venerdì 21 febbraio 2025

La Preghiera assidua e fidente fa davvero Miracoli!

 
Andrey Shishkin

Sebirblu, 19 febbraio 2025

A 12 anni appena passati da quel drammatico 11 febbraio 2013, allorché Benedetto XVI annunciò al mondo le sue dimissioni, entrate poi in vigore il 28 successivo, c'è seriamente da chiedersi quanto la Chiesa Cattolica, voluta da Cristo, sia avanzata o retrocessa fino ad ora.

Quel fatidico e autentico fulmine insieme ad altri inequivocabili Segni, da me esposti QUI,  hanno  stigmatizzato  in modo solenne  l'entrata in vigore  dei  Tempi finali per la Sacra Istituzione lasciando libero l'ingresso al "Mistero d'Iniquità" (2Tess. 2, 6-7), di cui parla san Paolo riferendosi all'epoca dell'Anticristo e al Falso Profeta, che lo precederà come precursore. (ved. QUI, QUI e QUI,  recentemente).

Per questo, mi accingo a riportare il bellissimo e interessante discorso pronunciato da papa Ratzinger all'udienza generale in piazza San Pietro del 9 maggio 2012, senza sapere che le sue argomentazioni, riferentesi alla prigionia del primo apostolo e degli israeliti presso il Faraone, sarebbero diventate profetiche non solo per sé stesso ma anche per tutto il "Piccolo Resto".

Da quella strana "rinuncia", infatti, Benedetto XVI si pose volontariamente in "sede impedita" (ved. QUI, QUI, QUI, QUI e QUI) per dar modo al suddetto "Mistero d'Iniquità" di compiersi, tenendo però saldamente "fra le mani" il Mandato Divino o "Munus", trasmessogli da Dio come Pastore universale, e far sì che il suo sacrificio portasse alla luce, come sta avvenendo, il complotto planetario ordito da Lucifero attraverso l'Oligarchia al potere, al fine di distruggere la Chiesa di Roma. (Cfr. QUI, QUI e QUI.

Ormai la sovversione politico-religiosa è talmente sicura di aver vinto la battaglia che non ritiene più nemmeno la necessità di camuffarsi... Siamo veramente al "redde rationem" finale.

Il Mondialismo espone ed opera alla luce del sole ciò che sino a qualche anno fa tramava segretamente dietro le quinte ma, come ricorda l'ultimo VERO "Santo Padre" tedesco, le tenebre del male e della schiavitù verranno squarciate dalla Luce dell'Altissimo che, per mezzo dei suoi Angeli, trarrà in salvo non solo la Chiesa – raffigurata da Pietro come Corpo Mistico fedele – ma anche tutta la parte laica, onesta e morigerata, che in questi anni è stata resa schiava dall'arroganza del Potere Occulto – similmente agli ebrei in Egitto.

Joseph Ratzinger, inoltre, mette in risalto l'importanza fondamentale della preghiera quale intimo e costante rapporto con Dio (e non solo come egoistica espressione di un biascicar di preci: "Nel pregare non sprecate parole inutili..." dice Gesù in Mt 6, 5-8; ndr) soprattutto per soccorrere il nostro prossimo, certi di essere ascoltati ed esauditi, ma anche per sentirsi sostenuti ed amati lungo il percorso faticoso della vita.

Ne ho parlato ampiamente QUI, riportandone le scoperte scientifiche; QUI in che modalità usare il suo enorme potenziale e QUI, come la preghiera caratterizzi le diversità dei vari livelli evolutivi.


William Bouguereau

Con la preghiera costante e fiduciosa
il Signore ci libera dalle catene!

Cari fratelli e sorelle,

oggi vorrei soffermarmi sull'ultimo episodio della vita di san Pietro raccontato negli Atti degli Apostoli: il suo imprigionamento per volere di Erode Agrippa e la sua liberazione per l'intervento prodigioso dell'Angelo del Signore, alla vigilia del suo processo a Gerusalemme (cfr. At 12, 1-17).

Il racconto è ancora una volta segnato dalla preghiera della Chiesa. San Luca, infatti, scrive: «Mentre Pietro era tenuto in prigione, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui» (At 12, 5).

E, dopo aver miracolosamente lasciato il carcere, in occasione della sua visita alla casa di Maria, la madre di Giovanni detto anche Marco, si afferma che «molti erano riuniti e pregavano» (At 12, 12).

Fra queste due annotazioni importanti che illustrano l'atteggiamento della comunità cristiana di fronte al pericolo e alla persecuzione, viene narrata la detenzione e la liberazione di Pietro, che comprende tutta la notte.

La forza della preghiera incessante della Chiesa ascende a Dio e il Signore ascolta e compie una liberazione impensabile e insperata, inviando il suo Angelo.

Il racconto richiama i grandi elementi della liberazione di Israele dalla schiavitù dell'Egitto, la Pasqua ebraica. Come avvenne in quell'evento fondamentale, anche qui l'azione principale è compiuta dall'Angelo del Signore che libera Pietro.

E le stesse azioni dell'Apostolo – al quale viene chiesto di alzarsi in fretta, di mettersi la cintura e di legarsi i fianchi – ricalcano quelle del popolo eletto nella notte della liberazione per intervento di Dio, quando venne invitato a mangiare in fretta l'agnello con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano, pronto per uscire dal Paese (cfr. Es 12, 11).

Così Pietro può esclamare: «Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo Angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode» (At 12, 11). Ma lo stesso Angelo richiama non solo quello della liberazione di Israele dall'Egitto, ma anche l'Altro della Risurrezione di Cristo.

Narrano, infatti, gli Atti degli Apostoli: «Ed ecco, gli si presentò un Angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro e lo destò» (At 12, 7). 

La luce che riempie la stanza della prigione, l'azione stessa di destare l'Apostolo, rimandano alla Luce liberante della Pasqua del Signore che vince le tenebre della notte e del Male.


"Liberazione di Pietro" di Raffaello Sanzio - 1513 - Musei Vaticani.

L'invito, infine: «Metti il mantello e seguimi» (At 12, 8), fa risuonare nel cuore le parole della chiamata iniziale di Gesù (cfr. Mc 1, 17), ripetuta dopo la Risurrezione sul lago di Tiberiade, dove il Signore dice per ben due volte a Pietro: «Seguimi» (Gv 21, 19-22). È un invito pressante alla sequela: solo uscendo da sé stessi per mettersi in cammino con il Signore e fare la sua volontà, si vive la vera libertà.

Vorrei sottolineare anche un altro aspetto dell'atteggiamento di Pietro in carcere; notiamo, infatti, che, mentre la comunità cristiana prega con insistenza per lui, Pietro «stava dormendo» (At 12, 6).

In una situazione così critica e di serio pericolo, è un atteggiamento che può sembrare strano, ma che invece denota tranquillità e fiducia; egli si fida di Dio, sa di essere circondato dalla solidarietà e dalla preghiera dei suoi e si abbandona totalmente nelle mani del Signore. 

In tal modo deve essere la nostra preghiera: assidua, solidale con gli altri, pienamente fiduciosa verso Dio che ci conosce nell'intimo e si prende cura di noi al punto che – dice Gesù – «perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura...» (Mt 10, 30-31).

Pietro vive la notte della prigionia e della liberazione dal carcere come un momento della sua sequela del Signore, che vince le tenebre della notte e libera dalla schiavitù delle catene e dal pericolo di morte.

La sua è una liberazione prodigiosa, segnata da vari passaggi descritti accuratamente: guidato dall'Angelo, nonostante la sorveglianza delle guardie, attraversa il primo e il secondo posto di guardia, sino alla porta di ferro che immette in città: e la porta si apre da sola davanti a loro (cfr. At 12, 10).

Pietro e l'Angelo del Signore compiono insieme un tratto di strada finché, rientrato in sé stesso, l'Apostolo si rende conto che il Signore lo ha realmente liberato e, dopo aver riflettuto, si reca in casa di Maria, la madre di Marco, dove molti dei discepoli sono riuniti in preghiera; ancora una volta la risposta della comunità alla difficoltà e al pericolo è affidarsi a Dio, intensificare il rapporto con Lui.

Qui mi pare utile richiamare un'altra situazione non facile che ha vissuto la comunità cristiana delle origini. Ce ne parla san Giacomo nella sua Lettera. È una comunità in seria crisi, in difficoltà, non tanto per le persecuzioni, ma perché al suo interno sono presenti gelosie e contese (cfr. Gc 3, 14-16). 

E l'Apostolo si chiede il perché di questa situazione. Egli trova due motivi principali: il primo è il lasciarsi dominare dalle passioni, dalla dittatura delle proprie voglie, dall'egoismo (cfr. Gc 4, 1-2a); il secondo è la mancanza di preghiera – «non chiedete» (Gc 4, 2b) – o la presenza di una certa preghiera che non si può definire come tale«chiedete e non ottenete, perché chiedete male, per soddisfare le vostre passioni» (Gc 4, 3).

Questa situazione cambierebbe, secondo san Giacomo, se la comunità parlasse tutta insieme con Dio, se pregasse realmente in modo assiduo ed unanime.




Pure la dissertazione su Dio, infatti, rischia di perdere la sua forza interiore e la testimonianza inaridisce se queste non vengono animate, sorrette e accompagnate dalla preghiera, dalla continuità di un dialogo vivente con il Signore.

Un richiamo importante anche per noi e le nostre comunità, sia quelle piccole come la famiglia, sia quelle più vaste come la parrocchia, la diocesi, la Chiesa intera. E mi fa pensare che hanno pregato in questa comunità di san Giacomo, ma hanno pregato male, solo per le proprie passioni. 

Dobbiamo sempre di nuovo imparare a pregare bene, pregare realmente, orientarsi verso Dio e non verso il bene proprio.

La comunità, invece, che accompagna la prigionia di Pietro è un'accolta che prega veramente, per tutta la notte, unita. Ed è una gioia incontenibile quella che invade il cuore di tutti quando l'Apostolo bussa inaspettatamente alla porta.

Sono la gioia e lo stupore di fronte all'azione di Dio che ascolta. Così dalla Chiesa sale la preghiera per Pietro e nella Chiesa egli torna per raccontare «come il Signore lo aveva tratto fuori dal carcere» (At 12, 17). 

In quella Chiesa dove egli è posto come roccia (cfr. Mt 16, 18), Pietro racconta la sua «Pasqua» di liberazione: egli sperimenta che nel seguire Gesù sta la vera libertà; si è avvolti dalla Luce sfolgorante della Risurrezione e per questo può testimoniare sino al martirio che il Signore è il Risorto e «veramente ha mandato il Suo Angelo e lo ha strappato dalle mani di Erode» (At 12, 11).

Il martirio che subirà poi a Roma lo unirà definitivamente a Cristo, che gli aveva detto: quando sarai vecchio un altro ti porterà dove tu non vuoi, per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio (cfr. Gv 21, 18-19).

Cari fratelli e sorelle, l'episodio della liberazione di Pietro raccontato da Luca ci dice che la Chiesa, ciascuno di noi, attraversa la notte della prova, ma è la vigilanza incessante della preghiera che ci sostiene.

Anche io, fin dal primo momento della mia elezione a successore di san Pietro, mi sono sempre sentito sostenuto dalla preghiera vostra, dalla preghiera della Chiesa, soprattutto nei momenti più difficili. Ringrazio di cuore.

Con la preghiera costante e fiduciosa il Signore ci libera dalle catene, ci guida per attraversare qualsiasi notte di prigionia che può attanagliare il nostro cuore, ci dona la serenità del cuore per affrontare le difficoltà della vita, anche il netto rifiuto, l'opposizione, la persecuzione.

L'episodio di Pietro mostra questa forza della preghiera. E l'Apostolo, anche se in catene, si sente tranquillo, nella certezza di non essere mai solo: la comunità sta pregando per lui, il Signore gli è vicino; anzi egli sa che «la forza di Cristo si manifesta pienamente nella debolezza». (2Cor 12, 9).

La preghiera assidua e unanime è un prezioso strumento anche per superare le prove che possono sorgere nel cammino della vita, perché è l'essere profondamente uniti a Dio che ci permette di essere anche profondamente uniti agli altri. Grazie.

Benedetto XVI



Chiosa di Sebirblu

Mi permetto di ricordare a tutti che essere proiettati verso il prossimo, dolorante e sofferente a causa delle più varie afflizioni, è un dovere inalienabile di ciascun essere umano, costituito ad immagine di Dio. Egli stesso ne è Tempio, il più delle volte inconsapevole e dimentico della sua Origine divina.

Il Pensiero, la Parola e l'Azione sono i mezzi attraverso i quali chiunque, cristiano o no, può attuare il soccorso d'anima verso un "fratello"... sì proprio un fratello, in quanto figli del medesimo Divino Genitore: l'Eterno Padre!

Bimbi, giovani, adulti e anziani... tutti sono chiamati a dare il proprio contributo d'Amore con un sorriso gentile, una parola di conforto o un pensiero collegato ai Cieli altissimi, anche se impediti nel corpo fisico, ma liberi nel cuore!

Al momento attuale, il mondo si trova ad una svolta molto critica e, nel senso più assoluto, necessita di un serio sostegno di preghiera e di Luce per contrastare la furiosa avanzata delle forze malevole che vogliono la distruzione dell'uomo e del suo habitat.

Per questo, possiamo dire semplicemente insieme:

«O Eterno Signore dell'Infinito, accetta che per tutti i tribolati della Terra, noi ti offriamo il palpito angoscioso del nostro cuore e l'ardente vibrazione dell'anima nostra, affinché ogni dolorante possa ricevere la Pace che ci dai e la sopportazione che ci insegni.»

Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it

Fonte del discorso di Benedetto XVI, QUI.

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