giovedì 19 giugno 2025

La premonizione di 40 anni fa di Sebirblu è in atto!

 


Sebirblu, 18 giugno 2025

Tra le svariate premonizioni avute nell'arco della mia vita ve ne sono alcune che si sono già concretizzate ‒ come quella del disastro di Chernobyl del 1986, allorché, tre mesi prima di quel fatidico aprile, sognai di trovarmi a Lecco e di veder arrivare dal nord, a tutta velocità, un treno che viaggiava in aria unitamente ad un'immensa nuvola nera ad altezza d'uomo, contrassegnato da una targa sulla motrice indicante il numero 86.

Un'altra visione fu quella in cui vidi, sempre in sogno, una casa a ridosso di una montagna che stava per essere colpita da una frana della quale già vedevo cadere i primi detriti, mentre una voce mi svelava il cognome dei suoi residenti: era la famiglia del cognato di mio fratello che in seguito avrebbe perso il suo bambino a scuola, soffocatosi con una pallina di carta aspirata da una cerbottana.

Ve ne sarebbero altre da raccontare, ma per non dilungarmi vado direttamente alla visione avuta una quarantina d'anni fa, che si sta attuando ora sotto i nostri occhi.

Da pochi anni era avvenuta la destituzione dello Scià Reza Pahlavi ad opera della Rivoluzione islamica, promossa e diretta dall'esilio da colui che vi era stato confinato e che sarebbe divenuto poi il capo supremo dell'Iran, a conduzione teocratica.


Ruhollāh Khomeynī (1902-1989)


Sto riferendomi all'Ayatollah Khomeini che nel 1979 partì dalla Francia per tornare in patria ad assumere  la reggenza del suo Paese.  Ed è proprio lui  che io vidi  in sogno su un monitor televisivo, a cui porgevo degli estratti spirituali di altissimo livello che gettò via con un atto brusco e sprezzante, respingendoli.

La scena cambiò e lo rividi, sempre sullo schermo, con in mano la carta n° 14 dei Tarocchi, ossia l'Arcano della Temperanza riferentesi all'Armonia tra gli opposti, rappresentato da una figura femminile (spesso un angelo) che travasa del liquido da un anfora all'altra, rispettivamente d'oro e d'argento.

Allora prese un punteruolo dalla scrivania e con una rabbia incredibile lo affondò nell'ombelico dell'immagine descritta... In quel momento compresi che avrebbe tolto l'equilibrio dalla Terra.

 


Ma non è finita qui, perché in un successivo contesto, apparso ai miei occhi d'anima, vidi chiaramente l'interno di un circo con gli spalti vuoti, salvo la presenza di un'unica famiglia composta di padre, madre e figlio, raffigurante l'intera umanità, ed un fiero quanto altezzoso ed arrogante «leopardo»* seduto sul palco, che girava la testa a 180 gradi, con l'occhio vigile di un dominatore assoluto.

* [Nel "Libro di Daniele"(cap. 7, 6) il profeta menziona proprio questo felino tra la quadriade degli esseri che sale dal mare: «Dopo ciò, continuai a guardare e vidi un'altra bestia simile ad un leopardo ma con quattro ali d'uccello sul dorso. Essa aveva quattro teste, e le fu data l'autorità di governare.»

Il leopardo alato simboleggia l'impero persiano, che con una rapidità sconcertante (raffigurata dalle ali), estese la sua egemonia su tutte le terre conosciute dagli ebrei. Proprio per tal motivo, secondo la Scrittura gli venne «dato il dominio»: i Persiani furono i primi a soggiogare quello che per l'antico Israele era l'intero mondo].

Dunque, sapendo questo, nella visione percepii che quel «leopardo», rappresentava un regime oppressivo, come quello degli Imam dopo la rivoluzione islamica promossa da Khomeini, il quale pretendeva di signoreggiare la popolazione per mezzo dei suoi funzionari religiosi.




Ma quello stesso «leopardo» ‒ parimenti ad altri governanti del mondo ‒ doveva sottostare ad un potere più grande impersonato dalla "massa nera e informe" che vidi alle sue spalle, cioè il quarto orribile animale visto da Daniele*, operante su di esso per mezzo di un «guinzaglio rigido» obbligandolo così a muoversi come lo stesso potere voleva.

* [Riporta ancora il "Libro di Daniele" al cap. 7, 7-8: «Dopo questo continuai a guardare, e nelle visioni della notte vidi una quarta bestia, spaventosa, terribile ed eccezionalmente forte. Aveva enormi denti di ferro. Divorava e stritolava, e quello che rimaneva lo calpestava con le zampe. Era diversa da tutte le bestie precedenti e aveva 10 corna. Mentre osservavo queste, spuntò fra loro un altro piccolo corno, davanti al quale tre delle prime furono tolte via. In questo corno c'erano occhi d'uomo e una bocca che parlava con arroganza». (Che potrebbe essere il veniente anticristo, a considerare il seguito di questa profezia)]

Tale bestia mostruosa e indefinita corrisponde proprio a quel potere finanziario occulto (menzionato più avanti nell'articolo che esporrò) che tiranneggia il mondo, usando spesso il sopruso e la violenza verso gli stati "scomodi" che si ribellano ai suoi diktat.

Proseguendo nella visione, quella "massa nera", a sua volta, era succube e schiava di un personaggio misterioso che agiva dietro le quinte dirigendola astutamente... poi mi accorsi all'improvviso che il «leopardo» stava per cadere in un terribile tranello che lo avrebbe indotto ad essere aggredito alla nuca, cogliendolo di sorpresa... e nel sonno urlai, ribellandomi all'inganno pronunciando le parole: "No!... così Nooo!..." e mi svegliai...

Ora, ritorniamo al presente, ai giorni nostri, e a ciò che sta accadendo non solo in Europa tra Russia e Ucraina ma, ancor più, in Medio Oriente tra Israele ed Iran. I due conflitti hanno delle analogie precise: sembra infatti, almeno finora, che entrambi vengano combattuti per procura.

Dietro tutto ciò vi è la regia ambigua dell'America che, attraverso il suo Presidente, mostra di volere la pace ma poi aiuta subdolamente la nazione sionista e fa dichiarare al suo Segretario di Stato, Rubio, il non coinvolgimento all'attacco preventivo in corso.


Pepe Escobar - giornalista d'inchiesta brasiliano - (classe '54)

Ecco cosa scrive Pepe Escobar  riportando alcune dichiarazioni di Trump:

«Andiamo al sodo. Il devastante attacco all'Iran da parte dello psicopatico genocida "prescelto" etno-suprematista con sede a Tel Aviv – una dichiarazione di guerra di fatto – è stato coordinato nei minimi dettagli con il presidente degli Stati Uniti, il Capocirco Donald Trump. (Si consideri la strana "coincidenza" dell'uso della parola "circo" con la mia visione; ndr).

Questo Narciso Annegato nello Stagno della Propria Immagine, affetto da infantilismo, ha svelato il gioco lui stesso con un post sconclusionato. Ecco alcuni punti salienti (dichiarati da Trump e messi da me in corsivo e in colore arancio; ndr):

«Ho dato all'Iran una possibilità dopo l'altra per raggiungere un accordo». Ma che "accordo" – in realtà si trattava delle sue richieste unilaterali. Dopotutto, ha affossato il patto originale, il JCPOA, perché non era il suo "accordo".

«Ho detto loro che sarebbe stato molto peggio di qualsiasi cosa avessero mai visto, previsto o sentito dire». La decisione di attaccare era già stata presa.

«Alcuni integralisti iraniani hanno parlato con coraggio, ma (...) ora sono tutti MORTI, e le cose non potranno che peggiorare!» Il gongolare è una conseguenza naturale.

«I prossimi attacchi già pianificati saranno ancora più brutali». Allineamento totale con la tipica strategia israeliana di "decapitazione".

«L'Iran deve stringere un accordo, prima che non rimanga più nulla, e salvare quello che un tempo era conosciuto come l'Impero iraniano». Era l'Impero persiano – ma dopotutto si tratta di un uomo che non legge né studia. Notiamo l'«Arte della Diplomazia: O accettate la mia intesa o crepate». [...] (Lo scritto intero potrà essere letto QUI; ndr).

A seguito di questo breve accenno all'articolo di Pepe Escobar, che commenta le parole inequivocabili di Donald Trump, espongo il pezzo successivo del prof. Andrea Zhock, in quanto rivelatore dell'esattezza premonitrice di ciò che vidi in sogno più di quattro decadi fa.




L'anello di Gige e l'orizzonte della violenza illimitata

«Dopo l'aggressione a freddo di Israele all'Iran e la robusta risposta iraniana, e prima che eventi ulteriori ci travolgano, alcuni bilanci possono essere già fatti. In particolare credo che due considerazioni possano essere tratte.

La prima è che il fallimento conclamato della politica di Donald Trump è l'ultima definitiva conferma che niente può modificare la rotta di collisione dell'Occidente a guida americana col resto del mondo.

Trump non è mai stato un cavaliere bianco mosso da ideali di pacificazione, ma si è ritrovato ad incarnare il ruolo di rappresentante di quell'America profonda che non ha interesse a proiezioni di potenza internazionale e vorrebbe mettere a posto le cose a casa propria.

La sequenza dei fiaschi dell'amministrazione Trump, dai colloqui russo-ucraini, agli scontri di Los Angeles, all'attacco israeliano all'Iran mostrano chiaramente come tutte le promesse trumpiane di pacificazione internazionale e ripresa del mercato interno sono impercorribili.

Non credo che Trump abbia ingannato volontariamente il suo elettorato. Credo che, più semplicemente, né gli USA né l’Europa siano più governati dal ceto politico che nominalmente li governa.

Qui non è neanche questione di "Deep State", perché siamo proprio al di fuori del perimetro statale, che serve soltanto da albero di trasmissione di decisioni prese altrove*.

* (Proprio come il "guinzaglio rigido" della visione; ndr).

Ora, io so benissimo che ogni qual volta si introduce questo tema dei "poteri occulti" un sacco di babbei che si credono astuti cominciano ad agitarsi sulla sedia e a gridare al complottismo.

Purtroppo, che oggi il vero potere passi attraverso il governo dei flussi monetari, e che l'oligarchia che li dirige eserciti la sua influenza* da dietro le quinte, sono semplici dati di fatto, abbastanza ovvi se li si guarda da vicino.

* (E tale influenza occulta corrisponde alla "massa nera e informe" col "guinzaglio rigido", vessata a sua volta dalla "entità misteriosa" sullo sfondo, ossia da Satana in persona; ndr). 

Spesso ci stupiamo della pochezza culturale, della miseria umana, della sfacciata contraddittorietà dei personaggi che apparentemente vediamo ai vertici del potere mondiale.

Che Trump sia un personaggio dei Simpsons, la Baerbock una gaffe ambulante, la Kallas il nulla con la russofobia intorno, Merz un eterno perdente recuperato dalla differenziata politica, Starmer un "quaquaraquà" inviso anche a chi lo ha eletto, Macron l'epitome (sintesi; ndr) delle comunità BDSM (ved. QUI; ndr), ecc. ecc. sono cose che stanno davanti agli occhi di tutti, e che spesso ci ostiniamo a non vedere perché vederlo con chiarezza ci farebbe troppa paura.

Preferiamo pensare che questi pupazzi "c'hanno una strategia". Invece no, sono pupazzi e basta. E la strategia qualcuno anche ce l'ha, ma sta al piano di sopra* a muovere i pupi con le stringhe.

* (E sopra sta appunto la "massa informe e oscura", al soldo del Maligno, che muove i capitali e i "pupazzi" politici presuntuosi ed arroganti dell'Occidente ottuso; ndr).




L'Occidente, a causa del lunghissimo processo di presa del potere reale da parte delle oligarchie finanziarie, ha raggiunto un livello di non ritorno dal punto di vista della degenerazione della sua classe politica.

Il problema in tutto ciò è solo uno: siccome chi esercita il potere è dietro le quinte e non può venire chiamato a prendere alcuna responsabilità, di fatto oggi siamo nella condizione di più straordinaria deresponsabilizzazione delle classi dirigenti della storia dell'Occidente: chi comanda non risponde in nessun modo di ciò che fa, né formalmente, né istituzionalmente, né moralmente. 

E l'esercizio del potere al riparo dagli sguardi altrui conduce di sicuro all'abiezione, inevitabilmente, come rammentava Platone nel racconto dell'Anello di Gige. (Ved. QUI; ndr).

È così che la crisi interna della società occidentale, la sua perdita progressiva di egemonia economica e politica, genera una tendenza completamente fuori controllo alla degenerazione perpetua dei comportamenti, all'uso sempre più sfacciato della violenza, dei doppi standard, della menzogna strumentale.

Israele è un caso esemplare: prima della "distrazione del Mossad" del sette ottobre Israele era un paese a pezzi, spaccato da anni a metà, incapace di formare governi che non fossero effimeri. L'uscita da questo stato di paralisi e crisi è stata l'adozione di una serie di rilanci continui, prima verso Gaza, poi verso il Libano, la Siria, l'Iran.

E temo che i rilanci non siano finiti: come un giocatore che deve recuperare una grande somma, ogni perdita è un invito a rilanciare ancora nella speranza di poter chiudere la partita con un grande colpo finale. Spesso, per i giocatori d'azzardo, questo colpo finale è alle proprie cervella, ma intanto hanno disseminato miseria intorno a sé.

Ma Israele è solo un esempio. Questa dinamica di tentativo di uscita da un'impasse attraverso continui rilanci è la medesima prassi che vediamo in Europa verso la Russia. La sequenza quasi incredibile di errori (cioè, quelli che sarebbero errori se l'interesse dei propri popoli fosse l'obiettivo), prosegue in un continuo rilancio.

L'Europa ha perso la propria competitività,  ha impoverito e continua ad impoverire  la propria popolazione, mette tutti a rischio di una guerra totale e anzi la fomenta apertamente. Tutto questo si pensava all'inizio fosse un tributo alla predominanza USA.

Ma non è così. Anche quando gli USA hanno iniziato a ritirarsi, l'UE ha proseguito e continua a proseguire nell'esacerbare la situazione. Questo perché, come si diceva, né gli USA sono governati da Trump, ne l'UE da quei quattro scappati di casa della Commissione. Sono solo pupazzi ventriloqui mossi da oligarchie multinazionali che vestono «l'Anello di Gige».




Questo quadro ci porta alla seconda, breve, considerazione. Siccome l'inaffidabilità, i doppi standard, la mancanza di responsabilità e credibilità dell'Occidente in blocco è percepito ovunque nel mondo (salvo in quella parte di Occidente che ancora si abbevera all'informazione più venduta della storia), ne segue che lo spazio degli accordi, dei patti fra gentiluomini, del calcolo reso affidabile dal bilanciamento degli interessi, è svanito.

Tutto il mondo extra-occidentale ‒ e oggi sono in primo piano Russia e Iran, ma la Cina è dietro l'angolo ‒ non crede più ad una parola di quanto proviene dai nostri ventriloqui, perché ha capito di star trattando con attori e prestanome, maschere che devono recitare una parte per i propri elettorati ma devono rispondere a tutt'altre strategie per appagare il vero potere occulto.

Questa completa mancanza di credibilità delle classi dirigenti occidentali non è un crimine senza vittime, non è qualcosa cui ci possiamo sottrarre con la proverbiale alzata di spalle dicendoci che "tanto noi non ci caschiamo".

La principale conseguenza  della inaffidabilità conclamata  dell'odierno Occidente è che la parola  verrà ovunque lasciata sempre di più alle armi,  alla violenza all'esterno e al controllo all'interno, perché è l'unica cosa che rimane quando le parole hanno perduto valore. E questo processo degenerativo coinvolgerà tutti, scettici e grulli, scaltri e boccaloni.» 

Ecco un resoconto VERO della situazione in cui ci troviamo da Arnaldo Vitangeli; video che consiglio di scaricare prima che lo censurino.




Chiosa di Sebirblu

Dal quadro generale, emerge sostanzialmente che Trump, malgrado tutte le promesse elettorali, ha ceduto alle pressioni fortissime dell'oligarchia finanziaria, in gran parte sionista, (ossia "la massa nera e informe" della visione), permettendo a Netanyahu di colpire a sorpresa l'Iran ‒ ecco l'inganno ‒ prima che venisse completato* il nuovo accordo sul nucleare, voluto dallo stesso "tycoon". Sorpresa che, comunque, era stata pianificata già da diverso tempo; ved. QUI

* (L'attacco all'Iran è avvenuto nella notte fra il 12 e il 13 giugno, mentre due giorni dopo, domenica 15, i negoziatori iraniani avrebbero dovuto recarsi in Oman per il sesto incontro, al fine di arrivare ad un'intesa di normalizzazione sul nucleare per usi pacifici. È per questo che la Repubblica islamica si è trovata spiazzata, tradita, e che nel sogno premonitore ha provocato il mio brusco risveglio.)

Acuendo lo sguardo su una realtà più profonda, si può scorgere sull'intero scacchiere planetario una regia diabolica fondata su una lotta spirituale durissima tra l'Antico Serpente, che agisce mediante i suoi vassalli aschenaziti* (cfr. QUI), e tutto il resto dell'umanità apostata e materialista.

* (Gli ebrei aschenaziti, di origine Kazara, cioè i sionisti convertitisi all'ebraismo nel VII secolo per interesse e sopravvivenza, non sono affatto gli ebrei sefarditi autoctoni della Palestina. È fondamentale conoscere questa civiltà che ha permeato e inciso in modo determinante gli sviluppi della Finanza Globale nel corso dei secoli e scoprire che sin da allora si è scontrata ripetutamente non solo con il mondo arabo-persiano ma pure, e soprattutto adesso, con quello cristiano.)

Nonostante gli "Accordi di Abramo" (ved. QUI), stipulati fra le tre grandi religioni monoteiste  nel  2019,  i  focolai bellici  e  rancorosi  non  si  sono  di fatto  mai spenti,  e il vento della discordia, alimentato dal grande Nemico dell'uomo, soffia ora più minaccioso che mai perché il Maligno sa che il suo tempo sta per scadere.

Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it

Fonte: QUI e QUI

venerdì 13 giugno 2025

Una grande LEZIONE da mettersi in pratica SUBITO!





Sebirblu, 12 giugno 2025

Dopo aver pubblicato il post in onore del prof. Francesco Lamendola QUI, deceduto il 31 maggio scorso, restava in me la domanda di cosa gli fosse successo per condurlo a 68 anni nell'aldilà; quesito che già aveva sfiorato la mia mente, tempo addietro, quando non appariva più sul web la testata "Accademia Nuova Italia" con tutti i suoi articoli.

Ebbene, una volta di più ho potuto constatare come la Provvidenza divina interviene per soccorrere, non solo economicamente (cfr. QUI),  come si è abituati a pensare, ma soprattutto spiritualmente, quando chi chiede lo fa in purezza d'animo e senza secondi fini. 

"Caso ha voluto" (si fa per dire perché esso non esiste), che ieri m'imbattessi in un video di un anno fa, QUI, dove il suddetto professore aveva stranamente la bocca storta; ho continuato a cercarne altri più recenti ed ho trovato questo QUI che, in effetti, è l'ultimo pubblicato prima del suo trapasso.

Volutamente non li espongo per non urtare la sensibilità di molti che, sicuramente, come ho fatto io, direbbero: "con quale coraggio si mostra così!".

Poi a seguire, sempre "a caso", ho trovato un illuminante pezzo dello stesso autore, un'autentica lezione di vita sull'«essere» e non sull'«apparire», che conviene a tutti mettere in pratica... Eccolo:




Cara amica, ti scrivo...
di Francesco Lamendola ‒ 7 maggio 2008

«Cara amica, ti scrivo per riprendere il filo di un discorso interrotto.

Quando ti ho telefonato e poi sono passato a trovarti ‒ ed era la primissima volta che entravo nella tua casa ‒ mi hai accolto, con semplicità e molta naturalezza, in tuta da ginnastica.

Poche donne avrebbero resistito al bisogno compulsivo di mettersi il vestito bello, di truccarsi e di indossare qualche gioiello, per apparire sotto la luce migliore. Così, senza un preciso secondo fine: come per un riflesso condizionato.

Tu, no.

Mi hai aspettato così com'eri, in tenuta da casa. Non ti sei cambiata né preparata: sei rimasta ad attendere la mia visita in tuta da ginnastica.

Un gesto che mi è piaciuto, perché da esso traspariva il tuo star bene con te stessa. Chi sta bene con se stesso, non sente alcun bisogno di presentarsi agli altri sotto una luce particolare: si mostra con spontaneità, così come egli è. Non desidera mostrarsi trasandato per il gusto di farlo, ma neppure vuole essere schiavo della ricercatezza.

Sembra una cosa da poco, una cosa da nulla: invece, dietro un tale comportamento, c'è tutto un mondo. Un mondo di trasparenza, di lealtà: innanzitutto con se stessi. Sono poche le persone che sanno accettarsi così come sono, anche nell'aspetto fisico; figuriamoci il fatto di saper accettare il giudizio altrui.


Si ha il timore di "perdere la faccia"... Autore: Ben Goossens

Sono poche, estremamente poche le persone che sanno guardarsi allo specchio e dire alle proprie rughe, alla propria calvizie, ai propri difetti: «Ebbene, eccoci qui. Voi siete i miei compagni di viaggio; non ho motivo di ostentarvi, ma neppure di tentare di nascondervi. Sarebbe assurdo; anzi, sarebbe patetico».

Quando un essere umano che ha passato la quarantina sa fare questo, significa che ha saputo compiere una lunga strada con se stesso; significa che, nel suo piccolo, è un grand'uomo (o una gran donna). Significa che ha compreso un sacco di cose: cose che non stanno scritte sui libri e che, dunque, non ha avuto la possibilità di imparare da un foglio di carta stampata. Vuol dire che le ha imparate dalla vita: il che è una cosa particolarmente rara, particolarmente apprezzabile.

Non solo.

Dal momento che l'intera società moderna procede trionfalmente (si fa per dire) sulla via opposta, cioè sulla via dell'apparire invece che su quella dell'essere, vuol dire anche che quella tal persona ha saputo elaborare, in solitudine, una propria scala di valori e un proprio codice di comportamento.

Vuol dire che ha capito la differenza fra la vera e la falsa stima di sé; fra il vero volersi bene e quello fasullo, suggerito dalle mille sirene idiote della pubblicità, del cinema e della televisione. Perciò, possiamo star certi che quella è anche una persona forte, capace di andare controcorrente e di infischiarsene delle mere apparenze.

Conosciamo donne che non farebbero mai entrare in casa propria  gli amici ‒ per non parlare degli estranei ‒ se prima non hanno lucidato l'ultima piastrella e spazzato l'ultimo granellino di polvere; che non scenderebbero mai nel negozio sotto casa per comperare il pane o il latte, se prima non si sono truccate per mezz'ora e se non si sono cambiate d'abito, indossando i vestiti migliori, dalla testa fino alla punta delle scarpe. Hanno il terrore di essere trovate in disordine, di essere giudicate sciatte, di essere scoperte "al naturale", senza trucchi e senza veli. [...]




Ma non solo ciò è stato bello, cara amica, nel tuo comportamento.

Anche la tua schiettezza,  il tuo confessare:  «mi manchi,  sinceramente  lo ammetto»; il tuo rinunciare al vecchio gioco ‒ tipicamente femminile ‒ del nascondimento, per mostrarti così come sei, nella sfera dei tuoi sentimenti; pure questo è stato bello. Bello perché raro.

Dovrebbe e potrebbe essere la norma, nelle relazioni umane; invece è la rara e felice eccezione. Quante persone aspettano che sia l'altro a scoprirsi, per poi approfittarne subito e mettersi in una posizione di forza, di vantaggio. 

Miseri individui ‒ ma sono la maggioranza ‒ che non hanno uno straccio di coraggio, ma si aspettano che lo abbiano gli altri; e se lo aspettano, non per ricambiare la franchezza e la lealtà ricevute, ma per tenersi al coperto quanto più a lungo possibile, in modo da non perdere il vantaggio in cui si trovano...

Perché è un gran bel vantaggio sapere quel che si muove nel cuore altrui, mentre si cela astutamente quel che accade nel proprio. Così, si è sempre in grado di avanzare o indietreggiare, secondo la convenienza, rischiando giusto il minimo indispensabile; mentre l'altro, davanti a noi, si è interamente esposto e, quindi, è più vulnerabile che mai...

Ci sono dei miserabili ‒ e non sono affatto rari ‒ che godono di un rapporto ineguale di tal fatta, dove essi hanno in mano tutte le carte buone e le tengono coperte, mentre l'altro ha messo in tavola le sue, senza calcoli o finzioni.

Perciò, le parole che ti sono uscite dal cuore: «mi manchi, sinceramente l'ammetto», ti hanno fatto onore. Avresti potuto continuare il gioco a carte coperte; non l'hai fatto: hai preferito metterle in tavola.

Insieme alle tue paure, del resto. E chi non le ha? Ma confessarle, è cosa da persone coraggiose. Tu le hai confessate: non è da tutti.

Anche questo, è stato un bel gesto. Il terzo, dopo quello di mostrarti per ciò che sei, fisicamente e interiormente.

Il quarto, è che hai saputo dire grazie.

Goffamente e un po' ruvidamente; però ti sei ricordata di ringraziare. Per quello che ritieni di aver ricevuto, attraverso un nostro lungo e gratuito impegno che, a tratti ‒ e adesso in modo particolare ‒ ci è costato quasi la salute.

Certo, ringraziare quando si riceve qualcosa di prezioso ‒ specialmente se lo si riceve gratuitamente ‒ dovrebbe far parte della normalità, nelle relazioni umane. Ma così, invece, non è: e ciascuno di noi lo sa bene, per diretta esperienza.




È raro, rarissimo, che qualcuno torni indietro a dire "grazie" per un bene ricevuto: specialmente se si tratta di un bene di natura spirituale. Se riceve in dono un oggetto materiale, magari costoso, di solito anche la persona più sgarbata si ricorda di borbottare un "grazie": fa parte delle buone maniere.

Subito dopo, probabilmente, quel costoso vassoio o quel servizio da tè prendono la via di qualche armadio polveroso, che diverrà più o meno la loro tomba; ma, intanto, il ringraziamento è stato detto (o scritto), le forme sono state salvate.

Ma dire "grazie" per un dono spirituale: quando mai? Già, perché non è avvolto nella carta da regalo di qualche boutique del centro; dunque, non è costato nulla. E allora, perché mai si dovrebbe ringraziare?

Questo è, appunto, l'atteggiamento mentale per cui così tante persone hanno smesso di ringraziare la vita. Non ringraziano più: né per il fatto di essere al mondo, e magari in buona salute; né per il fatto di avere una casa e un lavoro; né per essere circondate dall'affetto delle persone care; né per le meraviglie che la natura ci offre ogni giorno:

‒ dal canto di migliaia d'uccelli che salutano il primo albeggiare, alla pioggia che lava e purifica, al vento gagliardo che spazza le nubi e porta dolci profumi, al sole che riscalda gioioso, fino al cielo stellato che ci avvolge ogni notte, come un sipario sontuoso, quale neppure il più potente imperatore saprebbe commissionare ai suoi migliori architetti.




Queste persone danno tutto per scontato; o, per dir meglio, non vedono neppure da quanta bellezza sono circondate, da quanta bontà, da quanto splendore. Non se ne accorgono per nulla; però, non appena temono di perdere la più piccola comodità materiale, ecco che subito levano fino al cielo i loro lamenti lacrimosi e le proprie inconsolabili grida di dolore. 

Eh già: in che modo potrebbero vivere per qualche giorno senza la televisione? Come potrebbero fare a meno dell'automobile, del videoregistratore, del computer? Come potrebbero  sopportare  l'affronto che  quella antipatica  della collega,  o della vicina del piano di sotto, si sia comperata un vestito o un paio di scarpe eleganti, proprio identiche alle loro?

Ma tu ti sei accorta di aver ricevuto qualcosa. Sì, te ne sei accorta, e hai voluto dire grazie: come sapevi, senza usare espressioni ricercate. E mescolando il grazie alla confessione delle tue paure.

È scritto nella Bhagavad-gita che gli esseri umani, i quali non pregano il Signore Krishna per ringraziarlo di tutto ciò che ricevono incessantemente, sono in tutto e per tutto dei ladri. Prendono, e tuttavia non solo non offrono nulla per ricambiare, ma neppure ringraziano. Così facendo, commettono un vero e proprio furto.

Anche noi saremmo degli ingrati e, forse, dei ladri, se non ammettessimo il nostro debito con quanti, in vario modo, ci stimolano a proseguire nell'impegno di aiutare il prossimo, per quanto possibile, a trovare la via.

Non che pensiamo di averne le chiavi. A volte accade che ‒ come dice Dante ‒ chi va innanzi faccia  luce a coloro che lo seguono, ma egli stesso rimane al buio. Perciò non è il suo vantaggio che sta cercando: e, se incespica o va a sbattere; se cade e si fa male, lo fa a suo rischio e pericolo. Però, intanto, egli traccia la strada; e altri dopo di lui, se vorranno, la potranno seguire, con maggior chiarezza e con un minor grado di fatica e di rischio...

Facesti come quei che va di notte
che porta il lume dietro e sé non giova,
ma dopo sé fa le persone dotte… 
(Dante, Purg., XXII, 67-69).

Sappiamo che un certo numero di persone ‒ poche o tante, non importa ‒ traggono un beneficio dal nostro impegno disinteressato. Alcune di esse hanno voluto dircelo. Non molte: ma, dei dieci lebbrosi guariti dal Maestro, si sa che uno solo si ricordò, pur nella gioia del momento, di tornare indietro per rendergli grazie (cfr. Luca, 17, 11-19).

Dan Burr

A nostra volta, sappiamo bene che il merito del bene che riusciamo a fare, se pure ne facciamo, non è nostro, ma di qualcun altro.

In primo luogo, di quanti ci hanno dato il loro amore o la loro amicizia, formando il nostro mondo affettivo e morale.

In secondo luogo, di coloro che ci hanno donato la loro competenza, il loro sapere, contribuendo a formare il nostro mondo culturale e spirituale.

Non tutti sono ancora in questo mondo; alcuni ci hanno lasciati lungo il cammino: ma li ricordiamo tutti, con immutata gratitudine ‒ e li sentiamo sempre accanto.

In terzo luogo, il merito è di Qualcuno che, quando i nostri pensieri sono puri e le nostre parole sono buone, pensa attraverso di noi e parla attraverso di noi. Non abbiamo alcun merito da rivendicare in prima persona, se non ‒ forse ‒ quello della fedeltà alla chiamata. Per il resto, ci sentiamo piccoli e fragili; inadeguati, come colui che procede nel buio, a tentoni.

Sarà la strada, tuttavia, a venirci incontro; sarà essa a trovarci. Di questo, non abbiamo certo alcun merito. Perciò, vogliamo ringraziare anche la strada: lo stormire delle foglie nel bosco incantato, il vento profumato che si spande nella notte d'estate.

E poi, avanti, sempre avanti.

Una "forza benevola" guiderà i nostri passi, anche se talvolta andremo a sbattere o cadremo. Come si potrebbe imparare qualcosa dalla vita, senza cadere mai? È cosa sciocca solamente il pensarlo.

Ce n'è di strada, che si allunga innanzi a noi, nella luce argentata della luna! Forse, non giungeremo mai a vederne la fine...

Ma l'importante non è arrivare; l'importante è camminare. E, se possibile, aiutare qualcun altro ad avanzare a sua volta, rischiarandogli la strada nel buio della notte. Questo è quanto crediamo di avere imparato dalla vita.

Una saggezza semplice, umile, priva di pretese e di vanto. E di che cosa dovrebbe vantarsi, poi? Anch'essa è un dono, ricevuto gratuitamente e senza averlo davvero meritato.

Così, non possiamo fare altro che mormorare un "grazie".»




Chiosa di Sebirblu

Che dire di fronte a tale profonda saggezza?... Sicuramente un immenso GRAZIE, da parte mia e dei lettori, a questo Spirito eccezionale che se ne è andato, lasciando tutti molto, ma molto più ricchi...

Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it


lunedì 9 giugno 2025

In onore del prof. Lamendola, da poco scomparso...

 
"Il Volo dell'Anima" di Louis Janmot 

Sebirblu, 9 giugno 2025

Dedico il presente articolo alla recentissima dipartita del prof. Francesco Lamendola, del quale ho riportato nel tempo alcuni suoi scritti, disponibili, cliccandone il nome, sotto la dicitura "Etichette".

Egli ha rivolto l'intera sua vita con generosità e coraggio, non solo all'insegnamento delle giovani generazioni, ma soprattutto al "Risveglio" delle coscienze, senza deflettere mai davanti al "pensiero unico", propinato dai "media di regime" che, invece, tendono ad assopirle.

Condivido il suo pensiero, espresso qui di seguito, e la grande fatica che anch'io compio da innumerevoli anni a tal fine, sperando che la Verità finalmente emerga su questa Terra sempre più immersa e soffocata dalle Tenebre del Male.




Viviamo in un mondo di dormienti...

«Viviamo in un mondo di dormienti che diventano feroci se qualcuno tenta di svegliarli. Socrate credeva, ottimisticamente, che tutti gli uomini aspirino al bene e che, se compiono, invece, il male, ciò accade per ignoranza; ma basterebbe illuminarli sul loro errore, per consentirne il ravvedimento.

Sarebbe molto bello, e inoltre molto semplice, se davvero le cose stessero in questo modo; ma, purtroppo, vi sono numerosi indizi che suggeriscono la fallacia di una tale teoria.

La verità è che più si osserva il comportamento degli esseri umani, più si finisce per ammettere che la stragrande maggioranza di essi è formata da dormienti, che non desiderano destarsi dal proprio sonno voluttuoso, e nemmeno dai propri incubi; che vogliono continuare a dormire, a dispetto di tutti, anche se la casa in cui vivono sta prendendo fuoco.

Non provano alcuna gratitudine nei confronti di coloro i quali cercano di destarli, ma, ben al contrario, nutrono nei confronti di costoro un odio implacabile, come se fossero i loro peggiori nemici, nel tempo stesso che onorano ed applaudono i malvagi pifferai che favoriscono i loro sonni e il loro sognare.

Per quella piccola minoranza di risvegliati, i quali cominciano a rendersi conto della natura illusoria del mondo in cui viviamo e del carattere risibile, se non addirittura pericoloso, della maggior parte delle cose che suscitano, nei più, compiacimento e desiderio di imitazione, il problema si pone in questi termini: che cosa fare in un contesto di sogno generalizzato, di odio nei confronti della verità, di rancore nei confronti di ogni voce che sia fuori del coro?

Come fare per evitare il treno che, guidato da un macchinista impazzito e carico di sonnambuli, sta per piombare addosso a coloro i quali sono desti, ma non possono agire sugli scambi, per deviarne la folle corsa?

E, ancora: è legittimo che il risvegliato cerchi di imporre ai dormienti la verità, se essi le preferiscono, invece, un mondo di menzogna; è giusto che cerchi di convincerli, di convertirli, di farli ravvedere, se ciò che essi vogliono è tutt'altro?...




Certo,  il giardiniere è uso  a strappare  le erbacce  le  quali  invadono  il  suo  giardino; ma il mondo non è un giardino, e ogni visione del mondo ha diritto di sussistervi: anche quella che appare manifestamente erronea. Sopprimere le visioni fittizie non è compito del risvegliato; ma, semmai, offrire a tutti gli strumenti per valutare che cosa sia giusto e cosa sia sbagliato: dopo di che, ciascuno deve assumersi la responsabilità del sentiero che intende seguire.

Nessuno può venire costretto ad essere virtuoso; nessuno può venire costretto a cercare la verità, se non la desidera e se ad essa preferisce la menzogna.

D'altra parte, è certo che, a quel punto, si pone concretamente il problema della sopravvivenza di colui il quale ritiene di essersi destato, e che si trova continuamente esposto agli urti e alle aggressioni degli altri, ossia dei dormienti: e le aggressioni più minacciose sono proprio quelle di coloro che sono stati destati a forza per essere illuminati.

È una questione di sopravvivenza.

La storia ci trasmette sin troppi esempi di saggi, i quali sono stati crocifissi da una moltitudine che non voleva essere illuminata, che desiderava continuare a vivere nelle tenebre. E la moderna società di massa è la società dei ciechi e dei dormienti per eccellenza: è il vertice dell’attuale Kali Yuga, della Età Oscura nel ciclo della vicenda cosmica.

A meno che voglia andare incontro all'olocausto, dunque – e vi sono, indubbiamente, degli ideali che meritano di essere perseguiti fino al martirio – il risvegliato è indotto a interrogarsi sul senso del suo vivere nella società, e sulle modalità con le quali deve gestire il suo rapporto con il prossimo.

In effetti, nessuno è disposto a modificare la propria concezione del mondo, o a lavorare seriamente su se stesso, se non sulla base di una profonda e sentita esigenza interiore; e quest'ultima non potrà mai arrivare da un agente esterno, se non in coincidenza con un impulso interno.

Quello che intendiamo dire, è che le persone sono disponibili ad affrontare un salto qualitativo nella propria evoluzione spirituale, solamente se, e quando, decidono di prendere coscienza del problema; ossia, in genere, quando si rendono conto, non solo di essere insoddisfatte della singola vita attuale – ciò che accade a molti ‒ ma di essere disposte a mettersi in gioco per uscire dal punto morto in cui si trovano.




In quella fase, e solo in quella fase, un evento esterno può fungere da detonatore della loro crisi benefica e affrettare una presa di coscienza: può essere l'incontro con una persona buona e saggia, o con un libro, o con una situazione inconsueta e stimolante (magari anche in apparenza negativa, come una malattia o il distacco da una persona cara).

Viceversa, se il momento non è giunto e l'essere non è ancora pronto, nessun saggio, nessun testo e nessuna situazione stimolante potrebbero innescare una evoluzione spirituale, come riporta il Libro dell'Ecclesiaste: "Vi è un tempo per ogni cosa: per parlare e per tacere, per dormire e per vegliare, per vivere e per morire". E, così come la natura fisica non fa salti, la stessa cosa può dirsi per la vita dell'anima: il suo processo evolutivo non può essere forzato.

Questo, difatti, è l'errore di fondo di tutte le rivoluzioni politiche e sociali: pensare che il mondo possa diventare migliore, una volta che si sia compresa una formula e la si sia messa in pratica, indipendentemente dalla vita interiore delle persone.

Ma se non c'è una evoluzione spirituale, alcuna formula, per quanto perfetta in teoria, potrà rivelarsi capace di rendere il mondo migliore; al contrario, la storia è piena di esempi di formule ideali che si sono trasformate in terribili strumenti di oppressione e di malvagità, trovandosi nelle mani di individui che non avevano saputo compiere nessuna evoluzione interiore.

Per l'essere umano che sia disponibile ad aprirsi, a mettersi in gioco, ad evolvere spiritualmente, la vita offre infinite occasioni di miglioramento, purché le si sappia vedere.

Un disturbo fisico, ad esempio, è certamente un segnale: un segnale che il nostro corpo ci manda, e che contiene informazioni preziose circa la disarmonia presente nella nostra vita.

In ultima analisi, ogni disturbo fisico è riconducibile alla dimensione spirituale; ed è veramente sconcertante vedere come la grande maggioranza degli esseri umani si disinteressa del problema, sforzandosi di mettere a tacere il sintomo – ossia il campanello d'allarme ‒ invece di andare alla ricerca del problema profondo che il corpo ha segnalato.

Peggio ancora: se il disturbo persiste, in moltissimi si affidano ciecamente a farmaci e a medici, come se entrambi potessero sostituirsi alla doverosa presa di coscienza del singolo problema.

E gli stessi che delegano in tal modo la salvaguardia della propria salute, firmando una cambiale in bianco nei confronti dell'apparato sanitario ufficiale, sono poi quelli che esigono di occuparsi in prima persona, e persino nei minimi dettagli, di cose assolutamente banali e secondarie, come la scelta del nuovo modello di automobile da acquistare o l'intervento di chirurgia estetica per aumentare le dimensioni del seno.




Un altro esempio di questa tendenza a delegare le questioni davvero rilevanti ad agenzie esterne, è offerto dalla politica. La grande maggioranza degli esseri non si informa adeguatamente di ciò che attiene a questa sfera e preferisce affidarsi ai partiti, i quali mandano in Parlamento i loro uomini di fiducia, una legione di «yes-men» dalla schiena flessibile, fedeli esecutori delle direttive ricevute dalle rispettive segreterie.

Un discorso analogo  si  può  fare  per  la  pubblica amministrazione.  Il risultato è che i nostri sindaci e assessori,  che si muovono nell'ambito del quantitativo  e di ciò che ha un alto grado di visibilità (indipendentemente dalla sua efficacia), difficilmente riescono a concepire delle soluzioni innovative per i problemi che devono affrontare.

Un pezzo grosso dell'amministrazione provinciale, ora divenuto ministro, qualche tempo fa propose di porre rimedio all'alto numero di incidenti mortali del sabato sera,  facendo tagliare migliaia di platani lungo uno storica strada provinciale: come se il problema fosse quello dei platani  (i quali, comunque, hanno  anch'essi il diritto di vivere) e non quello di uno stile di vita assolutamente sbagliato e di uno scarso senso di responsabilità da parte di molti giovani.

Ma torniamo al problema del risvegliato che deve confrontarsi, tutti i santi giorni, con una folla di sonnambuli, i quali si muovono pericolosamente e reagiscono in modo aggressivo se qualcuno tenta di destarli e di responsabilizzarli.

Julius Evola suggeriva che, in tempi di Kali Yuga, l'unica cosa da fare è imparare a «cavalcare la tigre»: ossia, anziché opporsi frontalmente ad una situazione negativa generalizzata, sfruttare la corrente, per procedere in maniera da non ricevere troppi danni e, addirittura, per riuscire a volgere a proprio favore le stesse caratteristiche di quella situazione, con l'obbiettivo di preservare il bene della propria interiorità.




Sia come sia, che impari a cavalcare la tigre, oppure che si abitui ad assecondare la corrente, il risvegliato ha la piena consapevolezza di non essere un superuomo e di non poter modificare, egli solo, una determinata situazione diffusa nella società in cui egli si trova a vivere; e, inoltre, che non sarebbe saggio cercar di forzare l'evoluzione spirituale degli altri esseri umani per le ragioni che abbiamo detto sopra.

Che cosa dovrà fare, allora?... È molto semplice.

Primo, dovrà proseguire incessantemente a lavorare su se stesso: perché la propria evoluzione spirituale è un'opera che non finisce mai, e che si rivela più impegnativa, mano a mano che una persona vi si addentra.

Secondo, offrire – nella misura delle sue possibilità – una diversa prospettiva a tutti coloro che gli stanno intorno e che gli sembrano aperti ad un cambiamento, ma senza illudersi di vederli cambiare dall'oggi al domani né attendersi gratitudine o amicizia; ma, invece, mettendo in conto un certo grado di incomprensione, se non addirittura di aperta ostilità.

In ogni caso, egli sa che le cose accadono quando è giunto il tempo in cui devono accadere: non un minuto prima, né un minuto dopo.

In ciò consiste l'armonia del tutto: che ogni cosa è come dev'essere; e i fatti che ci appaiono negativi, in realtà sono tali solo nella misura in cui noi non siamo in grado di farne una occasione di crescita e di perfezionamento.

In altre parole, la disarmonia è in noi, non nel Creato; è nostra la responsabilità di non essere abbastanza evoluti da gestire in modo responsabile e proficuo le occasioni che la vita ci offre, per quanto esse possano presentarsi, talvolta, nella rude veste di eventi dolorosi.

Il risvegliato, pertanto, è colui che, ad un certo punto, decide di cogliere le occasioni che l'esistenza gli offre per riprendere possesso di sé, per tornare ad essere il vero protagonista del proprio volere e del proprio agire. È colui che decide di non dare più ad altri la delega totale di ciò che lo riguarda in prima persona; di ascoltare i segni e di imparare a riconoscere gli avvertimenti.

Il mondo è pieno di segni (cfr. QUI; ndr), la vita è piena di avvertimenti. Si può dire che non vi è persona, situazione o vicenda che noi incontriamo nel nostro cammino terreno, che non costituiscano altrettanti segni, indicazioni, suggerimenti o stimoli.

Tutto ci parla, se siamo disposti ad ascoltare; ma, naturalmente, per poter compiere questo, bisogna prima imparare a fare silenzio. Troppi rumori inutili, fuori e dentro di noi, ci impediscono di udire l'Essenziale; la cacofonia che ne esce ci vieta di udire e di godere del magnifico concerto dell'Infinito.




Finché continuiamo a dormire, i nostri orecchi sono chiusi all'armonia dell'Essere, così come i nostri occhi lo sono al suo Splendore.

Impariamo ad aprire occhi e orecchi... cominciamo a destarci: ce n'è di "giorno", che ancora deve sorgere per noi... completamente immersi nel sonno.

L'unica sua "Luce" è quella che ci trova ben svegli, pronti e desiderosi di accoglierLa in noi.»
                                                                                                                 Francesco Lamendola
                                                                                                              
Concludo con una magnifica intervista fattagli dal compianto Marco Cosmo (Decimo Toro) che interesserà sicuramente non solo i risvegliati, ma soprattutto gli attenti ricercatori della "Luce del giorno" menzionata dall'Autore, a cui è andato incontro lasciando questo mondo.



 
Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it

Fonti: QUI e QUI.