"Sant'Agostino di Philippe de Champaigne |
Sebirblu, 28 agosto 2024
Nel giorno in cui viene celebrato il ricordo di Sant'Agostino, riporto un breve saggio biografico su di lui, scritto dal prof. Enrique Eguiarte del Pontificio Istituto Patristico Augustinianum di Roma, seguito da un brano dettato a Pietro Ubaldi (ved. QUI) dall'altissima Voce angelica che l'ha guidato nella stesura del più famoso dei suoi libri: "La Grande Sintesi", proprio sull'evoluzione dell'amore nella vita umana.
L'amore vince tutto
«Il pittore Philippe de Champaigne (1602-1674) raffigurò Sant'Agostino con in mano un cuore fiammeggiante, a significare che il pensiero e la dottrina di Sant'Agostino si riassumono nell'amore. Egli stesso, una volta convertito, si pentirà di non aver amato Dio prima, e dirà:
"Tardi ti ho amato, o Bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco tu eri dentro di me ed io fuori, e là ti cercavo. Nella mia deformità mi gettavo sulle creature ben fatte che tu avevi creato. Tu eri con me ed io non ero con te.
Quelle bellezze esteriori mi tenevano lontano da te e tuttavia se esse non fossero state in te non sarebbero affatto esistite. Tu mi hai chiamato e hai squarciato la mia sordità; hai brillato su di me e dissipato la mia cecità. Hai effuso il tuo profumo e ora anelo a te. Ti ho gustato ed ora ho fame e sete di te. Tu mi hai toccato ed ora anelo alla pace tua". (Confessioni 10.27.38).
La vita di Agostino è un intenso itinerario di purificazione, passando dagli amori mondani all'amore di Dio. Per questo egli riprende una frase del poeta Virgilio, che aveva detto "Omnia Vincit Amor".
La Caritas è l'amore di Dio che vince tutto. Così lo intese Agostino quando nel giardino di Milano sentì la Voce che lo invitava a leggere ("Tolle lege" = prendi e leggi ‒ dalle Confessioni VIII, 12.29) le lettere di San Paolo.
Sant'Agostino nacque il 13 novembre 354 a Tagaste (oggi Souk Ahras, in Algeria). I suoi genitori erano Santa Monica e Patrizio. Dopo aver studiato nella sua città natale, imparò la grammatica a Madaura e poi la retorica a Cartagine. Là, quando aveva diciotto anni conobbe una donna con cui visse quindici anni e dalla quale ebbe un figlio, Adeodato.
Dopo aver insegnato retorica in tale città, nel 383 emigrò in Italia alla ricerca di nuovi orizzonti, dove avrebbe trovato studenti più formali di quelli di Cartagine, ma che non pagavano le sue tasse, come riporta nel suo libro "Le Confessioni".
Pertanto, quando si rese vacante il posto di oratore ufficiale alla corte dell'imperatore Valentiniano II, egli sostenne le prove stabilite per la selezione del miglior candidato e primeggiò per le sue straordinarie doti d'eloquenza.
Intorno al 385 lasciò Roma per Milano dove incontrò il vescovo della città, Ambrogio, diventato poi santo, rimanendo colpito dall'accoglienza calorosa e familiare ricevuta da questi. Nella città ambrosiana, appunto, svolse la propria missione di oratore ufficiale di corte.
Fu lì che decise di tornare alla religione insegnatagli dalla madre, che sin dall'infanzia lo aveva avviato alla cristianità nella Chiesa Cattolica, dove divenne catecumeno. Pertanto, dopo aver cercato la verità per molte strade: manichei, platonici e scettici, tornò infine al punto in cui era iniziata la ricerca indicatagli dalla mamma.
I sermoni di Sant'Ambrogio gli mostrarono che la verità tanto cercata si trovava nella Chiesa di Roma. Toccato e segnato dalle sue parole, Agostino decise di chiudere con la sua vita passata.
A tal fine, dopo aver letto l'epistola di San Paolo* (in seguito al richiamo "Tolle lege" a cui abbiamo fatto riferimento sopra), rinunciò ad insegnare retorica e si dimise dalla mansione di oratore presso la corte dell'imperatore Valentiniano II.
* [La lettera (ai Romani 13, 13-14), aperta a "caso" diceva: "Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signor Nostro Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze." ‒ Ndr].
La notte di Pasqua del 387, Agostino fu battezzato a Milano dal vescovo Ambrogio. Quella notte si realizzò la richiesta che sua madre Monica aveva presentato con insistenza al Padre Eterno, perché Lo pregò versando abbondanti lacrime chiedendo la conversione di suo figlio.
Dopo il Battesimo, egli decise di farsi monaco e partì per il porto di Ostia. In questa città, insieme alla madre, sperimentò la famosa estasi, dove entrambi, seduti alla finestra che dava sul giardino della casa in cui alloggiavano, iniziarono a conversare sui misteri di Dio e della vita eterna elevandosi gradualmente al di sopra delle cose di questa terra fino a toccare per un breve momento il mistero stesso di Dio. Sua madre Monica morì poco tempo dopo nel medesimo luogo e lì fu sepolta.
Nel 388 Agostino tornò in Nord Africa. A Tagaste fondò il primo monastero. Egli sognava di trascorrere il resto della sua esistenza in una tranquilla vita conventuale, condividendola con i fratelli dell'Ordine e scrivendo le sue opere.
Tuttavia, la provvidenza divina aveva altri piani per lui. Così nel 391 fece un viaggio nella città di Ippona (l'attuale Annaba, a circa 100 km a nord di Tagaste) per visitare un amico e per valutare la possibilità di fondare là un secondo monastero.
Durante la celebrazione liturgica in quel luogo, il vescovo Valerio chiese a tutti i fedeli di aiutarlo a scegliere un nuovo collaboratore nel ministero sacerdotale per la stessa città. Gli occhi di tutta l'assemblea erano fissi su Sant'Agostino. E come sottolinea lo stesso Ipponate, egli fu letteralmente afferrato dalla folla e portato davanti al vicario per essere ordinato.
Come prete, Agostino fu chiamato a combattere contro i suoi ex correligionari, i manichei. Inizierà anche il suo lavoro contro lo scisma donatista che aveva afflitto il Nord Africa per quasi un secolo. Tenne molti sermoni da presule. Di questa fase della sua vita ci ha lasciato molte opere di commento biblico, come quello sul "Discorso della montagna" e l'esposizione della "Lettera ai Galati", fra le altre.
Il vicario Valerio non solo ringraziò Dio per avergli mandato Agostino, ma cominciò a temere che un giorno taluni sarebbero arrivati da qualche diocesi senza vescovo e lo avrebbero portato via. Perciò, chiese segretamente al suo superiore il permesso di ordinare Agostino vescovo. Così, intorno all'anno 396, egli ricevette l'investitura.
Da vescovo scrisse la sua opera più famosa, "Le Confessioni", oltre a numerose altre opere di esegesi biblica: teologiche, apologetiche, pastorali e morali, come la "Regola" che avrebbe segnato l'intera tradizione monastica occidentale. Agostino tenne diverse migliaia di sermoni come vescovo, anche se oggi ne rimangono solo circa seicento.
Nell'anno 410 si verificò un evento che sconvolse il mondo dell'epoca. Le truppe gotiche di Alarico entrarono nella città di Roma e la saccheggiarono per tre giorni.
"La caduta dell'Impero romano d'Occidente" di Thomas Cole (1836). |
Di conseguenza, i pagani accusarono i cristiani di esserne i colpevoli. Sostenevano che l'Urbe aveva subito una tale umiliazione perché era stato abbandonato il culto degli dei che l'avevano resa grande. Sant'Agostino rispose a queste false accuse con il suo capolavoro intitolato "La città di Dio".
Nella prima parte critica la storia e la religione pagana, mentre nella seconda descrive la nascita, lo sviluppo e il culmine della "città" ideale. In quest'opera ci ricorda che ogni credente è pellegrino o straniero su questa Terra ed è in cammino verso la sua destinazione eterna, dove "riposeremo e contempleremo, contempleremo e ameremo, ameremo e loderemo". [...]
Gli ultimi anni della vita di Sant'Agostino non furono tranquilli, ma segnati da varie polemiche teologiche e dall'inarrestabile sgretolamento e caduta dell'Impero romano d'Occidente. Morì il 28 agosto all'età di 76 anni in una città assediata dai Vandali, che avevano attraversato lo Stretto di Gibilterra e iniziato un'avanzata inarrestabile verso Cartagine. Nel 430 raggiunsero la città di Ippona e la accerchiarono.
Le sue spoglie sono oggi conservate nella Chiesa di San Pietro in Ciel d'Oro, a Pavia. Lì, nell'arca monumentale dedicata al Santo, si può vedere un'immagine reclinata del vescovo di Ippona sulla sommità del monumento. L'effige tiene tra le mani un libro aperto: la Bibbia.
Sant'Agostino è ancora vivo nelle sue opere e ogni volta che leggiamo i suoi scritti, è lui stesso ad invitarci all'incontro con il Maestro interiore, lo stesso che lo chiamò nel giardino di Milano nell'anno 386 e che continua ad incitare ogni essere a "prendere e leggere" le Scritture per scoprire in esse che, malgrado tutti i dolori, l'Amore di Dio vince ogni cosa ‒ Omnia Caritas Vincit.»
La preziosa "Arca di Sant'Agostino" di Giovanni Balduccio e bottega (1362-1365). |
L'evoluzione dell'Amore
«L'Amore, spinta fondamentale dell'esistenza, forza di coesione che regge l'Universo, divina potenza di perenne rigenerazione! Lo ritroveremo sempre indistruttibile in infinite forme, a tutti i livelli dell'essere, che con slancio salirà, sublimandosi, fin nel paradiso dei santi.
Similmente al dolore, ha un ruolo basilare di conservazione, coesione e rinnovamento e fa parte integrante del funzionamento organico del Tutto; la spinta non si distrugge ma guida ed eleva; il desiderio non viene ucciso ma volto verso un innalzamento eterno.
Mutamento di istinti, evolversi di passioni, affinamento continuo della personalità. Anche qui osserviamo l'amore nelle diverse fasi e la sua ascesa costante. Tracceremo con ciò un nuovo aspetto delle vie concernenti l'evoluzione.
L'amore che nel mondo animale è funzione prevalentemente organica, nell'uomo acquista aspetti di tipo nervoso e psichico, si potenzia, dilata il suo campo d'azione, si raffina e sensibilizza (se sa evitare il pericolo di una degradazione nevrotica) verso un super-amore spirituale.
Se è necessario non distruggere ma far evolvere le passioni, è d'uopo dominarle e guidarle, orientandole verso una fase più elevata. Tutto ciò che accentua l'elemento emotivo sottile, che è fascino, simpatia d'anima, grazia, arte, musica, vibrazioni e psichismo; tutto ciò che è profumo e poesia dell'amore; tutto ciò che si smaterializza e spiritualizza fa parte dell'evoluzione che dirige voi uomini verso il superamento delle forme d'amore umano.
Siete alle porte di un nuovo regno, l'amore mistico e divino. Suprema estasi di cui godettero i santi, esso non è piacevole digressione di romantico sentimentalismo, ma la più tempestosa delle conquiste, la più alta tensione di dominio sulle forze biologiche, una lotta virile in cui vengono impegnate tutte le forze della vita.
Io intendo un misticismo attivo, che rinuncia per creare, e non certo quel sentire moderno e vano nevrotizzato e sensualizzato, snervante e malato, per cui in mezzo ad un artificioso complicarsi di raffinatezza, nello spirito è ozio e squallore.
In alto, come esempio massimo dell'evoluzione umana, sta l'Amore divino, e all'uomo medio non possiamo chiedere che il massimo avvicinamento permesso dalle sue capacità cognitive e sopportabile dalle sue forze.
Nei passi infiniti degli accostamenti alla perfezione, ognuno al suo livello cercherà di abbellire ed elevare al meglio istinti e passioni. La mèta sia quel super-amore toccato dai grandi nello Spirito.
L'essere si sollevi verso il Divino per successive raffinazioni che demoliscano in basso e ricostruiscano sempre più in alto, nell'innalzamento delle pulsazioni emotive che raggiunga la sublimazione di tutta la personalità, in una trasfigurazione del proprio Io spirituale. (ved. QUI, QUI, QUI, QUI e QUI; ndr).
"Amore e Psiche" di William Bouguereau |
Questo, affinché il vincolo sostanziale nel contrarre ogni unione di coppia sia l'amore stesso; senza di esso ogni cosa è nulla e si riduce ad una forma di prostituzione anche se convalidato da tutte le sanzioni religiose e civili. La forma non può creare la sostanza, da cui dipende la felicità dei figli e l'avvenire della razza.
Per gradi le forme d'amore ascendono, ed ogni essere, dall'animale, al selvaggio, all'uomo incolto, all'intellettuale, al genio, al santo, ama diversamente secondo la qualità e il livello di perfezione raggiunto. Con l'ascensione di ciascuno si trasforma la sua espressione che è la più grande forza dell'Universo.
Sempre presente ad ogni altezza, l'amore con le sue funzioni, da quella semplicissima degli esseri inferiori usata per moltiplicare la specie, si arricchisce e si articola in una quantità di compiti nuovi in un vasto raggio d'azione.
Si diversifica trasformando la femmina in donna e il maschio in uomo; si sublima nell'amore materno, differenziandosi in quello paterno, filiale, familiare, nazionale, umanitario, fino all'altruismo, all'abnegazione, al martirio. La donna si trasforma in angelo, l'uomo in santo.
In tale continua ascensione vi è un costante riassorbimento della spinta socialmente disgregante dell'egoismo e un'emanazione che ad essa sostituisce le forze costruttive dell'altruismo.
Il ruolo dell'amore è creare, conservare, proteggere e il suo sviluppo estrinseca ed intensifica tutte le difese di una vita sempre più complessa. Queste ascensioni non sono sterile sogno, ma contengono la genesi delle forze di coesione dell'organismo unitario della futura società umana.
Altruismo necessario in un mondo più evoluto, anche se può sembrare utopia oggi in cui è già talvolta uno sforzo la sola sua estensione alla ristretta cerchia familiare. Riassorbimento dell'egoismo nel suo contrario: l'amore, inversione di spinte nel processo di mutazione delle forze di male in bene, di dolore in gioia. Questo spalanca le braccia all'infinito e tutto possiede senza più chiedere.
Nella solitudine dei silenzi immensi il santo ama, con l'anima ipersensibile protesa e aperta a tutte le vibrazioni dell'infinito, in uno slancio impetuoso e frenetico verso la vita di tutte le creature sorelle.
Se a voi appare tutto solo, egli è con l'Invisibile, a cui tende le braccia nell'estasi di un supremo e vastissimo amplesso; qualcosa dall'imponderabile risponde, infiamma, nutre e sazia; in un incendio che annienterebbe qualsiasi essere comune divampa l'Amore che abbraccia i cieli; in un mistero di sovrumana passione, Cristo apre le braccia soffrendo sulla Croce, e frate Francesco, alla Verna, le apre a Cristo.»
"Francesco d'Assisi in estasi" di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. |
O Principio infinito. Tu che muovi per Tua forza
d'amore infiniti Cieli, dai a noi la potenziale vitalità
per raggiungerTi nel luogo ove Tu sei in gloria eccelsa.
Tu sole unico; noi raggi minimi procediamo verso di Te.
Il sudore sanguigno si è tramutato in gloria di cieli
e i palpiti di essi non sono che il ritmo
della Tua gloria infinita, o Eterno.
Il monte è scomparso nella Luce radiosa che Tu ci hai inviata,
ed ecco che al nostro occhio sono giunte le scale infinite.
Noi saliamo verso di Te dall'abisso del Tempo.
Non ci far mancare mai la Tua Luce.
Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it
Fonte: omnesmag.com
" : brano tratto da "La Grande Sintesi" di Pietro Ubaldi