sabato 29 febbraio 2020

Ecco a CHI rivolgersi per l'Epidemia! A SAN ROCCO!


"San Rocco risana gli appestati"  Tintoretto (Jacopo Robusti) 1518-1594.

Sebirblu, 28 febbraio 2020

In questo momento tragico di epidemia, non avremmo MAI VOLUTO VEDERE che le misure governative, per non contrarre il virus, fossero accettate anche dalla Chiesa cattolica che ha cancellato le Messe e le celebrazioni religiose (ved. QUI), limitando le presenze pure ai funerali, quando avrebbe dovuto riunire TUTTI, persino i miscredenti spaventati, ad una seria prece all'Altissimo affinché mitighi o blocchi completamente la pestilenza.

Coloro che adesso dovrebbero dare l'esempio per FEDE e FIDUCIA nella POTENZA e nella MISERICORDIA del PADRE (e non quella così tanto sbandierata dal Suo Falso Vicario) vengono meno, dimostrandosi succubi di MAMMONA e delle sue miopi leggi sociali.

Per questo motivo, e a vergogna di QUESTI MESTIERANTI del SACRO, pubblico la traduzione della brevissima vita di un Grande Taumaturgo, ossia SAN ROCCO di Montpellier, al quale consiglio di rivolgersi con ardenti preghiere, unitamente alla Santissima Vergine Maria, per la cessazione nel mondo di questa durissima prova per l'umanità, DIMENTICA del suo DIO.

QUESTA È LA VERA RAGIONE di quanto sta succedendo! DIO NON ESISTE PIÙ NEL CUORE DELL'UOMO, E I SUOI MINISTRI TRADITORI, GOVERNATI DAL MALIGNO, PRIVI ORMAI DELLO SPIRITO DIVINO, LO AFFOSSANO ancor di più!

Che la lettura di questo mio lavoro possa ridare vigore ai sofferenti e coraggio ai timorosi che, in molti, paventano il contagio (cfr. QUIQUI), suggerendo loro di rivolgersi a CHI È OLTRE ogni trama tenebrosa mirante a DISTRUGGERE, A TUTTI I COSTI, IL GENERE UMANO!

Tintoretto  Dettaglio dell'immagine soprastante.

Henri Bourbon

La Chiesa cattolica romana e il fervore popolare hanno fatto di Rocco di Montepellier un santo protettore e guaritore di malattie contagiose, a motivo del suo carisma esercitato presso gli esclusi del suo tempo: gli appestati.

Per estensione, egli in seguito è stato considerato un taumaturgo di affezioni dermatologiche e di ogni tipo di pestilenza, prima in Linguadoca, indi nell'intera Francia e Italia, per poi essere conosciuto in tutta l'Europa.

Come questo giovane uomo, della cui esistenza nulla è chiaramente delineato, che non ha lasciato né parole né scritti, ha potuto diventare un santo vox populi, per tutto l'Occidente, durante i trent'anni della sua breve vita?

San Rocco è nato a Montpellier tra il 1348 e il 1350; figlio unico di un alto magistrato, Jean Roch de La Croix e di sua madre Libère. Quando nacque aveva sul petto l'immagine rossa di una croce: era il segno inequivocabile della sua vera fedeltà a Dio nella devozione e nel sacrificio.

Allevato da una madre estremamente pia, come venivano educati i ragazzi in quell'epoca di fede, egli mostrò sin dai primissimi anni una pietà e una carità per i poveri senza confini. La sua felicità era di accoglierli nella casa paterna, distribuendo loro tutti i piccoli risparmi che aveva potuto racimolare sugli abiti e sul proprio cibo.

A sedici anni cominciò a frequentare l'università già celebre di Montpellier ma, quando ne aveva appena compiuti venti, perse a poca distanza l'uno dall'altra suo padre e sua madre.

Prima di "addormentarsi nel sonno dei giusti", Jean de La Croix aveva fatto queste raccomandazioni al figlio:

«Figlio mio, sii sempre il servitore devoto del nostro Redentore e Maestro, Gesù Cristo. Assisti le vedove e gli orfani; impiega in buone opere i tesori che ti lascio; visita sovente gli ospedali in cui sono i poveri e gli infermi, queste membra sofferenti del Salvatore, e che Dio ti benedica.»

Durante tutto l'arco esistenziale di Rocco, numerosi avvenimenti avrebbero favorito questo testamento supremo.


"Il Cristo nomina san Rocco Patrono dei malati di peste" ‒ Peter Paul Rubens.

Già,  mentre  era  ancora  studente,  una  terribile  notizia,  annunciata  dai  mercanti, gettò lo spavento nella città di Montpellier: la peste nera, dichiarata in Cina nel 1333  (Impressionante  la  sovrapposizione  con  ciò  che  sta  accadendo  oggi  qui  da noi! - ndt), avanzava poco a poco verso Ovest, tanto che nel 1348 arrivò in Italia! 

Viene citato un numero spaventoso di morti. In Europa, che avrebbe dovuto perdere un terzo dei suoi abitanti, l'Italia fu particolarmente provata. Intorno a Siena morirono 70.000 persone; a Firenze 100.000; Marsiglia e Avignone furono pressoché spopolate.

In alcune città si sviluppò un grande panico in cui tutti si davano alla fuga. Si abbandonavano malati e mancavano le braccia per seppellire i morti.

Davanti a quella catastrofe, il giovane Rocco sentì risvegliarsi in lui la vera sua vocazione. Partì, vestito da pellegrino, in direzione dell'Italia, e più precisamente per Roma.

Dopo aver distribuito i suoi beni ai poveri, volle recarsi sulla tomba degli Apostoli Pietro e Paolo, morti nel nome della loro fede.

Un piccolo mantello di stoffa grossolana, un cappello a larghe falde, delle scarpe robuste, un bordone (un bastone con appese delle conchiglie per raccogliere l'acqua; ndt), una zucca (per conservarla) e una bisaccia per riporre le elemosine raccolte lungo il viaggio; questo era tutto quanto portò con sé del suo immenso patrimonio.

Nel corso del cammino, si fermava in qualche ospedale per medicare e lenire le piaghe dei malati, soprattutto quelli vittime della peste. E già da allora, la tradizione dice che li guariva con il segno della Croce.


"San Rocco e l'Angelo" (dettaglio) ‒  Annibale Carracci  (1560-1609)

Nel luglio 1367 arrivò ad Acquapendente, prima tappa del suo viaggio, onde porsi al servizio del nosocomio degli appestati, ma prima dovette supplicare (per essere accettato; ndt) l'amministratore Vincent che, vista la sua giovane età non voleva esporlo al contagio.

Una volta ammesso, fu con ammirabile devozione che divenne per ben tre mesi l'umile servitore dei degenti ammorbati, abbracciandoli, rianimando sia la loro fede che le forze individuali, prodigando all'uno una buona parola, all'altro qualche servizio caritatevole e manifestando a tutti la più tenera carità.

L'epidemia si affievolì pian piano ad Acquapendente e alla fine scomparve. Allora si ritenne che Rocco e il suo Amore esemplare fossero stati più forti della morte. Per questo, improvvisamente, si sottrasse alla riconoscenza dei cittadini, andandosene.

Agli inizi del 1368 proseguì il suo viaggio fino a Roma, dove la peste imperversava con furore ed egli si trovò di nuovo nel suo elemento. Più il flagello aumentava, e più il suo zelo e la carità si moltiplicavano. Lottò così per tre anni. Poi, nel 1370, Rocco lasciò Roma per tornarsene nella sua patria.

Nel mese di luglio 1371, era a Piacenza, all'ospedale Santa Maria di Betlemme, vicino alla chiesa di Sant'Anna, in cui assistette, confortò e guarì i malati.

Come si può immaginare, a forza di trovarsi a contatto con la peste, il giovane contrasse egli stesso la malattia. Per non contagiare gli altri, si ritirò in una selva tra Piacenza e Sarmato (sembra in una grotta lungo il fiume Trebbia; ndt).

Là, sentendosi mancare, si lasciò cadere ai piedi di un albero per morirvi da solo, ma un Angelo gli apparve e lo consolò dicendogli che le sue sofferenze erano gradite a Dio...


"San Rocco soccorso dall'angelo" ‒  Carlo Saraceni  (1579-1620) 

Quando l'apparizione svanì, sullo stesso luogo occupato dal Messaggero celeste, Rocco vide sgorgare dalla terra (altri dicono dalla roccia; ndt) una fonte viva, la cui acqua gli lenì la febbre e gli permise di lavarsi la piaga.

Non lontano da quella selva, in un'amena vallata, si elevava un vasto maniero abitato da un nobile signore, il conte Gottardo Pallastrelli, che passava il suo tempo in gioiosa compagnia, impiegandolo in battute di caccia e festini. Si era isolato in quell'opulenta dimora per meglio sfuggire all'epidemia.

Da quel Gottardo (poi diventato santo per l'esempio datogli da san Rocco di Montpellier) proviene  il  nome  dell'ormai  famigerato  monte  delle  Alpi  svizzere; ved. QUI, ndt.

Ebbene, mentre questo signore un giorno banchettava lautamente circondato dagli amici ed era intento in vivaci discussioni, uno dei suoi cani, avvicinandosi alla tavola, prese un intero pane e fuggì via al più presto.

Gottardo non vi fece attenzione, ma l'indomani, essendosi ripetuto lo stesso fatto, incuriosito, si alzò rapido e lo seguì. Lo vide inoltrarsi nel bosco ed arrestarsi davanti ad una miserabile spelonca.

Là, su un giaciglio di foglie secche, giaceva un uomo ancora giovane, dal cui volto pallido trapelavano acerbe sofferenze. Era ai suoi piedi che il caritatevole animale aveva deposto il pane rubato. Ed è per questo che nelle rappresentazioni artistiche di San Rocco viene spesso raffigurato un cane.

Molto impressionato a sua volta, il nobile Pallastrelli decise di lasciare il mondo e passare il resto della sua vita in solitudine. Così, dopo aver messo in ordine i suoi affari e distribuito i beni agli infelici, si ritirò nel povero tugurio di Rocco.


"San Gottardo Pallastrelli" ‒ Francesco Ghittoni  (1855-1928)

Qui sopravvenne un fatto che non è possibile omettere (descrivendo la vita del giovane taumaturgo d'oltralpe che assomiglia tantissimo a quella di San Francesco d'Assisi; ndt), perché dà ragione ai pastori e ai mandriani che implorano per i loro animali la protezione di san Rocco.

Sicché, mentre il nostro personaggio camminava lentamente recitando a mezza voce le sue preghiere e gettando gli occhi sui cespugli che fiancheggiavano la strada, scorse numerosi piccoli uccelli appollaiati sui rami, senza alcun canto, tristi, e senza i loro allegri battiti d'ali.

Le loro piume erano erette e le testoline reclinate pendevano sotto il peso di una grande sofferenza. Un po' più lontano, le tortore volavano a malapena. Nei campi c'erano greggi di pecore scarne ed emaciate che si trascinavano penosamente. Per questo, invocò l'aiuto divino, benedisse i passeri e le tortore che subito tornarono a volare e a cinguettare.

Poi si avvicinò a dei piccoli agnelli. Ne prese uno fra le braccia e gli sussurrò teneramente: «Sii guarito!». E all'istante tutti, belando gioiosamente, ripresero saltellando il cammino verso l'ovile.

Intorno ai trent'anni, Rocco aveva recuperato qualche forza per affrontare il percorso di rientro a casa. Su questo viaggio vi sono due tradizioni che si contendono la veridicità in modo assai confuso.

Secondo la prima, egli avrebbe soggiornato per un lustro nella prigione di Voghera prima di morirvi ed essere interrato in quella città dove, poco dopo la sua morte (prima del 1391), gli venne consacrato anche un giorno di festa. La più antica menzione conosciuta del suo culto si trova proprio negli archivi vogheresi.

Le sue spoglie, conservate nella chiesa che gli è stata dedicata, furono rubate o fatte oggetto di una transazione nel febbraio 1485 e trasportate poi a Venezia nella chiesa della Scuola Grande di San Rocco che il Tintoretto avrebbe onorato dei suoi quadri su tale vita così edificante.


"San Rocco in carcere a Voghera visitato dagli angeli" ‒ Tintoretto  

La seconda tradizione propone una fine diversa. Essa narra che al suo ritorno a Montpellier, Rocco sarebbe stato imprigionato. La città, in effetti, era in preda alla guerra civile.

Diventato irriconoscibile a causa delle prove e delle mortificazioni subite, questo viaggiatore in arrivo dall'estero fu male accolto, sospettato d'essere un ribelle, e imprigionato come fomentatore di disordini.

Questo, perché rifiutava di farsi riconoscere dalle autorità, cosa che gli sarebbe riuscita molto facile grazie al segno di nascita sul petto a forma di croce e per il fatto che il governatore di Montpellier era suo zio.

La sua prigionia durò cinque anni, ed egli svelò la sua identità soltanto ad un prete giunto a benedirlo alla vigilia della morte sopravvenuta il 16 agosto di un anno compreso tra il 1376 e il 1379.

Si può dedurre ora che si potesse trattare del martedì 16 agosto 1379, perché alcuni testimoni assicurarono che la sua cella si illuminò, e che l'ultimo suo desiderio rivolto all'angelo venuto ad assisterlo fu di intercedere per le persone sofferenti.

La madre del governatore, donna venerabile per la sua età e le virtù, ne fu allora avvertita e venne a visitare il corpo del recluso. Quando vide la macchia rossa di nascita, si ricordò e comprese esser quello suo nipote!

Coprendolo di baci e di lacrime, si recò dal governatore e con la voce frammezzata dai singhiozzi gli disse: «Ah! Figlio mio, che cosa avete fatto? Questo prigioniero è vostro nipote!»

La morte di San Rocco è avvenuta quindi a Voghera o nella sua patria a Montpellier? Le due versioni hanno un punto in comune: egli trapassò in carcere, vittima della diffidenza del suo ambiente, in un periodo agitato in cui accettò la Volontà divina con un'immensa abnegazione.


"San Rocco di Montpellier" - Urbano Fos (1615-1658)

Chiosa di Sebirblu

Non è singolare che questo Santo abbia operato e sofferto maggiormente proprio nelle zone in cui oggi è cominciato ad apparire il virus? Non è un serio richiamo a riflettere e a non considerare più la devozione ai "Grandi eroi dello Spirito" come frutto di una mera fede soltanto bigotta? 

Altro che chiudere le parrocchie (e addirittura il Duomo di Milano!) abrogando le Messe e limitando l'affluenza ai Sacramenti! Nel 590 d.C. San Gregorio Magno papa, in seguito ad una terribile epidemia di peste che colpì Roma, indisse una solenne processione in sette cortei da varie chiese, coinvolgendo tutta la popolazione a piedi nudi e la cenere sul capo ad impetrare l'aiuto della S.S. Vergine Maria!

(Consiglio di leggere, su questo, l'ottimo articolo del prof. Roberto de Mattei QUI, e per sapere chi è QUI).  

Traduzione e cura di Sebirblu.blogspot.it

Brano tratto dal pdf della storia di san Rocco QUI, di Henri Bourbon

giovedì 20 febbraio 2020

Malachìa: strane Coincidenze! Papi e date a 2, a 2




Sebirblu, 19 febbraio 2020

Il tempo che stiamo vivendo e che scorre ormai come un fiume in piena sotto lo sguardo semi-addormentato dell'umanità, in maggioranza non consapevole di quanto la sua storia così come la conosciamo volga al termine, è sempre più connesso alle radici cristiane ramificatesi ovunque dopo l'avvento di Cristo. (Cfr. QUI e QUI).

È stato soprattutto il monachesimo a diffondere in tutta Europa non soltanto la spiritualità  più  eccelsa,  ma  anche la cultura  raffinata di  arti e mestieri  che  hanno dato una spinta evolutiva determinante al progresso umano, ma soprattutto al suo pensiero che da allora ha cominciato ad elevarsi verso il Cielo.

I segni rivelatori della parabola temporale oggi in declino ci sono tutti, basta saperli vedere e, ovviamente, interpretare. Ne sono un esempio due crolli emblematici avutisi, l'uno con il disastroso sisma a Norcia, che ha sbriciolato la Basilica di San Benedetto, patrono dell'identità cristiana europea (ved. QUI), lasciandone in piedi solo la facciata, e l'altro con l'incendio, riguardante la guglia della Cattedrale di Notre Dame di Parigi.

L'uno, avvenuto il 30 ottobre 2016, proprio in concomitanza, guarda "caso", con il viaggio di Bergoglio a Lund per festeggiare i 500 anni di Lutero (emblematicamente durante la festa di Halloween), tradendo così vergognosamente la Chiesa fondata da Nostro Signore (ved. QUIQUI e QUI) che, malgrado tutto, rimarrà ben salda nei suoi cardini spirituali, come rivela il suddetto frontespizio rimasto ornato da un rosone e dalle figure dei quattro evangelisti. (Cfr. QUI, QUI QUI).

L'altro, del 15 aprile 2019, procurato dal fuoco indicante, con la sua "flèche" distrutta, la caduta ultima inequivocabile della cattolicità universale, come ho descritto nei dettagli QUI.

Ebbene, c'è un intrigante filo conduttore che unisce i monaci benedettini a tre dipinti eccellenti insieme alle profezie sui papi di Malachìa con Joseph Ratzinger e con l'«Usurpatore» argentino del seggio di Pietro. 

Strana commistione? La chiarisco, collegandomi all'inciso fatto QUI da fra' Bugnolo (al primo capoverso dopo la foto dei due "papi", uno in esercizio e l'altro ancora cardinale), dove Ratzinger, a detta del vaticanista Aldo Maria Valli, come da link aggiunto, avrebbe asserito che "tutto può essere" riguardo alle premonizioni del veggente irlandese e alla sua attribuzione di "Gloria Olivae" a lui stesso.




Nel 1595, Arnold de Wyon, un monaco benedettino proveniente dalle Fiandre, pubblicò un'opera in più volumi dal titolo "Lignum vitae, ornamentum et decus Ecclesiae" che riportava sul tomo 1, per la prima volta, uno scritto sconosciuto del XII secolo attribuito ad un arcivescovo irlandese di nome Malachìa della diocesi di Armagh, vissuto tra il 1095 e il 1148, e proclamato santo da Clemente III nel 1190.

Il testo profetico in questione presentava un elenco di 111 motti in latino (ved. QUI) che indicavano in modo criptico tutti i papi che si sarebbero succeduti nei secoli fino ai giorni nostri a partire da Celestino II ‒ "Ex castro Tiberis" = "Dal castello sul Tevere" ‒ che era nato infatti a Città di Castello, per arrivare a Benedetto XVI – "Gloria Olivae" = "Gloria dell'Olivo" ‒ un chiaro riferimento a San Benedetto da Norcia, fondatore dell'Ordine degli Olivetani.

Inoltre, papa Ratzinger nacque il giorno del sabato santo, con evidente riferimento all'olivo pasquale.

Ma la lista dei pontefici del Santo Malachìa non si conclude così, perché viene menzionato un certo "Pietro Romano" NON papa, che concluderà la sequenza in un tempo molto drammatico per Roma:  il suo motto è ‒ "In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit." = "Siederà nella persecuzione estrema della Santa Romana Chiesa." ‒ (ossia un personaggio assiso sul soglio petrino di cui Malachìa non precisa subito l'appellativo come per gli altri, ma inspiegabilmente poi, andando a capo).

Questo, perché c'è uno strano punto di interpunzione dopo il verbo "sedebit", e soltanto dopo si trova il soggetto con cui inizia la frase finale:

«Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septicollis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Finis.» = «Pietro Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dai sette colli sarà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Fine.»




Per questo motivo, il nome di "Pietro Romano" potrebbe indicare solo il "Vescovo di Roma", come ama definirsi Bergoglio sin dal 13 marzo 2013, e come in effetti è; ved. QUI. Anticamente, infatti, era bene specificare il "Pietro di Roma" per distinguerlo da eventuali antipapi scismatici in altre parti d'Europa.

Tornando dunque al tema centrale di questo mio scritto e all'attinenza di diversi aspetti sulla profezia dei papi resa nota dal monaco Wyon, sono emerse altre tessere sorprendenti che sembrano confermare ancor più come Benedetto XVI (Gloria Olivae) corrisponda all'ultimo papa e Jorge Mario Bergoglio a Petrus Romanus, e ciò è avvenuto per mano di Alfredo Barbagallo appassionato studioso che, nel suo voluminoso libro "I tesori di San Lorenzo", ha dedicato una parte delle ricerche sulle reliquie a Malachìa. (QUI il suo breve studio su questo tema in pdf).

Egli dice che nel riportare le visioni profetiche di questo Santo irlandese, il monaco Arnold de Wyon non si limitò unicamente a preservarne il testo, ma commissionò tre importanti raffigurazioni pittoriche sul tema della Gloria benedettina. (Ricordo, come già detto, che anche lui ne faceva parte).

Una di esse si trova tuttora nel convento riminese della Scolca e simboleggia il poderoso "Albero genealogico" dell'Ordine; poi chiese di eseguirne un'altra dal Vassilacchi (nel 1592) per la Basilica benedettina di San Pietro a Perugia, forse la più grande tela del mondo con i suoi 92 m² che, per una sua scioccante particolarità è divenuta famosissima, e infine, dice Antonio Socci nel suo articolo QUI:

«Wyon fece realizzare la stessa rappresentazione in Piemonte (oggi conservata ad Alessandria), all'abbazia benedettina ‒ ora non più esistente, di San Pietro in Bergoglio ‒ non distante da Bosco Marengo". Torna il riferimento a San Pietro in ambedue le chiese, ma soprattutto qui colpisce il nome "Bergoglio".»

Ecco le tele dedicate alla grande famiglia benedettina.


Albero genealogico benedettino

"L'Apoteosi dell'Ordine dei benedettini" dipinto nel 1592 da Antonio Vassilacchi detto l'Aliense.

La splendida Basilica benedettina di San Pietro a Perugia, sotto lo sguardo terrificante del Maligno...

Prosegue Barbagallo nella sua descrizione, menzionando un altro breve scritto "La mystérieuse prophétie des Papes" pubblicato da un professore gesuita, mons. René Thibaut che, sebbene con criterio essenzialmente matematico cita una data, quella del 2012, definendola ripetutamente come "sostanziale conclusione dell'intero ciclo profetico malachiano".

A Thibaut era ovviamente del tutto sconosciuta la previsione del calendario Maya del 21 dicembre 2012 che ha suscitato un così grande scalpore ma, nonostante questo, egli ha valutato che Benedetto XVI, proprio il 30 aprile di quell'anno, aveva confidato a Bertone di volersi dimettere. Cosa che poi si è concretizzata l'11 febbraio 2013.

Ma quale spinta ha condotto il gesuita Thibaut a riferirsi al fatidico 2012? Egli ha considerato, e a ragione, che l'interesse e la pubblicazione del testo sui papi da parte di Wyon (nel 1595) era intermedio all'intero ciclo profetico per come poi si sarebbe realizzato.

Infatti, questo monaco benedettino, che lo era diventato da più di vent'anni, nutriva una particolare devozione per il grande papa di allora, Pio V (1504 – 1572), il vincitore della battaglia di Lepanto e il promulgatore della Messa antica "Vetus Ordo" che, nel lungo elenco dei motti con l'epiteto "angelus nemorosus" = "angelo boscoso" e l'incredibile dicitura successiva "Michael vocatus, natus in oppido Boschi", si trova in posizione centrale.

Eh sì, perché la frase latina, che significa "nomato Michele, nato nella città di Bosco" concerne il nome e il luogo di nascita di Pio V, ossia Antonio Michele Ghislieri di Bosco Marengo, una volta semplicemente Bosco. Proprio il luogo nei cui pressi c'era l'abbazia benedettina di San Pietro in Bergoglio dove era esposta la famosa tela commissionata da Wyon.

Non solo, ma la data del decesso di questo papa eccezionale, il 1° maggio 1572, coincide in maniera perfetta con quella dell'intenzione dimissionaria confidata a Bertone da Benedetto XVI il 30 aprile 2012, esattamente 440 anni dopo.

«La circostanza, già singolare ed inquietante ‒ dice Barbagallo ‒ sembra acquisire valore decisivo se consideriamo come la stessa ordinazione ad Arcivescovo e Primate d'Irlanda di Malachìa abbia storicamente avuto luogo nel 1132, quindi, ancora 440 anni, prima della scomparsa di Pio V.»

In questo impressionante intreccio di "coincidenze", lo schema appare dunque così:




Dice ancora Barbagallo:

«Malachìa e Wyon sono due consacrati e due ecclesiastici. Per loro Roma significa il Papa e la Chiesa. Questo, e soltanto questo.

Attraverso lo strano messaggio della profezia avvertono ciò che più temono, la crisi definitiva della Chiesa romana, almeno per la sua funzione evangelizzatrice di massa. Crisi che misteriosamente sentono come reale in una data storica per loro futura ma per noi vera. [...]

Cosa induce il gesuita Thibaut, uomo di fede e di scienza, ad indicare nel 1951, proprio per il 2012, la data finale del ciclo profetico completo?

Cosa  induce  Papa Ratzinger  non solo al  gesto  delle  dimissioni – abbondantemente ed efficacemente motivate – ma anche alla prima confidenza interna (a Bertone appunto; ndr) esattamente in quella data prevista dai Maya?

Cosa induce Arnold de Wyon a far collocare il proprio quadro di "Lignum vitae" in un monastero la cui località accompagna il nome di Pietro con il cognome del presente "papa" Bergoglio?

Non possiamo saperlo. Ma possiamo – per chi permanesse scettico sino alla cecità – raccomandare almeno un esame obiettivo delle date e degli eventi. Chi poi pensi ancora, dopo tutto ciò, ad un insieme di casualità alzi pure la mano.»


San Malachìa di Armagh; ved. QUI

A  questo  aggiungo  che Malachìa  pare  abbia avuto la visione  della  sequenza papale a Roma, nell'anno 1140. "Avrebbe riportato per iscritto le visioni e consegnato il manoscritto a papa Innocenzo II, e il testo sarebbe stato poi 'dimenticato' per 450 anni" ‒ dice Aldo Maria Valli nel suo articolo QUI.

Ma per me quel documento dovrebbe essere stato rintracciato, logicamente, prima della pubblicazione effettuata da Wyon nel 1595. Se così fosse, ci avvicineremmo ancora ai 440 anni summenzionati che ritornerebbero alla ribalta.

Infatti, dal 1140 al 2020 corrono 880 anni, ed ecco un altro singolare periodo da dividersi in due: 1140+440 = 1580: il secolo non solo del ritrovamento delle profezie sui papi, ma anche del Concilio di Trento, della Controriforma e della lotta alle eresie di Calvino e Lutero che oggi Bergoglio, di nuovo dopo 440 anni e a 7 dal suo pseudo pontificato, è riuscito a vanificare quasi del tutto.

Manca soltanto l'invalidamento del Sacrificio dell'altare, la non Transustanziazione delle Specie nel Corpo e il Sangue di Cristo, probabilmente cambiandone in modo subdolo l'espressione verbale, per arrivare a capofitto in pieno "abominio della desolazione" come riportato dal profeta Daniele e da Giovanni nell'Apocalisse. Cfr. QUI, QUI e QUI.

E poi,  abbiamo  mai  pensato che  proprio  i due papi precedenti  alla lista vaticinata dal Santo monaco irlandese con a capo Celestino II, sono stati eletti entrambi nel 1130 in quanto avversari fra loro? Erano Innocenzo II (vero pontefice) e Anacleto II (antipapa).

Così, ancora una volta, dopo circa 880 anni al 2013, data delle dimissioni e della elezione invalida di Bergoglio, il mondo cattolico si ritrova con due papi che, sebbene non in contrasto netto come quelli del XII secolo, sembra lo stiano diventando in base alle profonde divergenze di vedute emerse in questi ultimi tempi.

La storia si ripete! E, ahimè, speriamo che finisca presto lo sconfortante e tragico spettacolo di una Chiesa e di un pianeta in agonia che attendono con accresciuta ansia l'Intervento dell'Altissimo e il promesso Trionfo del Cuore Immacolato di Maria.




venerdì 14 febbraio 2020

Lo SCACCO MATTO di Wojtyla e Ratzinger a Bergoglio




Sebirblu, 14 febbraio 2020

Fra' Alexis Bugnolo, un dotto francescano indipendente (ved. QUI), nato negli Stati Uniti e cittadino italiano ex jure sanguinis (per discendenza naturale), traduttore dal latino all'inglese degli scritti di S. Francesco d'Assisi e delle opere di S. Bonaventura da Bagnoregio sui Commentari dei quattro tomi delle "Sentenze" di Pietro Lombardo, è riuscito ad analizzare nei minimi dettagli la dichiarazione ufficiale annunciata da Benedetto XVI, il giorno 11 febbraio 2013, per la sua "Rinuncia".

Prima di proseguire nella presentazione di questo articolo, vorrei rendere noto che l'invito rivolto ai lettori, QUI, per l'incontro in Piazza San Pietro, dove appunto si trovava fra' Bugnolo, ha avuto per questi un esito amaro, in quanto è stato fermato inopinatamente dalla polizia vaticana e posto "sotto torchio" per circa due ore dagli agenti (a quanto pare, mandati dal segretario di Stato della Santa Sede) con le accuse più astruse pur di tormentarlo. (Ma non vanno aperte, anzi spalancate le porte agli stranieri, secondo la "misericordia" bergogliana?).

Non avendo trovato nulla di irregolare nei suoi confronti, pur avendogli negata al momento la restituzione del passaporto e minacciandolo di espulsione dall'Italia per tre anni, nonostante l'effettiva cittadinanza italiana, e dopo averlo intimorito con una ammenda di 900 euro o di 1000 dollari perché, secondo loro, indossava la tonaca francescana mentendo, è stato rilasciato!

(Ved. QUI lo scritto, purtroppo in inglese, e il video dell'unica intervista ad un professore triestino che fra' Bugnolo e riuscito a fare.

Tornando ora al sorprendente articolo che segue, è curioso come, a distanza di sette anni dalle dimissioni papali, proprio questo frate abbia potuto mettere a fuoco ed esporre come Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger avessero preparato magistralmente il piano per dare scacco matto alla Falsa Chiesa di Bergoglio.


Fratel Alexis Flavian Bugnolo

Fra' Alexis Bugnolo scrive:

‒ Papa Benedetto XVI, apprezzato da molti come brillante teologo, è a mio parere un giocatore di scacchi ancor più brillante, perché ha vinto l'Anti-Chiesa con la manovra più incredibile, sottile ed efficace che si sia mai potuta concepire.

Essa richiede numerosi studi per essere ravvisata se, come me, avete preso per oro colato ciò che è stato pubblicato negli ultimi sette anni.

Certo, l'onore e la gloria per questo appartengono prima di tutto all'Altissimo, che illumina tutti gli Esseri e talvolta li inspira a far cose che i comuni mortali non potrebbero mai pensare di realizzare.

Grazie ancora a Dio per aver inviato Nostra Signora a Fatima onde rivelare a Suor Lucia un segreto che sino ad oggi era rimasto nascosto per trasmettere saggi consigli al vero Vicario di Pietro in questi tempi finali.

Come Giovanni Paolo II rafforzò il baluardo
della Chiesa contro l'anti-chiesa.

Io credo che con questa conoscenza, papa Wojtyla abbia compiuto 3 cose:

1) Scelse Joseph Ratzinger, che si stabilì a Roma, e lo preparò a succedergli ‒ forse perché sentiva in lui il dono della profezia ‒ (cfr.QUI; ndt).

2) Nel 1983 aggiunse il termine "Munus" al Canone di Diritto Canonico, par. 332 §2 (ved. QUI), per costringere tutti i suoi successori all'obbligo di rinunciare al Munus Petrino, qualora si fossero dimessi dal papato.

3) Nel 1996 promulgò una nuova legge sulle elezioni papali, che avrebbe annullato ogni tentativo dell'Anti-Chiesa di usurpare il pontificato o di eleggere in successione altri anti-papi.




Wojtyla aveva messo in guardia la Chiesa dall'Anti-Chiesa in avanzamento. Beatificò Anna Katerina Emmerick per sottolineare l'approvazione papale alle sue visioni (era la vigilia della festività di San Francesco d'Assisi, nel 2004). [Cfr. QUI e QUI].

Non dovrebbe quindi sorprendere che, in segreto o, dovrei dire, alla luce del giorno, egli abbia premunito la Chiesa contro il Male avvenire negli atti della Santa Sede!

Per mezzo di questi tre punti, Giovanni Paolo II posizionò la scacchiera e permise al subentrante da lui favorito, Ratzinger, di impostare uno stratagemma per vincere il potere delle Tenebre.

Le Forze anti-chiesa colpirono rapidamente
dalla morte di papa Wojtyla.

La "mafia" di San Gallo (cfr. QUI, QUI e QUI; ndt), che si riuniva in quella città svizzera da alcuni anni, si mobilitò per "piazzare" Bergoglio sul trono apostolico nel conclave del 2005. Come sappiamo, quest'ultimo raccolse il maggior numero di voti dopo Benedetto XVI.

Nella sua "campagna elettorale" aveva promesso delle riforme finanziarie radicali in Vaticano, alfine di poter passare per un salvatore e un novatore, benché il suo ordine del giorno fosse quello del card. Martini: fare della Chiesa la sposa dell'Anticristo.

Recentemente, un prete compatriota di "Francesco" ha rivelato che Ratzinger, poco dopo la sua elezione, domandò a Bergoglio se avesse voluto accettare la carica di Segretario di Stato (ved. QUI). Benedetto XVI intendeva con tale offerta esporre lo scontro che era scoppiato al Conclave mostrando le vere intenzioni dell'argentino.

Il rifiuto di questi, evidenziò le sue mire, perché tutte le ragioni date al consesso cardinalizio per la sua elezione avrebbero potuto essere espletate come Segretario di Stato (se fossero state oneste), e l'avrebbero indotto ad accettare il ruolo. Ma, in mancanza dell'autorità papale, il suo programma perverso e maligno non si sarebbe potuto realizzare.




Per inciso, è doveroso dire che, riferendosi al segno dell'ulivo della pace (il motto "Gloria Olivae", attribuito a Benedetto XVI dal profeta Malachia), Ratzinger rivolto ai suoi sostenitori ha asserito che "tutto può essere". (Cfr. QUI).

Con la triplice conoscenza del futuro tratta dal Terzo Segreto di Fatima, da Giovanni Paolo II e dalla sua stessa esperienza nella CDF (Custodia del Deposito della Fede; ndt), Ratzinger sapeva ciò che doveva fare. Sapeva che Bergoglio voleva il potere e che sarebbe rimasto accecato davanti alla sua offerta.

Benedetto effettuò dei preparativi per difendere la Chiesa tradizionale e, sotto la pressione della mafia di San Gallo, ne "confezionò" la disfatta in segreto.

Il 13 maggio 2010, avvertì apertamente i fedeli che il Messaggio di Fatima stava per realizzarsi, dicendo: «Avremmo torto se pensassimo che la missione profetica di Fatima sia finita...»

Egli  sapeva  che  estirpare  la  lobby  gay  (la "mafia  lavanda")  dal  Vaticano  sarebbe  stata la chiave difensiva della Chiesa. Ma, come i dossier giudiziari rivelarono nella controversia su Wikileaks, mentre tale sforzo condusse alla distruzione della carriera di numerosi sodomiti, questi si unirono contro Ratzinger per esautorarlo, poiché il suo pontificato rimosse centinaia di pervertiti dal clero.

Come ho già scritto, si è avuto, secondo me, un tentativo formale di colpo di Stato (ved. Il rapporto QUI). E questo, di fatto, è stato messo in moto con l'intenzione di incarcerare efficacemente papa Benedetto (vedi QUI). Il patto del Conclave nel 2005, tra le fazioni belligeranti di Ratzinger (Chiesa) e quelle di Bergoglio (Anti-Chiesa), ne preparò la via (ved. QUI).

Nondimeno, con la propria causa persa al Conclave, la mafia di San Gallo doveva attendere che Benedetto XVI rinunciasse al soglio, perché essendo anziano aveva già rivelato d'essere incline a dimettersi entro qualche anno. Così, siccome ritardava, la rabbia e l'impazienza esplosero.




La restaurazione dell'antica Messa (Vetus Ordo) e l'estensione delle autorizzazioni per il suo utilizzo (30 aprile 2011) provocarono una "deflagrazione" generale tra il cattivo clero.

Io so che questo accadde durante la Conferenza episcopale italiana del 2011, perché un presule che mi ha aiutato mi ha anche riferito di come i cardinali e i vescovi si siano alzati uno dopo l'altro e abbiano detto le cose più vili contro il Papa.

So anche personalmente, dopo la testimonianza di un uomo d'affari siciliano da Shanghai, che il cardinale di Palermo aveva avvertito di come Ratzinger sarebbe potuto morire entro un anno per cattiva salute...

I media, controllati dalla mafia di San Gallo, ampliarono la notizia e la diffusero come se il prelato palermitano avesse detto che Benedetto XVI sarebbe rimasto in vita soltanto per un anno ancora. Questo rapporto fu pubblicato l'11 febbraio 2012! (si noti la data).

Colpo da maestro di Joseph Ratzinger

Il Papa, in seguito, giocò il suo colpo da maestro. Nell'estate 2012, rivelò al card. Bertone che si sarebbe dimesso. Non ne discusse con nessuno se non col proprio segretario Gänswein e qualche altro. Credo che abbia scritto il testo d'abdicazione nell'autunno 2012.

Suppongo pure che abbia mostrato intenzionalmente il testo latino (quello non valido) ed una traduzione tedesca difettosa (che fa apparire come corretta la formula originale usata) ai membri della mafia di San Gallo, per ottenerne il consenso. Con questo atto, egli contrassegnò il loro destino.

Infatti, soltanto chi parla fluentemente l'antica lingua e conosce il Diritto Canonico, accettando la metafisica tradizionale della Chiesa, può accorgersi che le dimissioni così presentate sono nulle. Ratzinger ha perciò posto le basi, sottolineando per anni che il suo teologo preferito era San Bonaventura.

Questo ha condotto gli studiosi come me, ad iniziare ad approfondire il metodo scolastico di San Bonaventura per l'analisi testuale del significato delle espressioni, che non ha precedenti fra tutti i dottori della Chiesa.

L'11 febbraio 2013, nel Concistoro, Benedetto XVI lesse ad alta voce il testo della formula invalida. Il 28 febbraio 2013 spiegò che si era dimesso dal "ministero attivo". La mafia di San Gallo diffuse la notizia di una "Rinuncia valida". Il resto è storia.




Significativo è il fatto che Benedetto XVI, da subito, iniziò ad offrire segnali di verità, non solo per il bene dei fedeli, ma anche per contrastare la mafia di San Gallo. Egli porta sempre la tonaca bianca, mantiene il titolo di "Santità" e si firma ancora P.P. Benedictus XVI, continuando ad impartire la benedizione papale.

Fa queste cose per indurre i fedeli cattolici ad esaminare il testo delle dimissioni e a scoprirne l'invalidità. (Confrontare QUI e QUI l'analisi fatta e riportata in italiano; ndt).

Fa così, anche perché, io credo, obbedisce alle parole di Nostra Signora di Fatima, nelle quali Ella aveva rivelato che sarebbe giunto il tempo in cui il mondo cattolico si sarebbe trovato con due papi, ma uno solo sarebbe stato quello vero: colui che avrebbe continuato ad indossare la talare bianca, invece l'altro ne avrebbe usurpato la missione.

Il tutto, mentre l'Anti-Chiesa avrebbe attaccato il vero Papa e pochi fedeli (il "piccolo Resto") si sarebbero uniti intorno a lui.

Per mezzo di una rinuncia impropria, Papa Ratzinger ha canonicamente reso nullo tutto ciò che Bergoglio ha fatto, può fare e farà! Egli è un Anti-papa, risultante dall'astuta arguzia che Benedetto XVI ha giocato su di lui. Ed è rimasto talmente impigliato in questo stratagemma da non poterne ammettere l'esistenza, perché se lo facesse, dovrebbe rinunciare alla sua pretesa di papato.

Se Joseph Ratzinger dovesse trapassare, allora non ci sarebbe un successore vero, in quanto la maggioranza ritiene ancora il suo ritiro corretto, a meno che i cardinali elettori pre-bergogliani non si incontrino in un conclave entro 20 giorni.

Altrimenti, come promulgato da Papa Giovanni Paolo II al termine del testo di «Universi Dominici Gregis» (UDG), ogni misura presa dall'eventuale Consiglio cardinalizio sarebbe inefficace.

Se così non faranno, la Chiesa non resterà priva di Pastore, perché, come indicato nel prologo della suddetta "Costitutio Apostolica UDG", l'istituzione del Collegio «non è necessaria per un'elezione valida» del Sommo Pontefice: esiste ancora l'antica legge apostolica concernente il diritto della Chiesa romana (intesa come autorità, fedeli, ed esperti; ved. nota qui sotto)* di eleggere il successore di Pietro.

Benedetto ha vinto "Francesco"!

N o t a*

[Per oltre mille anni e per 154 volte il sommo pontefice vescovo di Roma venne eletto dal popolo della città eterna riunito in assemblea con i notabili e i rappresentanti del clero. Solo dal 1059 la nomina passò nelle mani dei cardinali, ma solo dal 1274, con il decreto "Ubi periculum" voluto da Papa Gregoxio X, i cardinali furono costretti a riunirsi in conclave dopo la morte del pontefice e a sbrigarsi nell'eleggere il suo successore pena finire per diversi giorni chiusi in una sola sala (unicum conclave) a pane ed acqua].

Da "Morte ed elezione del papa ‒ Norme, riti e conflitti" opera di Agostino Paravicini Bagliani.

Aggiornamento dell'11 giugno 2020

Consiglio di leggere, sul tema, anche l'esaustivo articolo di Andrea Cionci QUI, e di vedere l'intervista di Marco Cosmo (il Decimo Toro) fatta a fra' Bugnolo QUI.

Traduzione e cura di: Sebirblu.blogspot.it

Fonte: fromrome.info