Sebirblu, 17 dicembre 2021
L'articolo che segue è l'ennesima
testimonianza che il soprannaturale è fra noi, ci compenetra e ci
avvolge, anche se ancora, purtroppo, l'Umanità è in gran parte
sorda ai richiami dello Spirito e al giusto ruolo che dovrebbe avere
nella vita di tutti.
Per tale motivo il dolore (QUI) continua a martellare le coscienze, non dando alcuna tregua all'uomo che stremato e deluso dalle sue stesse illusioni chimeriche, dalla sua corsa sfrenata alla ricerca di una felicità fittizia, molto presto si renderà conto, basito, di quanto invece è davvero essenziale per lui. (Cfr. QUI, QUI e QUI).
Quella di Alexis Carrel, che molti
hanno conosciuto per il suo straordinario libro "L'Uomo, questo
sconosciuto", diventato un best seller internazionale e che
consiglio vivamente di leggere, è una storia eccezionale, che ha
cambiato totalmente la sua esistenza di medico razionalista, rigorosamente nella norma.
Egli nacque a Lione, in Francia, nel
1873. La sua famiglia era di commercianti agiati. Rimasto orfano di
padre, a cinque anni lasciò la città per andare a vivere in
campagna con la mamma. Tornò poi a Lione per gli studi liceali e per
frequentare la Facoltà di Medicina.
Furono proprio gli studi universitari a
spingerlo ad abbandonare le convinzioni religiose ricevute
dall'educazione familiare per abbracciare la filosofia positivista e
materialista.
Conservò però sempre una forte
nostalgia verso le certezze della sua fanciullezza, soprattutto
avvertiva l'inquietudine che gli procuravano quelle nuove convinzioni
positiviste, incapaci di dare una persuasiva risposta al senso della
vita e della morte.
Lui stesso, dopo la conversione,
scrisse di quel periodo parlando di sé in terza persona:
"Assorbito dagli studi
scientifici, affascinato dallo spirito della critica tedesca, Alexis
s'era convinto a poco a poco che al di fuori del metodo positivo, non
esisteva certezza alcuna.
Le sue concezioni religiose, distrutte
dall'analisi sistematica, l'avevano abbandonato, lasciandogli il
ricordo dolcissimo di un sogno delicato e bello. S'era allora
rifugiato in un indulgente scetticismo.
La ricerca delle essenze e
delle cause gli sembrava vana, solo lo studio dei fenomeni interessante.
Il razionalismo soddisfaceva
interamente il suo Spirito; ma nel fondo del suo cuore si celava una
segreta sofferenza, la sensazione di soffocare in un cerchio troppo
ristretto, il bisogno insaziabile di una certezza."
In quegli anni, negli ambienti medici,
si discuteva molto di Lourdes e dei suoi miracoli. C'era chi ci
credeva e c'era chi era profondamente scettico.
Nel 1894, il famoso scrittore Emile
Zola, dopo esser stato a Lourdes e pur essendo stato testimone di
fatti inspiegabili, aveva scritto un libro in cui negava decisamente
la veridicità delle apparizioni.
Anche Carrel, nel suo positivismo, era
convinto che quelli di Lourdes fossero solo presunti "miracoli",
in realtà guarigioni frutto di autosuggestione.
Volle però andare a sincerarsi di
persona e nel 1902 partecipò come medico ad un pellegrinaggio,
occasione che gli fu offerta da un collega che aveva dovuto
rinunciare all'ultimo momento. Da questo viaggio emerse un libro
dal titolo "Viaggio a Lourdes".
Alexis Carrel era in incognito. Solo
pochi conoscevano la sua identità.
Voleva solo constatare ed aiutare
qualche malato. Nel suo scompartimento giaceva una giovane donna,
Marie Ferrand (chiamata così nel libro, ma in realtà si chiamava
Marie Bailly).
Era gravissima: ventre gonfio, pelle
lucida, costole sporgenti, addome teso da materia solida, sacca di
liquido che occupava la regione ombelicale, febbre alta, gambe
gonfie, cuore veloce.
Si trattava di peritonite tubercolare.
Dolori tremendi! Il dottor Carrel le praticò un'iniezione di
morfina.
"Avete ancora i genitori?" le
domandò.
"No, sono morti di tubercolosi da
alcuni anni", rispose la donna.
Dall'età di quindici anni, ella era
tubercolotica. I medici che la tenevano in cura dicevano che ormai
era all'ultimo stadio. Ella però, pur sentendosi alla fine, era
convinta che la Vergine, a Lourdes, le avrebbe concesso qualcosa
d'importante: se non la guarigione, almeno la forza per morire in
pace.
Arrivato a Lourdes, Carrel incontrò un
suo vecchio compagno di collegio, nel suo diario ne riporta solo le
iniziali: A.B. Gli chiese:
"Sai se qualche malato è guarito,
stamane, nelle piscine?"
"No, nessuno. Però vidi un
miracolo davanti alla grotta. Una suora che camminava con le
stampelle. Arrivò, si fece una gran segno di croce, bevve l'acqua
della fonte miracolosa.
Subito il suo volto si illuminò, gettò lontano le stampelle, corse agile alla Grotta, gettandosi in ginocchio davanti alla Vergine. Era guarita."
Subito il suo volto si illuminò, gettò lontano le stampelle, corse agile alla Grotta, gettandosi in ginocchio davanti alla Vergine. Era guarita."
L'amico ribatté:
"Quali sono le guarigioni che, se
le constatassi, ti farebbero riconoscere l'esistenza del miracolo?"
"La guarigione improvvisa di una
malattia organica. Una gamba tagliata che rinasce. Un cancro
scomparso, una lussazione congenita che improvvisamente guarisce.
Allora sì che crederei!..
Se mi fosse concesso di vedere un
fenomeno tanto interessante, tanto nuovo, sacrificherei tutte le
teorie e le ipotesi del mondo. Ma non ho il minimo timore di arrivare a
questo.
C'è una ragazza, Marie Ferrand, presso
la quale mi hanno chiamato dieci volte ed è in pericolo di vita. È
tisica, ha una peritonite tubercolare all'ultimo stadio.
È in uno stato pietoso. Temo che mi
muoia tra le mani. Se questa ammalata guarisce, sarebbe veramente un
miracolo. Io crederei a tutto e mi farei frate."
Nella Sala dell'Immacolata (riservata
ai malati più gravi) tutto era pronto per la funzione presso le
piscine. Il dottor Carrel si avvicinò al lettino della "sua"
ammalata, Marie Ferrand.
La visitò rapidamente: il cuore stava
per cedere, era alla fine. Il medico le praticò un'iniezione di
caffeina, poi disse ai presenti senza farsi sentire dall'ammalata:
"È una peritonite polmonare
all'ultimo stadio. Figlia di genitori morti di tubercolosi in giovane
età, è tisica dall'età di 15 anni. Può darsi che viva ancora per
qualche giorno, ma è finita."
Anche un altro medico confermò la
diagnosi nefasta di Carrel.
Alla piscina non fu possibile immergere Marie Ferrand. Le fecero alcuni lavaggi al ventre. La portarono
davanti alla Grotta. Il suo aspetto era sempre cadaverico. Erano circa le 14.30.
Carrel osservava il volto dell'ammalata: gli parve più normale, meno livido. Gli sembrava di avere un'allucinazione, continuò ad osservarla. Le contò le pulsazioni. La respirazione sembrava rallentata. Il volto di Marie Ferrand continuava a cambiare.
I suoi occhi sembravano catalizzati
verso la Grotta. C'era in lei un sensibile miglioramento, non lo si
poteva negare. L'incredibile, però, avveniva adesso: Carrel vide a
poco a poco la coperta abbassarsi al livello del ventre. Il gonfiore
spariva. Si sentì impallidire.
Alle 15 la tumefazione era ormai
scomparsa. Carrel credeva d'impazzire. Si avvicinò alla donna, ne
osservò la respirazione, guardò il collo. Il cuore batteva
regolarmente.
Le domandò: "Come vi sentite?"
Le domandò: "Come vi sentite?"
Marie rispose sottovoce: "Benissimo.
Non sono molto in forze, ma sento che sono guarita."
Carrel così ha scritto, sempre
parlando di se stesso in terza persona:
"Il medico non parlava più; non
pensava più. Il fatto inatteso era totalmente contrario a tutte le
previsioni, ed egli credeva di sognare.
Si alzò, traversò le file serrate dei
pellegrini, i quali gridavano invocazioni che egli a stento sentiva,
e se ne andò. Erano circa le 16. Quel ch'era accaduto era la cosa
impossibile, la cosa inattesa, il miracolo."
Marie Ferrand, guarita, fu portata
all'ospedale diretto dal dottor Boissaire, lo scienziato che
difendeva la veridicità di Lourdes. Carrel tornò a visitarla e
dovette constatarne la inspiegabile guarigione. Lo stesso fecero
altri medici.
Marie era felice e diceva:
Marie era felice e diceva:
"Andrò dalle suore di San
Vincenzo, loro mi accoglieranno e io assisterò i malati."
Carrel era commosso. Uscì
dall'ospedale. Era ormai notte. Si recò alla Basilica e vi entrò.
Scorse il suo amico A.B. e cominciarono a parlare.
Mentre il medico fissava la statua dell'Immacolata, l'amico gli chiese:
Mentre il medico fissava la statua dell'Immacolata, l'amico gli chiese:
"Sei convinto, ora, filosofo
incredulo?"
Carrel si limitò a rispondere:
"Una giovane moribonda è stata
guarita sotto i miei occhi in pochi istanti. È una cosa
meravigliosa, è un miracolo."
A.B. concluse ironizzando:
"Ma non è meno vero che ora sei
obbligato a vestire il saio! Addio."
Carrel rimase solo e fu allora che
pronunziò queste toccanti parole:
"Vergine dolce che soccorri gli
infelici, proteggimi. Io credo in Te...
Il Tuo nome è più dolce del
sole del mattino...
Prendi Tu il peccatore inquieto dal
cuore in tempesta
che si consuma nella ricerca delle chimere...
Sotto i consigli profondi e duri del
mio orgoglio intellettuale
giace, ancora soffocato, il più
affascinante di tutti i sogni,
quello di credere in Te, di amarti
come i frati dall'anima candida."
Il grande scienziato e medico
positivista fu insignito del Nobel nel 1912, grazie alla scoperta di
un particolare punto di sutura che poi ha permesso la pratica della
trasfusione di sangue, pratica che ha salvato e che salva tante vite
umane.
Diventato credente, dedicò poi
l'intera sua vita alla scienza e a propagare la devozione alla
Vergine di Lourdes.
In tarda età fu ingiustamente accusato
di collaborazionismo con il governo filo-nazista di Vichy. Fu
un'accusa che lo prostrò molto e lo condusse, il 5 novembre 1944, ad
un infarto che gli fu fatale.
A Carrel si deve una famosa frase che
esprime bene il realismo cristiano e l'umiltà che dovrebbe
contrassegnare ogni ricerca scientifica:
"Poca osservazione e molto
ragionamento conducono all'errore; molta osservazione e poco
ragionamento conducono alla Verità."
Relazione adattamento e cura di
Sebirblu.blogspot.it
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