Sebirblu, 5 novembre 2016
Il Pontefice, nell'omelia della messa
mattutina del 24 ottobre a Casa Santa Marta, ha ricordato che
i "rigidi" hanno in tanti casi una doppia vita: sembrano buoni, ma
soffrono. O sono ipocriti, o sono malati.
Parole pesantissime che si aggiungono
alla già lunga lista delle invettive incredibili e alle
persecuzioni, vedere QUI, che questo papa scaglia verso tutti coloro
che dimostrano fede sincera e sostanziale, collegata al vero
insegnamento cristico.
Parole che vengono espresse con
dolcezza, cura e determinazione affinché in modo sottile, penetrando
come una lama nel cuore degli uomini, possano devastare, senza che
questi se ne accorgano, il campo del Signore.
La dolcezza e l'indulgenza fanno presa
su chiunque, e il "Falso Profeta" lo sa bene, perciò continua la sua opera distruttiva edulcorando subdolamente e svilendo il senso autentico della Verità che, proprio per questo, non può
piegarsi ad alcun compromesso con il mondo:
"Il cielo e la terra passeranno,
ma le mie parole non passeranno." (Mt.
24, 35)
Pertanto, riproduco volentieri l'ottimo
articolo del Prof. Francesco Lamendola che mirabilmente riflette ed
esprime anche il mio pensiero.
Se i rigidi sono cattivi e ipocriti
anche Gesù Cristo era rigido?
Ormai le bordate di papa Francesco contro quanti non condividono le linee-guida del suo pontificato si
sono infittite, sono pressoché quotidiane e sempre più aspre,
irritate, impietose.
L'ultima, "sparata" dal
pulpito della Chiesa romana di Santa Marta, accusa costoro di essere
delle persone "rigide", e aggiunge, per buona misura, che
esse sono cattive e ipocrite, perché hanno, in genere,
una doppia vita; oppure che sono malate.
Molto, moltissimo ci sarebbe da dire su
questo stile pastorale, che, da un lato, polemizza continuamente con
quei cattolici che si mostrano poco persuasi dalle novità che lui sta introducendo e che, come nelle dittature "classiche", vorrebbe far passare col vecchio metodo comunista del "centralismo
democratico", ossia criminalizzando e negando il diritto ad
esistere di qualunque pensiero critico (alla faccia della tanto
sbandierata umiltà, di cui parla) e dall'altro, abbassando sempre
più il piano della discussione e della riflessione teologica, fino
ad un livello così misero, quale mai era stato toccato.
Livello che il filosofo Enrico Maria
Radaelli ha giustamente denominato street theology, "teologia da
strada", ma che potremmo anche chiamare "teologia da
autobus" o "teologia da bar Sport", con buona pace di
una tradizione speculativa – quella cattolica – che vanta glorie
imperiture come sant'Agostino e san Tommaso d'Aquino, autori che
hanno dato un contributo fondamentale al pensiero europeo e alla
civiltà stessa del nostro continente.
Tuttavia, in questa sede, non ci
soffermeremo né sull'atteggiamento autoritario, intollerante,
aggressivo, assunto da papa Francesco nei confronti dei "dissidenti"
– proprio lui, che dice di battersi per un rinnovamento in senso
"democratico" e "partecipativo" alla vita della
Chiesa; né sulla estrema povertà, sull'approssimazione, sulla
scandalosa ignoranza teologica del suo discorso, che, con la scusa di
rivolgersi al "popolo" e di farsi capire da tutti,
impoverisce, banalizza e stravolge i contenuti e le pratiche della
fede, cadendo nella peggior forma di demagogia.
Quella demagogia di chi vuol essere
popolare ad ogni costo e non esita ad adattare la complessità del
discorso ai suoi fini particolari, stravolgendone il senso profondo:
perché, da che mondo è mondo, e da che la Chiesa è Chiesa, il
compito che spetta a chi sa è di innalzare gli altri al livello
della verità, e non già di abbassare la verità al livello di chi
non sa, o, peggio, a chi crede di sapere, a chi crede di capire, a
chi crede di avere la Bibbia e la Rivelazione in tasca, mentre non ha
capito proprio nulla, nemmeno di non aver capito.
No: in questa sede, ci limiteremo a una
breve riflessione sull'ultimo attacco sferrato da papa Francesco
contro quanti non condividono la sua idea della Chiesa e del
cattolicesimo, che ha accusato di essere rigidi e di nascondere,
dietro la loro rigidità, una serie impressionante di pecche umane e
religiose.
Ecco quali sono state le sue precise
parole (prontamente riportate dal settimanale cattoprogressista
Famiglia Cristiana, che, per non essere rigido, da anni scrive delle
cose che non hanno niente a che fare con ciò che scriveva un tempo:
si vede che l'incoerenza e la contraddittorietà rispetto a se stessi
sono diventate virtù, la virtù di essere flessibili, cioè appunto,
l'opposto della rigidità, tanto deprecata dal papa):
«Dietro la rigidità c'è qualcosa di
nascosto nella vita di una persona. La rigidità non è un dono di
Dio. La mitezza, sì; la bontà, sì; la benevolenza, sì; il
perdono, sì. Ma la rigidità no! Dietro la rigidità c'è sempre
qualcosa di nascosto, in tanti casi una doppia vita; ma c'è anche
qualcosa di malattia.
Quanto soffrono i rigidi!... quando
sono sinceri e si accorgono di questo, soffrono!... Perché non
riescono ad avere la libertà dei figli di Dio; non sanno come si
cammina nella Legge del Signore e non sono beati... E soffrono
tanto!... Sembrano buoni, perché seguono la Legge; ma dietro c'è
qualcosa che non li fa buoni... O sono cattivi, ipocriti, o sono
malati. Soffrono! [...]
Preghiamo il Signore, preghiamo per i
nostri fratelli e le nostre sorelle che credono che camminare nella
Legge del Signore è diventare rigidi (e pazienza per il mancato uso
del congiuntivo; nemmeno la lingua italiana è il piatto forte di
papa Francesco: ma forse anche aspettarsi una correttezza linguistica
è indice di "rigidità") [...].
Che il Signore faccia sentire loro che Lui è Padre e che a Lui piace la misericordia, la tenerezza, la
bontà, la mitezza, l'umiltà. E a tutti ci insegni (sic; vedi sopra)
a camminare nella Legge del Signore con questi atteggiamenti.»
Potrebbero sembrare quasi parole di
compassione e di misericordia, specialmente per via della chiusa
finale (veramente degna dello stile gesuitico), che rivolge una
preghiera perché codesti rigidi si ravvedano; ma, a ben guardare, è un discorso perfido, gonfio di rancore, che demonizza l'avversario; e
chi siano questi rigidi, e come egli li percepisca alla stregua di
avversari, se non addirittura di implacabili nemici, è fin tropo
chiaro, al punto che non c'è bisogno di dirlo.
Lui, almeno, non ha sentito il bisogno
di chiarirlo: e anche questo è un segnale. È l'ennesima bastonata
ai cattolici "tradizionalisti", lui che trova il modo di
lodare anche Pannella e Lutero.
Classico, poi, il ricorso alla parabola
del padre misericordioso, meglio nota come la parabola del figlio
prodigo, per individuare, nel fratello che non vuole entrare in casa
e fare festa anche lui al ritorno del fratello che si era perduto, la
figura del cristiano "rigido", che si aggrappa alla Legge e
che si sente migliore per questo.
"Il Ritorno del Figliol Prodigo" di Edward John Poynter (1836 - 1919) |
Insomma, papa Francesco vuol far
passare i cattolici che non sono d'accordo con il suo modo di
impostare il supremo Magistero, per dei farisei ipocriti, per degli
scribi che, come nel Giudaismo antico, si credono a posto con Dio
perché osservano la Legge, e intanto perdono di vista la cosa
essenziale: la Grazia del Signore, che è un dono gratuito di Lui.
Ma anche questo accostamento rivela un
atteggiamento malevolo e ingeneroso. Possibile che non si possa
pensarla diversamente da questo papa (il quale, a sua volta, dimostra
di pensarla diversamente da tanti altri papi, e su questioni
essenziali, come il santo Pio X, che condannò formalmente il
modernismo, tanto vicino al pensiero di Bergoglio), senza ricadere
nell'ipocrisia e nel formalismo farisaici, tanto deprecati – e
giustamente – da Gesù, nei racconti evangelici?
In realtà, nel giro di pochissime
frasi, il discorso di papa Francesco infilza tutta una serie di
spropositi teologici o di vere e proprie mistificazioni del pensiero
altrui. Ci limitiamo a segnalare quelli più evidenti:
‒ Non definisce cosa sia la
"rigidità"; e non fa la doverosa distinzione fra la
rigidità dei principi, che è semplicemente coerenza e talora,
sacrosanta intransigenza, e la rigidità del carattere, che è una
incapacità di relazionarsi con il prossimo e con la realtà esterna.
In questo modo, essa diventa una etichetta che si può attribuire a
chiunque, a propria discrezione.
Vedremo che lo stesso Gesù Cristo, per
certi aspetti, sapeva anche essere rigido, pur non essendo tale ma,
al contrario, capace di provare una profonda empatia con il
prossimo, fino al punto di commuoversi per i due sposi in difficoltà
alla festa di nozze, e piangere per la morte dell'amico Lazzaro.
‒ Di conseguenza, se la rigidità non
è, in se stessa, un dono di Dio, certamente lo sono, nelle
circostanze che lo richiedono, la fermezza, la saldezza incrollabile,
l'intransigenza su ciò che non può essere oggetto di negoziato, né
di compromesso.
Era una persona rigida, la madre dei
sette fratelli Maccabei che si fecero martirizzare davanti a lei,
sostenuti e spronati dalle sue parole, per non tradire la fede in
Dio?
Ed era rigido san Pietro, quando
respinse e maledisse Simon Mago, il quale voleva acquistare i doni
dello Spirito Santo, pagandoli in moneta?
Ed era rigido Giovanni il Battista,
allorché non desistette dal rimproverare Erode Antipa che conviveva
apertamente con la moglie di suo fratello? Certo, se fosse stato meno
rigido, avrebbe conservato la testa sul collo...
"Giovanni Battista rimprovera Erode", di Autore sconosciuto |
‒ I "rigidi" sono definiti
o degli ipocriti, o dei malati: il che equivale a polemizzare con
essi. La domanda che ci facciamo è se un pastore possa o debba
entrare in polemica con le sue pecorelle.
Un insegnante laico, per esempio,
davanti a degli studenti che non capiscono la sua lezione, dovrebbe
domandarsi se, per caso, non sia stato abbastanza chiaro, e sforzarsi
di farsi capire meglio da tutti (e non solo da quelli che hanno
simpatia per lui, e per i quali egli stesso non nasconde la propria
simpatia).
Quello di polemizzare con chi non è
convinto di ciò che gli vien detto, o da chi non ha compreso, è
l'atteggiamento più facile, più banale, più egoico e meno adatto
al ruolo di chi vuole trasmettere la verità. Se è sbagliato e
inopportuno per un insegnante laico, per un maestro o un professore,
a maggior ragione lo è per un sacerdote; e più ancora se si tratta
di un vescovo, di un cardinale o del papa in persona.
Il papa è il pastore di tutte le
pecore, non solo di alcune, così come il presidente della Repubblica
è il rappresentante di tutti i cittadini, e non solo di quelli che
fanno riferimento alla sua parte politica.
Anzi, il papa dovrebbe stare al disopra
delle polemiche per un motivo molto più grande: perché non svolge
una funzione meramente rappresentativa e di garanzia, come quella del
presidente della Repubblica, ma anche una funzione direttiva.
‒ Si accusano i "rigidi" di
non saper camminare nella Legge del Signore, e si spiega questo
concetto affermando che essi "non sanno che cos'è la libertà
dei figli di Dio". Ecco un'affermazione strabiliante: la libertà
dei figli di Dio sarebbe, dunque, qualche cosa di simile alla libertà
del mondo profano, cioè il regolarsi a propria discrezione e fare
quel che si ritiene giusto, così, semplicemente?
Noi credevamo che la libertà dei figli
di Dio, per il cristiano, coincidesse con il fare la Sua Volontà.
Orbene, può darsi benissimo che, per fare la volontà di Dio, debba
essere necessario scontrarsi con lo spirito del mondo, con le sue
abitudini e con i suoi modi di pensare e di agire, ma questo equivale
ad essere rigidi?
Insomma: essere liberi, secondo la
nuova "street theology" (teologia da strada; ndt), significa che il
cristiano non deve più mostrare intransigenza su ciò che è
essenziale al Vangelo?
Ma non restiamo sul vago e facciamo un
esempio concreto. Il bollettino della arcidiocesi di Vienna, qualche
giorno fa, ha "sdoganato" il matrimonio gay e la famiglia
omosessuale: è indice di rigidità, dire che quella Chiesa sta
sbagliando in pieno e che sta tradendo la lettera e lo spirito del Vangelo?
E papa Francesco, che ce l'ha tanto con
i rigidi, e li chiama ipocriti e malati, non ha nulla da dire su quel
bollettino? Sta zitto perché lo approva, o perché teme di apparire
rigido?
‒ Alla rigidità, che non viene da
Dio, si contrappongono i doni che vengono da Lui: la misericordia, la
tenerezza, la bontà, la mitezza, l'umiltà.
Ma è una contrapposizione fasulla: il
cristiano può, e talvolta deve, essere sia mite che rigido; sia
umile quanto rigido, eccetera; viceversa, essere "umile" ed
essere "mite" non equivale in alcun modo a cedere o a
transigere sui principi del Vangelo; non è un segno di virtù se non
si accompagna alla saldezza e alla coerenza; non definisce il
carattere cristiano, se degenera in buonismo o in relativismo.
Dio stesso non può essere concepito e
presentato solo come Uno "a cui piacciono" (ma è un
linguaggio teologicamente terribile, quasi insopportabile) la
misericordia, la tenerezza, la bontà, la mitezza, l'umiltà; perché
tacere sulla Giustizia di Dio e contrapporla implicitamente a
queste altre qualità, equivale a falsificarne l'immagine.
Dio non sarebbe buono, se non fosse
anche giusto: sono le due facce della stessa medaglia. E "giusto"
(rigido?) non significa "crudele", perché l'anima che lo
rifiuta si condanna da sé; e a Dio non resta altro che di prendere
atto, con immenso dispiacere, che nulla è valso a redimere
quell'anima, la quale ha deciso di perdersi, nemmeno l'Incarnazione e
la Passione...
Ecco il video di cui si parla:
Per concludere, vorremmo porre qualche
domanda "scorretta" a tutti i buonisti e a tutti i non
rigidi che condividono il punto di vista di papa Francesco in questa
particolare omelia di Santa Marta:
Gesù era "rigido", quando
disse a san Pietro: "Lungi da Me, Satana! Tu mi sei di scandalo,
perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini"? (Mt.
16, 23; e Mc. 8, 33).
Gesù era "rigido" quando
diceva ai suoi discepoli, senza tanti fronzoli: "Se il mondo vi
odia, sappiate che prima di voi ha odiato Me. Se foste del mondo, il
mondo amerebbe ciò che è suo; ma Io vi ho scelti dal mondo, per
questo il mondo vi odia"? (Gv.
15, 18-19).
Gesù era "rigido" quando
maledisse il fico sterile: "Non nasca mai più frutto da te"? (Mt.
21,19).
Gesù era "rigido" quando
cacciò i venditori dal tempio, rovesciandone i banchi? (Mt.
21, 13).
Gesù era "rigido" quando
ammoniva: "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti"? (Mt.
23, 13).
Gesù era "rigido" quando
disse al Padre: "Io prego per loro; non per il mondo"? (Gv.
17, 9).
E quando ammoniva: "Chi avrà
bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno:
sarà reo di colpa eterna? (Mc.
3, 29).
Sì, cari buonisti, prendete nota: sarà
reo di colpa ETERNA...
Se i rigidi sono cattivi e ipocriti,
anche Gesù Cristo, dunque, era rigido?
Relazione e cura di
Sebirblu.blogspot.it
Fonte d'origine: ilcorrieredelleregioni.it
Nessun commento:
Posta un commento