domenica 27 ottobre 2024

Il Modo di pregare muta in rapporto all'Evoluzione


Igor Zenin
 

"Et multum laboravi, quærens Te extra me, et Tu habitas in me".

"Ho lavorato molto per cercarTi all'esterno, e Tu abiti in me"
(S. Agostino)


Sebirblu, 27 ottobre 2024

Come si legge, il grande Dottore della Chiesa testifica che l'Eterno è intimo all'essere, e che non va cercato fuori ma dentro di noi.

Nel tempo in cui i giudei volevano lapidare il Cristo, l'accusa era di blasfemia: "Ti lapidiamo per la bestemmia, perché essendo tu uomo, ti fai Dio". Gesù replicò: "Non è forse scritto nella vostra Legge (Salmo (81:6 o 82:6)*: Io ho detto: voi siete dèi?" (Gv. 10, 33).

*(Nelle antiche versioni bibliche, greca e latina, i salmi 9 e 10 sono considerati un tutt'uno che porta il numero 9. Ciò provoca, in molte traduzioni, un cambiamento nella numerazione dei salmi successivi).

Quando scopriremo la grandezza di questa nostra natura divina, a cui si riferisce Gesù, facente capo a Dio? Quando sapremo di essere dèi, l'originaria Scintilla caduta nelle tenebre (ved. QUI, QUI, QUI), e che è della stessa Sostanza del Padre? Come possiamo non esserlo se siamo figli Suoi?

Nell'intimo di noi stessi, nello Spirito, vi è una profondità d'Infinito verso la quale l'evoluzione progressivamente ci ridesta. Ed è in tale Infinito che il nostro piccolo «io» si fonde col grande «IO SONO» dell'Altissimo (ne ho parlato chiaramente QUI, ma confrontare pure QUI, QUI e QUI).

È naturale che, per chi è giunto alla grande scoperta del "Tu habitas in me", la vita interiore si trasformi. Da quell'attimo avviene un evento singolare: crollano gli assolutismi, l'intransigenza, la convinzione che il personale punto di vista sia l'unico rispetto alle visioni altrui.




Il nostro mondo e la sua Scienza (ved. QUI) non si occupano di questo, che pur resta il problema centrale dell'essere: porsi a contatto con la Sorgente e attingere alle Fonti della vita. E ci domandiamo: "Le forme di manifestazione spirituale praticata dalle grandi masse sono adatte per chi sente Dio all'interno di sé?"

Più si avanza e più si entra nelle realtà sostanziali, dove la forma perde importanza e ne acquista l'essenza, più ci si evolve e più si comprende; si diventa perciò tolleranti verso i fratelli minori che oltre non sanno concepire.

Sorge una nuova vita interiore che, al posto di polemizzare, tende a riempire il vuoto dei formalismi con la vibrazione vivificante dello Spirito (ormai rifuggente da ogni contesto rituale più o meno chiassoso) che diventa però immensamente partecipativo con la sua emanazione profonda.

Questa ascesa implica pure, naturalmente, una conquista di libertà. Libertà che, per i molti rimasti ancora "al latte", in quanto impediti dal masticare cibo solido ‒ come diceva San Paolo in 1 Corinzi 3, 2 ‒ è impossibile concepire, se non come anarchia spirituale o addirittura eresia che infrange il Codice stabilito dal Culto.

Costoro, in grande maggioranza, ritengono di aver assolto tutti i propri doveri di "buoni devoti" compiendo o partecipando a qualche pratica, rito o precetto, per poi tornare ad immergersi "nel mondo" sia nel pensare che nell'agire, conformandosi ad esso.

Il Risvegliato sente invece la presenza di Dio in ogni istante della giornata e SA come tenere sotto controllo la sua natura animale. Sa di essere in perenne lotta con i propri istinti e, per riuscirvi, cerca continuamente di rimanere collegato al Padre, senza farsi "risucchiare" da ciò che lo circonda.

Egli può quindi prendersi delle libertà formali che non si possono concedere al tipo comune perché ne farebbe cattivo uso, non avendo nella propria coscienza il senso della Legge.

Ma chi ha questo senso, conosce le tremende conseguenze di ogni errore, anche se saputo  scaltramente  celare;  sa che l'Assoluto vede tutto,  e quanto sia inutile cercare di gabbarLo con adattamenti o scappatoie; egli è consapevole di essere libero ma responsabile, perché dalla sanzione giusta non si evade.

Gli immaturi, gli "infanti" che ancora non avvertono le forze dello Spirito, devono necessariamente essere inquadrati in norme materiali, uniche loro regole di vita, perché quelle puramente spirituali superano le singole possibilità percettive.



La ragione per cui le varie religioni non possono e non debbono concedere libertà ed esigere l'osservanza severa alle regole prefissate sta nel fatto che la gran parte della gente è involuta e per essa la forma è tutto; se le fosse tolta l'espressione concreta, unico punto fermo su cui appoggiarsi (come un bimbo col girello), non le rimarrebbe nulla.

Così, per quanto le varie correnti religiose dettino norme uguali per tutti, le intime differenze sostanziali vibranti fra anima ed anima non possono impedire che ognuno senta e viva il suo credo in maniera diversa, secondo la sua natura, che va dal bigotto al santo.


L'essere dell'avvenire cercherà e pregherà Dio in altro modo; Gli ubbidirà con più amore e convinzione. La vita, così permeata dal "Divino" in ogni suo atto e momento, sarà davvero un'altra cosa.

Quando l'uomo evolvendo raggiungerà e farà suo questo intento, allora cadranno tutte le divergenze che separano e le diversità di superficie ritroveranno l'unità nel profondo. In questo consiste il tanto richiesto "Regno dei Cieli" in cui Dio risiederà negli animi, manifestandosi nelle mirabili opere dell'uomo, consapevole di adempiere spontaneamente alla Sua Legge.

Di conseguenza, anche la preghiera muterà, in relazione all'acquisita maturità dello Spirito. Pregare significa porsi in quell'intimo atteggiamento in cui l'anima cerca di comunicare col suo Divino Genitore. Allora essa, a Lui dirigendosi come una pianta verso il sole dal quale trae la vita, si estenderà dalla periferia verso il centro.

La preghiera è dunque la posizione spirituale dell'«io» singolo orientato verso il grande «IO SONO», l'Infinita Coscienza cosmica del Tutto. I modi di pregare sono tanti e diversi, anche se la forma che li riveste può essere uguale per tutti.

Ciò perché ogni essere è dinnanzi all'Assoluto un povero relativo che conosce soltanto il suo sé personale e non sa quindi rivolgersi a Lui per quello che è in realtà: una Sua "mini-Particella".

Il pensiero, perciò, spazierà nell'infinito: quello dell'umile vecchietta chiederà la grazia per la sua casa e per il nipotino... altri la chiederanno per la salute del figlio, altri ancora estenderanno timidamente la richiesta per la comunità di cui fanno parte, ma pochissimi sapranno unire le proprie sofferenze a quelle del Cristo per il Bene dell'umanità, in piena offerta altruistica.




In prevalenza, si è convinti che per preghiera si intenda unicamente l'enunciazione ripetitiva di una lunga sequela di parole o di giaculatorie, tanto per riuscire a colmare il comune vuoto di pensiero derivante dalla recita abitudinaria di formule scritte e inquadrate in uno schema preciso.

Ma vi è anche chi non può pregare così perché, sentendo la profondità immensa del contatto, preferisce renderlo più intimo e spontaneo con un eloquio d'anima che solleva sacri brividi d'eternità solo ad innalzare lo sguardo verso la Patria celeste.

Arrivati a tal punto, non ha più nessuna importanza la minuscola grazia da chiedere, connessa  ad  interessi terreni,  alla vita transitoria  del nostro piccolo «io».  Quando si è superato l'egocentrismo annullandosi in Dio, non c'è più senso in simili richieste personali, se non per il bene altrui.

Una preghiera così diventa qualcosa di strano per l'uomo comune, incomprensibile ai più, anzi, addirittura esagerata per taluni. Persino tanti "credenti" non riescono a concepire questo tipo di orazione, per loro astratta, evanescente, priva di "costrutto" solido sul quale immettersi come su un binario unico, al fine di non perdersi vagando "fuori dal seminato".

A questa prece superiore, fatta con lo Spirito e non col corpo ci avvia il Vangelo di Matteo (6, 5-8): "Quando pregate, non siate come gli ipocriti che amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere notati dagli uomini. In Verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.

Ma tu, quando preghi, entra nella tua stanza e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nell'intimo, te ne darà merito. Pregando poi, non moltiplicare le parole come fanno i pagani, che pensano di venire esauditi in virtù della loro quantità.

Non siate dunque simili ad essi, poiché il Padre vostro sa di cosa avete bisogno prima ancora che glielo chiediate."

Parole queste che indicano la preghiera interiore, nel raccoglimento, con pochissime esteriorizzazioni vocali e senza tanto chiedere, perché l'Eterno già conosce cosa ci è necessario.



"Il Discorso della Montagna" di Carl Heinrich Bloch

Ecco cosa dice Gesù a Maria Valtorta a tal proposito:

"La preghiera è buona e santa cosa, buona cosa è pure meditare e studiare la Sapienza. Ma nulla è più utile all'uomo di una conoscenza: quella di essere convinto dell'esistenza dell'Assoluto.

Quando uno ha conosciuto veramente chi è il Signore, non sbaglia più, sa pregare non con un moto macchinale di labbra dal quale esulano seri propositi di bontà, di perdono, di continenza, di umiltà, ma con vera adesione a Dio, con vero proposito di praticare sempre meglio la Legge per essere da Lui benedetto.

Allorché un essere ha conosciuto chi è il Signore, possiede per sempre la Scienza, la Ricchezza, la Forza, donanti la Gloria vera che non muore in eterno e che piace al Padre Altissimo.

Voi fate, preghiere e preghiere in questi tempi. Ma non servono come dovrebbero. Non pensate che il vostro Dio abbia cambiato la sua Natura d'infinita Bontà e di Paternità perfetta! È che a Lui voi presentate preghiere inquinate da troppe cose.

Spogliatevi della triplice veste che opprime il vostro Spirito e lo contamina. Via l'ipocrisia, via l'odio, via la lussuria. Vi sarebbero altre cose da levare (cfr. QUI, QUI, QUI e QUI; ndr). Ma queste sono le più abbiette ai miei occhi. E siete ipocriti quando venite a Me per funzioni religiose che compite con senso umano e non soprannaturale.

Ma chi volete ingannare? Me? O infelici! Vi potrete ingannare fra di voi, mostrando una parvenza di religione, una maschera, anzi, un volto vero che è di irreligione, perché Religione vuol dire ubbidienza ai desideri e ai voleri del Padre, e voi nelle grandi e piccole cose Gli disubbidite.

Potrete dunque ingannarvi fra voi, ma il vostro Dio non Lo ingannate. Che diresti, Maria, e che faresti se uno ti offrisse un mazzo di fiori o un piatto di frutta tutto sporco o bacato? Che avrebbe fatto meglio a non offrirtelo perché ti ripugna e ti offende. Ecco: Io dico lo stesso della maggioranza delle vostre preghiere.

Odiate. Sicuro. Odiate. E siete così appesantiti nello Spirito che neppure ve ne accorgete di essere pieni di astio verso tutti e di egoismo. Ma che vi ho detto Io? "Se quando stai per pregare ti sovvieni d'aver offeso il fratello o che egli ha qualcosa in cuore contro di te, riconcìliati prima con esso e poi vieni". Condizione essenziale per essere ascoltati è di non avere in cuore l'odio che uccide l'amore.

Come potete venire a Me, che sono Misericordia, quando non siete misericordiosi? Come potete giudicare e pensare che Io, essendo Giustizia, non vi giudichi? Non vedete che odiando chi vi nuoce ‒ e non fu forse il primo, ma i primi foste voi ‒ condannate voi stessi?

Questo è quello che è necessario perché Io intervenga: pentirvi e fare penitenza. Senza queste due cose ogni vostra preghiera, ogni vostro atto religioso è menzogna e offesa che fate a Dio."

(Brano ripreso da "Quaderni del '43", cap. 4, di Maria Valtorta.



       La Potenza della Preghiera  (Ved. QUI).

Chiosa di Sebirblu

Come si vede dai parametri su esposti si tratta di due atteggiamenti inversi, perché passando ad un piano superiore di vita si ha un vero rovesciamento di valori. Non si può pretendere che l'uomo comune preghi in una maniera più sostanziale di quella correntemente conosciuta.

Eppure quella del cuore è la vera orazione, quella che ci porta a contatto con Dio, la sola in cui si ode la risposta e si può stabilire il colloquio. La insistente e reiterata preghiera ordinaria è un monologo, una esposizione di desideri senza conferma, lasciandoci la sensazione di essere soli davanti al mistero che tace.

L'Eterno rimane allora un enigma, l'irraggiungibile "Trascendente" che non è tra noi immanente. Così ci si spiega la riluttanza di alcune anime immature a recitare le orazioni come è stato loro insegnato, ritenendole adatte solo a gente bacchettona ed ipocrita.

Ma se prima non si percorrono i passi iniziali, non si può raggiungere l'opportunità di elevarsi a vette molto più alte per gustare davvero la tenerezza e l'Amore del Padre, esattamente come i bambini che, non partendo dalle aste e dal pallottoliere si trovano poi in difficoltà nello scrivere, leggere e far di conto.

Per questo il modo di pregare è sempre in stretto rapporto con l'evoluzione spirituale raggiunta ed è giusto che sia così!... almeno fino a quando gli eventi, precipitando, non indurranno TUTTI a piegare le ginocchia e ad impetrare dall'Eterno il perdono per la stoltizia e l'apatia mostrata fino a quel momento.

Relazione libera e cura di Sebirblu.blogspot.it

Spunti tratti dal testo "Dio e Universo" di Pietro Ubaldi (ved. QUI).


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