Sebirblu, 23 settembre 2024
A distanza di 10 anni e in occasione della ricorrenza del Santo del Gargano, Padre Pio da Pietrelcina, ripropongo questo articolo interessantissimo che più volte è stato riportato anche da alcuni siti cattolici. Ne segnalo pure altri tre QUI, QUI, QUI ed uno sulla persecuzione subita dal Santo Frate QUI. Attenzione! Video finale di don Minutella su questo tema.
San Pio da Pietrelcina (1887-1968) |
Il personaggio che vi presento oggi, cari Lettori, è degno di nota in quanto si tratta di un sacerdote protagonista di un'eccezionale esperienza fuori dal corpo, dopo essere stato "fucilato" come cappellano militare in Algeria.
Ma quello che è davvero sorprendente è
il fatto che sia stato miracolato da Padre Pio di cui era "figlio
spirituale".
L'accaduto è stato anche raccontato da
lui stesso, invitato alla trasmissione televisiva "Porta a
Porta" un po' di anni fa e di cui vi riporto il video.
In aggiunta, oltre ad una breve sua
biografia, vi sottopongo un curioso aneddoto che lo riguarda, nel
momento in cui, ancora giovane studente di teologia a Roma, decise di
recarsi a San Giovanni Rotondo per conoscere il famoso frate
cappuccino.
Ecco la sua testimonianza sull'evidente protezione di cui fu oggetto da parte del Cielo, grazie
all'intervento di Padre Pio da Pietrelcina (oggi Santo).
Caro Padre,
Lei mi ha domandato una relazione
scritta a proposito dell'evidente protezione di cui sono stato
oggetto nell'agosto 1958 durante la guerra d'Algeria.
In quell'epoca, ero al servizio del
Corpo Sanitario delle Forze Armate e avevo notato come ad ogni
momento importante della mia vita, Padre Pio, che mi aveva accettato
nel 1955 come figlio spirituale, mi facesse pervenire una cartolina
che assicurava la sua preghiera e il suo sostegno.
Uno di questi casi fu prima del mio
esame all'università Gregoriana di Roma, così come al tempo della
mia partenza per l'esercito, oppure quando dovetti raggiungere i
combattenti in Algeria.
Una sera, un commando del F.L.N.
(Fronte di Liberazione Nazionale Algerino) attaccò il nostro
villaggio e fui ben presto fatto prigioniero, messo davanti ad un
portone con cinque altri militari e là fummo fucilati.
Mi ricordo che non ho pensato né a mio
padre, né a mia madre di cui ero, tra l'altro, figlio unico, ma
provavo solamente una grande gioia perché «andavo a vedere ciò che
esisteva dall'altro lato».
Avevo ricevuto, la mattina stessa, una
cartolina da Padre Pio con due righe manoscritte: «La vita è una
lotta, ma porta alla Luce» (sottolineato due o tre volte).
Immediatamente, feci l'esperienza
dell'uscita dal corpo, e lo vidi accanto a me riverso e sanguinante
in mezzo ai miei compagni, anch'essi uccisi. Ho allora iniziato ad
ascendere e ad entrare stranamente in una sorta di tunnel. (Per
approfondimenti QUI e QUI; ndt)
Dalla densa nube che mi circondava, emergevano dei visi conosciuti e non. All'inizio, questi volti erano tenebrosi; si trattava di persone poco raccomandabili, peccatori con poche virtù. Però, man mano che salivo, ne incontravo altri sempre più luminosi.
Ero sorpreso di come potessi
camminare... e mi dicevo esser fuori dal tempo, dunque già
resuscitato... Mi stupivo di poter osservare tutt'intorno alla mia
testa senza voltarmi indietro.
Ero sbalordito di non aver sentito
nulla per le ferite riportate dalle pallottole dei fucili e compresi
che erano entrate nel mio corpo così velocemente da neutralizzare
qualsiasi dolore.
Subito, il mio pensiero andò ai miei
genitori... E in un lampo mi sono ritrovato ad Annecy, a casa mia, e
li ho visti dormire nella loro camera. Ho provato a parlare loro, ma
senza successo.
Ho visitato l'appartamento notando il
cambio di posizione di un mobile. Molti giorni dopo, scrivendo a mia
madre, le ho domandato perché lo aveva spostato. Nella risposta che
mi inviò mi chiese: «Come fai a saperlo tu?»
Ho pensato pure a Papa Pio XII, che
conoscevo bene (ero stato studente a Roma), e immediatamente sono
arrivato nella sua stanza. Si era appena messo a letto. Abbiamo
comunicato per mezzo dei pensieri (telepatia; ndt), perché era un
grande spiritualista.
Ho proseguito la mia ascensione fino a
trovarmi circondato da un paesaggio meraviglioso soffuso di una luce
azzurrognola molto delicata... Non c'era tuttavia il sole «perché
il Signore è la loro Luce...» come dice l'Apocalisse.
Ho visto là migliaia di persone, tutte
con un'età approssimativa di trent' anni, e ne ho incontrate alcune
che conoscevo mentre erano in vita... La tale era morta a 80 anni...
e sembrava averne 30... La tal altra era morta a 2... ed entrambe
apparivano coetanee...
Ho lasciato questo «paradiso»
costellato di fiori straordinari e sconosciuti quaggiù. Sono salito
ancora più in alto... Là, ho perso la mia natura umana e sono
diventato una «goccia di Luce».
Ho veduto molte altre Scintille luminose e sapevo che una era San Pietro, un'altra Paolo oppure Giovanni, o un apostolo, o quel tal Santo... Poi ho visto Maria, meravigliosamente bella nel suo mantello di Luce, che mi accoglieva con un sorriso indicibile...
Dietro di Lei c'era Gesù, di una
bellezza indescrivibile, e alle Sue spalle splendeva una zona di
Radianza, che sapevo essere il Padre, e in cui mi sono immerso...
Ho sperimentato, così, l'appagamento
totale di tutto ciò che potevo desiderare. Ho conosciuto la felicità
perfetta... e, bruscamente, mi sono ritrovato sulla Terra, il viso
nella polvere, in mezzo ai corpi insanguinati dei miei compagni.
Ho preso contezza che il portone
davanti al quale mi trovavo era crivellato dai colpi che avevano
attraversato il mio corpo; che il mio abito era perforato e intriso
di sangue; che il mio petto e il dorso erano macchiati anch'essi di
sangue a metà coagulato, un po' vischioso... ma io ero incolume!
Sono andato allora dal Comandante così
com'ero. Mi venne incontro gridando al miracolo. Era il comandante
Cazelle, oggi deceduto.
Quest'esperienza mi ha segnato molto,
senza alcun dubbio. Ma quando, affrancato dall'Esercito, mi recai da
Padre Pio, egli mi scorse da lontano nel salone San Francesco. Mi
fece segno di avvicinarmi e mi diede, come sempre, un piccolo
buffetto affettuoso.
Poi mi disse queste semplici parole:
«Oh! Come mi hai fatto correre! Ma quello che hai visto, era
talmente bello!» E chiuse lì la sua osservazione.
Si può capire, ora, il motivo per cui
io non abbia più paura della morte... poiché SO cosa c'è
dall'altra parte!
Padre Jean Derobert
Questo documento fa parte degli atti
del processo per la canonizzazione di Padre Pio. La relazione scritta
ci è stata concessa a condizione di non renderla pubblica prima
della canonizzazione stessa.
Suor Benjamine
Breve biografia di Padre Derobert
Jean Derobert è nato il 25 ottobre
1934 ad Annecy; ha ricevuto l'Ordinazione sacerdotale il 30 giugno
1962 a Notre-Dame de Paris.
Ha compiuto i suoi studi ecclesiastici
al seminario francese di Roma e nominato vicario alla parrocchia
Sainte Louise di Marillac di Drancy nel 1993; ha rivestito, l'anno
dopo, il ruolo di Direttore agli Studi nel collegio Albert de Mun de
Nogent-sur-Marne.
Successivamente è diventato Cappellano
alla basilica del Sacro Cuore di Montmartre e responsabile dei
pellegrinaggi in Terra Santa.
Poi, spostatosi a Marsiglia nel 1996,
Padre Derobert ha esercitato il suo ministero alla casa di riposo
delle religiose del Buon Pastore.
Dal 2011 ha risieduto presso le Piccole
Suore dei Poveri, dell'Ordine dei Certosini, da dove ha raggiunto la
Casa dell'Altissimo, il venerdì 24 maggio 2013.
Ecco dunque il piccolo aneddoto che lo
riguarda:
L'Angelo custode costituisce una realtà
costante nella vita di Padre Pio e un mezzo insostituibile del suo
apostolato. Una presenza invisibile, che per lui era visibilissima,
tanto che si meravigliava come qualcuno non scorgesse quello che
vedeva lui.
«Se hai bisogno di me, mandami il tuo
Angelo custode»: era il ritornello che ripeteva ai suoi innumerevoli
"figli spirituali" sparsi in tutto il mondo.
Ma cominciamo con un episodio riferito
dal protagonista stesso, Padre Jean Derobert, cappellano della
basilica del Sacro Cuore di Parigi.
Anno 1955. Jean Derobert è studente di
teologia a Roma. Avendo sentito parlare di Padre Pio, decide ad un
certo punto, con una discreta dose di ingenuità, di prendere il
treno e andarlo ad incontrare, in modo da farsene un'idea precisa e
verificare l'esattezza delle voci che circolano su di lui.
Arriva a San Giovanni Rotondo il 2
ottobre. In preparazione della festa di San Francesco, si svolge
nella piccola Chiesa una cerimonia pomeridiana con predica,
canti e recita del rosario.
Quella particolare espressione di fede
popolare, in versione meridionale, provoca una certa irritazione,
quasi un'idiosincrasia insopportabile nel giovane con la mente satura
di testi scolastici.
Non c'è da stupirsi. L'impatto con un
devozionalismo bigotto, spinto fino alle sue manifestazioni
parossistiche, chiassoso, disordinato, scomposto, estroverso, spesso
travalicante nella superstizione, deve essere risultato
particolarmente sgradevole ed ostico ad un futuro sacerdote alquanto
esigente con vezzi intellettualistici.
Comunque, approfittando del
lasciapassare rappresentato dalla veste clericale, riesce a
guadagnare una posizione strategica in una specie di tribuna. Ma
eccone il racconto proprio dallo stesso:
«Scorsi un posto libero in prima fila
e mi ci sistemai. Il mio vicino di sinistra tossiva, espettorava, si
soffiava il naso in continuazione, e ciò mi infastidiva non poco. Lo
guardai di sottecchi. Mi venne da pensare: "Ma questo viso non
mi è nuovo, debbo averlo già visto da qualche parte…"
All'improvviso, il cappuccino
sconosciuto posò bruscamente una mano sulla mia testa, con un gesto
che doveva essergli familiare.
Quella mano era guantata… Mi ritrovai
in ginocchio ai piedi del personaggio il cui incontro, al solo
pensarci, mi incuteva tanta paura: si trattava di Padre Pio in
persona!
Il fatto mi provocò un'impressione terribile, qualcosa di analogo ad un pugno sullo stomaco. Non riuscivo più a rimanere in quella posizione prona. Dovetti sedermi, perché le gambe cedevano e non avevo più forze.
Continuavo a fissarlo, affascinato da
quel volto proteso verso un "aldilà" che a me rimaneva
sconosciuto.
Assistevo, nel mio intimo, al sorgere
di un sentimento d'affetto per quest'uomo che, in maniera evidente,
soffriva molto.
Sentimento che, d'altra parte, era
stranamente in contrasto col disprezzo che nutrivo per la folla che
ascoltava un frate denunciare il comunismo, parlare della Madonna e
di altro ancora che non saprei dire…»
Ma è il seguito quello che ci
interessa più da vicino.
Come premessa, va detto che i sacerdoti
erano esenti dalla lunga trafila a cui veniva assoggettata la gente
comune, ossia, non dovevano munirsi del fatidico numerino ed
aspettare pazientemente due o tre giorni prima di essere confessati
da Padre Pio.
Derobert, intellettuale in erba, non
era certo il tipo da rinunciare ai privilegi derivanti
dall'appartenenza alla casta sacerdotale. Così era andato in sacrestia
alle sette del mattino e si era posizionato al quinto posto di una
lunga fila. Ma sentiamo da lui:
«Mi trovavo in attesa con una certa
ansietà e mi perveniva, a tratti, la voce robusta del Padre che
iniziava a gridare: "Quante volte?" – ed ogni tanto
scacciava un penitente – "Via, via! Vai a cercare un altro
confessore!", incurante delle suppliche: "No, no, Padre…"
Al mio turno, presi posto al
confessionale.
"Padre, sono francese".
"Bene, e che cosa hai fatto?"
mi domandò in latino.
"Parli pure italiano Padre, perché
la capisco".
"Bene, che cosa hai fatto?"
"Non so!"
Poi, cominciando a confondermi, iniziai
ad infastidirmi. Mi sentivo ridicolo, dal momento che non sapevo cosa
dire. Il vuoto. Soltanto dopo venni a sapere che Padre Pio metteva a
nudo l'Anima. Durante tutto questo tempo, sorrideva.
"Sì, è vero", mi disse, "ma
ti è già stato perdonato venerdì scorso"
Ed era verissimo. Lui proseguì:
"Ma tu dimentichi questa cosa e
quest'altra… Due anni fa, in quel posto. Perché hai fatto ciò? E
quell'altro? È vero o no?"
Con le lacrime agli occhi, mi mostrò
la gravità di certe azioni, una gravità alla quale, devo
riconoscere, non avevo mai pensato. Ma proprio nel momento in cui
ascoltavo le spiegazioni che uscivano dalla sua bocca, quelle
mancanze assumevano per me le loro vere dimensioni.
"È una cosa grave… molto
grave…". E si metteva a piangere e a soffrire.
Mi trovavo assai a disagio, tanto
più che i fatti menzionati da lui corrispondevano a verità. Vi
aveva aggiunto anche dei dettagli che io stesso avevo totalmente
dimenticato. Succede a volte che si agisca per riflesso, senza avere
il senso di una qualsiasi colpevolezza.
Mi impartì l'assoluzione, e mi
domandò:
"Credi all'Angelo custode?"
"Beh! Non l'ho mai visto..."
Fissandomi con uno sguardo penetrante,
mi rifilò un paio di ceffoni, scandendo gravemente queste parole:
"Guarda bene! È là ed è
bellissimo!"
Mi voltai, ma ovviamente non vidi
nulla. Ciò nondimeno, lui, il Padre, aveva negli occhi l'espressione
di qualcuno che invece vede qualcosa. Non guardava nel vago, ma in un
punto preciso.
"Il tuo Angelo custode è là e ti
protegge! Pregalo molto… Pregalo molto!"
Gli occhi di Padre Pio erano luminosi.
Riflettevano la Luce della mia Guida celeste».
A conclusione di questo fatto, restano
da aggiungere soltanto alcuni particolari.
Innanzitutto la testa del giovane
penitente, chino sull'inginocchiatoio, si trovava così vicina al
Santo confessore, che era seduto sulla tradizionale sedia di paglia,
da sfiorargli quasi la fronte.
In secondo luogo, lo studente era dotato di una corporatura che lo faceva somigliare ad un giocatore di rugby, quindi non dev'essere stata un'impresa facile, per Padre Pio, assestargli quei due sonori ceffoni, considerando lo stato dolente delle mani segnate da stigmate.
Possiamo dedurre, con una punta di
ironia, che Padre Pio sebbene "angelico" fosse anche un po'
manesco e che l'uso delle mani "alla don Camillo"
probabilmente gli procurava anche delle fitte acutissime. (Ma come
diceva Trilussa: "Quanno ce vò, ce vò..."; ndr).
Traduzione, relazione e cura di:
Sebirblu.blogspot.it
Ecco il video di don Alessandro M. Minutella:
Nessun commento:
Posta un commento