Chissà quanti di noi, immersi nelle
proprie riflessioni in questo speciale tempo di risveglio animico,
si sono trovati a considerare che genere di Fede fosse quella
manifestata da innumerevoli martiri, specialmente agli albori del
Cristianesimo.
Quale Forza misteriosa può mai indurre
una creatura umana a sfidare l'istinto di conservazione che la
premunisce dai pericoli, ma soprattutto dalla morte? Allora, non
c'era la Chiesa costituita ma soltanto un'idea, il tramando verbale
degli eventi prodigiosi accaduti in Palestina...
Eppure, dagli anfiteatri romani, con la
presenza delle belve ed ogni sorta di crudeltà, ai tempi
dell'inquisizione, con roghi e torture (supportati dall'assenso dei
Pontefici), fino ad ora sotto varie forme di persecuzione, i martiri sono ormai milioni
a causa delle loro convinzioni profonde.
Non penso che una semplice religione
tradizionale con i suoi riti e i suoi dogmi possa da sola, imperniata
semplicemente sul "credere", produrre simili atti eroici.
Ritengo invece che questo coraggio di
affrontare le peggiori prove lo dia soltanto la conquista profonda
della consapevolezza interiore, la Conoscenza della nostra Origine
divina ed immortale e la raggiunta noncuranza verso le cose del
mondo.
È proprio questa Fede certa e matura, sperimentata su di sé, fondata sul "sapere" piuttosto che sul "credere alla cieca" in conseguenza di ciò che è stato detto, scritto o insegnato, che porta alla protezione speciale del Cielo nei momenti più tragici di tale persecuzione.
Dalle rivelazioni ultrafàniche
pervenuteci e raccolte in gran parte nel libro che vivamente ho consigliato QUI e QUI, abbiamo la testimonianza di molteplici individualità
che hanno subìto il martirio e che hanno dichiarato "post
mortem" di non aver sentito alcun dolore fisico.
Piuttosto, riferiscono tutte di aver
avuto una così sublime esperienza estatica da "essere rapite"
fuori dal veicolo fisico prima ancora della loro tragica morte.
Pubblico perciò quello che è accaduto
ad alcuni martirizzati, passati alla storia, quando al loro tempo si
chiamavano: "Stefano, lapidato, seguace di Giovanni Battista;
Lorenzo, messo ad "arrostire"; Giovanna d'Arco, arsa viva,
citata da Caterina da Siena che ne testifica la fine drammatica ma
indolore.
Infine, Giordano Bruno, al quale ho
dedicato un più ampio spazio riportando il dialogo avvenuto tra lui
e Sagredo, un suo discepolo, prima di essere condotto al patibolo.
Le "Fiaccole" di Nerone di Henryk Siemiradzki 1843 - 1902 |
Ecco alcuni estratti dal libro "LA VITA" - da scaricare:
(Trespioli) "Anche se, o Martiri,
avevate le ossa frantumate dalle zanne delle tigri, sul vostro volto
aleggiava il paradisiaco sorriso di chi sente e vede il gaudio della
Gloria..." E la Voce che rispose, pareva quella del
Protomartire:
(Santo Stefano) "Un martirio
soffersi: quello della brutalità dei miei fratelli. Soltanto questo
dolore poteva dare contrazioni spasmodiche al mio cuore e al mio
volto.
Ma la gioia, che teneva l'Anima mia in
estasi allo spettacolo della beatitudine delle Celesti Sfere, faceva
sì che lo Spirito si librasse oltre la vita prima della sua
dipartita dal corpo fisico.
E tutti coloro che ebbero la Gloria del
martirio per il trionfo della dottrina di Gesù fecero morte
straziante in apparenza, ma nella realtà soavissima: sublime
smaterializzazione che Dio concedeva a riprova della Sua Possanza."
(Trespioli) "Stefano confermava
quella che è la speranza dei credenti: dolce e non angoscioso è il
trapasso quando splende la Grazia."
Mentre a San Lorenzo (breve sunto mio), al quale fu profetizzato da papa Sisto II che di lì a tre giorni sarebbe trapassato e quindi avrebbe avuto il tempo di mettere in salvo le ricchezze dei fedeli a lui affidate per i poveri, avvenne che, dopo aver ubbidito, fosse arrestato, flagellato, scorticato e arrostito vivo.
Ma quando, sulla graticola, il suo
corpo martoriato stava carbonizzandosi egli disse al boia: "Voltami
dall'altra parte ché da questa son già cotto!" E questo,
ovviamente, sta a significare l'assoluta assenza di dolore durante il
supplizio.
Il Martirio di San Lorenzo di Tiziano Vecellio - Pieve di Cadore 1485 - Venezia 1576 |
(Santa Caterina da Siena) "Giovanna d'Arco ricevette, al pari di me, ordini diretti. Io non ero destinata al rogo; dovevo percorrere la vita terrena fra un generale consenso di simpatia; Giovanna al contrario ebbe il martirio, ma non lo soffrì; le fiamme, consumandone il corpo, fecero sentire unicamente l'effetto di una serena fuga dalla materia."
(Trespioli) "Era un'altra
conferma: e rividi lo spasimo di mille e mille arsi dalle fiamme,
sanguinanti sotto la mannaia, fatti a brani dalle belve: non era
strazio, era «una serena fuga dalla materia», mentre le Anime belle
ascendevano nella gioia della Luce."
(Ed ecco presentarsi l'Essenza di colui
che rivestì la personalità del grande filosofo nolano di cui più
avanti troverete la breve biografia e il suo ultimo dialogo, come
promessovi).
Giordano Bruno 1548 - 1600 |
(Trespioli) "Ben prevedendo che
io, malgrado l'esperienza che mi son fatto, potessi dubitare
dell'identità personale del mio interlocutore, Giordano Bruno volle
rivelare la sua figura umana toccando argomenti nel tempo da lui
discussi."
(Giordano Bruno) "Non aver dubbi:
sono colui che si chiamava Giordano Bruno, colui che lanciava inni
alla libertà e per cui ogni libertà gli fu negata dagli uomini...
Libertà! Alato sogno delle Anime tutte che, seguendo il
perfezionarsi, sentono dolore per coloro che sono misconosciuti.
Libertà, dono di Dio, che guidò tanti
martiri, da Catone, costretto al suicidio, a me, che fui vittima
degli ipocriti, alla tragica fine.
Ma i martiri della libertà lasciano
tracce luminose, incancellabili. Io lo so: il mio nome suona
obbrobrio per tutti quelli che stanno curvi dinnanzi all'oscura
potestà della cupidigia del potere. Ma io vedo la turpe banda
impotente anche se sogghignante o furente..."
(Trespioli) "Non ho riprodotto
l'invettiva integralmente per ovvie ragioni, ma poteva ben essere del
focoso agitatore di coscienze... e per dare nuova attestazione
continuò..."
(Giordano Bruno) "Ebbi da tempo il
presentimento della mia drammatica morte. Spesso mi venne in visione
il conforto dell'immagine di Giovanna d'Arco e la sua voce mi diceva:
«Cammina!»
Quando la ribellione o il rigetto mi
infiammavano contro gli oppositori al mio ideale o riportavo
snervanti delusioni, ancora l'eco risuonava: «Cammina! Cammina!...»
Iddio confortò i miei ultimi momenti, sul rogo innocuo ai sensi, con
un tocco di pietà verso i miei nemici."
Santa Giovanna D'Arco di Jules Eugène Lenepveu 1819-1898 |
(Trespioli) "Tu sai che Vanini, prima di essere arso, ebbe mozza la lingua come bestemmiatore: l'accusa era che egli aveva sostenuto l'eternità dell'Universo, contraddicendo implicitamente il dogma della Creazione."
(Giordano Bruno) "Ed è eterna
come Dio infatti, anche se l'Universo è emanazione di Dio. Ogni cosa
che esiste si modifica e non si distrugge: così la Vita è eterna."
(Trespioli) "Perdona se insisto:
come concepire il Creato eterno? Ciò che è creato ha un principio,
appunto perché creato; ciò che ha principio non può essere «ab
æterno»."
(Giordano Bruno) "In nome di quel
Dio che creò l'Universo e ne regola i moti e lo regge con le Sue
Leggi, io vedo, so, asserisco che Iddio non ebbe principio mai, che
la Vita non è concepibile abbia un inizio, poiché il Tutto fa parte
dell'Essenza divina.
In Dio tutto è eterno;
l'estrinsecazione formale è emanazione, è esteriorizzazione, è
creazione di ciò che è eterno e, sotto tale aspetto il Creato ha
principio ma nel contempo è eterno. Amico, il Mistero ti si farà
lucente dopo la morte. Vanini non ha bestemmiato."
(Trespioli) "Per primo forse, o
Bruno, spalancando gli spazi popolati di astri, hai rivelato che
l'Infinito ha il suo centro ovunque e in nessun luogo la periferia."
(Giordano Bruno) "Fratello, non
fui il primo e nemmeno il solo ad affermare quella ed altre verità:
che sin dal principio della Creazione vi fu un punto di partenza,
Dio, ed un solo punto di arrivo, Dio.
Sostituisci al monosillabo immenso il
più comprensibile termine "Vita" e constaterai facilmente
che non è una frase ad effetto. Così pure non era una metàfora la
figurazione geometrica di cui mi sono servito nel tempo, anch'essa
per una maggiore comprensione.
"Io dirò la verità" - intervista a Giordano Bruno - libro di Guido del Giudice |
Con altre Anime anche la mia seguiva l'armonia del Creato. Lo Spirito, tu sai, è radiazione di Dio e, come tale, simile a tutte le altre Essenze: ecco perché necessita la Fratellanza; nessuno che ti legga potrà ripetere che tale concetto sia un sogno assurdo del mistico, bensì una sublime realtà dimenticata da coloro che si sono lasciati sopraffare dalla materialità della vita."
Breve cenno biografico
Giordano Bruno nacque a Nola presso
Napoli nel 1548. Entrato nell'Ordine domenicano fu costretto ad
uscirne nel 1576 perché imputato di eresia. Dopo aver peregrinato in
Italia, andò a Ginevra dove fu accolto nella Chiesa Calvinista e
frequentò l'Università.
Ma anche qui manifestò il suo spirito
ribelle e fu costretto a fuggirsene. A Parigi nel 1582 elaborò i
suoi primi scritti; e di lì passò a Londra al seguito
dell'Ambasciatore di Francia. Qui compose la maggior parte dei
dialoghi italiani.
Dall'Inghilterra passò in Germania ove
concepì i suoi poemi latini e donde tornò in Italia, e precisamente
a Venezia, dietro invito di un gentiluomo veneziano, Giovanni
Mocenigo.
Denunciato all'Inquisizione per eresia
dallo stesso Mocenigo, Giordano Bruno domandò perdono e si
sottomise; ma chiamato a Roma dal Tribunale supremo del Sant'Uffizio,
nel corso di un lungo processo egli non volle abiurare le sue idee.
Fu allora riconosciuto eretico e
consegnato al braccio secolare (1600).
Ultimo dialogo tra Giordano Bruno e
Sagredo
Febbraio 1600
Nell'angusto, buio e lungo corridoio
delle carceri di Castel Sant'Angelo, si odono passi che segnano
l'avvicinarsi di ospiti ai condannati prossimi all'esecuzione.
Con un forte rumore di chiavi si apre
la pesante porta della cella ove è rinchiuso il condannato al rogo:
Giordano Bruno; è lì, steso su un rude pagliericcio, mentre i suoi
occhi lucidi, fermi e sereni si illuminano di gioia e di tenerezza
alla vista dell'ospite.
"Sagredo, mio giovane amico!"
esclama il grande filosofo. I due si abbracciano; il guardiano esce
in silenzio, richiudendo dietro di sé la porta della nuda e umida
cella.
"Corri gravi rischi, figliuolo.
L'Inquisizione non vede di buon occhio chi ha simpatia per gli
eretici."
"Maestro, non potevo non
salutarvi." Il giovane nasconde a stento l'emozione di trovarsi
di fronte al grande saggio, ormai prossimo all'esecuzione della
feroce sentenza.
"Sei un uomo ormai e il tuo
coraggio comunque ti premierà."
"Ho chiesto un permesso speciale
al cardinale Bellarmino. Si è dimostrato disponibile... Forse
qualcosa sta cambiando..."
"Sì, sta cambiando" - conferma
Bruno - "anche grazie alla mia scomparsa: la storia di questo
mondo è segnata più dalla morte che dalla Vita. Essa genera paura,
inquietudine, quesiti, tanto più se è illustre. Ciò mi rende
sereno, amico mio, so di compiere il mio destino."
"Maestro, ma non temete il fuoco che brucerà le vostre membra?"
"Maestro, ma non temete il fuoco che brucerà le vostre membra?"
"Sì, Sagredo, ho paura; il mio
corpo ha paura..." - precisa il condannato - "ma io so che non
morirò... quando il mio abito fisico sarà bruciato, io sarò lì;
lo vedrò cadere, osserverò i volti trionfanti, attoniti e sgomenti
dei miei persecutori..."
Malgrado le parole del Maestro, il
volto del giovane è triste e sconsolato. "In quel momento sarò
libero Sagredo... non ti crucciare, amico mio... Questo era il mio
percorso, comune a tutti coloro che cercano la Verità, bandita da un
mondo che si regge sulla menzogna...
Verrà un giorno, figliuolo, che l'uomo
si risveglierà dall'oblìo e finalmente comprenderà chi è veramente
e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, ad una mente fallace,
menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo...
L'uomo non ha limiti e quando un giorno
se ne renderà conto, sarà libero anche qui, su questa Terra."
Si volta e guarda il suo allievo quasi
raggiante: "Lo ha previsto da tempo immemorabile la Vita..."
"Maestro, ma perché questo
destino crudele? Chi può aver voluto tutto questo?"
"Io stesso, Sagredo, ben prima di
nascere in questa dimensione. La morte ignea del veicolo fisico è
una purificazione profonda, è il Battesimo di fuoco.
In tanti abbiamo scelto questo
trapasso, non solo come esempio ad un'Umanità ottusa, meschina e
crudele, ma anche per adempiere al compito che la Vita ci ha
assegnato e che abbiamo accettato di buon grado... per Amore...
In fondo, anche se in modo
inconsapevole, la Chiesa sta compiendo la nostra volontà".
"Ma allora... il cardinale
Bellarmino asseconda questo volere?"
Il Cardinale Roberto Bellarmino (1542-1621) di Anonimo |
"Bellarmino ora esegue le disposizioni della Chiesa, volte a conservare il potere; ma realizza pure la volontà vera, quella di una morte illustre che lasci traccia nella storia.
Anche gli uomini di chiesa sono parte
dell'Uno: la mia fine servirà per mostrare il vero potere, quello
occulto, che si muove dietro ad ogni istituzione religiosa e a tutti
i poteri del pianeta.
In questo mondo illusorio, ove
menzogna, bontà ipocrita e paura dominano, una dipartita insigne è
più efficace di un'intera vita. Le umane genti la ricordano.
L'uomo che la infligge è colui che più
la teme; è un paradosso, ma chi la procura, cerca disperatamente di
comprenderla, di penetrare la mente di Dio."
"Bellarmino quindi... anche lui...
è alla ricerca di Dio?"
"Certo, anche Bellarmino è un
fratello."
"Maestro, ma perché tutto questo,
perché tutta questa sofferenza, queste atrocità, ingiustizie,
dolori: fratelli che uccidono altri loro fratelli! Come può
Bellarmino firmare ad animo leggero la sentenza della vostra morte?"
"Non lo ha fatto ad animo leggero,
Sagredo. È stata per lui una decisione sofferta e penosa, ma non
poteva fare altrimenti; avrebbe dovuto rinunciare alla tonaca che indossa
e a ciò che predica.
Egli non ne ha coscienza, non sente
l'Unità dell'Infinito Universo, non sa che la sua azione di oggi
avrà per lui una reazione in un'altra vita futura; questo vale
anche per me e per tutti coloro che hanno cercato invano di
risvegliare l'Umanità dall'inganno.
La Terra è una dura scuola: ogni opera lascia una traccia, perché la Giustizia vera sussiste, figliuolo, anche se in questo mondo non appare."
"La Giustizia vera vuole la vostra
morte?" Sagredo è tanto incredulo quanto ammirato della
saggezza del suo Maestro... "La vogliamo noi stessi, caro, non i
nostri corpi transeunti, noi come Esseri immortali.
Che ci piaccia o no, siamo noi gli
artefici di noi stessi. Lo Spirito non teme la morte fisica, perché
sa bene che non esiste. Nascendo in questo mondo, cadiamo
nell'illusione dei sensi; crediamo a ciò che appare. Ignoriamo che
siamo ciechi e sordi.
Allora ci assale la paura e
dimentichiamo di essere divini, di poter modificare il corso degli
eventi, persino lo Zodiaco... Siamo figli dell'Unico vero Sole che
illumina i mondi.
Il dolore e la sofferenza non c'erano
all'inizio della storia, ai tempi dell'antico Egitto che conservava
ancora memoria delle gloriose ed immortali Origini. Un giorno non
lontano, una nuova Era giungerà finalmente sulla Terra.
La morte non esiste. La miseria, il
dolore e le sue tante tragedie, sono il frutto della paura e
dell'ignoranza di ciò che è la Realtà autentica."
"Ma quanto tempo ancora sarà
necessario?"
"Anche il tempo dipende da noi,
Sagredo. Esso è l'intervallo tra la creazione di un'idea e la sua
manifestazione... L'Umanità ha concepito il germe dell'utopìa e la
preparazione procede verso il suo compimento inevitabile: il secolo
passato è risultato essere una tappa importante, che precede la nascita futura.
Le Essenze divine vegliano su tale
gestazione della Terra e alcune nascono qui per aiutare gli Umani a
comprendere che la Trasformazione dipende anche dal loro Risveglio."
"Anche voi, Maestro, siete venuto
qui per questo scopo?"
"Anch'io Sagredo, ma non sono il
solo. C'è un folto gruppo di Esseri che sono scesi più volte nel
corso della storia e si riconoscono nel grande Ermete, Socrate,
Pitagora, Platone, Empedocle...
In questo secolo, Leonardo,
Michelangelo, Shakespeare, Campanella, nomi noti, ma anche gente
umile, semplici guaritrici, molte delle quali finite sul rogo..."
Giordano è commosso al ricordo dei tanti che l'hanno preceduto sulla via del patibolo.
Sagredo è profondamente colpito; è
divenuto partecipe di una Verità finora a lui sconosciuta. Giordano
continua: "È il Battesimo di fuoco che serve a trasmutare il
corpo fisico in modo che gli Esseri si manifestino nella singola realtà originaria.
La loro rivelazione ormai è
ineluttabile. Non so quando, ma so che in tanti siamo giunti in
questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della Nuova
Cultura che fiorirà inattesa, improvvisa, e proprio quando il Potere
si illuderà di aver vinto."
Rumori di fondo fanno intendere che la
visita deve volgere al termine. Il respiro di Sagredo diventa
affannoso...
"Maestro, come posso ritrovarvi?"
"Guarda dentro di te, Sagredo,
ascolta la tua Voce interiore e ricorda che l'Unico vero Maestro è
l'IO che sussurra al tuo interno. Ascoltala: è la Verità, e si trova dentro
di te. Sei divino, non lo dimenticare mai."
La porta della cella si apre e compare
il guardiano; ha il volto di un uomo apparentemente duro, che esprime però
del timore reverenziale verso quel personaggio di cui è
il carceriere. Non pronuncia alcuna parola ed attende con rispetto
che il visitatore si allontani.
Giordano e Sagredo si alzano e si
salutano, entrambi commossi.
"Non ci stiamo separando Sagredo,
il distacco non esiste. Siamo tutti Uno, in eterno contatto con
l'Anima Unica..."
Da "La futura scienza di Giordano
Bruno" di Giuliana Conforto
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