Monastero di Santa Cristiana in S. Croce sull'Arno (Pisa) |
Come ho promesso QUI, in concomitanza del 42° anniversario dell'attentato a Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro, ma soprattutto dei 106 anni dalle apparizioni del 1917 di Nostra Signora di Fatima, proseguo nella descrizione dei fatti accaduti in quell'evento straordinario, esponendo in parte ciò che Antonio Socci scrisse nel suo libro "Il segreto di Padre Pio".
Prima però, visto che nell'articolo si parla di "bilocazione", ne do qualche ragguaglio per agevolare chi non avesse dimestichezza col termine che, per lo più, viene usato in teologia.
Lo sdoppiamento fluidico o bilocazione avviene soprattutto nelle anime elette, perché queste, riducendo al minimo essenziale le esigenze organiche, vibrano maggiormente su un piano superiore trascendente la materia.
Esse, protese al massimo verso il prossimo, sono sempre pronte ad intervenire per dare aiuto, lasciando all'occorrenza il proprio corpo fisico e utilizzando il corpo eterico-astrale (ved. QUI) che "densificano" sotto la spinta della volontà e dell'Amore per gli istanti necessari al soccorso da compiere.
Il tutto accade molto velocemente e, una volta effettuata l'opera, rientrano nel loro involucro somatico scomparendo allo sguardo degli astanti.
Celebri sono le bilocazioni di Padre Pio e d'altronde, anche se poco conosciuti i doni soprannaturali della monaca dei quali tratta questa storia, con lui agiva spesso, dal tempo in cui come adolescente in preghiera le apparve dicendole: "Rimani sempre bambina".
Suor Rita Montella (al secolo Cristina) 1920-1992 |
L'evento prodigioso che salvò la vita a Giovanni Paolo II
«Il 13 maggio 1981, verso le ore 17:17, in piazza San Pietro a Roma, un killer turco inviato da forze oscure e potenti, Mehmet Alì Agca, sta per sparare al Papa Giovanni Paolo II. Il ventitreenne "lupo grigio" è un professionista, è un ottimo tiratore, è lì per uccidere, si trova dietro la prima fila, a distanza molto ravvicinata (solo tre metri dal Santo Padre). È molto calmo e determinato, dunque il bersaglio, indifeso ed esposto davanti a lui, non ha scampo.
Ma allora come e perché l'assassinio è fallito? Se l'avesse ucciso ‒ e le probabilità erano il 99,99 per cento ‒ il suo pontificato sarebbe stato soffocato agli albori. La storia della Chiesa sarebbe stata molto diversa, ma soprattutto lo sarebbe stata la storia mondiale, perché il ruolo che il "papa polacco" ebbe nel successivo crollo incruento del comunismo fu colossale, decisivo. Tutto dunque sarebbe andato diversamente e, di certo, molto più drammaticamente per l'intera umanità.
Ripeto dunque la domanda: come e perché quell'assassinio è fallito? Chi impedì al killer di perpetrare quell'omicidio ormai a portata di mano alle 17:17 di quel giorno in piazza San Pietro, il luogo che aveva visto, diciannove secoli prima, il martirio dell'apostolo Pietro?
Papa Karol Wojtyla ha sempre affermato di essere stato salvato da un intervento soprannaturale della Santa Vergine. Ne danno testimonianza l'icona della Madonna che ha fatto dipingere sopra piazza San Pietro, nel punto dove si consumò il crimine, e una pallottola ‒ di quell'attentato ‒ che il papa volle portare l'anno successivo come ex voto al santuario di Fatima per farla incastonare nella corona della Regina della pace.
In effetti il giorno dell'attentato era la festa della Madonna di Fatima, l'anniversario della prima apparizione (avvenuta il 13 maggio 1917). E una simile coincidenza fa davvero pensare ad una soprannaturale protezione sul papa scampato alla morte.
È davvero inspiegabile che un killer professionista, molto abile e determinato, abbia fallito a distanza ravvicinatissima un bersaglio così facile e indifeso sparando solo due colpi. Anche la traiettoria del proiettile che colpì al ventre il Santo Padre sembrò innaturale, anzitutto ai chirurghi.
Che una mano misteriosa abbia deviato la pallottola per salvare la vita del papa non è solo una persuasione soggettiva di Karol Wojtyla, è un fatto oggettivo, in un certo senso scientificamente acclarato:
‒ Il professor Crucitti aggiunse di aver osservato una cosa "assolutamente anomala e inspiegabile". La pallottola si era mossa, nel ventre del papa, a zigzag, evitando gli organi vitali. Era passata a un soffio dall'aorta centrale: se l'avesse raggiunta, il Santo Padre sarebbe morto dissanguato ancora prima di arrivare in ospedale.
Aveva evitato la spina dorsale e tutti gli altri principali centri nervosi: se li avesse colpiti, Giovanni Paolo II sarebbe rimasto paralizzato. "Sembra", concluse Crucitti, "che quella pallottola sia stata guidata per non provocare danni irreparabili".
Per questo il 13 maggio 1994, parlando ai vescovi italiani, Giovanni Paolo II poté ragionevolmente affermare: "Fu una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte (...) Il proiettile mortale si fermò e il papa vive ‒ vive per servire!".
Che quella mano misteriosa appartenga alla Madre di Dio, di cui quel giorno si celebrava l'apparizione a Fatima, era per papa Wojtyla una certezza. "Sono stato a Fatima per ringraziare la Madonna" ha scritto in "Memoria e Identità".
In effetti quel giorno, il 13 maggio 1982, primo anniversario dell'attentato, dichiarò: "Ho visto in tutto ciò che mi stava succedendo una speciale protezione materna della Madonna. In quest'ora, qui, nel santuario di Fatima, voglio ripetere adesso davanti a tutti voi: "Totus Tuus (tutto tuo) o Madre!". Il papa ha poi ripetuto in varie occasioni: "Una mano ha sparato, un'altra ha deviato la pallottola".
Nessuno, ovviamente, ha mai cercato testimoni di quell'intervento soprannaturale. Nessuno poteva immaginare che una mano avesse fisicamente impedito ad Agca di sparare i colpi decisivi. Finché un giorno di luglio del 2007 mi sono imbattuto in alcuni documenti che avevo ricevuto nel maggio del 2005, accantonandoli senza prestarvi attenzione.
Sistemando dei libri ho aperto un incartamento che neanche sapevo di avere e che conteneva la straordinaria vicenda di Cristina Montella, la "Bambina" di padre Pio. Mi tuffo nella lettura, scopro un continente sconosciuto.
E dopo qualche giorno mi metto alla ricerca del personaggio che ha raccolto tante testimonianze e documenti incredibili su di lei. In un caldo e luminoso giorno di agosto percorro in macchina verso sud la valle spoletana, che corre sotto Assisi.
Sembra di essere in pellegrinaggio: sfioro Santa Maria degli Angeli con la grande basilica che contiene la Porziuncola, poi Rivotorto (una chiesina costruita sopra la stalla in cui Francesco visse alcuni mesi con i suoi compagni), quindi Spello, infine Trevi. E, dirigendomi verso Montefalco, nel mezzo della campagna trovo il santuario della Madonna della Stella.
Vive qui il padre passionista Franco D'Anastasio, un raffinato biblista che è stato per anni rettore del santuario San Gabriele dell'Addolorata. Proprio sul santo e specialmente sulla sua "presenza carismatica" ha scritto una quantità di pregevoli opere che fanno di lui oggi il suo maggior biografo e storico. Uno dei suoi libri recenti è dedicato alle analogie fra San Gabriele e padre Pio.
Ma negli ultimi anni padre D'Anastasio ha portato a termine una imponente ricerca storica, raccogliendo una montagna di documenti e testimonianze, sulla figura di suor Rita Montella (al secolo Cristina Montella), monaca agostiniana deceduta in fama di santità il 26 novembre 1992 nel monastero di clausura di Santa Croce sull'Arno, in Toscana.
Padre Franco D'Anastasio (Raffaele) - Torricella Sicura (TE), 16 ottobre 1929 |
Il suo legame con il santo cappuccino è speciale, ed è documentato e testimoniato fra l'altro da padre Teofilo dal Pozzo ‒ stimatissima e autorevole figura di francescano ‒ che fu direttore spirituale di suor Rita e sovrintendente della provincia cappuccina di Foggia, quindi superiore diretto e amico di Padre Pio.
Padre Teofilo fu un testimone diretto delle misteriose "missioni" congiunte di padre Pio e di suor Rita. E fu in modo rigoroso e profondo il primo a verificare i carismi e la santità di vita della suora, insieme ad altri autorevoli religiosi e religiose.
[Tale sacerdote, che divenne il suo direttore spirituale dal 1947 al 1962, essendo al corrente dei suoi doni carismatici, specialmente quello inerente allo sdoppiamento fluidico, la mise subito alla prova dopo aver saputo che era andata a trovare il card. Mindszenty in carcere.
Padre Teofilo «consegnò a suor Rita una cartolina, con un'immagine della Vergine Maria e le ordinò di chiedere al presule di scrivervi un saluto rivolto al Santo Padre. Nella notte del 26 maggio 1949, ella si recò in bilocazione dal cardinale ungherese e tornò con la cartolina. Dietro c'era scritto: "Deo gratias... me benedic. Additissimus filius Joseph Mindszenty. XXVI-V-MCMXLIX". Biglietto prontamente consegnato a Pio XII.» (Stralcio tratto dall'articolo QUI; ndr)].
Padre D'Anastasio, raccogliendo tutte queste testimonianze, ha potuto però attingere anche alla sua conoscenza personale della monaca da cui, nel corso degli anni, ha appreso informazioni importanti, una delle quali davvero sconvolgente: riguarda l'attentato a Giovanni Paolo II di cui, per altro, ella era coetanea.
Suor Rita, subito dopo il 1981, in un colloquio confidò a padre Franco ‒ facendogli promettere di tenere il segreto almeno fino alla sua morte ‒ di essere stata presente in bilocazione in piazza San Pietro quel 13 maggio 1981. Ma c'è di più: "Assieme alla Madonna deviai il colpo dell'attentatore del papa". Queste le testuali parole di lei. (QUI, la deposizione del sacerdote vidimata dal notaio; ndr).
Si tratta di una rivelazione che ovviamente lascia sconcertati, che può essere presa in esame solo considerando l'assoluta affidabilità di questa religiosa, la sua vita santa e i doni soprannaturali che ebbe e che sono testimoniati da persone del tutto degne di fiducia, a cominciare da quanto attestò San Pio da Pietrelcina il quale, proprio con suor Rita ha compiuto alcune delle sue imprese eccezionali. [...]
Ecco la straordinaria vicenda trasmessa nel programma "Top Secret" di Rete 4:
Al giudice istruttore, Ilario Martella, che lo interrogava durante la seconda indagine giudiziaria sull'attentato, Agca ha così descritto quello che accadde:
"Era mio preciso intendimento uccidere il papa. Questo era il mandato che mi era stato affidato, tant'è che ho sparato solo due colpi perché accanto a me c'era una suora che ad un certo punto mi ha preso il braccio destro, per cui non ho potuto continuare a sparare. Altrimenti io avrei ucciso il papa."
Quando ho letto queste parole mi è sembrato di ravvisarvi una notizia clamorosa che pare sia sfuggita all'attenzione: una suora che ha sventato l'assassinio. È stato inevitabile pensare a suor Rita.
Per la verità si era subito diffusa la notizia di una suora che aveva ostacolato Agca mentre sparava. Ce n'è traccia sui giornali del tempo. Lo ha ricordato per esempio Adriano Sofri in un suo articolo dedicato appunto alle suore: "Nel pomeriggio dell'attentato in piazza San Pietro, si disse che una suora si era gettata addosso ad Alì Agca per deviarne il colpo".
Ma, a quanto pare, tutti hanno sempre sovrapposto la figura della suora di cui parla Agca, quella che gli afferrò il braccio, all'altra che poi ne bloccò la fuga. Un errore forse dovuto al fatto che l'unica suora reperibile e identificata dalla polizia sul posto è stata la seconda, che ha pure testimoniato al processo. [...]
Stiamo sfiorando ‒ come ben si capisce ‒ il mistero, il soprannaturale, e certamente qualcuno storcerà il naso. I mistici, come dice Jean Guitton, sconvolgono le nostre presunte certezze fisico-matematiche perché spalancano davanti a noi altre dimensioni, ci fanno intuire quanto sia corta la nostra vista e lasciano irrompere l'Eterno nell'istante presente.
Così diventa comprensibile perfino l'impossibile: la notizia di una suora che vive in un monastero di clausura in Toscana e che, in bilocazione, un giorno, impedisce all'attentatore del papa di sparare ancora. [...]
I fatti sono obiettivamente concordanti con la "rivelazione" relativa a suor Rita:
‒ Il primo è la confessione di Agca che parla di una suora che gli prese il braccio impedendogli di sparare altri colpi.
‒ Il secondo è la testimonianza di quella "suor Lucia" che bloccò la fuga di Agca.
Suor Rita Montella (al secolo Cristina) |
Suor Letizia Giudici (al secolo Lucia) |
Suor Lucia Giudici ‒ che in realtà da religiosa si chiama suor Letizia ‒ scrive:
"Sì, è toccato proprio a me acciuffare Alì Agca che tentava di fuggire dalla piazza dopo aver sparato al Santo Padre. Ho atteso invano quel giorno che qualcuno lo bloccasse, ma tutti i pellegrini e turisti in quell'istante erano allibiti e sconvolti nell'osservare il papa che, ferito gravemente, veniva trasportato all'ospedale Agostino Gemelli.
Tutto si svolse in una manciata di minuti ed io, istintivamente, ho cercato l'attimo per bloccarlo e tenerlo fino all'arrivo della polizia".
Suor Lucia qui non dice affatto di essersi trovata accanto all'attentatore e di avergli afferrato il braccio, anzi colloca il suo gesto dopo che egli ha sparato, mentre sta fuggendo. Dunque fornisce una risposta. Ma occorre capire precisamente quanto lei era distante dal killer turco. Come fare?
Apprendo che suor Lucia è originaria di un paesino della bergamasca e che, nei giorni in cui sto scrivendo, si trova lì in vacanza. Grazie alla preziosa collaborazione di Ettore Ongis, direttore de L'Eco, riesco a farla raggiungere il 23 agosto 2007 alla messa delle ore 18 e lì, informalmente, fornisce una spiegazione precisa che mi sembra definitiva.
Eccola: Alì Agca si trovava davanti alla suora, a una distanza di circa 10 metri. Lui ha sparato i due colpi, poi si è voltato e ha cominciato a scappare dirigendosi verso il colonnato del Bernini, cioè verso di lei.
Siccome nessuno lo fermava, ella ha allargato le braccia per sbarrargli la strada. Lui allora le ha puntato la pistola ma, muovendosi per tornare indietro, ha perso l'equilibrio (inciampando su un sampietrino; ndr) e a quel punto lei l'ha bloccato finché non sono arrivati altri e poi dei carabinieri che l'hanno ammanettato.
Quindi adesso è certo: suor Lucia si trovava lontano da Agca al momento degli spari, stava ad una decina di metri, dunque non era lei la suora secondo le suddette parole dell'attentatore.
Ma se non era suor Lucia, chi sarà stata quella suora che non fu mai identificata sul posto dalla polizia perché, dopo l'attentato sembra essersi volatilizzata da piazza San Pietro ?
Padre Franco D'Anastasio oggi può rivelare la confidenza ricevuta da suor Rita perché lei è deceduta nel 1992. Quindi non è più tenuto al segreto. [...]
Del resto suor Rita ha dato anche altri elementi interessanti a Padre D'Anastasio subito dopo il tentato omicidio. Li riassumo in sintesi: "L'attentatore non parlerà. Le pallottole che ferirono il Santo Padre erano avvelenate. Lui era con altri due che sono fuggiti. C'era una trama internazionale contro il papa e la Chiesa".
Tutti flash che poi hanno trovato puntuale conferma nelle indagini della magistratura e negli eventi successivi.»
Brano estratto dal libro di Antonio Socci: "Il segreto di Padre Pio".
Suor Rita Montella, quando aveva appena due anni ed era a casa della zia, vide un quadro di san Gerardo Maiella animarsi e questo la spaventò molto...
Dopo alcuni giorni prese coraggio ed accettò di ritornarvi per rivedere l'immagine del Santo che, tendendo le braccia l'abbracciò dicendole: "Cristina, tu diverrai suora".
Da allora, per tutto l'arco della sua infanzia, ella continuò a sperimentare fenomeni mistici, come la frequente interazione con il Bambino Gesù, la Vergine Maria e il suo Angelo Custode.
I suoi "amici" celesti le dicevano di non dire nulla al riguardo. Da ragazzina era molto penitente: dormiva per terra con un sasso come cuscino. Suo padre la portò via da scuola al terzo anno delle elementari perché era contrario all'ideologia fascista di quel tempo.
Poi, rimanendo a casa, si dedicò attivamente al lavoro parrocchiale insegnando catechismo alle fanciulle. Nella notte fra il 25 e il 26 agosto 1934, quattordicenne, le apparve il Santo di Pietrelcina che non aveva mai visto prima. Egli, come detto sopra, le si presentò dicendole: "Cristina, io sono Padre Pio... rimani sempre «bambina»"... e da quel momento, non per la sua età bensì per la sua innocenza, tale nome la qualificò per il resto dei suoi giorni.
Un anno dopo, il 14 settembre 1935, intorno alle 2 di notte, nel corso della solita preghiera inginocchiata vicino al suo letto, ebbe la visione di Gesù vivo sulla Croce, dalle cui ferite uscivano raggi, mentre accanto aveva Sua Madre, San Giuseppe e Padre Pio.
Fu allora che Cristina ricevette le stigmate, dopo aver risposto "Sì" alla domanda di Gesù se avesse voluto "sentire" le sofferenze che pativa. Tuttavia, in seguito ad un'ardente richiesta di renderle invisibili, esse scomparvero lasciando però intatto il dolore alla mistica «Bambina» per l'intera esistenza, non da sola però, perché Padre Pio si univa a lei misticamente tutte le notti.
Il 10 agosto 1940 entrò in clausura nel Chiostro delle Monache Agostiniane e là restò 51 anni fino alla sua dipartita.
Ogni sera all'«Ora Santa», verso le 23, suor "Rita" pregava nella cappella dietro la Sacrestia per essere vicina al Santissimo sull'altare e lì incontrava Padre Pio che affiancava le sue preghiere insieme a due coppie di angeli.
Suor Rita era soggetta alla persecuzione di alcune consorelle che la detestavano e la umiliavano tacciandola come "strana" ed "ipocrita". Negli ultimi anni si nutriva esclusivamente dell'Eucaristia che Gesù le dava emettendola dalla piaga del Costato.
Lei e Padre Pio durante la seconda Guerra mondiale "volavano" spesso a soccorrere i soldati in pericolo. Una volta andarono addirittura in Germania in un campo di concentramento per liberare un soldato italiano. Vennero visti e scambiati per spie, le guardie spararono loro addosso ma i proiettili non servivano a nulla... (in quanto i loro corpi, in bilocazione, erano fluidici).
Ella assistette, sempre in condizione di sdoppiamento, all'agonia di Padre Pio (23 settembre 1968) rammaricandosi che i medici non lo lasciavano morire in pace nel cercare di rianimarlo. Raccontò che al momento del suo trapasso la Vergine Maria, San Francesco e Santa Chiara erano presenti.
Suor Rita cercò di tenere nascosta la sua vita soprannaturale e tutto ciò che accadeva rimase nascosto tra le mura del monastero, però Gesù le disse:
"Tutti vogliono essere visti per essere lodati; la mia «Bambina» invece è sempre nascosta, per questo desidero farla conoscere. Ti affiderò a padre Teofilo dal Pozzo che sarà il primo a renderti nota a tutti."
Trapassò, già sofferente per una caduta dalle scale dove si era fratturata un braccio, inginocchiata e aggrappata al suo letto mentre aveva lo sguardo fisso su un dipinto di San Michele Arcangelo. Erano le 13:30 del 26 novembre 1992.»
Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it
Fonte: suorritamontella.com
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