La mia Visita su Venere
La Dimora degli Dei
Dischi volanti? Certo che esistono i
dischi volanti! Ne ho visti molti sia nel cielo che sulla Terra ed
ho viaggiato a bordo di uno di loro. Il Tibet è il paese più
avvantaggiato per questo!
È un luogo lontano dal trambusto del
mondo ed è abitato da gente che pone la religione e i concetti
scientifici prima del guadagno materiale.
Attraverso i secoli, la popolazione
tibetana ha conosciuto la verità su di essi: cosa sono, perché
arrivano, come lavorano e lo scopo dietro a tutto questo. Noi
conosciamo i loro equipaggi come «Dei del cielo nei loro carri di
fuoco».
Ma, lasciate che vi racconti un
evento che, di certo, non è mai stato raccontato in altri paesi al
di fuori del Tibet e che è completamente vero:
«La giornata era fredda. Blocchi di
neve ghiacciata trasportati dall'ululante bufera di vento picchiavano
come proiettili contro le nostre vesti svolazzanti e strappavano via
la pelle dalle parti nude del corpo.
Il cielo era di un profondo color
porpora con rappezzi sorprendenti di nuvole bianche che correvano
verso le montagne. Qui, a circa mille metri sul livello del mare,
sugli altipiani tibetani del Chang Tang, noi, a fatica, arrancavamo
verso l'alto.
Dalla nostra ultima sosta, lontana
ormai quasi otto chilometri e mezzo, una voce era entrata nelle nostre coscienze: "Ancora uno sforzo,
fratelli miei, ancora uno sforzo, entrate nella cortina di nebbia
perché c'è molto da vedere".
Noi sette, tutti lama del rango più
elevato del Tibet, avevamo scambiato molte comunicazioni telepatiche con gli "Dei dei Cieli". Da loro avevamo imparato il segreto
dei "carri" che, nel silenzio, attraversavano la nostra Terra e talvolta illuminavano remote regioni.
Ci arrampicammo più in alto, sempre
più su, cercando nella dura terra un appoggio per i nostri
piedi, mentre forzavamo le nostre dita nelle fessure quasi
inconsistenti delle rocce. Alla fine, raggiungemmo la cortina di
nebbia e vi entrammo.
Rapidamente, dopo averla attraversata,
sbucammo nel caldo e misterioso luogo di un'epoca antica. Per quella
notte riposammo al calore e al conforto della Terra Nascosta.
Trovammo semplice e rilassante
riposarci sul soffice letto di muschio, e al mattino fummo grati di
poterci bagnare nell'acqua calda del grande fiume, prima di
prepararci ad un altro giorno di marcia.
Là, in quella terra, c'erano dei
gradevoli frutti che prendemmo con noi come pasto; fu davvero uno
scambio conveniente con l'eterna tsampa! (Impasto tradizionale a base
di farina d'orzo e burro di jak; ndr).
Per tutta la giornata ci spostammo
verso l'alto fra incantevoli alberi di rododendri e noci ed altri che
non avevamo mai visto. Continuammo ad arrampicarci sempre seguiti dal
piacevole tepore di quel territorio.
All'imbrunire, ci accampammo sotto
alcune piante ed accendemmo il fuoco; ci avvolgemmo nelle nostre
vesti e ci addormentammo.
Con le prime luci dell'alba eravamo di
nuovo in piedi, pronti a proseguire il nostro viaggio. Marciammo a
due a due per circa mezzo miglio e arrivammo in una zona aperta. Qui
ci fermammo sbalorditi ed ammirati; la zona di fronte a noi era vasta
ed incredibile.
L'area che ci si presentò aveva una
larghezza di almeno otto chilometri e la scena era così stupefacente
che anche adesso esito a descriverla poiché so che non sarò
creduto.
Questo spazio così ampio, dunque,
aveva nella parte più distante una parete di ghiaccio che simile ad
una lastra di vetro si innalzava fino al cielo.
Pur tuttavia, questa non era la cosa
più straordinaria perché questo luogo conteneva le rovine di una
città ed alcune costruzioni erano quasi intatte, altre nuove.
Vicino, in un vasto pianoro, c'era una
immensa struttura di metallo che mi riportò alla memoria due dischi
del nostro tempio uniti insieme ma, quello, chiaramente, era un
qualche tipo di veicolo.
La mia guida, il Lama Mingyar Dondup,
ruppe il nostro reverenziale silenzio: "Questa era la Dimora
degli Dei" ‒ disse ‒ "mezzo milione di anni fa, gli
uomini lottarono contro di essi ed inventarono un meccanismo capace
di frantumare un atomo, cosa che procurò grande calamità al
pianeta.
Terre si sollevarono, altre si
inabissarono, montagne si sbriciolarono ed altre sorsero. Questa era
una potente città, la Metropoli. Qui, un tempo, c'era il mare. Lo
sconvolgimento che succedette all'esplosione, sollevò questo
territorio di migliaia di piedi e lo shock alterò la rotazione del
globo."
Tutti ascoltavamo in un affascinato
silenzio e poi, come spinti da un impulso comune, ci spostammo in
avanti. Ci avvicinammo per vedere altre parti della città
incastonata nel ghiaccio, di quel ghiacciaio che nella valle molto
calda si sciolse delicatamente lasciando intatte quelle antiche
strutture.
Solo quando ci trovammo vicino alle
costruzioni ci fu chiaro che la gente vissuta lì doveva
avere un'altezza non inferiore ai tre metri e mezzo.
Ogni cosa era su scala gigante, una
scena che mi riportò nitidamente alla memoria quelle smisurate
figure che vidi nei profondi recessi del Potala.
Ci accostammo ad uno strano veicolo
metallico; era immenso: forse intorno ai 15 metri per 18 e reso inutilizzabile dal tempo.
C'era una scala che si estendeva fino
ad un'apertura buia, avevamo la sensazione di calpestare un suolo
sacro; uno dopo l'altro avanzammo lentamente.
Il Lama Mingyar Dondup fu il primo a
salire e a scomparirvi dentro. Subito dopo ci andai io, raggiunsi la
cima della scala e, una volta all'interno, vidi la mia guida curvarsi
sotto quello che pareva un tavolo inclinato posto in quella larga
stanza di metallo.
Egli toccò qualcosa ed apparve una
luce bluastra seguita da un debole ronzio. Al nostro terrificato
sbalordimento si aggiunse il fatto che dalla parte estrema della
sala, apparvero delle figure che vennero verso di noi e ci parlarono.
Il nostro primo impulso fu quello di
voltarci e scappare, abbandonando quella "magia" ma, una
voce nel nostro cervello ci fermò: "Non abbiate paura" –
disse – "Sapevamo della vostra venuta, ne eravamo consapevoli
già negli ultimi cento anni.
Abbiamo fatto dei preparativi affinché
coloro che si fossero mostrati più intrepidi, tanto da entrare nel
vascello, avrebbero conosciuto il passato".
Avevamo l'impressione d'essere stati
ipnotizzati, privati del movimento e senza possibilità di obbedire
al nostro istinto primordiale: fuggire! "Sedete" –
continuò la voce – "Perché sarà una cosa lunga e gli uomini
stanchi non ascoltano bene".
Ci sedemmo tutti e sette formando una
sola fila, con lo sguardo rivolto verso l'ultima parte della sala, e
aspettammo. Per alcuni secondi il sottile brusio continuò, poi
scomparve la luce nella sala e fummo avvolti in un'oscurità così
profonda da non poter vedere nemmeno le nostre mani.
Qualche secondo più tardi, il ronzio
cessò, si udì un debole suono e sulla parete apparvero delle figure
così incredibilmente insolite da superare di gran lunga la nostra
comprensione.
Erano le immagini di una potente città,
fra le cui rovine noi in quel momento sedevamo, una città accanto al
mare sul quale strani natanti cavalcavano le onde e, in alto,
velivoli simili ad astronavi, fendevano l'aria silenziosi e senza
sforzo.
Sulla spiaggia, dalla sabbia dorata,
figure giganti si muovevano a grandi passi fra gli ondeggianti alberi
di palme. Potevamo ascoltare il suono delle voci di bambini felici
che giocavano a schizzarsi addosso l'acqua del mare. Si vedevano
scene di strade e di case nelle costruzioni pubbliche.
Senza preavviso, queste scene ci
vennero mostrate come se fossimo stati nell'aria a bordo di un
velivolo, cosa che fortemente mi ricordò il mio aquilone alla cui
inconsistente barra trasversale io mi tenevo aggrappato.
Poi, un terribile boato... e lontano un
qualcosa a forma di fungo oscurò il cielo per miglia. Una nuvola,
poi, un color giallo-cremisi si delineò nell'aria e fu come se
l'intero respiro degli Dei fosse andato in fiamme.
L'Inondazione
Dalla nostra elevata e favorevole
posizione virtuale, vedemmo crollare le grandi costruzioni e la gente
fuggire dalle proprie case. Lontano, dal mare, udimmo il fragore di
un'onda smisurata abbattersi poco dopo sulla terraferma ed
inghiottire gli edifici dell'allora solenne Metropoli.
La Terra si scosse, l'immagine turbinò
e si affievolì, poi crebbe di nuovo. Subimmo l'impressione di
cadere, di roteare e fu buio. Per quello che ci sembrò un lungo
periodo di tempo, restammo seduti nell'oscurità con l'aria stupita.
Apparve ancora una raffigurazione sulla
parete, ma era di natura diversa. Vedevamo ogni cosa con chiarezza;
c'erano strani veicoli simili a quelli sui quali eravamo seduti.
Gli uomini, sembravano adibiti al
lavoro, al servizio. Imbarcazioni arrivavano e partivano in
continuazione. C'erano parecchi e differenti tipi di persone
che avevano un'altezza da 1 metro e mezzo a 4 metri e mezzo circa.
Lo scenario cambiò ed avemmo visioni
esterne della Terra e della parte nascosta della Luna. La voce dallo
schermo ce le spiegava attraverso le immagini. Imparammo che esisteva
un'associazione, una Confraternita Bianca composta da Entità
incarnate e disincarnate.
Quelle incarnate giungono da molti e
differenti pianeti ed hanno il solo scopo di salvaguardare la vita.
L'uomo, ci precisarono, non è certamente l'essere più elevato
dell'evoluzione, e queste persone, codesti guardiani operano per le
creature di tutte le specie, non soltanto per l'uomo.
L'Invasione
Ci dissero pure che il Tibet sarebbe
stato invaso e che gli occupanti, i comunisti, rappresentano una
malattia per il corpo della Terra. Il Comunismo, aggiunsero, sarà
sradicato poiché nell'epoca futura le creature di tutte le specie si
uniranno in fraternità come in quei giorni ormai lontani.
Il Tibet sarà occupato ma farà la sua
parte con i lama telepatici che possono facilmente mettersi in
contatto con le navi spaziali.
La Terra, ci spiegano, è una colonia e
gli Esseri galattici la supervisionano per mitigare gli effetti delle
radiazioni atomiche, ed è sperabile, per salvare la gente dal
mandare a pezzi il mondo.
Noi sette, fummo fatti salire (sempre
virtualmente; ndr) su un'astronave e sollevati nell'aria. In mezz'ora
vedemmo dall'alto la nostra terra tibetana – terra che un uomo, a
dorso di cavallo, impiegherebbe tre mesi ad attraversare.
Il profondo color porpora del cielo
pomeridiano era tagliato da una candida linea bianca come se il dito
di Dio avesse portato via il buio e fatto emergere la luce.
L'argento scintillante alla sommità
della linea crescente fendeva così rapido il cielo da non poter
essere seguito dallo sguardo. Ma scomparve in un improvviso guizzo di
luce ed avanzò l'oscurità cosmica.
Poi, senza incrementare l'impulso
gravitazionale e senza alcuna sensazione di velocità, entrammo nello
spazio. Noi sappiamo come queste navi funzionano.
Conosciamo il perché sono in grado di
effettuare curvature tanto rapidamente e per quale motivo coloro che
sono all'interno non ne subiscono la forza centrifuga. Ma questa è
un'altra storia.
Il Tibet, otto volte più grande delle
Isole Britanniche, ha molti misteri ma nessuno tanto straordinario
come questo: una valle posta nel mezzo dello splendore tropicale
priva della temperatura subartica.
Questo, perché cime di diverse
altezze circondano e proteggono questa calda e piacevole Terra dal
freddo pungente.
Una valle situata a circa 7.620 metri
sopra il livello del mare con una città nascosta che risale al tempo
dell'Inondazione e, ancor più incredibile, dove gli "Dei del
Cielo" avevano una base.
Per secoli, i lama telepatici di grado
elevato, erano stati con essi in comunicazione ed avevano appreso
tanto da loro. Ora noi, altamente privilegiati, stavamo per
incontrarli.
Eravamo distesi sulla schiena, pensando
alle meraviglie a cui avevamo assistito. Alla nostra destra, in una
posizione di estrema chiarezza, c'erano strani congegni che sarebbero
risultati tali anche ai mercanti più specializzati della Terra.
La nostra profonda concentrazione fu
infranta d'improvviso da un ronzio che veniva proprio da sopra le
nostre teste, ci girammo e vedemmo un disco che con moto rotatorio si
stava avvicinando.
Nel momento in cui passò sopra di noi
fummo schiacciati a terra come fossimo stati percossi da un vento
fortissimo ed avemmo la sensazione che il peso del nostro corpo si
fosse in un istante raddoppiato. Poco dopo potemmo rialzarci ed
appoggiati sui gomiti vedemmo atterrare l'astronave.
La sua forma ci ricordava quella di due
scodelle tibetane, una rovesciata sull'altra, così da essere unite
per i bordi con al centro di entrambe una cupola trasparente, che non
ci permetteva però di scorgere chiaramente il suo interno.
L'intensa nostra analisi fu interrotta
da un uomo di statura molto elevata (d'ora in poi menzionato come il
"Più Alto"; ndr) che venne verso di noi dicendo: "Venite
ora, fratelli miei, perché abbiamo molte cose da mostrarvi".
Egli ci condusse attraverso un sentiero
ricoperto di muschio, duro come la roccia, liscio e senza macchie né
difetti. Mi guardavo attorno affascinato e mi domandavo in che cosa
consistessero tutte quelle straordinarie attività aliene.
Questo personaggio, evidentemente, era
tenuto nella massima considerazione perché al suo passare tutti
coloro che lavoravano là si ponevano una mano sul cuore.
Un saluto che noi, nella nostra
ignoranza, pensavamo riguardasse la tradizione orientale! Ci
sentivamo molto impacciati nei nostri abiti logori, stracciati e
consunti per il duro viaggio da Lhasa.
Non appena ci mettemmo in cammino, il
"Più Alto" rimarcò l'osservazione del giorno prima, che
la Terra era una colonia affetta da una terribile malattia che aveva
reso la maggior parte dei suoi abitanti simili a cani impazziti.
Per secoli la Terra era stata osservata
cosicché, al momento giusto, la gente sarebbe stata soccorsa. Quel
tempo è ormai vicino. Ad alcuni di noi, del Tibet, essendo ben
sviluppati telepaticamente ed esotericamente, furono date speciali
informazioni e particolari esperienze.
"Ora" ‒ disse ‒ "Vi
vogliamo mostrare il vostro mondo al di là dell'atmosfera. Così,
sarà meglio che prendiate posto in un veicolo adatto a quelli della
vostra statura".
Dentro il Vascello
Eravamo in piedi, all'esterno di un
vascello di forma tubolare, lungo circa 107 metri e largo 21. Una
spaziosa piattaforma conduceva da terra al suo interno.
Come ci avvicinammo, un uomo di media
altezza ma molto grosso, scese per salutarci. Toccò il suo cuore
davanti all'uomo "Più Alto" e per un momento si guardarono
mentre un messaggio correva tra loro. Poi, quest'ultimo si girò
verso di noi e fece cenno di seguirlo.
Noi, imitammo l'esempio della mia
Guida, il Lama Mingyar Dondup, ci voltammo prima verso il "Più
Alto" toccandoci il cuore con la mano destra, quindi ci
inchinammo e seguimmo il "Più Grosso".
L'ignoto spaventa sempre. Il mio cuore
aumentò il battito in un momento di paura quando ci immettemmo sulla
rampa inclinata, poi, entrammo nel vano di quella porta aliena. Al
suo interno, c'era un largo corridoio di un riposante verde pallido,
mentre le pareti apparivano luminose.
La luce era uniforme e priva di ombre.
Il "Più Alto" ci condusse lungo il corridoio per parecchi
metri, poi si fermò, alzò le mani ed una parete scivolò di lato, rivelando una piacevole sala in cui un lato e il pavimento apparivano
trasparenti al punto che ci intimoriva entrarvi.
"Non abbiate paura" ‒ disse
‒ "Il pavimento è davvero solido e capace di sostenervi. Ciò
che ora voi state vedendo, complessivamente, è uno schermo speciale
in grado di mostrare qualsiasi cosa si trovi all'esterno. Non ci sono
finestre qui".
Intimoriti, e con un po' di affanno,
entrammo. Era come se stessimo camminando sul nulla ed io ebbi la
sensazione di sprofondare in basso. Il "Più Alto" si mise
di fronte ad un muro e sembrò volerci dare l'impressione di
allontanarsi da noi per restare immerso in profondi pensieri.
Osservavo altri vascelli là attorno e
gente che vi lavorava sopra. Improvvisamente sentii le ginocchia
indebolirsi e fui preso dal panico. Tutto si stava allontanando, la
Terra si abbassava sotto i nostri piedi e mi aspettavo che anche noi
facessimo lo stesso, ma non c'era alcun segno, né sensazione di
movimento.
Il "Più Alto" uscì dal suo
apparente sonno e parlò: "Vi stiamo portando fuori dalla vostra
Terra" ‒ annunciò ‒ "Vi mostreremo il mondo da
lontano".
Io intervenni: "Ma non ci stiamo
muovendo, se così fosse ne avremmo la sensazione. Quando oscillavo
dalla fine di una corda o quando volavo sopra un aquilone, io provavo
qualcosa ma qui non avverto nulla."
Il "Più Alto" rispose: "No,
non c'è spostamento, ma noi manovriamo a velocità che va oltre
l'abilità di resistenza del corpo umano, possediamo particolari
espedienti che automaticamente neutralizzano l'effetto di una virata
improvvisa o di un brusco arresto.
Non potrai percepire nulla su
questo vascello né avere motivo di preoccupazione. Da lungo tempo
siamo ormai maestri della scienza della gravità. Più tardi vedrete
attraverso questa nave, ma prima..." Gesticolò con le mani
verso gli schermi e noi guardammo.
Nessuna Sensazione di Movimento
Lontano, sotto di noi, la rugosa Terra
del Tibet si stava allontanando. Poderose montagne, alcune delle quali
torreggiavano più alte del maestoso Everest, stavano diventando
piatte per la distanza, capocchie di spillo sopra una superficie
piana.
Ci alzammo ancora, sempre di più,
finché potemmo vedere il nostro fiume Felice (come noi Tibetani lo
chiamiamo) gettarsi nel maestoso e sacro fiume dell'India terminando la sua corsa nell'oceano; cosa che non avevamo mai visto prima.
Osservammo il profilo della costa e
facilmente distinguemmo la Baia del Bengala e vedemmo anche l'interno della
Cina. Scorgemmo perfino la Grande Muraglia come una sottile crepa
attraverso la Terra.
Il Sole sembrava essere sotto di noi
dilatato e immenso, per la rifrazione dell'aria, di un rosso acceso
simile alla bocca aperta della fornace di una lamaseria.
Anche qui non c'era movimento alcuno,
né impressione di qualcosa. Noi stavamo là ammirati. Pensavamo a
quanto fosse remoto tutto ciò dalla nostra normale vita sull'arida
Terra.
Il "Più Alto" fece dei gesti
verso una parete, poi toccò qualcosa e degli scanni simili a sedili,
spuntarono da una superficie assolutamente liscia. "Prendete posto"
– disse. "Possiamo guardare più confortevolmente da seduti".
Ci accomodammo piuttosto cauti e imbarazzati perché ci parve di sprofondare dentro qualcosa che ci
avvinghiò modellandosi alla forma del nostro corpo.
"Sedili giusta-forma" –
precisò l'uomo – "Molto confortevoli, prevengono eventuali
scivolate, anche se possono ritrarsi in qualsiasi momento".
Giusta-forma – pensai – per la verità non sono abituato ad
essere tenuto in questo modo, tuttavia, supposi che avrei dovuto
abituarmici.
Così, stando adagiato in tutta
sicurezza, fissai di nuovo gli schermi e trattenni il respiro con
assoluto stupore. Si diceva che la Terra fosse piatta, adesso potevo
vedere invece che è rotonda e simile alla palla con la quale
giocavamo. Qui, eravamo lontani da essa e andavamo sempre più su
finché non fummo liberi dall'atmosfera.
Il Pianeta girava lentamente sotto di
noi, un globo magnifico, largamente coperto dal grigio-verde
dell'oceano. Le zone terrestri apparivano insignificanti con macchie
di verde e ruggine. Larghe aree erano coperte da bianche nubi
lanuginose che ne oscuravano gran parte della superficie.
Attraverso dei varchi potevamo vedere
il profilo dei continenti, delle isole e dei laghi interni. Ma delle
città non v'era traccia. Dalla nostra altezza non si scorgeva alcuna
indicazione che ne segnalasse la vita.
Visione dell'Universo
Attorno alla Terra c'era una debole
foschia bluastra, piuttosto avvolgente e densa che andava a
dissolversi completamente dopo poche miglia. Essa ruotava,
rigirandosi pigramente simile ad un falco che lentamente volteggia
nel cielo.
Il "Più Alto" disse: "Voi
siete presi dalle cose umane eppure l'intero Universo è di fronte a
voi; non vale un'occhiata?" Ci portò all'inizio della vita, e
noi guardammo verso l'alto. Il buio completo sopra di noi era
interrotto solo da sorprendenti ed intensi punti di luce.
Lontani mondi apparivano nitidamente
sferici e di parecchie e differenti dimensioni, mentre su quelli più
vicini a noi si potevano distinguere le caratteristiche del suolo.
Fissammo il Sole, ma il nostro "cicerone" azionò uno scudo
oscuro che coprì parte dello schermo.
Allora il Sole apparve chiaro e
smisurato e, alla sua vista, fummo presi dal terrore perché pensammo
che avesse preso fuoco. Vaste fiamme emergevano dalla sua
circonferenza mentre la superficie si presentava come una massa
contorta molto segnata da macchie cupe.
"Abbiamo una base su quella
che voi chiamate l'altra faccia della Luna" – rivelò l'uomo –
"E noi, ora, stiamo andando là". Il filtro fu tolto e
fummo in grado di guardare l'abbacinante splendore della zona
nascosta; un mondo privo d'aria che tuttavia ha in sé la vita nel
profondo della sua superficie.
La velocità con la quale ci
avvicinavamo era tale da essere per noi incomprensibile, eppure non
c'era sensazione di spostamento. "Voi, avete imparato molto da
noi" – precisò il "Più Alto" – "Certo,
sulla Terra vi viene insegnato che noi non esistiamo; alla gente
viene detto così a causa dei vari insegnamenti religiosi.
E poi, coloro che hanno il potere di
vita e di morte sulle nazioni non vogliono che tutto questo si
sappia, perché detenendo il dominio assoluto, non vogliono perdere
la loro supremazia sui popoli asserviti."
Più tardi fummo portati a fare un giro
in una nave spaziale e venimmo presentati ad un grande equipaggio. Ci
sentimmo molto ignoranti alla loro presenza, sebbene essi fecero del
loro meglio per rispondere alle nostre domande e metterci a nostro
agio.
Il sistema della propulsione investiva
grandemente il mio interesse e, nel merito, mi furono fornite
dettagliate spiegazioni. Si faceva uso di vari criteri; astronavi per i più diversi scopi possedevano anche appropriati metodi di spinta.
Quella su cui viaggiavamo aveva una forma di magnetismo che
respingeva quello terrestre.
L'elettricità usata sulla Terra, ci
venne detto, è la più grossolana, mentre quella usata altrove è
basata sull'energia cosmica. La forza è raccolta dall'Universo per
mezzo di speciali collettori posti sulla superficie del vascello e
fatta affluire in "sala macchine".
Qui, è alimentata da bobine di
induzione fino alle due metà del disco. La parte rivolta verso il
vostro globo è fortemente respinta dalla Terra stessa, mentre
l'altra rivolta in su, in questo caso verso la Luna, ne è fortemente
attratta.
Su un pianeta, il magnetismo
respingente può essere bilanciato in modo che la nave resti sospesa
nell'aria per poi alzarsi o abbassarsi. Tutto il suo interno è
rivestito da un sistema di conduttori, per cui, non ha importanza
quale assetto impieghi il velivolo poiché la forza di gravità è
sempre idonea per gli occupanti.
Ci fu mostrato lo straordinario semplice meccanismo che regola automaticamente l'energia
gravitazionale, ma ci vorrebbero le condizioni adatte per addentrarci
in più nobili dettagli.
È davvero una tragedia che la gente
occidentale sia così scettica, perché ci sarebbe molto da dire e
diventerebbe solo una perdita di tempo iniziare quando si ha la
consapevolezza di non essere creduti. I dischi volanti esistono; sono
una grande realtà...»
L'avventura continua e terminerà nel prossimo articolo...
Post Scriptum
Per documentarsi sull'identità misteriosa di Lobsang Rampa, QUI; per il download dei suoi libri, QUI; per un profetico messaggio all'Umanità, QUI; per la sua visita alla terra di Agartha, QUI.
Relazione, adattamento e cura di:
Sebirblu.blogspot.it
Fonte: report dal libro di
T. Lobsang Rampa – "La mia visita su Venere"