martedì 25 aprile 2017

Dall'Oltre, i Martiri dicono di non aver sofferto!


L'Ultima Preghiera dei Martiri Cristiani di Jean-Léon Gérome 1824 - 1904

Sebirblu, 25 aprile 2017

Chissà quanti di noi, immersi nelle proprie riflessioni in questo speciale tempo di risveglio animico, si sono trovati a considerare che genere di Fede fosse quella manifestata da innumerevoli martiri, specialmente agli albori del Cristianesimo.

Quale Forza misteriosa può mai indurre una creatura umana a sfidare l'istinto di conservazione che la premunisce dai pericoli, ma soprattutto dalla morte? Allora, non c'era la Chiesa costituita ma soltanto un'idea, il tramando verbale degli eventi prodigiosi accaduti in Palestina...

Eppure, dagli anfiteatri romani, con la presenza delle belve ed ogni sorta di crudeltà, ai tempi dell'inquisizione, con roghi e torture (supportati dall'assenso dei Pontefici), fino ad ora sotto varie forme di persecuzione, i martiri sono ormai milioni a causa delle loro convinzioni profonde.

Non penso che una semplice religione tradizionale con i suoi riti e i suoi dogmi possa da sola, imperniata semplicemente sul "credere", produrre simili atti eroici.

Ritengo invece che questo coraggio di affrontare le peggiori prove lo dia soltanto la conquista profonda della consapevolezza interiore, la Conoscenza della nostra Origine divina ed immortale e la raggiunta noncuranza verso le cose del mondo.


Martiri cristiani nel Colosseo di Kostantin Flavitsky 1830 - 1866

È proprio questa Fede certa e matura, sperimentata su di sé, fondata sul "sapere" piuttosto che sul "credere alla cieca" in conseguenza di ciò che è stato detto, scritto o insegnato, che porta alla protezione speciale del Cielo nei momenti più tragici di tale persecuzione.

Dalle rivelazioni ultrafàniche pervenuteci e raccolte in gran parte nel libro che vivamente ho consigliato QUI  e QUI, abbiamo la testimonianza di molteplici individualità che hanno subìto il martirio e che hanno dichiarato "post mortem" di non aver sentito alcun dolore fisico.

Piuttosto, riferiscono tutte di aver avuto una così sublime esperienza estatica da "essere rapite" fuori dal veicolo fisico prima ancora della loro tragica morte.

Pubblico perciò quello che è accaduto ad alcuni martirizzati, passati alla storia, quando al loro tempo si chiamavano: "Stefano, lapidato, seguace di Giovanni Battista; Lorenzo, messo ad "arrostire"; Giovanna d'Arco, arsa viva, citata da Caterina da Siena che ne testifica la fine drammatica ma indolore.

Infine, Giordano Bruno, al quale ho dedicato un più ampio spazio riportando il dialogo avvenuto tra lui e Sagredo, un suo discepolo, prima di essere condotto al patibolo.


Le "Fiaccole" di Nerone di Henryk Siemiradzki 1843 - 1902

Ecco alcuni estratti dal libro "LA VITA" - da scaricare:

(Trespioli) "Anche se, o Martiri, avevate le ossa frantumate dalle zanne delle tigri, sul vostro volto aleggiava il paradisiaco sorriso di chi sente e vede il gaudio della Gloria..." E la Voce che rispose, pareva quella del Protomartire:

(Santo Stefano) "Un martirio soffersi: quello della brutalità dei miei fratelli. Soltanto questo dolore poteva dare contrazioni spasmodiche al mio cuore e al mio volto.

Ma la gioia, che teneva l'Anima mia in estasi allo spettacolo della beatitudine delle Celesti Sfere, faceva sì che lo Spirito si librasse oltre la vita prima della sua dipartita dal corpo fisico.

E tutti coloro che ebbero la Gloria del martirio per il trionfo della dottrina di Gesù fecero morte straziante in apparenza, ma nella realtà soavissima: sublime smaterializzazione che Dio concedeva a riprova della Sua Possanza."

(Trespioli) "Stefano confermava quella che è la speranza dei credenti: dolce e non angoscioso è il trapasso quando splende la Grazia."


La Lapidazione di Santo Stefano (Protomartire) di Jacobus Buys 1724 - 1801

Mentre a San Lorenzo (breve sunto mio), al quale fu profetizzato da papa Sisto II che di lì a tre giorni sarebbe trapassato e quindi avrebbe avuto il tempo di mettere in salvo le ricchezze dei fedeli a lui affidate per i poveri, avvenne che, dopo aver ubbidito, fosse arrestato, flagellato, scorticato e arrostito vivo.

Ma quando, sulla graticola, il suo corpo martoriato stava carbonizzandosi egli disse al boia: "Voltami dall'altra parte ché da questa son già cotto!" E questo, ovviamente, sta a significare l'assoluta assenza di dolore durante il supplizio.


Il Martirio di San Lorenzo di Tiziano Vecellio - Pieve di Cadore 1485 - Venezia 1576

(Santa Caterina da Siena) "Giovanna d'Arco ricevette, al pari di me, ordini diretti. Io non ero destinata al rogo; dovevo percorrere la vita terrena fra un generale consenso di simpatia; Giovanna al contrario ebbe il martirio, ma non lo soffrì; le fiamme, consumandone il corpo, fecero sentire unicamente l'effetto di una serena fuga dalla materia."

(Trespioli) "Era un'altra conferma: e rividi lo spasimo di mille e mille arsi dalle fiamme, sanguinanti sotto la mannaia, fatti a brani dalle belve: non era strazio, era «una serena fuga dalla materia», mentre le Anime belle ascendevano nella gioia della Luce."

(Ed ecco presentarsi l'Essenza di colui che rivestì la personalità del grande filosofo nolano di cui più avanti troverete la breve biografia e il suo ultimo dialogo, come promessovi).


Giordano Bruno 1548 - 1600

(Trespioli) "Ben prevedendo che io, malgrado l'esperienza che mi son fatto, potessi dubitare dell'identità personale del mio interlocutore, Giordano Bruno volle rivelare la sua figura umana toccando argomenti nel tempo da lui discussi."

(Giordano Bruno) "Non aver dubbi: sono colui che si chiamava Giordano Bruno, colui che lanciava inni alla libertà e per cui ogni libertà gli fu negata dagli uomini... Libertà! Alato sogno delle Anime tutte che, seguendo il perfezionarsi, sentono dolore per coloro che sono misconosciuti.

Libertà, dono di Dio, che guidò tanti martiri, da Catone, costretto al suicidio, a me, che fui vittima degli ipocriti, alla tragica fine.

Ma i martiri della libertà lasciano tracce luminose, incancellabili. Io lo so: il mio nome suona obbrobrio per tutti quelli che stanno curvi dinnanzi all'oscura potestà della cupidigia del potere. Ma io vedo la turpe banda impotente anche se sogghignante o furente..."

(Trespioli) "Non ho riprodotto l'invettiva integralmente per ovvie ragioni, ma poteva ben essere del focoso agitatore di coscienze... e per dare nuova attestazione continuò..."

(Giordano Bruno) "Ebbi da tempo il presentimento della mia drammatica morte. Spesso mi venne in visione il conforto dell'immagine di Giovanna d'Arco e la sua voce mi diceva: «Cammina

Quando la ribellione o il rigetto mi infiammavano contro gli oppositori al mio ideale o riportavo snervanti delusioni, ancora l'eco risuonava: «Cammina! Cammina!...» Iddio confortò i miei ultimi momenti, sul rogo innocuo ai sensi, con un tocco di pietà verso i miei nemici."


Santa Giovanna D'Arco di Jules Eugène Lenepveu 1819-1898

(Trespioli) "Tu sai che Vanini, prima di essere arso, ebbe mozza la lingua come bestemmiatore: l'accusa era che egli aveva sostenuto l'eternità dell'Universo, contraddicendo  implicitamente  il  dogma  della  Creazione."

(Giordano Bruno) "Ed è eterna come Dio infatti, anche se l'Universo è emanazione di Dio. Ogni cosa che esiste si modifica e non si distrugge: così la Vita è eterna."

(Trespioli) "Perdona se insisto: come concepire il Creato eterno? Ciò che è creato ha un principio, appunto perché creato; ciò che ha principio non può essere «ab æterno»."

(Giordano Bruno) "In nome di quel Dio che creò l'Universo e ne regola i moti e lo regge con le Sue Leggi, io vedo, so, asserisco che Iddio non ebbe principio mai, che la Vita non è concepibile abbia un inizio, poiché il Tutto fa parte dell'Essenza divina.

In Dio tutto è eterno; l'estrinsecazione formale è emanazione, è esteriorizzazione, è creazione di ciò che è eterno e, sotto tale aspetto il Creato ha principio ma nel contempo è eterno. Amico, il Mistero ti si farà lucente dopo la morte. Vanini non ha bestemmiato."

(Trespioli) "Per primo forse, o Bruno, spalancando gli spazi popolati di astri, hai rivelato che l'Infinito ha il suo centro ovunque e in nessun luogo la periferia."

(Giordano Bruno) "Fratello, non fui il primo e nemmeno il solo ad affermare quella ed altre verità: che sin dal principio della Creazione vi fu un punto di partenza, Dio, ed un solo punto di arrivo, Dio.

Sostituisci al monosillabo immenso il più comprensibile termine "Vita" e constaterai facilmente che non è una frase ad effetto. Così pure non era una metàfora la figurazione geometrica di cui mi sono servito nel tempo, anch'essa per una maggiore comprensione.


"Io dirò la verità" - intervista a Giordano Bruno - libro di Guido del Giudice

Con altre Anime anche la mia seguiva l'armonia del Creato. Lo Spirito, tu sai, è radiazione di Dio e, come tale, simile a tutte le altre Essenze: ecco perché necessita la Fratellanza; nessuno che ti legga potrà ripetere che tale concetto sia un sogno assurdo del mistico, bensì una sublime realtà dimenticata da coloro che si sono lasciati sopraffare dalla materialità della vita."

Breve cenno biografico

Giordano Bruno nacque a Nola presso Napoli nel 1548. Entrato nell'Ordine domenicano fu costretto ad uscirne nel 1576 perché imputato di eresia. Dopo aver peregrinato in Italia, andò a Ginevra dove fu accolto nella Chiesa Calvinista e frequentò l'Università.

Ma anche qui manifestò il suo spirito ribelle e fu costretto a fuggirsene. A Parigi nel 1582 elaborò i suoi primi scritti; e di lì passò a Londra al seguito dell'Ambasciatore di Francia. Qui compose la maggior parte dei dialoghi italiani.

Dall'Inghilterra passò in Germania ove concepì i suoi poemi latini e donde tornò in Italia, e precisamente a Venezia, dietro invito di un gentiluomo veneziano, Giovanni Mocenigo.

Denunciato all'Inquisizione per eresia dallo stesso Mocenigo, Giordano Bruno domandò perdono e si sottomise; ma chiamato a Roma dal Tribunale supremo del Sant'Uffizio, nel corso di un lungo processo egli non volle abiurare le sue idee.

Fu allora riconosciuto eretico e consegnato al braccio secolare (1600).


Giordano Bruno al rogo - di André Durand  (particolare)

Ultimo dialogo tra Giordano Bruno e Sagredo

Febbraio 1600

Nell'angusto, buio e lungo corridoio delle carceri di Castel Sant'Angelo, si odono passi che segnano l'avvicinarsi di ospiti ai condannati prossimi all'esecuzione.

Con un forte rumore di chiavi si apre la pesante porta della cella ove è rinchiuso il condannato al rogo: Giordano Bruno; è lì, steso su un rude pagliericcio, mentre i suoi occhi lucidi, fermi e sereni si illuminano di gioia e di tenerezza alla vista dell'ospite.

"Sagredo, mio giovane amico!" esclama il grande filosofo. I due si abbracciano; il guardiano esce in silenzio, richiudendo dietro di sé la porta della nuda e umida cella.

"Corri gravi rischi, figliuolo. L'Inquisizione non vede di buon occhio chi ha simpatia per gli eretici."

"Maestro, non potevo non salutarvi." Il giovane nasconde a stento l'emozione di trovarsi di fronte al grande saggio, ormai prossimo all'esecuzione della feroce sentenza.

"Sei un uomo ormai e il tuo coraggio comunque ti premierà."

"Ho chiesto un permesso speciale al cardinale Bellarmino. Si è dimostrato disponibile... Forse qualcosa sta cambiando..."

"Sì, sta cambiando" - conferma Bruno - "anche grazie alla mia scomparsa: la storia di questo mondo è segnata più dalla morte che dalla Vita. Essa genera paura, inquietudine, quesiti, tanto più se è illustre. Ciò mi rende sereno, amico mio, so di compiere il mio destino."




"Maestro, ma non temete il fuoco che brucerà le vostre membra?"

"Sì, Sagredo, ho paura; il mio corpo ha paura..." - precisa il condannato - "ma io so che non morirò... quando il mio abito fisico sarà bruciato, io sarò lì; lo vedrò cadere, osserverò i volti trionfanti, attoniti e sgomenti dei miei persecutori..."

Malgrado le parole del Maestro, il volto del giovane è triste e sconsolato. "In quel momento sarò libero Sagredo... non ti crucciare, amico mio... Questo era il mio percorso, comune a tutti coloro che cercano la Verità, bandita da un mondo che si regge sulla menzogna...

Verrà un giorno, figliuolo, che l'uomo si risveglierà dall'oblìo e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, ad una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo...

L'uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui, su questa Terra."

Si volta e guarda il suo allievo quasi raggiante: "Lo ha previsto da tempo immemorabile la Vita..."

"Maestro, ma perché questo destino crudele? Chi può aver voluto tutto questo?"

"Io stesso, Sagredo, ben prima di nascere in questa dimensione. La morte ignea del veicolo fisico è una purificazione profonda, è il Battesimo di fuoco.

In tanti abbiamo scelto questo trapasso, non solo come esempio ad un'Umanità ottusa, meschina e crudele, ma anche per adempiere al compito che la Vita ci ha assegnato e che abbiamo accettato di buon grado... per Amore...

In fondo, anche se in modo inconsapevole, la Chiesa sta compiendo la nostra volontà".

"Ma allora... il cardinale Bellarmino asseconda questo volere?"


Il Cardinale Roberto Bellarmino  (1542-1621)  di Anonimo

"Bellarmino ora esegue le disposizioni della Chiesa, volte a conservare il potere; ma realizza pure la volontà vera, quella di una morte illustre che lasci traccia nella storia.

Anche gli uomini di chiesa sono parte dell'Uno: la mia fine servirà per mostrare il vero potere, quello occulto, che si muove dietro ad ogni istituzione religiosa e a tutti i poteri del pianeta.

In questo mondo illusorio, ove menzogna, bontà ipocrita e paura dominano, una dipartita insigne è più efficace di un'intera vita. Le umane genti la ricordano.

L'uomo che la infligge è colui che più la teme; è un paradosso, ma chi la procura, cerca disperatamente di comprenderla, di penetrare la mente di Dio."

"Bellarmino quindi... anche lui... è alla ricerca di Dio?"

"Certo, anche Bellarmino è un fratello."

"Maestro, ma perché tutto questo, perché tutta questa sofferenza, queste atrocità, ingiustizie, dolori: fratelli che uccidono altri loro fratelli! Come può Bellarmino firmare ad animo leggero la sentenza della vostra morte?"

"Non lo ha fatto ad animo leggero, Sagredo. È stata per lui una decisione sofferta e penosa, ma non poteva fare altrimenti; avrebbe dovuto rinunciare alla tonaca che indossa e a ciò che predica.

Egli non ne ha coscienza, non sente l'Unità dell'Infinito Universo, non sa che la sua azione di oggi avrà per lui una reazione in un'altra vita futura; questo vale anche per me e per tutti coloro che hanno cercato invano di risvegliare l'Umanità dall'inganno.




La Terra è una dura scuola: ogni opera lascia una traccia, perché la Giustizia vera sussiste, figliuolo, anche se in questo mondo non appare."

"La Giustizia vera vuole la vostra morte?" Sagredo è tanto incredulo quanto ammirato della saggezza del suo Maestro... "La vogliamo noi stessi, caro, non i nostri corpi transeunti, noi come Esseri immortali.

Che ci piaccia o no, siamo noi gli artefici di noi stessi. Lo Spirito non teme la morte fisica, perché sa bene che non esiste. Nascendo in questo mondo, cadiamo nell'illusione dei sensi; crediamo a ciò che appare. Ignoriamo che siamo ciechi e sordi.

Allora ci assale la paura e dimentichiamo di essere divini, di poter modificare il corso degli eventi, persino lo Zodiaco... Siamo figli dell'Unico vero Sole che illumina i mondi.

Il dolore e la sofferenza non c'erano all'inizio della storia, ai tempi dell'antico Egitto che conservava ancora memoria delle gloriose ed immortali Origini. Un giorno non lontano, una nuova Era giungerà finalmente sulla Terra.

La morte non esiste. La miseria, il dolore e le sue tante tragedie, sono il frutto della paura e dell'ignoranza di ciò che è la Realtà autentica."

"Ma quanto tempo ancora sarà necessario?"

"Anche il tempo dipende da noi, Sagredo. Esso è l'intervallo tra la creazione di un'idea e la sua manifestazione... L'Umanità ha concepito il germe dell'utopìa e la preparazione procede verso il suo compimento inevitabile: il secolo passato è risultato essere una tappa importante, che precede la nascita futura.

Le Essenze divine vegliano su tale gestazione della Terra e alcune nascono qui per aiutare gli Umani a comprendere che la Trasformazione dipende anche dal loro Risveglio."

"Anche voi, Maestro, siete venuto qui per questo scopo?"

"Anch'io Sagredo, ma non sono il solo. C'è un folto gruppo di Esseri che sono scesi più volte nel corso della storia e si riconoscono nel grande Ermete, Socrate, Pitagora, Platone, Empedocle...

In questo secolo, Leonardo, Michelangelo, Shakespeare, Campanella, nomi noti, ma anche gente umile, semplici guaritrici, molte delle quali finite sul rogo..."



Galileo spiega agli inquisitori il moto della Terra. E sebbene non sia stato condannato, ha comunque subìto la tortura, come dichiarato da lui stesso all'episodio 468 del libro "La Vita", per mezzo di una ruota dentata che gli straziava le caviglie. Il dipinto è di Carlo Felice Biscarra  (1859).

Giordano è commosso al ricordo dei tanti che l'hanno preceduto sulla via del patibolo.

Sagredo è profondamente colpito; è divenuto partecipe di una Verità finora a lui sconosciuta. Giordano continua: "È il Battesimo di fuoco che serve a trasmutare il corpo fisico in modo che gli Esseri si manifestino nella singola realtà originaria.

La loro rivelazione ormai è ineluttabile. Non so quando, ma so che in tanti siamo giunti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della Nuova Cultura che fiorirà inattesa, improvvisa, e proprio quando il Potere si illuderà di aver vinto."

Rumori di fondo fanno intendere che la visita deve volgere al termine. Il respiro di Sagredo diventa affannoso...

"Maestro, come posso ritrovarvi?"

"Guarda dentro di te, Sagredo, ascolta la tua Voce interiore e ricorda che l'Unico vero Maestro è l'IO che sussurra al tuo interno. Ascoltala: è la Verità, e si trova dentro di te.  Sei divino, non lo dimenticare mai."

La porta della cella si apre e compare il guardiano; ha il volto di un uomo apparentemente duro, che  esprime però del timore reverenziale  verso quel personaggio di cui è il carceriere. Non pronuncia alcuna parola ed attende con rispetto che il visitatore si allontani.

Giordano e Sagredo si alzano e si salutano, entrambi commossi.

"Non ci stiamo separando Sagredo, il distacco non esiste. Siamo tutti Uno, in eterno contatto con l'Anima Unica..."

Da "La futura scienza di Giordano Bruno" di Giuliana Conforto

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