Nino Musio |
Sebirblu, 28 gennaio 2023
Il contesto politico, sociale e
religioso in cui visse Don Bosco, al secolo Giovanni Melchiorre
Bosco, nato a Castelnuovo D'Asti il 16 agosto 1815 e deceduto a
Torino il 31 gennaio 1888, fu estremamente tumultuoso.
Prima perciò di riportare alcune delle
sue numerose profezie sul destino della Francia, dell'Italia e del
Papato, pubblico due stralci significativi contenuti nel primo e
quarto volume, entrambi al cap.1, tratti dalle "Memorie
biografiche di Don Bosco" raccolte dal sacerdote salesiano Giovan Battista Lemoyne", scaricabili QUI, che rendono bene l'idea del clima profondamente ostile alla Chiesa che diverse sette, ma soprattutto la
Massoneria, avevano messo in atto sin da allora per distruggerla.
«Gli avvenimenti che funestarono
l'Europa sul finire del secolo XVIII e nella prima metà del XIX si
compendiano in un sol motto: Guerra al Papato. Prìncipi protestanti,
arricchiti delle spoglie della Chiesa, dominanti su nazioni che
avevano apostatato dalla vera religione, usurpatori della supremazia
spirituale, si ostinavano nella superba ribellione contro il Vicario
di Gesù Cristo.
I nobili cattolici, insofferenti ad
un'autorità che spiritualmente aveva su di essi giurisdizione, ad
ogni istante pretendevano che il papa tradisse i suoi doveri per
obbedire alle loro prepotenze. La Massoneria intanto, animata dallo
spirito di Satana, con i suoi adepti ebrei, protestanti e cristiani
rinnegati, aveva giurato di cancellare dalla terra il Regno e il nome
di Gesù Cristo.
E per giungere a questo scopo, essa giudicava mezzo più sicuro togliere al Pontefice di Roma il
potere temporale per vincolarne così la libertà e diminuirne, per
quanto si poteva, l'azione sociale. Pronta a tradire re, principi e
nazioni, la Massoneria riuscì a trarre ai suoi disegni, o ad introdurre nei
gabinetti dei Sovrani, perfidi consiglieri, che risvegliassero contro
Roma le gelosie assopite e le facessero più vive se già accese.»
‒ La rimozione dei crocifissi nelle scuole della città di Parigi ‒ |
«I corifei delle sette (i capi, in
senso negativo) studiavano di stabilire uno Stato il quale non
governasse più in nome di Dio, né secondo Dio facesse le leggi, ma
in nome del popolo, e secondo il suo volere mutevole, che essi stessi
con le loro arti avrebbero formulato. (Proprio come ha fatto e fa Bergoglio, il Falso Profeta; ved. QUI, QUI, QUI, QUI e QUI; ndr).
Volevano rovesciare poco a poco ciò
che ipocritamente avevano fino ad allora predicato doversi
rispettare, in modo però che i popoli non se ne avvedessero, o solo
allorquando già vi fossero preparati per corruzione di costumi, per
errori di mente, bevuti nei giornali, nei libri, nei teatri, nelle
scuole, e nelle adunanze politiche. [...]
A tale fine, predicando la necessità
dell'indipendenza della nazione, si facevano apostoli della libertà
di pensiero, di coscienza, di religione e di stampa.
Era quella libertà definita da San Pietro: "Velamen habentes malitiae libertatem" (usare
della libertà per far velo alla malizia; I Pietro 2,16), cioè
null'altro in fondo che guerra contro tutto ciò che da lontano o da
presso ricorda la superbia umana, che vi è un Dio al quale si deve
assoluta obbedienza.
È per questo che i legislatori settari
proclamavano e proclamano: "Noi siamo la legge e sopra la legge
non sta alcuno, né Dio, né Chiesa".
Consideravano la Chiesa Cattolica come
una semplice società privata, senza valore, senza diritti, senza
interesse per la vita civile, separata dallo Stato e, peggio ancora,
nemica da doversi combattere incessantemente.
"Rex sum ego!" (Il Re sono
IO) dichiarò Gesù Cristo: ma i Suoi concittadini lo odiavano e gli
mandarono a dire: "Nolumus hunc regnare super nos" (Non
vogliamo che costui regni su di noi) ‒ (Luca 19,14).
Ma "vae qui condunt leges iniquas"
(Guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono in fretta sentenze
oppressive) ‒ minacciava Isaia al cap. 10,1 ‒
La politica d'ogni genere, dice Bonald
(ved. QUI), si rende forte da tutto ciò che concede alla
religione e si impoverisce da tutto ciò che lo nega. Dove viene meno
il rispetto verso il Papato, il rispetto verso il Sovrano si
estingue.
Il celebre Colbert (ved. QUI)
nel suo testamento così parlava a Luigi XIV aizzato contro la Chiesa
da perfidi consiglieri: "Non mai impunemente il figlio si
rivolta contro il padre. Tutte le imprese che Ella condurrà contro
il Sommo Pontefice, ricadranno sulla stessa Maestà vostra."
E purtroppo i reggitori dei popoli
disprezzarono la Chiesa e furono avvinti dalla Rivoluzione, la quale
vuole la sovranità del popolo, per rendere il monarca schiavo del
parlamento, e il parlamento schiavo delle masse.
L'ultima sua parola (della Rivoluzione appunto; ndr): Non più Dio, non
più re, non più padrone. Abolizione della proprietà! Socialismo e
comunismo! ‒ La Voce e la preghiera della santa Chiesa e
l'onnipotente braccio di Dio renderan vano l'insensato disegno, ma
non tanto che le nazioni apostate non abbiano da pagare il fio della
loro ribellione.»
Ebbene, non è forse impressionante
quest'ultimo brano per la similarità con ciò che stiamo vivendo
oggi all'interno della Chiesa Cattolica, in mano alla Massoneria
ecclesiastica? (Cfr. QUI, QUI, QUI e QUI). Ma "il
braccio di Dio" vanificherà ogni trama, perché "le
Tenebre non prevarranno su di Essa" (Mt. 16,18).
Greg Olsen |
Ecco, quindi, la seconda parte del post
riguardante il carisma profetico che sin da piccolo il Santo pedagogo
mostrò di avere essendo dotato di qualità eccezionali che gli
permettevano di "vedere" e "prevedere" quello che
gli altri ignoravano. (cfr. QUI).
Ben conoscendo come sia facile prendere
abbagli in questo campo, egli argutamente diceva: "Non
ritenetemi profeta finché tutto non si sia avverato". Fu
attribuita a lui, infatti, la famosa frase: "I cavalli cosacchi
si abbevereranno alle fontane di S. Pietro".
Il 5 gennaio 1870, dunque, don Bosco
ebbe una visione durante il sonno, riguardante la Francia, il Papato
e l'Italia, che per la sua importanza fu inviata a Pio IX nello
stesso anno.
Questo è ciò che scrisse di suo pugno:
«Dio solo può tutto, conosce tutto,
vede tutto. Dio non ha né passato, né futuro; ma a Lui ogni cosa è
presente come in un sol punto. Davanti a Dio non v'è cosa nascosta,
né presso di Lui esiste distanza di luogo o di persona. Egli solo
nella Sua infinita Misericordia e per la Sua Gloria può manifestare
le cose future agli uomini.
La vigilia dell'Epifania dell'anno
corrente 1870 scomparvero tutti gli oggetti materiali della camera e
mi trovai alla considerazione di cose sopranaturali. Fu cosa di brevi
istanti, ma si vide molto. Sebbene di forma, di apparenze sensibili,
tuttavia non si possono se non con grande difficoltà comunicare ad
altri con segni esterni e visibili.
Se ne ha un'idea da quanto segue. Ivi è
la parola di Dio accomodata alla parola dell'uomo.
Dal Sud viene la guerra, dal Nord viene
la pace.
Le leggi di Francia non riconoscono più
il Creatore, ed il Creatore si farà conoscere e la visiterà tre
volte con la verga del suo furore.
Nella prima abbatterà la sua superbia
con le sconfitte, col saccheggio e con la strage dei raccolti, degli
animali e degli uomini.
Nella seconda la grande prostituta di
Babilonia, quella che i buoni sospirando chiamano il postribolo
d'Europa, sarà privata del capo in preda al disordine. Parigi...
Parigi!!... invece di armarti del Nome del Signore, ti circondi di
case d'immoralità.
Esse saranno da te stessa distrutte: l'idolo tuo, il Pantheon, sarà incenerito, affinché si avveri che
"mentita est iniquitas sibi" (l'iniquità ha mentito a se
stessa). I tuoi nemici ti metteranno nelle angustie, nella fame,
nello spavento, e nell'abominio delle nazioni. (Cfr. QUI e QUI; ndr).
Notre-Dame in fiamme |
Ma guai a te se non riconoscerai la
mano che ti percuote! Voglio punire l'immoralità, l'abbandono, il
disprezzo della Mia legge, dice il Signore.
Nella terza cadrai in mano straniera: i
tuoi nemici di lontano vedranno i tuoi palagi in fiamme, le tue
abitazioni divenute un mucchio di rovine, bagnate dal sangue dei tuoi
prodi che non sono più.
Ma ecco un gran guerriero dal Nord
porta uno stendardo, sulla destra che lo regge sta scritto: Irresistibile mano del Signore. In quell'istante il Venerando Vecchio
del Lazio gli andò incontro sventolando una fiaccola ardentissima.
Allora lo stendardo si dilatò e di
nero che era divenne bianco come la neve. Nel mezzo dello stendardo
in caratteri d'oro stava scritto il nome di COLUI che tutto può.
Il guerriero coi suoi fece un profondo
inchino al Vecchio e si strinsero la mano.»
Ora la voce del Cielo è al Pastore dei
pastori: «Tu sei nella grande conferenza coi tuoi assessori (il
Concilio Vaticano I; ved. QUI); ma il 'nemico' del Bene non rimane un
istante in quiete; egli studia e pratica tutte le arti contro di te.
Seminerà discordia tra i tuoi assessori; susciterà nemici tra i
figli Miei.
Le potenze del secolo vomiteranno
fuoco, e vorrebbero che le parole fossero soffocate nella gola ai
custodi della Mia Legge. Ciò non sarà. Faranno male, male a se
stessi. Tu accelera; se non si sciolgono le difficoltà, siano
troncate.
Se sarai nelle angustie, non
arrestarti, ma continua finché non sia troncato il capo dell'idra
dell'errore (la definizione dell'Infallibilità Pontificia). Questo
colpo farà tremare la terra e l'inferno, ma il mondo sarà
assicurato e tutti i buoni esulteranno.
Raccogli dunque intorno a te anche solo
due assessori, ma ovunque tu vada, continua e termina l'opera che ti
fu affidata. I giorni corrono veloci, gli anni tuoi si avanzano al
numero stabilito; ma la Gran Regina sarà sempre il tuo aiuto, e come
nei tempi passati così per l'avvenire sarà costante (il suo soccorso)
"magnum et singulare in Ecclesia prasidium" (grande e
singolare il presidio – la protezione – nella Chiesa).»
E qui, riporto ciò che si riferisce al
nostro Paese, a Roma e alla Chiesa.
«E tu, Italia, terra di benedizioni,
chi ti ha immersa nella desolazione? Non dire i nemici; ma gli amici
tuoi. Non odi che i tuoi figli domandano il pane della Fede e non
trovano chi loro lo spezzi?
Che farò? Batterò i pastori,
disperderò il gregge, affinché i sedenti sulla cattedra di Mosè*
cerchino buoni pascoli e il gregge docilmente ascolti e si nutrisca.
* [Perché la cattedra di Mosè e non
di Pietro? Evidentemente perché il riferimento (importante) è sia a
Malachìa 1, 6-2,9 (ved. QUI), che a Matteo 23, 1-12 (ved. QUI),
ossia sono i farisei e gli scribi, uomini indegni ed iniqui, che
siedono sul seggio di Pietro oggi, come di Mosè allora. Ndr].
Ma sopra il gregge e sopra i pastori
peserà la Mia mano; la carestia, la pestilenza, la guerra faranno sì
che le madri dovranno piangere il sangue dei figli e dei martiri
morti in terra nemica.
E, di te, o Roma, che sarà? Roma
ingrata, Roma effeminata, Roma superba! Tu sei giunta a tale punto
che non cerchi altro, né altro ammiri nel tuo Sovrano, se non il
lusso, dimenticando che la tua e la sua gloria stanno sul Golgota.
Ora egli è vecchio, cadente, inerme,
spogliato; tuttavia colla schiava parola fa tremare il mondo. Roma!
Io verrò quattro volte a te!
Nella prima percuoterò le tue terre e
gli abitanti di esse.
Nella seconda, porterò la strage e lo
sterminio fino alle tue mura. Non apri ancora l'occhio?
Verrò la
terza, abbatterò le difese e i difensori e al comando del Padre
subentrerà il regno del terrore, dello spavento e della desolazione.
Ma i miei savi fuggono, la Mia Legge è
tuttora calpestata, perciò verrà la quarta visita.
Guai a te se tale Legge sarà ancora un
nome vano per te! Succederanno prevaricazioni nei dotti e negli
ignoranti. Il tuo sangue e il sangue dei tuoi figli laveranno le
macchie che tu fai alla Legge del tuo Dio.
La guerra, la peste, la fame sono i
flagelli con cui verrà percossa la superbia e la malizia degli
uomini. Dove sono, o ricchi, le vostre magnificenze, le vostre ville,
i vostri palagi? Sono divenute la spazzatura delle piazze e delle
strade!
Ma voi, o sacerdoti, perché non
correte a piangere fra il vestibolo e l'altare, invocando la
sospensione dei flagelli? Perché non prendete lo scudo della Fede e
non andate sopra i tetti, nelle case, nelle vie, nelle piazze, in
ogni luogo anche inaccessibile, a portare il seme della Mia Parola?
Ignorate che questa è la terribile
spada a due tagli che abbatte i Miei nemici e che rompe le ire di Dio
e degli uomini? Queste cose dovranno inesorabilmente venire l'una
dopo l'altra. Esse accadranno in sequenza graduale. (Cfr. QUI, QUI, QUI, QUI e
QUI).
Ma l'Augusta Regina del cielo è
presente. La Potenza del Signore è nelle sue mani; disperde come
nebbia i suoi nemici.
Il venerando Vecchio si riveste di
tutti i suoi antichi abiti. Ci sarà ancora un violento uragano.
L'iniquità estinta, il peccato avrà fine e, prima che trascorrano
due pleniluni del mese dei fiori, l'iride di Pace (l'arcobaleno)
comparirà sulla Terra.
Il gran Ministro vedrà la Sposa del
suo Re vestita a festa. In tutto il mondo apparirà un sole così
luminoso quale non fu mai dalle fiamme del Cenacolo ad oggi, né più
si vedrà fino all'ultimo dei giorni.»
Infine, ecco il terzo sogno profetico
(avvenuto tra il 24 maggio e il 24 giugno 1874) che sembra riferirsi
ad un evento specifico che si manifesterà prima che appaia il
suddetto "sole luminoso" e che perciò concerne in modo
particolare i nostri tempi e quelli futuri.
«Era una notte oscura, gli uomini non
potevano più discernere quale fosse la via da tenere per ritornare
sui propri passi, quando apparve in cielo una splendidissima luce che
rischiarava il percorso dei viaggiatori come a mezzodì.
In quell'attimo fu vista una
moltitudine di uomini, donne, vecchi, fanciulli, monaci, monache e
sacerdoti, guidati dal Pontefice, uscire dal Vaticano e schierarsi in
forma di processione.
Ma ecco un furioso temporale...
oscurando alquanto quella luce pareva ingaggiarsi una battaglia fra
luce e tenebre. Intanto, si giunse ad una piccola piazza coperta di
morti e feriti, di cui parecchi domandavano ad alta voce conforto.
Le fila della processione si diradarono
assai. Dopo aver camminato per uno spazio corrispondente a duecento
levate di sole, ognuno si accorse di non essere più a Roma. Lo
sgomento invase l'animo di tutti, che si raccolsero intorno al
Pontefice per tutelarne la persona ed assisterlo nelle sue necessità.
Da quel momento furono veduti due
angeli che, portando uno stendardo, l'andarono a consegnare al Papa
dicendo:
"Ricevi il vessillo di Colei che
combatte e disperde i più forti popoli della Terra. I tuoi nemici
sono scomparsi; i tuoi figli con le lacrime e coi sospiri invocano il
tuo ritorno".
Volgendo poi lo sguardo al labaro, da
una parte si vedeva scritto "Regina sine labe concepta", e
dall'altra "Auxilium cristianorum". (Rispettivamente:
"Regina concepita senza peccato" e "Aiuto dei
Cristiani"; ndr).
Il Pontefice prese con gioia lo
stendardo, ma rimirando il piccolo numero di quelli che erano rimasti
intorno a sé divenne afflittissimo. I due angeli soggiunsero:
"Va' tosto a consolare i tuoi
figli. Scrivi ai tuoi fratelli dispersi nelle varie parti del mondo
che è necessaria una riforma dei costumi e degli uomini.
Ciò non si può ottenere se non
spezzando ai popoli il pane della Divina Parola. Catechizzare i
fanciulli, predicare il distacco dalle cose della Terra. È venuto il
tempo, conchiusero i due angeli, che i popoli saranno evangelizzatori
dei popoli. (Cfr. QUI, QUI e QUI; ndr).
I leviti (la classe ebraica destinata
al sacerdozio; ndr) saranno cercati fra la zappa, la vanga e il
martello, affinché si compiano le parole di Davide: "Dio ha
sollevato il povero dalla terra per collocarlo sul trono dei principi
del suo popolo".
Ciò udito il Pontefice si mosse, e le
fila della processione cominciarono ad ingrossarsi. Quando poi pose
piede nella Santa Città si mise a piangere per la desolazione in cui
erano i cittadini, di cui molti non erano più.
Rientrato poi in San Pietro intonò il
Te Deum, cui rispose un coro di angeli cantando: "Gloria in
Excelsis Deo, et in Terra pax hominibus bonae voluntatis".
Terminato il canto, cessò del tutto ogni oscurità e si manifestò
un fulgidissimo sole.
Le città, i paesi, le campagne erano
diminuite moltissimo di popolazione; la terra era pesta come da un
uragano, da un'acquazzone o dalla grandine, e le genti andavano le une
verso le altre con animo commosso dicendo: "Est Deus in Israel".
(È Dio in Israele).
Dal cominciamento dell'esilio al canto
del Te Deum, il sole si levò duecento volte. Tutto il tempo che
passò per il compiersi di quelle cose corrispondono a quattrocento
levate di sole.»
Ad maiorem Dei gloriam
Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it
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