sabato 3 marzo 2018

La magnifica visita di Yogananda a Teresa Neumann




Sebirblu, 3 marzo 2018

Dal momento che la luce sorge da Oriente per portarsi in Occidente, come dimostra la  Manifestazione Cristica  per nulla casuale  avvenuta là dove i due punti-cardine si congiungono, onde legarli fondendoli insieme con l'Amore, così Paramahansa Yogananda si recò, mosso dallo Spirito, a far visita a Teresa Neumann, attirato dalla sua santità in un oceano di Tenebre. (Cfr. QUI).

Uomo di Dio e veggente lui stesso, ebbe modo di osservare, in contemporanea alla mistica tedesca in estasi e sanguinante per le stigmate, la visione di Gesù sofferente sotto il peso della croce.

È un ottimo spunto per riflettere su come non sia più il caso di insistere con ostinazione su riti e forme, sostenendo le varie correnti religiose, quando si è di fronte ad anime ormai svincolate del tutto da qualsiasi influenza mondana. (Cfr. QUI e QUI).


Paramahansa Yogananda  (1893-1952)

Yogananda a Konnersreuth

La testimonianza di un personaggio particolare, lo yogi indiano Yogananda, può essere molto utile per dare un'idea precisa del carattere di Teresa, delle passioni del venerdì e dell'impressione che ella faceva su chi l'avvicinava per la prima volta.

Yogananda incontrò Teresa, di cui aveva molto sentito parlare, nel 1935: veniva da New York ed era sbarcato in Inghilterra. Da lì, in compagnia di due amici, si era recato in Baviera per visitare «la grande mistica cristiana Teresa Neumann».

Il resoconto che segue è tratto dal libro autobiografico di Yogananda "Autobiografia di uno yogi", un testo che ha avuto molto successo ed è considerato un classico della letteratura specializzata.

Yogananda visse molti anni negli Stati Uniti: a lui si deve in gran parte la conoscenza che in Occidente abbiamo della filosofia indiana e dello yoga. Ecco quanto egli scrive di Teresa e del suo incontro con lei:


Teresa Neumann, Richard Wright e Yogananda - Eichstaett 17 luglio 1935

«Come sempre, in Oriente o in Occidente, ero avido di conoscere dei santi. Mi rallegrai quando, il 16 luglio, la nostra piccola comitiva
raggiunse l'antico villaggio di Konnersreuth.

I contadini bavaresi dimostrarono un vivo interesse alla Ford che avevamo portato dall'America e al nostro strano gruppo: un giovanotto americano, un'attempata signora e un orientale di colore olivastro, dai lunghi capelli cacciati sotto il bavero del cappotto.

La casetta di Teresa, piccola e linda, con i gerani in fiore accanto a un pozzo molto primitivo, ahimè, era chiusa e silenziosa. I vicini e lo stesso postino del villaggio non sapevano darci informazioni.


Teresa Neumann (1898-1962)

La pioggia cominciò a cadere: i miei compagni proposero di andarcene. "No", dissi caparbio. "Starò qui finché non avrò trovato il modo di vedere Teresa. Due ore dopo eravamo ancora seduti nell'automobile sotto una pioggia scrosciante. "Signore!", sospiravo lamentosamente. "Perché m'hai condotto fin qui se ella è scomparsa?"

Un uomo che parlava inglese si avvicinò alla nostra macchina ed educatamente ci offrì  i suoi servigi.  "Non  so  precisamente  dove  sia  Teresa",  disse, "ma  spesso  ella si reca a casa del professor Franz Wutz, un insegnante di lingue straniere dell'università di Eichstàtt, a ottanta miglia da qui".

La mattina dopo partimmo in auto per la tranquilla cittadina di Eichstàtt, dalle stradine lastricate di ciottoli. Il professor Wutz ci accolse con cordialità nella sua casa. "Sì, Teresa è qui". La informò dei visitatori e presto tornò con la sua risposta: "Benché il vescovo mi abbia imposto di non ricevere nessuno senza il suo permesso, riceverò quest'uomo di Dio che viene dall'India".

Profondamente commosso da queste parole, seguii il dottor Wutz in un salottino al piano superiore. Subito Teresa entrò, irradiando un'aura di pace e di gioia. Aveva a quell'epoca trentasette anni, ma sembrava assai più giovane; possedeva una freschezza e un fascino infantili. Sana, robusta, dalle guance rosee, allegra, questa è la Santa che non mangia!

Teresa mi salutò con una stretta di mano molto gentile. Eravamo tutti e due raggianti, uniti in una silenziosa comunione, profondamente consci di amare entrambi Iddio. Il professor Wutz si offrì cortesemente come interprete.

Mentre sedevamo, notai che Teresa mi guardava con ingenua curiosità. Senza dubbio, gli indù erano rari in Baviera. "Non mangiate mai nulla?" Volevo avere conferma dalle sue stesse labbra. "No. Solo un'ostia consacrata ogni mattina alle sei. "Quanto è grande l'ostia?" "Sottile come la carta e non più grande di un soldo".

E aggiunse: "La prendo come sacramento; se non è consacrata, non mi riesce di inghiottirla". "Ma non è possibile che abbiate vissuto solo di questo per dodici anni!" ‒ "Vivo della Luce di Dio!"




Come era semplice la sua risposta, e come einsteiniana! "Vedo che vi rendete conto che l'energia fluisce nel vostro corpo dall'etere, dal sole e dall'aria". Un rapido sorriso le illuminò il viso. "Sono così felice che comprendiate come vivo!"

"La vostra santa vita è una quotidiana dimostrazione della verità pronunciata dal Cristo: «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio». Di nuovo manifestò gioia per la mia spiegazione.

"È proprio così; Una delle ragioni per cui sono oggi sulla terra, è appunto quella di dimostrare che l'uomo può vivere dell'invisibile Luce di Dio, e non di cibo soltanto".

"Potete insegnare ad altri come si fa a vivere senza mangiare?" Sembrò un po' urtata dalla mia domanda. "Non posso farlo. Dio non vuole!"

Il mio sguardo cadde sulle sue mani forti e graziose. Teresa mi mostrò una ferita quadrangolare, appena rimarginata, sul dorso d'ogni mano. Sulle palme mi indicò due ferite più piccole, a forma di mezzaluna, anch'esse appena chiuse. Ogni ferita trafiggeva la mano da una parte all'altra.

Vedendo ciò, mi tornò distintamente alla memoria il ricordo dei grossi chiodi di ferro quadrati con punte a mezzaluna in uso ancor oggi in Oriente, ma che non ricordo di aver mai visto in Occidente.

La Santa mi raccontò qualcosa delle sue estasi settimanali. "Come una povera ed impotente spettatrice assisto a tutta la passione di Cristo". Ogni settimana, dalla mezzanotte del giovedì fino alle tredici del venerdì, le sue ferite sanguinano e si aprono.




Ella perde quattro chili e mezzo del suo peso, che è di sessanta chili. Pur soffrendo intensamente per la sua amorosa pietà, Teresa attende con gioia questa visione settimanale del Signore.

Mi resi subito conto che, per mezzo della sua strana vita, Dio aveva voluto dimostrare a tutti i cristiani l'autenticità storica della vita di Gesù e della sua crocifissione com'è narrata nel Nuovo Testamento, e palesare in modo drammatico l'eterno vincolo esistente tra il Maestro di Galilea e i suoi fedeli.

Il  professor Wutz  mi  raccontò  alcuni episodi,  da lui controllati,  riguardanti la Santa. "Un gruppo di noi, inclusa Teresa, spesso viaggia per giorni interi in giro per la Germania", mi disse. "Fa impressione il contrasto fra i nostri tre pasti giornalieri, e Teresa che non mangia nulla.

Ella rimane fresca come una rosa, e la stanchezza che vince noi non la tocca. Quando, affamati, andiamo a caccia di un'osteria, ella ride allegramente".

Il professore aggiunse altri interessanti dettagli fisiologici: "Poiché Teresa non prende cibo, il suo stomaco è atrofizzato. Non ha escrezioni, ma le sue glandole sudorifere funzionano, la sua pelle è sempre morbida ed elastica".

Al momento di partire, espressi a Teresa il mio desiderio di assistere alla sua estasi. "Sì, venite venerdì prossimo a Konnersreuth", disse gentilmente. "Il vescovo vi darà un permesso. Mi fa molto piacere che siate venuti a trovarmi ad Eichstàtt".

Teresa ci strinse la mano molte volte, con dolcezza, e ci accompagnò fino al cancello. Wright aprì la radio dell'automobile: la Santa la esaminò con brevi, entusiastici scoppi di risa. Poiché una gran folla di ragazzi si stava radunando intorno a noi, Teresa si ritirò in casa.

La vedemmo affacciata a una finestra da dove ci sbirciava, come una bambina, agitando la mano in segno di saluto. Da una conversazione che ebbi il giorno seguente con due suoi fratelli, molto cortesi e amabili, appresi che la santa donna, di notte, dorme solo una o due ore.

Nonostante le molte ferite nel suo corpo, ella è attiva e piena di energia. Ama gli uccelli, si prende cura di un piccolo acquario e spesso coltiva il suo giardino. Tiene una vasta corrispondenza. I devoti cattolici le scrivono per chiederle preghiere e benedizioni. Molti, grazie al suo aiuto, sono guariti da gravi malattie.




Il fratello Ferdinando, di circa 23 anni, mi disse che Teresa ha il potere, per mezzo della preghiera, di prendere sul suo corpo i mali altrui. L'astinenza dal cibo della Santa iniziò dal tempo in cui ella pregò il Signore di trasferire a lei il male alla gola di un giovane della sua parrocchia, che in quel momento si preparava a ricevere gli ordini sacri.

Il giovedì pomeriggio ci recammo dal vescovo, che guardò con una certa sorpresa le mie chiome spioventi. Concesse subito il necessario permesso. Non vi era nulla da pagare; l'ordine dato dalla Chiesa aveva il solo scopo di proteggere Teresa dall'assedio dei turisti che negli anni precedenti giungevano a Konnersreuth a migliaia ogni venerdì.

Alle nove e mezzo del venerdì eravamo a Konnersreuth. Notai che la casetta di Teresa aveva una larga lastra di vetro sul tetto per darle abbondanza di luce. Ci fece piacere trovare le porte non più sbarrate, ma spalancate ed accoglienti.

Una fila di venti visitatori, che avevano ciascuno un permesso scritto, includeva gente venuta da molto lontano per assistere alla sua mistica estasi. Teresa aveva già sostenuto con me la prima prova nella casa del professore, mostrando di sapere per intuitiva saggezza che io volevo vederla per ragioni spirituali e non per mera curiosità.

La seconda prova mi fu data quando, prima di salire le scale che conducevano alla sua stanzetta, mi sprofondai in uno stato di estasi yogica per entrare con lei in rapporto telepatico e veggente. Entrai nella stanza, piena di ospiti; ella era stesa sul letto e indossava una veste bianca.

Wright mi seguiva dappresso e io mi arrestai sulla soglia, colpito da uno strano e impressionante spettacolo. Dalle palpebre inferiori di Teresa scorreva un sottile e continuo rivolo di sangue largo un dito. Il suo sguardo era fisso in alto nell'occhio spirituale al centro della fronte (Il famoso "terzo occhio"; ndr).

Il panno che le avvolgeva il capo era inzuppato del sangue che usciva dalle stigmate corrispondenti alle ferite prodotte dalla corona di spine. La bianca veste aveva una macchia rossa al posto del cuore per la ferita al costato dove il corpo di Cristo ebbe, tanti secoli fa, quell'ultimo insulto dalla lancia del soldato.

Le mani di Teresa erano distese in un gesto materno e supplichevole. Il suo viso aveva un'espressione torturata e nel contempo divina. Sembrava più magra e mutata,  non  solo  fisicamente,  ma  anche  in  varie  altre  maniere  ineffabili.

Mormorando parole in lingua straniera (l'aramaico; ndr), parlava a qualcuno con le labbra lievemente tremanti, visibile solo al suo occhio interiore.

Poiché ero in perfetta sintonia con lei, cominciai a vedere le scene della sua visione. Ella fissava Gesù mentre portava il legno della croce tra la moltitudine che lo derideva. Ad un tratto sollevò il capo costernata: il Signore era caduto sotto il terribile peso. La visione scomparve.




Affranta da un'infinita pietà, Teresa si abbandonò pesantemente sui cuscini. In quell'istante udii dietro di me un forte colpo. Mi volsi per un secondo e vidi due uomini portare via un corpo abbattuto.

Uscivo appena allora da un profondo stato supercosciente, per questo non riconobbi subito la persona che era caduta. Fissai di nuovo il viso di Teresa, pallidissimo e solcato di rivoli di sangue, ma calmo e ormai irradiante purezza e santità.

Più tardi guardai dietro di me e mi accorsi che Wright stava in piedi con una mano contro la guancia che gli sanguinava. "Dick", chiesi ansiosamente, "sei tu che sei caduto?" "Sì, sono svenuto dinanzi al terrificante spettacolo".

"Ebbene", gli dissi per consolarlo, "sei stato coraggioso a ritornare per guardarlo ancora. Ricordando la paziente fila dei pellegrini che attendevano, Wright e io demmo a Teresa un silenzioso addio e ci ritirammo dalla sua presenza... »

Relazione e cura: Sebirblu.blogspot.it

Brano tratto dal libro on line QUI

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