domenica 5 maggio 2024

Valtorta: all'Ultima Ora ¾ della Chiesa rinnegherà




Sebirblu, 4 maggio 2024

Questa sera don Alessandro Minutella (contemporaneamente ad Aldo M. Valli QUI), ha esposto, leggendolo, "un documento firmato da diciassette fra teologi, filosofi scrittori e giornalisti di ogni parte del mondo", richiedente le dimissioni dello pseudo papa Francesco per i suoi "crimini ed eresie" perpetrati in undici anni di governo ecclesiale.

Il testo contiene un lungo e scottante elenco di diversi prelati, vescovi e cardinali che si sono macchiati di atti deprecabili e vergognosi, tradendo il loro mandato divino ed infangando la Sacra Istituzione sotto l'ala protettrice di Bergoglio che li ha pure, non solo sommariamente assolti, ma taluni anche premiati con la porpora, ponendoli in "ruoli chiave" per il Magistero della Chiesa.

Ecco il video, a cui ne ho aggiunto un altro importante a piè di pagina.




Per questo motivo l'articolo che segue, pubblicato otto anni fa, merita di essere riproposto perché i tempi che stiamo vivendo, sono ormai davvero drammatici per il pianeta Terra. Presentano incognite sempre maggiori e nubi minacciose incombono sul genere umano, ogni giorno più consapevole della fugacità della vita. 

Così, in tanta oscurità, l'unico lume che spesso viene cercato si trova nei vaticini vecchi  e  nuovi  che  via  via,  sotto i nostri occhi,  in  gran parte  si  stanno avverando.

Su questo, San Paolo ci ammonisce: "Non spegnete lo Spirito. Non disprezzate le profezie; ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene" (1 Tess. 5, 19-22).

Certo, è necessario discernere; ma nel momento in cui lo Spirito è riuscito a prevalere sulla materia e a dominarla tenendola sotto controllo, emerge quella Luce atta a penetrare le tenebre e a diradare le nebbie dei condizionamenti, dei dubbi e dei falsi luccichìi che portano soltanto fuori strada.

Non è il caso dei messaggi di Maria Valtorta che sebbene, come tutti i veggenti, faccia da filtro con il suo bagaglio culturale, le convinzioni profonde ed il proprio livello evolutivo, ha lasciato agli uomini del nostro tempo un'Opera poderosa e illuminante sugli scenari attuali.

Ecco, a conferma dell'articolo da me pubblicato (QUI), cosa le disse il Signore nel lontano 1943.


Tradimento di Pietro

All'Ultima Ora ¾ della Chiesa rinnegherà il Cristo

Dice Gesù:

"Quando faccio dire a Sofonia che Io porterò via ogni cosa dalla Terra, gli faccio profetare ciò che avverrà nell'antivigilia del tempo ultimo, quello che poi annunciai parlando, velato sotto la descrizione della rovina del Tempio e di Gerusalemme, della distruzione del mondo, e ciò che profetò Giovanni nella sua Apocalisse.

Le Voci si rincorrono. Anzi posso dire che, come in un edificio sacro elevato a testimoniare la gloria del Signore, esse salgono di pinnacolo in pinnacolo, da profeta a profeta prima del Cristo, sino al culmine maggiore su cui parla il Verbo durante il suo vivere d'uomo, per poi scendere di nuovo di guglia in guglia, nei secoli, per bocca dei profeti susseguenti al Cristo.

È come un concerto che canta le lodi, le volontà, le glorie del Signore, e durerà sino al momento in cui le trombe angeliche aduneranno i morti dai sepolcri e i morti dello spirito, i viventi della terra e i viventi del Cielo, perché si prostrino davanti alla visibile Sua Gloria e odano la parola di Dio, quella Parola che innumerevoli hanno respinta o trascurata, omessa, schernita, disprezzata, quella Parola che venne come "Luce nel mondo, e che il mondo non volle accogliere preferendo le Tenebre".

Io sono il Vertice dell'edificio di Dio. Parola più alta e vera della Mia non può esserci. Ma il Mio Spirito è nella bocca delle "parole" minori, poiché ogni cosa che parla di ciò che è di Dio, è parola ispirata da Dio.

La carestia e la mortalità delle epidemie saranno uno dei segni precursori della Mia seconda Venuta. Punizioni create per punirvi e richiamarvi a Dio opereranno, con la loro dolorosa potenza, una delle selezioni fra i figli di Dio e di Satana.

La fame causata dalle rapine e dalle guerre maledette, volute senza giustificazione di indipendenze nazionali ma per sola ferocia di potere e superbia di demoni in veste d'uomini, sarà dovuta all'arresto, per volere di Dio, delle leggi cosmiche, per le quali il gelo sarà aspro e protratto, il calore bruciante e non mitigato da piogge, le stagioni invertite, perché avrete siccità nel periodo delle piogge e piogge alla maturazione delle messi.

Per cui, ingannati da subiti tepori o da insolite frescure, fioriranno fuori tempo gli alberi e si ricopriranno, dopo aver già generato, di nuovi inutili fiori che spossano la pianta senza frutto ‒ poiché ogni disordine è nocivo e conduce a morte, ricordatevelo, o uomini ‒ la fame tormenterà crudelmente questa razza proterva e nemica di Dio.




Gli animali, privi di fieni e di biade, di grani e di semi, periranno per fame, e per la fame dell'uomo saranno distrutti senza conceder loro il tempo di procreare. Uccelli del cielo, pesci, mandrie e greggi saranno assaliti da ogni parte per dare ai vostri corpi il cibo che la terra non partorirà più per voi che scarsamente.

Le mortalità create da guerre e pestilenze, da terremoti e nubifragi, precipiteranno nell'aldilà buoni e malvagi. I primi per punizione vostra che, privati dei migliori, sempre più peggiorerete, i secondi per punizione loro che avranno, prima dell'ora prevista, l'inferno per loro dimora.

La vittima preparata dal Signore per purificare l'altare della Terra profanato dai peccati di idolatria, di lussuria, di odio, di superbia, sarete voi, uomini che perirete a mille e a diecimila sotto la falce aguzza dei fulmini divini. Come erba falciata su un prato in aprile, cadrete gli uni sugli altri: i fiori santi mescolati a quelli velenosi, i morbidi steli mescolati ai pungenti rovi.

La mano dei miei angeli sceglierà e separerà i benedetti dai maledetti, portando i primi al Cielo e lasciando i secondi ai tridenti dei demoni per la pastura dell'inferno. Esser re o mendicanti, sapienti o ignoranti, giovani o vecchi, guerrieri o sacerdoti, non costituirà differenza e baluardo contro la morte. Il castigo vi sarà, e tremendo.

L'occhio di Dio sceglierà i destinati sollevando le "Luci" perché non soffrano più della caligine creata dagli uomini sottomessi e congiunti a Satana, levando le "tenebre" generatrici  di  tenebre perché possedute  dal  padre  delle  Tenebre: Satana.


"... l'uno sarà preso e l'altro lasciato..." (Lc. 17, 30-37)

L'occhio di Dio, che penetra nei palazzi, nelle chiese, nelle coscienze ‒ e non c'è sbarrame e ipocrisia che gli impedisca di vedere ‒ scruterà nel cuore della Chiesa: Gerusalemme di ora, scruterà nel cuore delle anime e scriverà il singolo decreto per gli ignavi, gli indifferenti, i tiepidi, i ribelli, i traditori, gli omicidi dello Spirito, i deicidi.

No, non pensate che Dio non vi farà né male né bene per le vostre opere. Io ve lo giuro, lo giuro a Me stesso, lo giuro per la mia Giustizia, lo giuro con triplice giuramento, Io vi farò del bene per il bene che farete e del male per il male da voi compiuto. Se a voi le immondizie della vostra vita da bruti fanno crosta agli occhi dell'anima per impedirle di vedere Dio, a Dio nulla fa velo.

Appesantirò la Mia mano su coloro che di esser nel fango si beano e che nel fango vogliono restare nonostante ogni invito ed ogni mezzo dato loro per uscirne. Diverranno  fango  nel  fango, poiché  del  fango  del  peccato  fanno  il  cibo  preferito dalla  loro  fame  impura.

Il giorno si avvicina, figli che avete rinnegato il Padre. Il tempo della Terra è lungo e breve nello stesso tempo.

Non era forse ieri che godevate di un onesto benessere dato dalla pace e dalle opere pacifiche frutto di pane e lavoro? Non era forse ieri, o voi che vivete in quest'ora tremenda, che fruivate della gioia familiare non smembrata e distrutta, la gioia dei figli intorno al desco del padre, del talamo: lo sposo presso la sposa, il padre curvo sui bimbi come maestro e amico?


Morgan Weistling

Ed ora? Dov'è tutto ciò? Rapido come uccello che vola in lidi lontani, quel tempo è passato. Era ieri... Ora vi volgete e vedete che il numero dei giorni, che l'orrore moltiplica con la sua sanguigna intensità, ve ne separa. Vi rifugiate nel ricordo, ma cumuli di macerie e distese di tombe distruggono la sua dolcezza con la realtà del presente.

Oh! uomini, uomini che insultate Dio con voci di bocca e di cuore credendovi lecito farlo, udite, uomini, la Voce di Dio, straziata e straziante, che già tuona sul mondo poiché non le giova parlarvi attraverso i suoi servi ed amici, e che vi annuncia l'ira Sua, e che vi chiama ancora, perché di punirvi ne soffre.

Prima che la cecità degli spiriti vostri sia totale, venite al Medico e alla Luce. Prima che il sangue sia tanto da diventare lago di morte, venite alla sorgente della Vita. Radunate le vostre misere capacità di amore e volgetele a Dio. L'Amore vi perdonerà per quelle briciole, avanzo delle rapine della carne e di Satana, che voi offrirete a Lui.

A Dio vanno date le primizie e la totalità dei beni. Ma posto che questo non avete saputo fare, o figli che mi siete costati la vita, date al Signore grande, pietoso, potente, quello che ancora vi resta. Nella vostra povertà di spirito, povertà non evangelica ma umana, strappatevi dal cuore l'ultimo pìcciolo, negate alla materia quel resto e datelo a Me.

So che a un mio diletto costa meno il sacrificio della vita, poiché l'Amore lo inebria, di quanto non costi a voi la donazione di un bacio. E per il vostro sforzo, inadeguato all'offerta, vi darò premio altrettanto inadeguato al dono. Ve lo darò, purché veniate.

Chi ben lavorò nell'ultima ora sarà ammesso al Regno come colui che resse l'aratro fino a cadere su di esso, dalla sua aurora alla sua anticipata sera. D'avere dimora diversa in Cielo non vi rammaricherete; là non sono le meschinità delle invidie umane.

Ma conquistate questo Cielo che ho creato per voi e che vi ho aperto con la morte di Croce (cfr. QUI; ndr). Venite al Signore prima che Egli venga su voi con la Sua maestà di Giudice.

Ai Miei diletti dico: restate nella via che avete scelta. Turbini e tempeste non potranno farvi perdere la mèta che Io Sono, il cui Cuore è aperto per ricevervi con il bacio dell'Amore più vivo.




Lasciate che cadano regni e popoli, e divenga cenere e maceria ciò che ora si crede potente e lecito per impartire leggi e dottrine... solo polvere stritolata dalla Volontà e dalla Legge di Dio.

Nel Mio breve regno sul mondo sarò Io che regnerò, Io e i resti del Mio popolo, ossia i fedeli veri, quelli che non hanno rinnegato il Cristo e ricoperto il Suo segno con la tiara di Satana. Cadranno allora le bugiarde deità dello strapotere, i dettami osceni rinneganti Iddio, Signore onnipotente.

La Mia Chiesa, prima che l'ora del mondo cessi, avrà il suo fulgido trionfo. Nulla è diverso nella vita del Corpo Mistico di quanto non fosse nella vita del Cristo. (Cfr. QUI, QUI e QUI; ndr).

Vi sarà l'osanna alla vigilia della Passione, l'osanna quando i popoli, presi dal fascino della Divinità, piegheranno il ginocchio davanti al Signore. Poi verrà la Passione della Mia Chiesa militante, e infine la gloria della Risurrezione eterna in Cielo.

O beatitudine di quel giorno in cui saranno finite per sempre le insidie, le vendette, le lotte di questa Terra, di Satana, della Materia! La Mia Chiesa, nel penultimo giorno, sarà allora composta di veri cristiani. Pochi come all'inizio, ma come allora santi. Finirà in santità come in santità cominciò.

Fuori resteranno i mentitori, i traditori, gli idolatri. Quelli che all'ultimo momento imiteranno Giuda e venderanno la loro anima a Satana nuocendo al Corpo mistico di Cristo. In essi la Bestia avrà i suoi luogotenenti per la sua ultima guerra.

E guai a chi in Gerusalemme, negli ultimi tempi, si renderà colpevole di tale peccato. Guai a coloro che in essa sfrutteranno la loro veste per utile umano. 

Guai a coloro che lasceranno perire i fratelli e trascureranno di fare della Parola che ho loro affidata pane per le anime affamate di Dio. Guai!

Io non farò differenza tra chi rinnegherà apertamente Iddio e chi Lo rinnegherà con le opere. 

E in Verità vi dico, con dolore di Fondatore eccelso, che all'ultima ora i tre quarti della Mia Chiesa Mi rinnegheranno e li dovrò recidere dal tronco come rami morti e corrotti da lebbra immonda.

Ma voi che rimarrete in Me, udite la promessa del Cristo. Attendetemi con fedeltà e amore ed Io verrò a voi con tutti i miei doni. Col dono dei doni: Me stesso. Verrò a redimere e a curare. Verrò ad illuminare le Tenebre, a vincerle e a fugarle.




Verrò ad insegnare agli uomini, ad amare e ad adorare il Dio eterno, l'Altissimo Signore, il Cristo santo, il Padre, il Figlio, lo Spirito di Sapienza. Verrò a portarvi non la pace di questo mondo, eterno distruttore della Pace, ma la Pace del Regno che non muore.

Esultate, o miei servi fedeli. Questo vi dice la bocca che non mente. Voi non avrete più a temere alcun male perché porrò fine al tempo del Male, anticiperò questa fine per pietà dei Miei benedetti.

Esultate soprattutto voi, miei amati di ora. Per voi, ancor più sollecito sarà l'Avvento cristico e il Suo abbraccio di gloria. Per voi già si aprono le porte della Città di Dio e ne esce il Salvatore vostro per venirvi incontro e darvi la Vita vera.

Ancora un poco, e per voi verrò. Come per Lazzaro, l'amico mio, io vi chiamerò uno ad uno: "Vieni fuori!". Fuori da questa vita della Terra che è tomba per lo Spirito incarcerato nella carne. Fuori! Nella Vita e nella libertà del Cielo.

Chiamatemi col vostro amore fedele. Esso sia la vampa che fonde le catene della materia e dà allo Spirito la libertà di venire presto a Me. Emettete la più bella invocazione scritta da uomo: «Vieni, Signore Gesù!»."

Post scriptum

Concludo con un rassicurante video di Red Ronnie che legge uno scritto inviatogli da Giorgio Dibitonto (il contattista di "Angeli in Astronave": ved. QUI, QUIQUI e QUI) ed un bel messaggio di Gesù indirizzato a tutto il "Piccolo Resto", in attesa del Suo Ritorno. 




Relazione, adattamento e cura di: Sebirblu.blogspot.it


mercoledì 1 maggio 2024

L'Uomo spirituale di fronte alle Religioni di massa

 

"L'ipocrisia è il cancro delle religioni.
  Esso le corrode fino ad ucciderle."

Sebirblu, 30 aprile 2024

Sono molte ora le persone, specialmente dopo le restrizioni e gli obblighi governativi imposti all'umanità dal 2020, a sentire la necessità di rivolgersi a Dio per una maggiore e più profonda Conoscenza interiore.

Ma le stesse non sono più disposte a seguire ciecamente ciò che si insegnava loro soltanto qualche decennio addietro e questo per diversi motivi:

‒ il primo fattore, a mio avviso, è l'evoluzione che attraverso la sofferenza dei limiti subiti ha fatto un balzo in avanti, sensibilizzando maggiormente gli animi per un nuovo approccio con il "Trascendente".

‒ il secondo è la constatazione di aver assistito al tradimento delle chiese che, soprattutto in ambito cattolico sono rimaste chiuse, senza portare alcun sollievo ai fedeli e dando così un pessimo esempio di Carità cristiana. (Cfr. QUI).

il terzo è il susseguirsi continuo di scandali di vario genere con cui gran parte del clero si è macchiato e, non ultima, la "scoperta" di molti che sul Trono di Pietro, da undici anni, siede un Falso Papa demolitore non solo della Chiesa fondata dal Cristo, ma anche del Vangelo stesso.

L'elenco delle ragioni che hanno indotto molta gente ad abbandonare le pratiche religiose in tutto il mondo sarebbe ancora lungo da analizzare, ma di sicuro ha spinto numerosi esseri ad avere un rapporto più diretto con Dio, senza intermediari esterni, cercando in sé stessi nelle profondità dello spirito le risposte tanto attese.

È su questo che verte in prevalenza l'articolo, tratto da un volume di Pietro Ubaldi (ved. QUI) il quale affronta magistralmente il problema di quanti, risvegliati nella propria consapevolezza esistenziale, preferiscono appartarsi in solitudine piuttosto che scendere a compromessi con una Chiesa che rasenta troppo la terra per poterli seguire nel loro libero volo...




La Posizione dell'Uomo spiritualmente evoluto di fronte alle Religioni.

«Osserviamo un particolare caso di coscienza, quello del comportamento che deve seguire l'individuo spiritualmente più sensibilizzato della media e per ciò aderente ad una religione di sostanza più che di forma, ma tuttavia nella pratica inquadrato nelle norme imposte alle masse.

Vi sono nella società anche esseri profondamente evoluti, che per questo fanno molta fatica ad incanalarsi nella corrente in cui così bene si trova la maggioranza. È un dato di fatto che spesso la forza del numero è quella che stabilisce ciò che è legge e veridicità.

Quando l'errore è dalla parte dei più non è giudicato tale, ma verità, e quando il Vero sta dal lato della minoranza non passa come autentico ma come errore. Sembra che la verità, quando non è armata di qualche forza per farsi valere imponendosi, perde il suo valore e si riduce ad un'affermazione teorica senza diritto a realizzarsi. (Cfr. QUI; ndr).

Togliete ad una qualsiasi dottrina la potenza che le conferisce il numero di seguaci, ed essa resterà un'idea nuda e sola, che può essere la più bella e perfetta, ma che non è presa in considerazione. Per questo ogni religione si appoggia sul proselitismo.

Che deve fare allora l'individuo in minoranza? Egli può scegliere tra varie vie. Una può essere quella di adattarsi ai gusti della maggioranza. Ma quelli rappresentano per lui una religione di forma, scarsa di sostanza.

Conformarsi e accettare tale mentalità significherebbe per lui rinunciare all'esistenza spirituale vissuta in profondità, cioè mutilarsi nella parte più alta del suo essere. Ciò, per chi è maggiormente progredito nello spirito, è la più penosa e anche dannosa delle esperienze, quella della retrocessione involutiva che lo porta a vivere ad un livello spirituale più basso.

L'individuo più evoluto ha un altro concetto di Dio. Le masse se ne sono fatta una propria rappresentazione per loro uso e consumo, ridotta nelle dimensioni del loro concepibile. L'essere medio concepisce un Dio antropomorfico fatto a sua immagine e somiglianza. Ora, una sua riduzione in così angusti confini è inaccettabile per chi pensa più in profondità.

L'uomo più elevato concepisce Dio come un sapiente Pensiero, funzionante in ogni forma e fenomeno, ovunque sempre Presente, con il Quale bisogna fare i conti in ogni movimento, perché quel Pensiero li regola tutti con una Legge esattamente stabilita e che non si può violare senza doverne poi pagare le conseguenze.

Si tratta di concetti positivi, razionalmente e sperimentalmente controllabili, di cui la scienza si impossesserà per costruire una nuova religione basata sulla logica dei fatti, quindi universale.

Come si osserva, in questo caso il problema religioso è impostato in forma del tutto diversa.  Avviene però che,  invece di aprire le porte a tali concetti più accettabili per la scienza,  si insiste nei vecchi, che sembrano fatti apposta per spingere le menti colte ad una negazione sommaria, finendo nella irreligiosità dell'ateo. A questi risultati possono portare gli antichi metodi.




Quando una religione impone il concetto di un Dio esclusivamente personale e trascendente, l'evoluto progredito, pur desiderando di obbedire, può dire a se stesso:

«Io non posso accettare perché i fatti mi parlano invece dell'immanenza di Dio in tutto l'universo. È vero che Egli in esso è centrale e per questo può essere inteso anche come personale, ma ciò non mi impedisce di vedere che Egli è pure periferico, cioè presente in tutto ciò che esiste.

Così concependolo, io sento questa Sua Presenza e non posso negarla per ammettere invece un Dio immensamente lontano, che si assenta dalla sua Creazione isolandosi nella sua trascendenza.

Se così fosse, tutto morirebbe all'istante. Ed io ho bisogno di questa Presenza per vivere, perché sento che quel separarsi da un Dio relegato così lontano mi uccide. So che in tutto Dio è presente, come Pensiero direttivo, come dinamismo animatore di tutte le forme dell'esistere in cui Egli si esprime.

Cosi anche in me,  così come in ogni altra creatura, Dio è presente.  Io sono cellula del Suo Organismo vivo in tutti gli esseri; devo quindi pensare all'unisono con il Pensiero che di quell'organismo dirige i movimenti, e devo funzionare secondo i principi che lo reggono, cioè secondo la Legge di Dio.

Certo Egli è l'IO centrale dell'organismo del Tutto, ma come avviene nel nostro, l'IO centrale non si isola dai suoi elementi costitutivi, ma esiste anche in ogni cellula, la quale non può vivere che in funzione di Lui, in strettissima unione e comunione con Lui. Dio è la Vita ovunque presente.

Togliete all'essere questo legame ed esso muore. Dio è l'esistere. Un isolamento di Dio nella sola Sua trascendenza distruggerebbe il Creato, perché taglierebbe questo fuori dalla corrente dell'esistere.

Non so se questo è panteismo. Ma so che non posso rinunciare a questa Presenza di Dio, perché è essa che mi fa vivo nell'eternità. Una tale rinuncia troncherebbe il filo della mia vita, quello che mi unisce a Lui, e dal Quale la ricevo.»




Comprendere e vivere tutto questo è fondamentale per l'uomo spirituale, ma poco interessa alle masse. Non si tratta di astrazioni teologiche, ma di una maniera di concepire la vita e di realizzarla differente da quello delle maggioranze, con risultati diversi, a cui chi li conosce non può rinunciare.

Moltissimi risolvono gli elevati problemi spirituali, come quelli della coscienza e conoscenza, in maniera molto facile, cioè ignorandoli o sopprimendoli, occupandosi solo di quelli dello stomaco e del sesso. Ma cosi si ottiene il vantaggio di semplificare la vita e di alleggerire la fatica della lotta, ridotta alle conquiste più elementari.

Tutto ciò si spiega. È vero che è potente la spinta dell'evoluzione che porta al «S» (Sistema divino), essendo la redenzione Legge fondamentale e Ragione dell'esistenza. Ma è vero pure che a tutto ciò resiste una pur opposta potente spinta d'involuzione che tende all'«AS» (Anti-sistema satanico).

Questo conduce, invece che allo sforzo per ascendere, a scivolare sempre più in basso. È la negatività che vuole la perdizione, che si oppone alla positività salvatrice. Ecco cosa significa la retrocessione involutiva a cui si ridurrebbe l'uomo spirituale se si adattasse al livello delle masse che vorrebbero trattenerlo nel loro piano.

La posizione di queste ultime è completamente diversa. Esse non posseggono, non saprebbero usare l'autonomia spirituale se la possedessero, quindi non la desiderano. Bisogna pur capire tale forma mentale. Le pecorelle, per vivere, hanno bisogno del gregge, e di un pastore che le guidi. Lasciate sole all'aperto, in libertà, non sanno dove dirigersi e si perdono.

L'autonomia che per l'evoluto spiritualizzato ha un valore inestimabile, per i "fedeli" non è un vantaggio, ma un pericolo e un danno. [...] (Nel frattempo, però, è così che si forma lo spirito di gruppo, che sotto il pastore resta unito il gregge, e più questo è grande tanto più è potente; ndr). E per la sua estensione in crescita si va realizzando per gradi il progresso di collettivizzazione. [...]

(Per gradi appunto, perché al livello attuale di evoluzione delle masse, abituate ad obbedire ciecamente, o a ritirarsi del tutto dal contesto religioso che impone l'ordine con proprie regole di disciplina, non si può andare oltre; ndr).

Un  più  progredito tipo  di unificazione sociale,  quella  per cui è maturo l'evoluto e che egli potrebbe realizzare se trovasse un ambiente umano simile al suo, risulta invece essere composta da tanti individui autonomi, spontaneamente affratellati, in cosciente collaborazione per il comune vantaggio. Ma le organizzazioni umane di qualunque genere non hanno ancora raggiunto un tale piano evolutivo.

(A meno che non si tratti di piccoli gruppi strettamente connessi l'un con l'altro al Principio Cristico sostanziale; ndr).




È secondo le leggi della vita che per poter dirigere bisogna possederne le qualità, e che chiunque non le abbia debba invece obbedire. Libertà e comando significano responsabilità. Inettitudine e pigrizia portano ad uno stato di soggezione.

Tutti vorrebbero eliminare il rovescio della medaglia e farsi servire gratis. Ma anche il servizio che compie chi dirige bisogna pagarlo con l'obbedienza. Bisogna altrimenti imparare ad auto-dirigersi.

Se fino ad ieri le masse sono rimaste sottoposte, ciò è stato perché per immaturità ed inerzia hanno preferito la via della pazienza, per esse meno faticosa e rischiosa.

Un'altra via può scegliere l'individuo più evoluto che si trova in minoranza; non quella ora vista di un vero adeguarsi, ma quella di un finto accondiscendere, solo mimetizzandosi all'esterno nelle forme, ovvero la via dell'ipocrisia.

La vita suole usare la menzogna, quando non vi è altro mezzo, come conciliativo tra opposti. È un accordo solo apparente, che si limita a nascondere il dissenso che resta, non più sincero e visibile ma contorto tanto da sembrare consenso.

Tutto ciò si giustifica in quanto è un tentativo, un anticipo di quello vero, a cui per evoluzione si dovrà poi arrivare. Tuttavia anche questo è un modo per raggiungere una convivenza pacifica, il che è preferibile ad uno stato di guerra. [...]

Certo che mentire non è onesto ed è necessaria molta insensibilità morale per potervisi adattare. Ma quando l'intesa non si può raggiungere nella sua vera posizione diritta, la vita si conforma a raggiungerla in maniera rovesciata che, seppur si presenti come pseudo accordo, è per lo meno un tacito compromesso che, bene o male, già un po' avvicina le due parti contrarie e permette una prima istanza di pacifica convivenza tra opposti.

Ecco qual è la funzione biologica della menzogna. Così si spiega come l'esistenza, onestamente utilitaria, vi ricorre seguendo la logica del suo principio col minimo mezzo.

È in questa foggia che l'individuo può allinearsi ad assumere la forma mentale religiosa imposta dalla maggioranza quando è ancora involuto, e con ciò provvisto di quella insensibilità che permette dei cedimenti morali. Ma non vi si abituerà per nulla un essere avente una ben più alta sensibilità, in quanto il metodo dell'ipocrisia resta per lui impraticabile.

È così che un tale "escamotage" (ossia di pseudo accondiscendenza; ndr) risulta valido soprattutto per i meno evoluti, essendo loro utile per nascondere la forma mentale che li porta invece all'utilizzo della religione per interessi materiali, quali l'ottenere rispetto, autorità, posizione sociale e il benessere che tutto ciò porta con sé.




Se né l'adeguamento sincero né quello ipocrita sono accettabili per l'individuo più progredito che si trova in minoranza, vi è tuttavia per lui un terzo modo con cui risolvere il suo caso: l'isolamento.

Anche se questo a tanti può apparire come indifferenza religiosa, assenza spirituale, miscredenza o ateismo, ed essere per essi causa di scandalo, tale metodo, per quanto appaia condannabile in faccia al mondo, è migliore degli altri di fronte a Dio, in quanto evita la retrocessione evolutiva a cui porta il primo criterio, e il cedimento morale implicito nel secondo.

Ottimo è lo spirito di conciliazione che lubrifica gli attriti e attutisce l'urto, ma non a questo prezzo. Ridurre una religione ad una forma di ipocrisia è beffarsi di Dio, ed è necessario un alto grado di insensibilità morale per potersi ridurre a tanto. È meglio un ateismo sincero e convinto che una falsa religiosità.

Come si vede, nei due casi, il modo di concepire la vita è completamente diverso. Ciò porta ad un'etica e ad un comportamento del tutto differenti. Le religioni ufficiali sono il risultato di un lungo processo di adattamento dell'idea madre che le ha generate, agli istinti, gusti e bisogni umani, operatosi nel subcosciente delle masse.

L'uomo spiritualmente evoluto rimane fedele al concetto iniziale e respinge i compromessi. Da qui il dissenso. Ora, l'aderenza all'idea primaria non è utopia, perché costui non la riceve ciecamente da un profeta fondatore di religione, ma la controlla e l'accetta perché gli viene confermata dall'osservazione del funzionamento direttivo (e intelligente; ndr) di tutto ciò che esiste, cioè da un fatto sperimentale positivo e universale.

L'essere umano non ha coscienza della presenza di tale Pensiero (divino), non ha idea del suo Potere assoluto e, resistendogli col porsi in contraddizione con esso, non concepisce quali cataclismi si attira addosso.

Nella sua ingenuità crede  che persino la Legge di Dio  possa essere ingannata e che da essa si possa  evadere con astuzie. Essa invece impone un equilibrio inviolabile secondo una giustizia calcolabile con esattezza matematica. Ne segue una morale ferrea e realmente funzionante, al posto di quella del mondo, elastica e comoda ma ingannevole.

Chi segue la prima sa che ogni abuso produce una proporzionata privazione, sa che per raccogliere bisogna aver seminato, che per ricevere bisogna aver dato. Chi ha rubato deve restituire tutto, più gli interessi e il risarcimento dei danni. Fino a che ciò non sarà fatto e non si sarà cambiato modo di agire, quel rubare produrrà miseria.




Per la stessa Legge ogni generosità, invece, produce abbondanza. (Ved. QUI, come funziona la Provvidenza divina; ndr). Il fatto è che si ignora questa presenza attiva della Legge che si frappone tra l'azione dell'essere e i risultati da esso cercati. [...]

(E vi si frappone perché tende al raddrizzamento di quest'ultimo, per riportarlo nel "Sistema" voluto da Dio; ndr). 

Ma l'uomo non comprende che non raggiungendo i suoi fini, proprio quel dolore e quella penitenza lo salvano, poiché è per questa via che sta il segreto della Salvezza universale. [...]

Si spiega così, come la ricerca della felicità, fatta con i metodi del mondo, finisca sempre nella sofferenza, ossia nel punto critico correttivo dell'errore, piuttosto che in quello della vittoria del Male.

Tutto si risolve, allora, quando si comprende questo intreccio di forze opposte, apocalittico scontro tra il Bene ed il Male, diretto a concludersi fatalmente col trionfo del primo. [...]

In tal modo abbiamo scoperto con quali mezzi di difesa la Legge fornisce i giusti che sembrano inermi nel mondo. Essa non li abbandona. Ciò è possibile perché il «S» è sempre presente anche nell'«AS» e al Pensiero di Dio nulla sfugge.

Perciò, l'uomo che vive secondo la Legge, e con ciò si pone nel campo di azione diretta del «S», risulta più potente di colui che vive contro di essa, nella posizione inversa e negativa dell'«AS».

Di questo meccanismo la Scienza ancora non sa nulla, continua il tentativo di rovesciamento del «S» in «AS». (Ved. QUI; ndr). Tentativo folle perché serve solo per eccitare nella Legge reazioni che poi si pagano col proprio dolore.

Eppure, con retta condotta, lanciando queste forze nella direzione giusta, si potrebbe raccogliere bene invece che male e costruirsi dei destini di pace e di gioia, al posto di ansie e sofferenze.

L'uomo, che lo voglia o no, vive dentro la Legge come un pesce dentro il mare. Per quanto voglia ribellarsi non può esistere che immerso dentro di essa, proprio come avviene, analogamente, per l'atmosfera terrestre.

Nella nostra esistenza vediamo che quando facciamo cattivo uso di una cosa buona, cercando di realizzare il suo capovolgimento, vediamo che essa diventa cattiva per avvelenarci.

Di fronte all'abuso non vi è allora altro rimedio che il giusto pagamento raddrizzante l'inversione, riportandoci nell'ordine, in accordo con la Legge. Così chi si vuol liberare dalle conseguenze del malfatto, non ha altro mezzo che quello di fare altrettanto bene.

La compensazione tra le due spinte, positiva e negativa, deve essere esatta. Per ritornare nello stesso punto da cui si è discesi, bisogna rifare in salita tutto il tratto percorso all'ingiù: pregare e invocare sarà utile, ma solo come mezzo accessorio.

Il problema non sarà risolto fino a che tutto il lavoro di risalita e relativo pagamento non sarà stato compiuto.»

Ed io aggiungo, concludendo, che in questo consiste l'eterna e giusta Legge di Dio.

Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it

Estratto dal libro di Pietro Ubaldi: "La Tecnica funzionale della Legge di Dio" - cap. 2

domenica 28 aprile 2024

Quando Benedetto XVI parlò di S. Ildegarda di Bingen




Sebirblu, 26 aprile 2024

Prima di esporre due dotte quanto indimenticabili catechesi tenute da Benedetto XVI nel settembre 2010 su Santa Ildegarda di Bingen, in occasione delle udienze generali del mercoledì, riporto come prefazione qualche dettaglio in più su quest'Anima straordinaria dai carismi eccezionali.

«I "Dottori della Chiesa" sono coloro che, in virtù della propria santità e sapienza, hanno saputo rendere grande la Sacra Istituzione. Nella sua storia più che millenaria, con tale titolo vi sono solo quattro donne.

Sono Santa Teresa d'Avila e Santa Caterina da Siena, canonizzate da Papa Paolo VI nel 1970; Santa Teresa di Lisieux elevata agli altari da San Giovanni Paolo II nel 1997. L'ultima è Santa Ildegarda di Bingen, proclamata degna di dulìa (ossia di venerazione dovuta ai santi) da papa Ratzinger nel 2012.

L'insegnamento della santa monaca benedettina venne giudicato straordinariamente attuale nel mondo contemporaneo dall'allora Papa regnante.

Ella, infatti, scrisse numerose opere mediche e scientifiche diventando per questo Patrona degli erboristi. Nei suoi trattati si occupò anche di alimentazione e del tipo di vita sana da condurre.

Il pensiero di Ildegarda è incentrato sul concetto di viriditas, la parola latina che indica il colore verde, l'energia verdeggiante della vita.

Per lei le piante verdi, germogliando, rappresentano l'equilibrio della salute fisica e spirituale, capaci di guarire gli esseri umani. La viriditas è vita, energia e armonia dell'universo, una visione ecologista ante litteram.

Nel solco della filosofia greca, Ildegarda riteneva che ogni cosa fosse formata dai quattro elementi – aria, acqua, terra, fuoco – e che sopra di essi vi stesse l'anima. Per curare un malato, occorreva considerare ogni aspetto dell'individuo, a partire dalla sua relazione con la natura.

Nel suo testo Physica, espone, affronta e cataloga qualità ed usi terapeutici come farmacologici delle piante. In Herbora sempliciorum elenca e illustra le erbe coltivate nei monasteri, dalle quali vengono tratti i rimedi.

Nell'opera Causa et Curæ la Santa spiega come si originano le malattie e il potere medicamentoso degli erbaggi. Superando i trattati di erboristeria medioevali, Ildegarda personalizza l'effetto che la sostanza produce sull'uomo, distinguendo l'efficacia del rimedio in base al paziente.

Partendo da una visione mistica della vita e del creato, la medicina di Ildegarda aveva comunque raggiunto una solida base scientifica. Alcune sue preparazioni, infatti, sono ancora attuali.» (Fonte QUI).




Bisogna dire, inoltre, che la benedettina Ildegarda di Bingen è una delle personalità più eclettiche di tutta la storia monastica, perché fu mistica, veggente, scrittrice, musicista, drammaturga, linguista, filosofa, poetessa, consigliera politica, profetessa, naturalista, farmacista, guaritrice: sono molteplici i termini per definire questa santa donna dalla mente poliedrica, multiforme e originalissima.

Ed ecco quello che disse ai fedeli Benedetto XVI sulla sua celebre e dotta conterranea il 1° settembre 2010, durante l'udienza generale a Castel Gandolfo:

«Nel 1998, in occasione dell'Anno Mariano, il Venerabile Giovanni Paolo II scrisse una Lettera Apostolica intitolata Mulieris dignitatem, trattando del ruolo prezioso che le donne svolgono nella vita della Chiesa.

"La Chiesa – vi si legge – ringrazia per tutte le manifestazioni del genio femminile apparse nel corso della storia, in mezzo alle genti e a tutte le nazioni; ringrazia per gli estesi carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del popolo di Dio, per le vittorie che essa deve alla loro Fede, Speranza e Carità; ringrazia per tutti i frutti di santità femminile".

Anche in quei tempi della storia che noi abitualmente chiamiamo Medioevo, diverse figure femminili spiccano per la santità della vita e la ricchezza dell'insegnamento. Oggi vorrei iniziare a presentarvi una di esse: santa Idelgarda di Bingen, vissuta in Germania nel XII secolo.

Nacque nel 1098, in Renania, probabilmente a Bermerscheim, nei pressi di Alzey, e morì nel 1179 all'età di ottantuno anni nonostante la permanente fragilità della sua salute. Idelgarda apparteneva a una famiglia nobile e numerosa e, fin dalla nascita, venne votata dai suoi genitori al servizio di Dio.

A otto anni fu offerta per lo stato religioso, secondo la Regola di San Benedetto, e per ricevere un'adeguata formazione umana e cristiana fu affidata alle cure della vedova consacrata Uda di Gollhreim e poi di Giuditta di Spanheim, che si era ritirata in clausura presso il monastero benedettino di San Disibodo.

Si andò formando un piccolo monastero femminile di clausura, che seguiva la Regola di San Benedetto. Ildegarda ricevette il velo dal vescovo di Bamberga e, nel 1136, alla morte di madre Giuditta, divenuta magistra (Priora) della comunità, le consorelle la chiamarono a succederle. 




Svolse questo compito mettendo a frutto le sue doti di donna colta, spiritualmente elevata e capace di affrontare con competenza gli aspetti organizzativi della vita claustrale. Qualche anno dopo, anche a motivo del numero crescente di giovani donne che bussavano alle porte del monastero, Ildelgarda si separò dal dominante monastero maschile di San Disibodo con la comunità a Bingen, intitolata a san Ruperto, dove trascorse il resto della vita.

Lo stile con cui esercitava il ministero dell'autorità è esemplare per ogni comunità religiosa: esso suscitava una santa emulazione nella pratica del bene, tanto che, come risulta da testimonianze del tempo, la madre e le figlie gareggiavano nello stimarsi e nel servirsi a vicenda.

Già negli anni in cui era magistra del monastero di san Disibodo, Idelgarda aveva cominciato a dettare le visioni mistiche, che riceveva da tempo, al suo consigliere spirituale, il monaco Volmar, e alla sua segretaria, una consorella a cui era molto affezionata, Richardis di Strade.

Come sempre accade nella vita dei veri mistici, anche Ildelgarda volle sottomettersi all'autorità di persone sapienti per discernere l'origine delle sue visioni, temendo che fossero frutto di illusioni e che non venissero da Dio. Si rivolse perciò alla persona che ai suoi tempi godeva della massima stima nella Chiesa: san Bernardo di Chiaravalle.

Questi tranquillizzò e incoraggiò Ildelgarda. Ma nel 1147 ella ricevette un'altra approvazione importantissima. Il Papa Eugenio III, che presiedeva un sinodo a Treviri, lesse un testo dettato da Ildelgarda, presentatogli dall'Arcivescovo Enrico di Magonza. Il Papa autorizzò la mistica a scrivere le sue visioni e a parlare in pubblico.

Da quel momento il prestigio spirituale di Ildegarda crebbe sempre di più, tanto che i contemporanei le attribuirono il titolo di "profetessa teutonica". È questo, cari amici, il sigillo di un'esperienza autentica dello Spirito Santo, sorgente di ogni carisma: la persona depositaria di doni soprannaturali non se ne vanta mai, non li ostenta e, soprattutto, mostra totale obbedienza all’autorità ecclesiale.

Ogni dono distribuito dallo Spirito Santo è destinato all'edificazione della Chiesa e la Chiesa, attraverso i suoi Pastori, ne riconosce l'autenticità.

Parlerò ancora una volta il prossimo mercoledì su questa grande donna "profetessa", che parla con grande attualità anche oggi a noi, con la sua coraggiosa capacità di discernere i segni dei tempi, con il suo amore per il creato, la sua medicina, la sua poesia, la sua musica, che ora viene ricostruita, il suo amore per Cristo e per la Sua Chiesa, sofferente anche in quel tempo, ferita come oggi dai peccati dei preti e dei laici, e tanto più amata come corpo di Cristo. Così santa Ildegarda parla a noi. Grazie per la vostra attenzione».




Come promesso il Papa, rientrato a Roma, continuò a parlare dell'abadessa tedesca pure nella catechesi del mercoledì 8 settembre, ed ai pellegrini radunati nell'aula Paolo VI dichiarò:

«Oggi vorrei riprendere e continuare la riflessione su santa Ildegarda di Bingen, importante figura femminile del medioevo, che si distinse per saggezza spirituale e santità dell'esistenza. Le visioni mistiche somigliano a quelle dei profeti dell'Antico Testamento: esprimendosi con le categorie culturali e religiose del suo tempo, interpretava nella luce di Dio le Sacre Scritture applicandole alle varie circostanze della vita.

In tal modo, tutti coloro che l'ascoltavano si sentivano esortati a praticare uno stile di condotta cristiana coerente e impegnato. In una lettera a San Bernardo, la mistica renana confessa:

"La visione avvince tutto il mio essere: non vedo con gli occhi del corpo, ma mi appare nello spirito dei misteri... Conosco il significato profondo di ciò che è esposto nel Salterio, nei Vangeli e in altri libri, che mi sono mostrati nella visione. Questa brucia come una fiamma nel mio petto e nella mia anima, e mi insegna a comprendere profondamente il testo". (Epistolarium pars prima I-XC: CCCM 91).

Le sue visioni mistiche sono ricche di contenuti teologici. Fanno riferimento agli avvenimenti principali della storia della salvezza, e adoperano un linguaggio principalmente poetico e simbolico. 

Per esempio, nella sua opera più nota, intitolata "Scivias", cioè "Conosci le vie", ella riassume in trentacinque visioni gli eventi della storia della salvezza, dalla creazione del mondo alla fine dei tempi.

Con i tratti caratteristici della sensibilità femminile, proprio nella sezione centrale della sua opera, sviluppa il tema del matrimonio mistico tra Dio e l'umanità realizzato nell'Incarnazione.  Sull'albero della Croce si compiono le nozze del Figlio di Dio  con la Chiesa, sua sposa, ricolma di grazie e resa capace di donare a Dio nuovi figli, nell'amore dello Spirito Santo (Visio tertia: PL 197, 453c).

Già da questi brevi cenni vediamo come la teologia possa ricevere un contributo speciale dalle donne, perché esse sono capaci di parlare di Dio e dei misteri della fede con la loro peculiare intelligenza e sensibilità.

Incoraggio perciò tutte coloro che svolgono questo servizio a compierlo con profondo spirito ecclesiale, alimentando la propria riflessione con la preghiera e guardando alla grande ricchezza, ancora in parte inesplorata, della tradizione mistica medioevale, soprattutto a quella rappresentata da modelli luminosi, come appunto Ildelgarda di Bingen.

Ildegarda raffigurata su una vetrata dell'abbazia di Eibingen, a Hesse.

La mistica renana è autrice anche di molti altri scritti, due dei quali particolarmente importanti perché riportano, come lo Scivias, le sue visioni mistiche: sono il Liber vitae meritorum (Libro dei meriti della vita) e il Liber divinorum operum (Libro delle opere divine), denominato anche De operatione Dei. 

Nel primo viene descritta un'unica e poderosa visione di Dio che vivifica il cosmo con la sua forza e con la sua luce. Ella sottolinea la profonda relazione tra l'uomo e Dio e ci ricorda che tutta la Creazione, di cui l'uomo è il vertice, riceve vita dalla Trinità.

Lo scritto è incentrato sulla relazione tra le virtù e i vizi, per cui l'essere umano deve affrontare quotidianamente la sfida di questi, che lo allontanano nel cammino verso Dio, e le virtù, che lo favoriscono. L'invito è di abbandonare il male per glorificare Dio e per entrare, dopo un'esistenza virtuosa, nella vita "tutta di gioia".

Nella seconda opera, considerata da molti il suo capolavoro, descrive ancora la Creazione nel suo rapporto con Dio e la centralità di sapore biblico – patristico.

La Santa, che presenta cinque visioni ispirate dal Prologo (ved. QUI; ndr) del Vangelo di san Giovanni, riporta le parole che il Figlio rivolge al Padre:

"Tutta l'opera che Tu hai voluto e che Mi hai affidato, Io l'ho portata a buon fine, ed ecco che Io sono in Te, e Tu in Me, e che Noi siamo una cosa sola" (Pars III, Visio X: PL 197, 1025°).

In altri scritti manifesta la versatilità di interessi e la vivacità culturale dei monasteri femminili del medioevo, contrariamente ai pregiudizi che ancora gravano su quei tempi. Essa si occupò di medicina e di scienze naturali, come pure di musica, essendo dotata di talento artistico.

Compose anche inni, antifone e canti, raccolti sotto il titolo Symphonia Harmoniae Caelestium Revelationum (Sinfonia dell'armonia delle rivelazioni celesti), che venivano gioiosamente eseguiti nei suoi monasteri, diffondendo un'atmosfera di serenità, e che sono giunti anche a noi. Per lei, la Creazione intera è una Sinfonia dello Spirito Santo, che è in se stesso gioia e giubilo.

La popolarità di cui era circondata spingeva molte persone a interpellarla. Per questo motivo disponiamo di molte sue lettere. A lei si rivolgevano comunità monastiche maschili e femminili, vescovi e abati. Molte risposte restano valide anche per noi.



Per esempio, ad una comunità religiosa femminile scriveva così:

"La vita spirituale deve essere curata con molta dedizione. All'inizio la fatica è amara, poiché esige la rinuncia all'estrosità, al piacere della carne e ad altre cose simili. Ma se si lascia affascinare dalla santità, un'anima elevata troverà dolce e amorevole lo stesso disprezzo del mondo. Bisogna solo intelligentemente fare attenzione che non avvizzisca" (E. Gronau, Hildegard, Vita di una donna profetica alle origini dell'età moderna, Milano 1996, p. 402).

E quando l'Imperatore Federico Barbarossa causò uno scisma ecclesiale opponendo ben tre antipapi al Papa legittimo Alessandro III, Ildegarda, ispirata dalle sue visioni, non esitò a ricordargli che anch'egli era soggetto al giudizio di Dio.

Con l'audacia che caratterizza ogni profeta, ella scrisse dunque all'Imperatore queste parole da parte di Dio: 

"Guai , guai a questa malvagia condotta degli empi che mi disprezzano! Presta ascolto, o re, se vuoi vivere! Altrimenti la mia spada ti trafiggerà!" (ibid. p. 412).

Con l'autorità spirituale di cui era dotata, negli ultimi anni della sua vita si mise in viaggio, nonostante l'età avanzata e le condizioni disagevoli degli spostamenti, per parlare di Dio alla gente. Tutti l'ascoltavano volentieri, anche quando adoperava un tono severo. La consideravano una messaggera mandata dall'Altissimo.

Richiamava soprattutto le comunità monastiche e il clero a una vita conforme alla loro vocazione. In modo particolare, contrastò il movimento dei catari tedeschi (che alla lettera significa "puri"), i quali propugnavano una riforma radicale della Chiesa, soprattutto per combattere gli abusi del clero.

Ella li rimproverò aspramente di voler sovvertire la natura stessa della Chiesa, ricordando loro che un vero rinnovamento della comunità ecclesiale non si ottiene tanto con il cambiamento delle strutture, quanto con un sincero spirito di penitenza e un cammino operoso di conversione. Questo è un messaggio che non dovremmo mai dimenticare.

Invochiamo sempre lo Spirito Santo, affinché susciti nella Chiesa donne sante e coraggiose, come santa Ildegarda di Bingen, che, valorizzando i doni ricevuti da Dio, diano il loro prezioso e singolare contributo per la crescita spirituale delle nostre comunità e della Chiesa nel nostro tempo.»



Concludendo...

Parole alte e chiare che diventano grave monito per tutte le speculazioni con cui la Falsa Chiesa cerca di organizzare oggi il... "Sinodo 2024: grandi manovre in favore dell'ordinazione delle donne"; ved. QUI.

Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it