Sebirblu, 29 settembre 2022
Pochi giorni di differenza legano
insieme questi tre Fari di Santità:
San Pio da Pietrelcina che viene celebrato il 23
settembre, l'Arcangelo Michele il 29 e San Francesco d'Assisi,
patrono d'Italia, il 4 ottobre.
C'è un filo invisibile che li
congiunge, impreziosendo ancor più, se possibile, un sito già sacro
perché toccato e voluto dalla mano di Dio: la Basilica-Santuario
dedicata al Principe delle Milizie Celesti.
«La storia di questo luogo è
affascinante. Inizia tra il 490 e il 493 d.C. in cui si narra,
secondo il "Liber de apparitione sancti Michaelis in monte
Gargano", detto anche "Apparitio", l'episodio del toro
di un ricco pastore che, tornato all'ovile con il gregge, si rese
conto che il suo migliore animale era nuovamente fuggito.
Gargano (dal quale il promontorio prese
il nome, ma che dagli scritti pare essersi chiamato Elvio Emmanuele),
dopo affannose ricerche, ritrovò il toro all'interno di un'ampia grotta
da cui esso non voleva proprio uscire. Preso dall'ira, gli
scagliò una freccia che, non solo non colpì il bersaglio, ma
prodigiosamente si rivoltò nell'aria come un boomerang e trafisse
l'uomo che l'aveva lanciata, ferendolo ad una gamba.
"Gargano e il toro" di Priamo della Quercia - sec. XV - Pinacoteca di Lucca |
In quel momento venne avvolto da
un'intensa luce al centro della quale c'era un Angelo che impugnava
una scintillante spada.
Riavutosi dallo shock, il pastore
decise di recarsi da Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto (antichissimo
porto romano a due passi da Manfredonia) che, dopo averlo ascoltato,
e ritenendolo vittima di un inganno diabolico (perché nell'antro venivano compiuti riti pagani) decretò per tutta la comunità tre giorni di
digiuno e preghiere, non dando alcun peso all'episodio.
Prima Apparizione detta "del Toro"
Al termine di tale penitenza però, l'8
maggio 490, l'Arcangelo Michele apparve in visione notturna al
presule dicendogli:
"Hai fatto bene a chiedere a Dio
ciò che era nascosto agli uomini. Un prodigio ha colpito l'uomo con
la sua stessa freccia, affinché fosse chiaro che tutto ciò avviene
per mia volontà. Io sono l'Arcangelo Michele e sto sempre alla
Presenza di Dio.
La caverna è a me sacra. E poiché ho
deciso di proteggere sulla Terra questo luogo e i suoi abitanti, ho
voluto attestare in tal modo di esserne il patrono e il custode per
tutto ciò che vi avviene.
Là dove si spalanca la roccia possono
essere perdonati i peccati agli uomini. Quel che sarà chiesto qui
nella preghiera verrà esaudito. Non vi sarà più spargimento di
sangue di animali. Va' perciò sulla montagna e dedica la grotta al
culto cristiano".
Interno della grotta sacra del Gargano |
Seconda Apparizione detta "della Vittoria"
Due anni dopo, nel 492, la città di
Siponto fu assediata dagli Eruli comandati da Odoacre, ed era prostrata e ormai costretta alla resa. Il vescovo Lorenzo Maiorano
mandò i suoi ambasciatori dal capo dei barbari che concesse tre giorni di
tregua, giorni che la popolazione sipontina impiegò in penitenze e
suppliche a San Michele.
L'Arcangelo, nel suo immenso splendore,
apparve ancora al prelato durante il sonno, dicendo che le preghiere
erano state esaudite e che veniva in aiuto a Siponto dando
disposizioni per la battaglia all'ora quarta (Liber). Promise di
intervenire qualora la città non si fosse arresa.
Suggerì quindi il contrattacco, che
avvenne per volere dello stesso Condottiero Celeste nella mattinata
del 19 settembre, in cui contribuì alla vittoria scatenando una
terribile tempesta di grandine e sabbia così da mettere in fuga
l'esercito barbarico.
Siponto era salva. Allora il vescovo,
in segno di ringraziamento, salì in processione con il suo popolo
alla grotta, ma non osò mettervi piede.
Cesare Nebbia (1536-1614) - Immagine di David Castor |
Terza Apparizione detta "della Dedicazione"
Nel 493 monsignor Maiorano decise di obbedire al Celeste Protettore e di dedicare al culto la spelonca in segno di riconoscenza, confortato anche dal parere positivo espresso da papa Gelasio I.
Ma nottetempo l'Angelo del Signore gli
apparve per la terza volta e gli disse: "Non è compito vostro
sacralizzare la Basilica da me costruita. Io l'ho fondata e l'ho
anche consacrata. Ma voi entrate e frequentate pure questo luogo,
posto sotto la mia protezione". (Sempre da "Liber" o
"Apparitio").
«Quando il vescovo Lorenzo con altri
sette presuli e i fedeli entrarono nella grotta, dice il mito,
scorsero un segno soprannaturale lasciato da San Michele: l'orma di
un suo piede, molto piccola, tanto da sembrare quella di un bambino,
ma anche un altare coperto da un drappo rosso, con una croce di
cristallo sopra. Era un miracolo!
Sorpreso, ma giubilante di poter dare
al popolo una prova tangibile, Maiorano fece poi costruire una chiesa
davanti alla cavità che dedicò a San Michele Arcangelo il 29
settembre 493.
In seguito, il luogo prese il nome di
"Basilica Celeste" perché non consacrata dagli uomini. Con
questo gesto, si intese sancire la vittoria del Cristianesimo sui
culti pagani e sulle ultime resistenze eretiche...»
Interno della grotta di Monte Sant'Angelo - Trono vescovile |
Trascorsero ben 723 anni prima che il
promontorio del Gargano fosse di nuovo illuminato da un'altra Luce
meravigliosa ad attestarne la sacralità. Successe questo, infatti, in
occasione del pellegrinaggio che San Francesco vi fece, prima di
recarsi in Terra Santa.
Il Poverello d'Assisi era molto devoto
a San Michele tanto che ogni 15 agosto, festa dell'Assunta, iniziava
una speciale "quaresima" di digiuno e preghiera per
prepararsi alla ricorrenza del 29 settembre.
Accadde proprio durante uno di questi
periodi penitenziali che sulla Verna egli ricevette le stigmate da un
Serafino alato il quale, secondo diversi commentatori francescani, era
proprio San Michele.
Fu nel 1216 che egli visitò la grotta, consacrata direttamente dalla mano del grande Condottiero angelico.
Quando entrò nel Santuario scavato
nella roccia, non si sentì degno di accedervi e si fermò in
raccoglimento presso l'entrata baciando ripetutamente il suolo ed
incidendo su una pietra il segno del Tau (ossia la lettera "T", emblema della Croce simbolo di redenzione e salvezza, ma anche di
protezione ‒ come può esserlo... un "Tetto")
particolarmente amato dai francescani, ed oggi ancora venerato come
reliquia.
Nel 1276, a ricordo del passaggio del
Santo fraticello, vicino all'ingresso della caverna sacra fu poi
eretto un altare in omaggio a questo gigante dello Spirito.
Nel frattempo, passarono 1163 anni da
quel lontano 493 in cui per la prima volta apparve il Principe
degli Angeli, e in tutto il meridione imperversava una terribile
pestilenza.
L'arcivescovo del posto, Alfonso
Puccinelli, disperato, rivolse una preghiera accorata a San Michele a
pro della comunità colpita, e il 22 settembre 1656, presso la stanza
vescovile dove si trovava assorto, avvenne la quarta apparizione.
L'Arcangelo, in uno splendore
indescrivibile lo invitò a benedire i sassi della grotta e ad
incidere su di essi il Segno della Croce e le lettere M.A. (Michele
Arcangelo). Chiunque avesse devotamente tenuto con sé quelle pietre
sarebbe stato preservato o guarito dall'epidemia.
Pietre benedette da S. Michele Arcangelo per la peste del 1656 |
L'arcivescovo compì quello che gli era
stato detto. Ben presto non solo la città fu liberata dalla peste,
ma venivano risanati anche coloro che richiedevano tali pietre,
ovunque si trovassero.
Come ringraziamento, il presule fece
erigere una statua a San Michele proprio di fronte al luogo dove gli
apparve, apponendo una scritta in latino a ricordo del grande
miracolo di guarigione ricevuto da tutta la cittadinanza,
perennemente grata.
Ritornando a quanto detto sopra, anche
Padre Pio ricevette le stigmate come San Francesco ed è interessante
notare che sul crocifisso davanti al quale egli fu "trafitto",
il 20 settembre 1918, è raffigurato San Michele sulla volta.
Un'altra curiosa circostanza che lega
San Francesco al suo degnissimo "figlio" è che ogni 17
settembre, solo per il calendario liturgico cattolico (rimanendo sconosciuta la data vera), viene celebrata la
memoria delle stigmate che egli ricevette alla Verna: proprio tre
giorni prima, di quelle ricevute effettivamente da Padre Pio.
Tra i due stigmatizzati v'è la
differenza che il primo ne fu investito quasi al termine della sua
vita (ed oltre ai fori su mani e piedi gli crebbero delle escrescenze
che simulavano le capocchie dei chiodi di Nostro Signore da una
parte, e dall'altra le punte ricurve e ribattute degli stessi),
mentre il secondo, ne fece l'esperienza dolorosa a 31 anni d'età e
le avrebbe portate per 50, ossia fino al 1968 quando trapassò.
«Nell'ambiente francescano vi è stata
sempre una grande devozione a San Michele Arcangelo, e a maggior
ragione a san Giovanni Rotondo che dista dal Santuario del Gargano
appena 25 km.
Veduta di Monte Sant'Angelo sul Gargano |
Un blocco di pietra, ricavato dalla
roccia della grotta di Monte Sant'Angelo fa parte della chiesa del
convento dei Frati Minori e Padre Pio volle che si erigesse un
mosaico dedicato a San Michele (opera dello svizzero Aurelio Gozzato)
sulla torretta della Casa Sollievo della Sofferenza.
Egli andò soltanto una volta in
pellegrinaggio alla sacra Basilica, e dedicò a questo avvenimento un
fugace accenno nel suo Epistolario.
In una lettera ad Assunta di
Tomaso, del 2 luglio 1917, Padre Pio si scusava con la stessa di non
poter rispondere alle sue numerose domande scrivendo:
"Lo farò appena potrò e
quando mi sarò rinfrancato dello strapazzo preso per la gita fatta
ieri a Monte Sant'Angelo per visitare San Michele" (Epistola 3,
419).
Lo storico Gherardo Leone ha ricostruito nei dettagli questa
visita, rivelando una passione senza limiti del Frate Santo verso
l'Arcangelo.
Scrive Gherardo Leone: "Padre Pio
fece il viaggio il 1° luglio 1917 su un carretto scoperto, come si
usava a quel tempo, assieme a quattordici fratini del Collegio di San
Giovanni Rotondo. Quel giorno faceva molto freddo. Padre Pio ne
soffrì molto dal punto di visita fisico, anche perché era partito
nel cuore della notte.
Entrando nel Santuario all'interno
della grotta, prese un raffreddore per l'umidità molto intensa.
Prima della celebrazione della Messa si raccolse in preghiera per tre
quarti d'ora, poi iniziò il rito religioso davanti all'altare
dell'Arcangelo.
Nell'offrire il Sacrificio nel luogo
consacrato si commosse profondamente. Dopo la celebrazione, si
trattenne per altri tre quarti d'ora. Era pallidissimo e tremava per
il freddo: erano tre ore che stava in quella caverna umidissima e
gelida.
Ad un certo punto due fedeli presenti,
vedendolo in quello stato, lo sollecitarono ad andare in una casa
vicina, per consumare una colazione calda.
Nella Basilica di San Michele –
scrive Gherardo Leone – in quel momento di grande intensità
spirituale, nella penombra della grotta arcangelica, Padre Pio prese
piena coscienza della sua missione religiosa ed ebbe anche il
presentimento di quanto il Signore gli stesse riservando".
Lo scrittore Giovanni Siena afferma
che: "Il ruolo di San Michele Arcangelo nella vita e nell'Opera di Padre
Pio, diventò evidente un anno dopo quel significativo pellegrinaggio
di Monte Sant'Angelo. Il 1918 fu per Padre Pio un anno pieno di
eventi straordinari.
Egli, infatti, fu protagonista di tre
sconvolgenti fenomeni mistici che gli costarono anche grandi
patimenti fisici:
1° La "transverberazione"
ovvero la straziante lacerazione delle parti più profonde dell'anima
per opera di un misterioso dardo di fuoco.
2° La "stigmatizzazione"
ossia la comparsa sul suo corpo delle stesse ferite riportate dal
Cristo sulla croce.
3° La "transfissione" cioè
lo squarcio del cuore e del costato operato da una lancia.
Queste tre prove furono precedute
dall'apparizione di quello che Padre Pio definiva un "misterioso
personaggio". Chi era?
Danny Hahlbohm |
Il Frate non ha mai rivelato questo
segreto. Ma alcuni studiosi di fenomeni mistici e storia della
spiritualità sono convinti che si trattasse proprio di San Michele,
l'Angelo inviato da Dio a coloro che devono realizzare una missione
difficile.»
«Viene da chiedersi: perché,
nonostante la vicinanza al Santuario, non vi ritornò più? Il
salesiano don Giuseppe Tomaselli, famoso sacerdote esorcista ed
apostolo di Messina, che ebbe numerosi contatti con Padre Pio,
raccontò un fatto interessante a questo proposito:
"Un gruppo di persone di Tortoreto
Lido, in provincia di Teramo, avendo sentito parlare di Padre Pio
decise di recarsi da lui per conoscerlo. In treno, i pellegrini
incontrarono un prelato che chiese loro dove fossero diretti:
"Andiamo a San Giovanni Rotondo, rispose uno, pare che lì ci
sia un frate che faccia miracoli".
"Ma chi è questo frate?" ‒
fu la domanda. ‒ "Andate piuttosto al Santuario di Monte
Sant'Angelo. Lì c'è veramente uno che fa miracoli, San Michele
Arcangelo".
Una volta scesi dal treno, questi
devoti disorientati rimasero in dubbio se andare a San Giovanni o a
Monte Sant'Angelo. Alla fine prevalse il proposito di recarsi da
Padre Pio. Il Frate li ricevette e durante il colloquio iniziò a
comportarsi in maniera strana: apriva e chiudeva un cassetto, senza
un motivo valido.
Quel cassetto era vuoto, si vedeva
benissimo. Al termine della visita, prima di salutare gli ospiti,
Padre Pio estrasse da tale cassetto diverse immagini raffiguranti
l'Arcangelo del Gargano e li consegnò ad ognuno dei fedeli.
La sorpresa fu grande quando il Frate,
dopo aver distribuito i santini, se ne uscì con questa frase: "Così
potrete dire di essere stati al Santuario di San Michele". Tutti
si convinsero – conclude don Tomaselli – che nello stesso momento
in cui parlava con loro vi si fosse recato in bilocazione.»
Dettaglio tratto da uno dei suoi libri "Diario spirituale segreto"- Ed. Segno |
Non c'è da meravigliarsi se questi due
potentissimi santi frati, Francesco d'Assisi e Padre Pio, al secolo
anch'egli di nome Francesco, siano accomunati da un grande ardore
per San Michele Arcangelo viste le persecuzioni e i continui tormenti
che entrambi ha loro inflitto il Demonio.
Di tutta l'ampia letteratura esistente,
mi limito a riportare, per ovvi motivi, soltanto un piccolo aneddoto
riguardante il Padre cappuccino:
"Fu una lotta senza esclusione di
colpi, cominciata sin dai primi giorni di vita quella del piccolo
Francesco Forgione, secondo quanto testimoniato da un'anima eletta
che ebbe una strabiliante visione durante un pellegrinaggio alla
Grotta di San Michele a Monte Sant'Angelo.
A Padre Mariano Paladino, che fu uno
degli infermieri di Padre Pio, quella persona raccontò di aver visto
il piccolo Francesco adagiato in una culla e protetto dalle ali
dell'Arcangelo.
Pensando che potesse essersi trattato
di un'allucinazione, Padre Mariano raccontò l'episodio al Santo
cappuccino e ne ricevette immediatamente una risposta netta: «Guai a
me se non ci fosse stato San Michele: a quest'ora avreste visto Padre
Pio sotto i piedi di Lucifero»."
Per quanto riguarda invece il mirabile
Poverello: "Nelle fonti francescane viene evidenziata l'azione
del Santo contro Lucifero, ritraendolo uomo forte e lottatore
straordinario sia a difesa della propria persona quanto a quella degli
altri.
È rimasto celebre il racconto
ambientato nel palazzo del cardinale Leone a Roma, ove S. Francesco
era ospite e fu attaccato violentemente dal demonio fino ad essere
quasi mezzo morto. Gli attacchi non erano soltanto a livello morale o
spirituale, ma erano diretti anche contro il corpo, in modo da
tormentarlo fisicamente e farlo molto soffrire.
Ma egli, munito di fede, si faceva
tanto più forte e fervente nella preghiera quanto più violento era
l'assalto dei nemici. I demòni non sono altro che strumenti nelle
mani di Dio per la purificazione dell'anima.
Le battaglie sembrano aumentare man
mano che cresce la sua perfezione, diventano più acute e tormentose
ma S. Francesco era consapevole che alla fine la vittoria è di colui
che resta fedele a Cristo, non a Satana.
Per questo motivo egli si è sempre
rimesso alla volontà di Dio con grande umiltà, sconfiggendo
l'arroganza dei demòni, consapevole che possono esercitare il loro potere unicamente nella misura in cui la mano di Dio lo concede;
essi non sopportano una simile forza d'animo e si ritirano
sconfitti."
"Francesco assalito dai demòni" di Domenico Manfredi - ved. QUI |
Concludendo, non può mancare quello
che papa Leone XIII disse dopo la visione avuta il 13 ottobre 1884
(ved. QUI e QUI):
«Ho visto la terra avvolta dalle
tenebre, e da un abisso uscire legioni di demòni che si spargevano
per il mondo al fine di distruggere ed attaccare le opere della
Chiesa che era ridotta allo stremo.
Allora apparve S. Michele che ricacciò
gli spiriti malvagi nell'abisso. Poi l'ho scorto intervenire ancora,
non in quel momento ma molto più tardi, quando le persone avessero
moltiplicato le loro ferventi preghiere verso l'Arcangelo».
Nella relazione originale del famoso
esorcismo di Leone XIII si leggeva:«Ecco la Chiesa, Sposa
dell'Agnello Immacolato, satura di amarezza e abbeverata di veleno da
nemici molto astuti; essi hanno posato le loro empie mani su tutto
ciò che esiste di più sacro.
Laddove fu istituita la sede del beato
Pietro e la cattedra della Verità, là hanno posto il trono della
loro abominazione nell'empietà; in modo che colpito il pastore, il
gregge possa essere disperso».
La preghiera a S. Michele Arcangelo
venne incorporata al termine della Messa, ma fu poi abilmente fatta
sparire dopo il Concilio Vaticano II (ved. QUI).
Questo fu
motivo di grande dispiacere per Padre Pio che ripeteva spesso: "Oggi
più che mai, in quest'epoca apocalittica, è necessario combattere
sotto il vessillo di San Michele Arcangelo".
Ecco la supplica,
nella sua versione ridotta:
«San
Michele Arcangelo, soccorrici nella lotta;
sii
il nostro presidio contro la cattiveria e le insidie del demonio.
Noi
ti chiediamo supplici che Dio comandi su di lui;
e
Tu, Principe della milizia celeste, per Virtù divina
ricaccia
nell'inferno Satana e gli altri spiriti maligni
che
vagano nel mondo per la rovina delle anime.»
Amen.
Relazione, adattamento e cura di: Sebirblu.blogspot.it
Spunti e piccoli
brani tratti da: