"Il Diluvio" di Francis Danby (1793-1861) |
Come
avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio
dell'uomo:
mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano,
fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio
e li
fece perire tutti. (Lc. 17, 26-30).
Sebirblu, 2 ottobre 2017
Lo scritto che segue vuol essere la
testimonianza diretta di quanto il Cielo sia vicino a noi quando
l'intento è proiettato solo al bene degli altri per sollevarli un
po' dalle miserie del mondo.
Dopo aver pubblicato l'ultimo post
sugli Arcangeli (QUI), ho pensato di preparare qualcosa di utile per
le coscienze in prossimità della ricorrenza solenne del Patrono
d'Italia, il nostro Santo di Assisi.
Allora, per avere uno spunto, ho
riletto alcuni brani della "Vita Seconda di Francesco d'Assisi"
di Tommaso da Celano (scaricabile QUI; la Prima QUI), e optando per
due piccoli brani che poi riporterò.
La scelta è stata determinata dagli
ultimi eventi catastrofici che hanno colpito particolarmente
l'America, ma soprattutto il Messico con il suo terribile sisma.
La mia mente è andata subito alla
relazione di "Causa ed Effetto" di cui ho parlato
specificamente QUI e QUI), ma
soprattutto alle "rimozioni eccellenti" del Prof. Roberto
de Mattei (QUI e QUI) e di Padre
Cavalcoli (QUI e QUI) dai microfoni di Radio Maria,
perché accomunati dal medesimo concetto cristiano del rapporto
esistente tra "peccato e castigo".
Le Sacre Scritture sono ricche di
esempi riguardo a questo tema, ed uno dei più antichi nel
Vecchio Testamento è quello che si riferisce alla sorte delle due
città corrotte "Sodoma e Gomorra" che, a detta di
monsignor Galantino, sarebbero state risparmiate da Dio per un atto
di grande clemenza (ved. QUI), stravolgendo del tutto la storia
biblica.
"Sodoma e Gomorra" di Benjamin West (1738-1820) |
Ma è proprio questo il punto! Siccome
la nuova Chiesa modernista con a capo Bergoglio sta rimuovendo
completamente il concetto di "peccato" perché Dio, tanto,
perdona sempre (ved. QUI), è ovvio che le punizioni divine in
conseguenza di un trasgressivo comportamento alle Sue Leggi, risulti
estremamente ostico al Clero attuale!
Dunque, proseguendo nell'esposizione di
quanto mi è accaduto in questi giorni, ricercando sul web, ho
trovato una pagina del quotidiano "la Repubblica" (QUI) che
riporta il "caso" De Mattei, quando nel 2011 spiegò come
il terremoto del 1908 di Messina fu addirittura evocato da una parte
della popolazione atea, secondo uno scritto profetico del 1905, ad
opera di un sacerdote che poi sarebbe diventato santo: padre Annibale
Maria di Francia.
Per poter meglio comprendere
l'articolarsi degli eventi, che a prima vista possono sembrare
"coincidenze", devo premettere che nell'arco della mia
vita, sin dai primi passi del Cammino spirituale iniziato proprio a
Perugia nelle zone di San Francesco, ho avuto il sentore costante
della Sua presenza, che si sarebbe mostrata poi, tramite una serie incredibile di aiuti provvidenziali, sempre per mezzo di frati, in occasione di un
rocambolesco viaggio in Africa.
Ebbene, forte di questa certezza, ho
domandato al Santo di Assisi di guidarmi nel rintracciare in rete
ciò che mi era necessario per comporre l'articolo sull'importante
tema centrale menzionato anche da lui sui brani che presenterò fra
poco.
Ed ho trovato senza cercarlo, quindi
letteralmente "caduto dal Cielo", proprio il documento
scritto da Sant'Annibale Maria di Francia (ved. QUI), il cui nome corrisponde
esattamente a quello riportato dal giornale "la Repubblica"
del 22 aprile 2011! (E, tra l'altro, curiosamente postato da un certo
"Fra Cristoforo"! Ved. QUI).
Sant'Annibale Maria di Francia (1851-1927) |
Eccolo:
"Senza mezzi termini, senza
reticenze e timori, io vi dico, o miei concittadini, che Messina è
sotto la minaccia dei castighi di Dio: essa non è meno colpevole di
tante altre città del mondo che sono state distrutte o dal fuoco o
dalle guerre o dai terremoti: deve dunque aspettarsi da un momento
all'altro di subire anch'essa la stessa sorte... Ecco il terribile argomento del mio
lacrimevole discorso.
Comincio col farvi un'enumerazione di
tutti i motivi per i quali i flagelli del Signore su questa città
appaiono alla mia mente atterrita quasi inevitabili.
I. Il primo è che i nostri peccati
richiamano i castighi di Dio. Presso di noi "peccato" è
una parola di poco peso.
Lo commettiamo con la massima facilità,
ci abituiamo assai naturalmente, arriviamo a bere l'iniquità come
acqua e con l'anima piena di sozzure e di delitti ridiamo,
scherziamo, dormiamo e pensiamo ad acquistarci il ben vivere per
peccare ancora di più.
Se qualche volta ci pentiamo, è un
pentimento superficiale e momentaneo: ben presto si torna al vomito.
Leggiamo la Sacra Scrittura,
interroghiamo la storia di tutti i secoli, e noi troviamo che Dio
punisce non solo nell'altra vita, ma anche in questa.
Diluvi sterminatori, terremoti
distruttori, guerre, epidemie devastatrici, carestie, siccità, mali
sempre nuovi ed incogniti: tutto dimostra che Iddio castiga
severamente le colpe anche in questa vita.
Messina ha peccati? O miei
concittadini, rispondete voi!
Qui la bestemmia regna sovrana. Qui
l'indifferentismo religioso non è poco; qui l'usura, il furto, gli
omicidi apertamente, per strada, di giorno. Qui la cattiva stampa.
Qui gli insegnanti atei, le superstizioni sono all'ordine del giorno.
Vi è lo spiritismo, vi sono le "magherie", vi sono i
sortilegi.
In Messina vi è la disonestà divenuta
abitudine; vi è l'avarizia e la durezza del cuore per cui si
lasciano perire i poveri e il danaro si spende piuttosto nel lusso.
Tutti questi peccati gridano al Signore: "Signore, affrettati
punisci!".
II. Il secondo motivo per cui dobbiamo
ritenere sicuri i castighi di Dio è che tante altre città a noi
vicine li hanno già ricevuti, appunto perché avevano le nostre
stesse colpe. Ora, se il Padre Eterno punì quei luoghi che erano colpevoli come
noi, perché non potrebbe arrivare anche qui? Dio è giusto.
III. Il terzo è che i flagelli di Dio verranno su noi
perché abbiamo avuto diversi avvisi e non ne abbiamo tenuto conto.
Undici anni or sono, la terra ci tremò sotto i piedi. Dopo 4 anni,
nel 1898, un altro terremoto: ancor meno fervore. Fino a quello di 40
giorni fa. Che si fece? Nulla! Il popolo, le famiglie rimasero
indifferenti!
Ci siamo abituati. Ci siamo persuasi di
godere di un privilegio d'immunità presso Dio e di poter peccare a
nostro bell'agio. Ah, non è così! Tutti questi reiterati avvisi non
sono che i lampi e i tuoni precursori dell'imminente scoppio
dell'uragano!
IV. Il quarto è che la nostra storia, fin dalle origini, ci rivela che Messina, di epoca in epoca, è stata sempre visitata
dal divino flagello. Il passato ci ammaestra sull'avvenire. Se Iddio
per tanti secoli ha fatto tutto questo sulla nostra città, perché
dovrebbe mutare la Sua condotta adesso?
Ed aggiungo che ormai è da molto tempo
che Messina è esente dalla sferza di Dio. Altre volte passavano
soltanto dieci o dodici anni da quando la guerra o le epidemie
visitavano questa città. Dal '48 all'87 è stata un'alternanza di guerre e di colera.
Ma dal 1887 ad oggi, ossia circa 20
anni fa, abbiamo avuto una completa esenzione da pubbliche e violente
calamità. Cosa significa? Che Messina da allora si è forse
macchiata di meno peccati di prima? Ah, tutt'altro! Piuttosto vuol
dire che quando Iddio ritarda...
Ma a me pare che, sin da quando ho
iniziato a dimostrarvi che i flagelli di Dio sono per noi
inevitabili, voi abbiate cominciato ad appellarvi alla divina
Misericordia.
Dunque, tutto ci porta a temere che i
castighi di Dio siano già prossimi a piombare sulla nostra città.
Ahimè!
Io sento che tutto in noi e fuori di
noi li richiama. E noi che facciamo? Seguitiamo ad attirarli e
provochiamo il Signore a mandarceli.
Mi è capitato spesso di sentire con le
mie orecchie persone dire: "Se Dio sapesse fare le cose,
manderebbe un terremoto e ci subisserebbe tutti". Empia parola!
Non è questo uno sfidare la Collera
divina, perché ci seppellisca tutti col terremoto?
Sant'Annibale Maria di Francia con Melanie Calvat, la veggente di La Salette. |
E qui non posso nascondervi, fratelli
miei, che è appunto questo il flagello col quale io temo che il
Signore voglia punirci.
Diverse ragioni mi persuadono di ciò:
1° In primo luogo, regna in Messina
tale indifferentismo, tale acquiescenza col peccato, tale noncuranza
delle punizioni di Dio, che abbiamo bisogno di essere percossi:
abbiamo bisogno di un castigo che ci scuota, che ci atterrisca, che
ci risvegli! E tale è il terremoto, quando è veramente forte
sterminatore!
2° Questa è la sciagura che
attualmente Iddio pare abbia preso nelle Sue mani: questo flagello ha
rumoreggiato. E le minacce che ci ha fatte non sono di guerra ma di
terremoto!
3° Esso tuttavia, per quanto
terribile, ha però qualcosa di buono: apporta una conversione
generale! È un gran missionario. Si resiste alle prediche. Ma quando
ci sentiamo tremare...
4° È da molto tempo che tale calamità
in tutto il suo rigore non viene su di noi. L'ultima che rovinò
Messina avvenne nel 1783, vuol dire centoventidue anni fa.
La nostra storia ci fa sapere che dal
1360 in poi vi sono stati sismi a Messina quasi ogni secolo, più o
meno. Ora, sono passati appunto 122 anni da quell'ultimo terremoto, e adesso pare
che questa misera città stia aspettando proprio la sua rovina da un
momento all'altro!"
(Sant'Annibale Maria Di Francia;
Appunti di predica, 15 novembre 1905, in Scritti, vol. 55, doc.
2005).
Messina: terremoto del 1908. Piazza Annunziata con la statua di don Giovanni d'Austria. |
A distanza di tre anni da tale scritto profetico, accadde quello che il quotidiano "la
Repubblica" ha esposto così:
«All'alba del 28 dicembre 1908,
una violentissima scossa di terremoto, di non più di trenta secondi,
ma del decimo grado della scala Mercalli, seguita da un terribile
maremoto, distrusse la città siciliana e si estese alle coste
calabre. Le vittime furono oltre 80.000.
"Messina
venne ridotta ad un cumulo di macerie", spiega il docente di
Storia del Cristianesimo e della Chiesa. De Mattei cita due testimoni
del sisma, che "si prodigarono per aiutare le vittime" ‒ don
Luigi Orione e padre Annibale Maria Di Francia.
Sant'Annibale Maria di Francia e San Luigi Orione, entrambi canonizzati, nel 2004, da Giovanni Paolo II. |
"Questi sacerdoti ‒ aggiunge ‒ erano convinti che il terremoto di Messina fosse stato un castigo divino.
Il giorno prima, nella mattina della
domenica del 27 dicembre 1908 erano apparse nella città strisce con
la scritta «Gesù Cristo non è mai esistito», e per dimostrare
l'empia affermazione, alla sera, in un pubblico dibattito era seguita
una processione blasfema che era giunta fino alla spiaggia:
‒ un crocifisso era stato buttato a
mare tra lazzi e oscenità, mentre il circolo Giordano Bruno si
riuniva per decretare la distruzione della religione a Messina."
"Il terremoto distrusse la città,
ma (guarda caso!) salvò la dimora degli orfanelli di padre Annibale
Maria di Francia."
"Dio, quindi, ha punito i
messinesi per i loro peccati." La conclusione è di De Mattei,
che non prende le distanze da questa interpretazione storica: c'è un
rapporto dunque tra le rovine materiali e quelle spirituali che
colpiscono le città e i popoli.»
Ed ecco i due episodi francescani
descritti da Tommaso da Celano nelle sue memorie:
"S. Francesco riceve le stigmate" di Federico Fiori detto Barocci (1535-1612) |
San Francesco libera gli abitanti di Greccio
dai lupi e dalla grandine.
«Il Santo si fermava volentieri
nell'eremo di Greccio, sia perché lo vedeva ricco di povertà, sia
perché da una celletta appartata, costruita sulla roccia prominente,
poteva dedicarsi più liberamente alla contemplazione delle cose
celesti.
È proprio questo il luogo, dove
qualche tempo prima aveva celebrato il Natale del Bambino di
Betlemme, facendosi bambino col Bambino.
Ora, gli abitanti del luogo erano
colpiti da diversi mali: torme di lupi rapaci attaccavano bestiame e
uomini, e inoltre la grandine stroncava ogni anno messi e viti.
Un giorno Francesco, mentre predicava,
disse: "A gloria e lode di Dio Onnipotente, ascoltate la verità
che vi annunzio.
Se ciascuno di voi confesserà i suoi
peccati e farà degni frutti di penitenza, vi do la mia parola che
questo flagello si allontanerà definitivamente ed il Signore,
guardando a voi con amore, vi arricchirà di beni temporali.
Ma ‒ continuò ‒ ascoltate anche
questo: vi avverto pure che se, ingrati dei benefici, ritornerete al
vomito, si risveglierà la piaga, raddoppierà la pena e la sua ira
infierirà su di voi più crudelmente di prima ".
Da quel momento, per i meriti e le
preghiere del Padre santo, cessarono le calamità, svanirono i
pericoli, e i lupi e la tempesta non recarono più molestia. Anzi,
ciò che più meraviglia, quando la grandine batteva i campi dei
vicini e si appressava al loro confine, o cessava lì o si dirigeva
altrove.
Ma nella tranquillità, i paesani crebbero di
numero e si arricchirono troppo di beni materiali. Ed il benessere
portò le conseguenze solite: affondarono il volto nel grasso e
furono accecati dalla pinguedine o meglio dallo sterco della
ricchezza.
E così, ricaduti in colpe maggiori, si
dimenticarono di Dio che li aveva salvati. Ma non impunemente, perché
il giusto castigo del Signore colpisce meno severamente chi cade nel
peccato una volta di chi è recidivo.
Si risvegliò contro di essi il furore
di Dio e ai flagelli di prima si aggiunse la guerra e venne dal
cielo una epidemia che fece innumerevoli vittime. Da ultimo, un
incendio vendicatore distrusse tutto il borgo.
È ben giusto che chi volge la schiena
ai benefici, vada in perdizione.»
"San Francesco medita sulla morte" di Francisco De Zurbaran |
San Francesco predice ad un
ecclesiastico, da lui guarito,
castighi peggiori se ricadrà nel
peccato.
«Nel tempo in cui il santo Padre
giaceva ammalato nel palazzo del vescovo di Rieti, era pure costretto
in un letto, perché infermo e attanagliato dai dolori, un canonico
di nome Gedeone, uomo sensuale e mondano.
Fattosi portare da Francesco, lo
scongiurò con lacrime a voler fare su di lui il segno della croce.
Rispose il Santo: "Come posso benedirti se da gran tempo sei
vissuto secondo i desideri della carne e senza timore del giudizio di
Dio?"
E continuò: "Ecco, io ti segno
nel nome di Cristo. Ma tu ricordati che subirai pene maggiori se, una
volta guarito, ritornerai al tuo vomito". E concluse: "Il
peccato della ingratitudine riceve sempre castighi più gravi".
Tracciato su di lui un segno di croce,
subito l'ammalato, che giaceva fino a quel momento rattrappito, si
alzò sano, ed esclamò esultante: "Eccomi guarito!"
Molti sono testimoni che le ossa della
sua schiena scricchiolarono, come i legni secchi quando sono spezzati
a mano. Ma passato poco tempo, dimenticatosi di Dio, si abbandonò di
nuovo alla sensualità.
Una sera si trovava a cena da un
canonico suo collega e si fermò quella notte a casa di lui.
All'improvviso crollò su tutti il tetto della casa ma, mentre gli
altri scamparono alla morte, lui solo, lo sventurato, fu schiacciato
sotto il peso delle macerie e morì.
E non è meraviglia se, come aveva
predetto il Santo, fu colpito da un castigo più grave del primo:
perché si deve essere grati per il perdono ricevuto, e offende
doppiamente la ricaduta nel peccato.»
Estratti da "La Vita Seconda di
Francesco d'Assisi di Tommaso da Celano"
Conclusione
Come si è letto, ben due santi, di cui uno chiamato da papa Innocenzo III (dal quale Francesco d'Assisi si recò) "Gigante dello Spirito", hanno espresso il loro pensiero sulla
correlazione tra peccato "impenitente" e castigo di Dio.
Ma si obbietta che Dio è Amore e che
quindi mai più infierirebbe come un aguzzino sui poveri mortali! Ci
si dimentica però che Egli è anche Giustizia assoluta, la quale si
basa unicamente su una Legge da Lui stesso istituita: quella
universalmente in vigore sulle cause e sugli effetti che da esse si
dipartono.
Non quindi ritorsione o vendetta, ma
giusta retribuzione di meriti o demeriti in rapporto all'utilizzo più
o meno improprio della libertà concessa ad ogni uomo.
E non mi si venga a dire, persistendo
nella caparbietà più totale che nega il principio reincarnativo,
che non si sa perché i bambini soffrono, come ha detto Bergoglio
QUI, né perché in una sciagura debbano andarci di mezzo gli
innocenti, perché Dio non permetterebbe mai una tale "mannaia"
se l'Essere stesso non l'avesse chiesta prima di nascere, al fine di
espiare le proprie colpe precedenti!
Non c'è logica più grande di questa,
e risolverebbe molti quesiti che ancora assillano la gran parte
del genere umano che, macerato dal dolore, talvolta al limite della
sopportabilità, non sa darsi pace davanti ad un "mistero"
volutamente taciuto sin dagli albori del cristianesimo e che potrebbe
chiarire, se solo si decidesse a cercare in modo serio, la realtà
delle cose. (Cfr. QUI, QUI e QUI).
Relazione, adattamento e cura di
Sebirblu.blogspot.it
Fonti e spunti già menzionati nei
link.
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