è fitta e totalmente impenetrabile alle torce abituali.
Per evitare di perdersi, dei cavi saranno stesi dall'ingresso a tutti
i passaggi che portano direttamente alle grandi camere.
Nessuno può immaginare fino a che
punto questa caverna si estenda, ma molti fra noi pensano che quanto
sia stato esplorato finora costituisca solo un "avamposto",
per usare un termine militare americano, e che più lontano, sotto
terra, verranno trovate le abitazioni principali delle famiglie.
La ventilazione perfetta della caverna,
una costante corrente d'aria che vi soffia attraverso, indica che
esiste un altro sbocco alla superficie.
Il Rapporto del Signor Kinkaid
Mr. Kinkaid fu il primo bambino bianco
a nascere in Idaho. È stato un esploratore e cacciatore per tutta la
vita; 30 anni dopo sarebbe entrato in servizio all'Istituto
Smithsonian. Anche se raccontata brevemente, la sua narrazione suona
fantastica, quasi paradossale:
«Inizialmente, avevo l'impressione che
la caverna fosse pressoché inaccessibile. L'entrata si trovava a
450 metri giù a picco lungo la parete del canyon. È situata su un
territorio governativo e a nessun visitatore è consentito di
entrarvi, pena la violazione di proprietà.
Gli scienziati desiderano lavorare
indisturbati, senza timore di essere distolti dalle loro scoperte
archeologiche da curiosi o da cercatori di reperti. Ogni escursione
là sarebbe infruttuosa, perché tutte le visite sarebbero respinte.
Di come io abbia trovato la caverna si è già detto, ma ecco qualche
paragrafo in più:
"Stavo discendendo da solo in una
barca lungo la corrente del Colorado alla ricerca di minerali,
quando, a circa 68 chilometri dal canyon El Tovar Crystal, ho visto
sulla parete est delle macchie sedimentarie a circa 600 metri al di
sopra del letto del fiume.
Non vi era proprio alcun sentiero in quel punto,
ma sono riuscito comunque ad arrampicarmici con gran difficoltà. Sopra una sporgenza, che la nascondeva alla vista dal fiume,
c'era l'ingresso di una grotta.
Da lì, per circa 25 metri, si
dipartivano dei sentieri che all'epoca in cui la caverna era abitata conducevano al grande corso d'acqua. Ho scorto sulla parete interna
dei segni di scalpello che hanno svegliato il mio interesse, così vi
sono entrato impugnando la mia pistola.
Durante quell'esplorazione in salita
lungo il percorso principale, ho camminato per diverse decine di
metri prima di arrivare ad una cripta in cui ho scoperto delle
mummie.
Per fotografarne una, ho dovuto alzarmi
in punta di piedi. Poi ho riunito un certo numero di reperti e li ho
portati a Yuma ridiscendendo il Colorado, da dove li ho spediti a
Washington con i dettagli del rinvenimento. A seguito di questo, sono
iniziate le indagini."
Il passaggio centrale è largo circa m
3,60 e si restringe a m 2,70 verso la fine estrema. A circa 17
metri dall'entrata, le prime gallerie laterali si biforcano a destra
e a sinistra, lungo le quali, da entrambi i lati, si trovano numerose
stanze delle dimensioni di un soggiorno ordinario d'oggi, anche se
alcune misurano tra metri quadrati 2,70 e 3,70.
Vi si accede attraverso porte di forma
ovale e il loro ricambio d'aria è assicurato da fori di aerazione
circolari attraverso i muri delle gallerie stesse.
Le pareti hanno uno spessore di circa un metro. I corridoi sono scolpiti e intagliati così dritti come
fossero stati tracciati da un ingegnere. I soffitti di molte camere
convergono al centro.
I passaggi presso l'entrata formano un
angolo acuto a partire dall'ingresso principale, ma gradualmente
diventano ad angolo retto man mano che proseguono.
Il Santuario
A più di 30 metri dall'entrata si
trova una sala trasversale lunga parecchie decine di metri in cui si
è scoperto un idolo, o la rappresentazione del dio di quel popolo,
seduto a gambe incrociate, con un fiore di loto o giglio in ciascuna
mano.
Il taglio del volto è orientale, e l'effigie rivela una mano molto abile; l'insieme è straordinariamente ben
conservato, come ogni cosa del resto nella caverna. La scultura
somiglia molto al Buddha, benché gli studiosi non siano sicuri di
quale culto religioso rappresenti.
Considerato tutto quello che è stato
trovato finora, è possibile che esso si avvicini maggiormente alla
fede degli antichi popoli del Tibet. Intorno alla suddetta statua vi
sono immagini più piccole, alcune dalle linee molto belle, altre dal
collo distorto e deforme simboleggianti, probabilmente, il Bene ed il
Male.
Su ciascun lato della pedana su cui è
situata la divinità ci sono due grandi cactus con bracci sporgenti.
L'intero complesso risulta scolpito su roccia dura simile a marmo.
Nell'angolo opposto della grande sala sono stati trovati vari
utensili in rame.
Quei popoli conoscevano sicuramente l'arte perduta di temprare questo metallo che è stato cercato per secoli dai chimici senza risultato. Su un ripiano posto tutt'intorno al laboratorio c'erano dei carboncini ed altri materiali che probabilmente erano utilizzati nel processo.
V'erano anche alcune scorie e rimasugli
opachi dimostranti che gli antichi fondevano i minerali ma, al
presente, non è emersa alcuna traccia del luogo o della tecnica da
loro usata, né l'origine dei metalli stessi.
Tra gli altri reperti, sono stati
rinvenuti vasi od urne, unitamente a tazze in rame ed oro dal
raffinato disegno artistico. I manufatti comprendono anche ceramiche
smaltate e recipienti di vetro verniciati. Un altro corridoio porta a
dei granai, come quelli che si trovano nei templi orientali, e
contengono semi di vario genere.
Un vastissimo magazzino non è stato
ancora esplorato, perché è alto sei metri ed è raggiungibile
penetrandovi solo dall'alto. Due ganci di rame si estendono sul
bordo, indicanti che vi era attaccata una sorta di scaletta.
Questi granai hanno forma arrotondata,
come i materiali con cui sono stati costruiti, e penso sia un cemento
molto duro. Pure un metallo grigio è stato trovato in questa caverna
ed imbarazza non poco gli scienziati poiché non ha ancora ricevuto
alcuna identificazione. Assomiglia al platino.
Ovunque inoltre, sparpagliate sul
pavimento, si trovano delle pietre gialle di poco valore che la gente
chiama "occhi di gatto". Una di queste porta incisa una
testa di tipo malese.
I Geroglifici
Su tutte le urne, o sopra le pareti
delle porte, come sulle tavolette di pietra rinvenute a lato
dell'idolo, sono stati trovati dei misteriosi geroglifici, segreto
che l'Istituto Smithsonian spera presto di decodificare.
Queste incisioni hanno probabilmente a che fare con la religione del popolo. Ideogrammi simili sono stati scoperti nell'Arizona del sud. Tra i segni pittorici compaiono solo due animali. Ed uno era di tipo preistorico.
La Cripta
La tomba o cripta, nella quale sono
state scoperte le mummie è una delle più grandi camere in assoluto,
le pareti sono inclinate all'indietro con un angolo di circa 35
gradi. Su queste si vedono degli ampi gradini dove sono posizionate
le mummie, ciascuna occupante una sua piattaforma separata.
Alla testa di ognuna c'è una piccola
panca, su cui si trovano delle coppe di rame e pezzi rotti di spade.
Alcune mummie sono coperte d'argilla, e tutte sono avvolte in un
involucro di corteccia.
I recipienti sui piani più bassi sono
grossolani, mentre ai livelli più alti si presentano più raffinati
nelle linee, mostrando una fase più evoluta di civiltà.
È importante segnalare che tutte le
mummie esaminate fino ad ora sono di sesso maschile; né donne, né
bambini sono stati sepolti lì. Ciò porta a pensare che questa
sezione esterna fosse il reparto dei guerrieri.
Non sono stati rintracciati resti di
animali, nessuna loro pelle, abiti o coperte. Molte delle camere sono
vuote, escludendo i contenitori d'acqua. Un locale di circa 12 metri
per 200 è servito probabilmente da sala da pranzo collettiva, per
via degli utensili da cucina ancora lì presenti.
Come queste persone vivessero rimane un
mistero, benché si presuma che si spostassero verso sud in inverno,
e coltivassero le valli risalendo a nord in estate. Più di 50.000
persone hanno potuto vivere confortevolmente in queste caverne.
Una delle teorie è che le attuali
tribù e agglomerati indiani residenti in Arizona siano i discendenti
degli schiavi di coloro che abitavano la grotta. Non v'è alcun
dubbio che parecchie migliaia d'anni prima dell'era cristiana un
popolo sia vissuto qui dopo aver raggiunto un elevato grado di
civiltà.
La cronologia della storia umana è
colma di lacune. Il professor Jordan è oltremodo entusiasta delle
scoperte effettuate e ritiene che si riveleranno di valore
inestimabile per la ricerca archeologica.
"Una cosa di cui non ho parlato può essere davvero interessante. C'è una camera nel tunnel non ventilato, e quando vi siamo passati davanti, un fetore di morte si è insinuato nelle nostre narici.
I mezzi di cui eravamo dotati per
illuminare non consentivano di penetrare l'oscurità, e fino a quando
non disporremo di lampade più potenti, non sapremo che cosa contiene
la stanza.
Alcuni parlano di serpenti, ma altri
rigettano quest'idea e pensano che possa contenere un gas mortale o
dei prodotti chimici utilizzati dagli antichi. Non si sente alcun
rumore, ma si percepisce comunque l'odore dei rettili.
L'insieme dell'insediamento sotterraneo
mette i nervi a dura prova facendo venire i brividi. Il buio è come
un peso sulle spalle, e le nostre torce e candele fanno solo più
nera l'oscurità.
L'immaginazione può sbizzarrirsi in
assurde congetture e sogni lucidi, facendo riemergere i fantasmi del
tempo passato che procurano le vertigini."
Esistono due teorie sull'origine degli
Egiziani. Nella prima ipotesi si pensa che essi fossero giunti
dall'Asia; nell'altra che la loro culla originaria si trovasse
proprio nella regione superiore del Nilo. Comunque, Heeren,
l'egittologo, era più propenso a credere alla loro origine
amerindia.
In ogni caso, queste grandiose scoperte
nel Grand Canyon proiettano una luce nuova sull'evoluzione umana e
sulle misteriose ere preistoriche.»
di David Hatcher Childress
Traduzione: Sebirblu.blogspot.it
Fonte: crystalinks.com
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