Sebirblu, 9 ottobre 2022
È impossibile non rilevare, ad un occhio attento, l'analogia che intercorre tra il 1962 e il 2022, e proprio nel mese di ottobre ‒ perciò a 60 anni di distanza (leggere QUI l'importanza del n° 6) ‒ quanto sta accadendo fra Russia ed USA che sempre più pericolosamente stanno portando il pianeta nel baratro. Lo sottolinea molto bene l'articolo che segue, preceduto da qualche mia considerazione.
In quel tempo lontano sedeva sul soglio petrino Giovanni XXIII che, dietro l'accorato appello dell'allora presidente americano John F. Kennedy, provvedeva a fare da ponte ("pontifex" appunto) tra la Casa Bianca e il Cremlino per l'immediato ritiro dei missili che l'Unione Sovietica aveva minacciosamente posizionato a Cuba. (Cfr. QUI).
Per grazia di Dio vi riuscì, e il mondo angosciato emise un sospiro di sollievo, uscendo dall'incubo di un imminente scontro atomico.
Ora, però, pur trovandoci in una situazione simile, se non peggiore per gli sviluppi recentissimi dell'annessione del Donbass da parte russa, ci troviamo di fronte a due capi di stato: Biden e Bergoglio, assolutamente inaffidabili per le loro dichiarazioni.
L'uno, per la sua fragile tenuta mentale dovuta all'età, forse a causa di una demenza senile emersa in varie occasioni; l'altro per la sua ambiguità, ampiamente esposta in questo suo disastroso decennio al timone della Barca di Pietro.
È curioso notare inoltre, che entrambi sono degli "abusivi" del posto che occupano perché eletti in modo del tutto illegittimo. Rappresentano, come più volte ho ripetuto, le due "Bestie" apocalittiche – quella salente dal mare (ossia dal caos delle nazioni) il Mondo, e quella salente dalla terra (cioè dalla polvere, dal "basso") l'attuale pseudo Chiesa con il suo Falso Profeta. (Cfr. QUI, QUI e QUI).
Biden e Bergoglio, perciò, come dimostra la stessa lettera "B" dei loro cognomi, sono subalterni fantocci della "A" rappresentata dalla Gerarchia Occulta o "Deep State", a suo turno guidata dallo stesso Lucifero che governa la Terra (si spera ancora per poco!).
Riporto quindi le parole dette ieri dal 'presidente' USA durante una raccolta fondi per i democratici: "Putin non scherza... Per la prima volta dai tempi della crisi dei missili a Cuba, c'è la minaccia di un «Armageddon» nucleare".
Per quello che riguarda invece l'Impostore argentino, egli cerca di dare un "colpo al cerchio ed uno alla botte" perché, mentre in aereo, di ritorno dal Kazakhstan (evidentemente i «cieli», come sempre, gli danno alla testa), dichiarava ai giornalisti così: "L'invio di armi all'Ucraina è un atto lecito e morale, se la motivazione è morale".
In un'altra occasione, incontrando i gesuiti, citava cosa un capo di stato gli aveva riferito: "il conflitto è provocato dall'espansione ad Est della NATO che «abbaia» alle porte della Russia", aggiungendo poi: "Putin è un uomo saggio che parla poco... davvero molto saggio". Cfr. QUI.
Ed ora lascio il passo allo scritto chiarificatore annunciato sopra.
Una Follia Suicida
di Rafael Poch de Feliu
Questo mese segna il sessantesimo anniversario della crisi dei missili cubani. Ora ci avviciniamo a qualcosa di simile, ma l'opinione pubblica resta nell'inconsapevolezza.
Tra il 14 e il 28 ottobre 1962, infatti, il mondo era sull'orlo del baratro. All'origine di tale crisi si era instaurato un sentimento profondo di estrema insicurezza, derivante dalla presenza di armi nucleari avverse in prossimità delle proprie frontiere.
In quel tempo, tutti comprendevano i pericoli del dispiegamento di testate atomiche e dell'avanzamento di strutture militari presso i confini di una superpotenza rivale. I missili dell'Unione Sovietica avrebbero potuto colpire il territorio americano da Cuba, mentre quelli statunitensi posizionati in Turchia avrebbero potuto fare lo stesso.
La soluzione fu quella di compiere un passo indietro ed instaurare subito un contatto diretto: il famoso «telefono rosso» tra Cremlino e Casa Bianca. Oggi l'Ucraina riveste il ruolo di Cuba, ma il mondo rimane quasi indifferente.
Le circostanze sono diverse, ma il senso degli avvertimenti di Mosca è identico a quello emesso all'epoca da Kennedy: viene proclamato un «pericolo esistenziale». Ecco dove cominciano le disparità.
I moniti di Vladimir Putin all'Occidente su ciò che in quel tempo si chiamava «MAD» (Mutually Assured Destruction, ved. QUI; ndt) non funzionano. I politici e i media parlano di un «ricatto» del premier, mentre applica soltanto l'assenso comune a cui tutti si attenevano dopo il 1962.
Negoziare una riduzione dell'escalation di fronte all'evidenza del disastro, come è stato fatto allora, sembra fuori discussione adesso.
Attentati come quello avvenuto a Mosca in agosto, contro un ideologo nazionalista marginale (Dugin) al quale i think tank atlantisti ascrivono un'importanza che non ha e che ha ucciso sua figlia, o come quello di settembre contro i gasdotti del Baltico ‒ un vero attacco alla Germania ‒ conferma la velocità con cui gli Stati Uniti alimentano la spirale.
Oggi parliamo della guerra nucleare come se fosse un videogioco. Parafrasando il titolo dell'ultimo libro di Diana Johnston, stiamo andando alla deriva «From MAD to Madness (pazzia)», ossia dal consenso della guerra fredda al pericolo comune di una follia suicida.
L'avvertimento di Putin secondo cui userà «tutte le armi disponibili» per difendere la Russia da un attacco della NATO è sincero, ammette Josep Borrell, capo della politica estera dell'UE, «Ma questo non cambia la nostra determinazione e la nostra unità per difendere l'Ucraina».
L'accento è posto solo sull'invasione criminale dell'Ucraina, iniziata a febbraio, senza menzionare la serie di ragioni che vi si nascondono dietro, da trent'anni. (Cfr. QUI, QUI e QUI; ndt).
Al centro dell'attuale crisi ci sono le affermazioni USA: «Io sono l'unica grande potenza e voglio rimanerlo», e «perdo posizioni nel mondo, ma la mia superiorità militare è schiacciante, quindi la uso al massimo per compensare queste perdite».
Con questo schema, dominare l'Ucraina e rompere il legame economico aggiuntivo tra Germania e Russia (tecno-energia) è fondamentale per signoreggiare l'Eurasia, e questa bramosia è ben nota da parte degli Stati Uniti. Washington la proclama da almeno 25 anni:
‒ far entrare l'Ucraina nell'Alleanza atlantica, schierarvi missili in grado di colpire Mosca in cinque minuti, annullare/intercettare le sue capacità reattive e trasformare Sebastopoli, la città di tutte le glorie russe, in una base NATO in Crimea.
Questa era la prospettiva reale che si aprì con il cambio di regime a Kiev nell'inverno 2014.
Dacché la grande strategia cinese della "Nuova Via della Seta" (ved. QUI; ndt) annunciata nel 2013, aveva per ambizione di integrare l'Eurasia mediante una fitta rete energetica e commerciale da Shanghai ad Amburgo, i giochi erano chiaramente stabiliti: da un lato le risorse economiche/mercantili cinesi ed europee, nonché il potenziale russo sull'energia e gli enormi investimenti di Pechino, dall'altro le vaste disponibilità militari USA.
Anche per quanto concerne la rottura del legame energetico tra Germania (UE) e Russia, la storia è ben nota. Non comincia col Nord Stream 2, ma molto prima con gli accordi del 1981 tra Bonn e Mosca per costruire gasdotti ed esportare gas russo. (Ved. QUI; ndt).
Questa pietra miliare della grande politica tedesca di distensione tramite lo scambio commerciale è stata spietatamente combattuta da Washington fin dall'inizio con ogni sorta di argomenti di «difesa» e di ricatto.
La risposta del cancelliere Helmut Schmidt nel 1982, a queste pressioni, fu chiara: «Lasciate che cantino la messa, il progetto tiene bene».
La reazione degli Stati Uniti, dopo aver minacciato di ritirare le loro truppe stanziate in Germania e dopo aver lanciato altri appelli infruttuosi, fu quella della forza (QUI).
Poiché alcuni elementi del progetto erano prodotti negli Stati Uniti, la CIA introdusse un software (ved. QUI e QUI; ndt) per controllare la pressione nei tubi in modo da farli esplodere.
Nell'estate del '82, i lavori del gasdotto vennero quindi fatti saltare in aria in territorio sovietico, come poi rivelò Thomas Reed, militare dell'aviazione ed ex membro del Consiglio nazionale di sicurezza americano, nelle sue memorie del 2004.
I sabotaggi di settembre alle condutture, situate in una delle zone marittime più controllate dalla NATO, non sono stati quindi la prima azione americana verso il collegamento energetico tra Germania e Russia.
"Il nostro principale alleato, colui che la maggior parte dei tedeschi e la Germania ufficiale, sia nella politica come nei media, considerano un amico, distrugge le vie di trasporto del nostro approvvigionamento d'energia che sta alla base dell'attività industriale del nostro paese?" ‒ si interroga Albrecht Müller ‒ caporedattore del principale media indipendente tedesco.*
*[È il "NachDenkSeiten", mezzo milione di lettori, ossia più del doppio della tiratura del più importante quotidiano dell'establishment tedesco, il Frankfurter Allgemeine Zeitung.]
Ancor peggio, perché testimonia una manifesta assenza di anticorpi, l'eventualità di una guerra nucleare che, negli anni '80, fece scendere centinaia di migliaia di cittadini in strada, specialmente in Germania, non sembra preoccupare ora più di tanto l'opinione pubblica... Che succede?
Viviamo certamente in un «contesto culturale» assai diverso da quello di allora, soprattutto in terra teutonica. Uno degli aspetti di tale differenza risiede nella corruzione strutturale dei media europei, molto evidente in Germania (come da video a seguire, che da qualche anno ha fatto il giro del web, specialmente dopo la morte del giornalista; ndt).
Ogni giorno i media mainstream ci riferiscono i crimini dell'esercito russo in Ucraina, senza dire una parola sui soprusi di massa della stessa.
Essi dichiarano, con l'aiuto dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA; ved. QUI; ndt), che la centrale nucleare di Zaporijia, controllata dall'Occidente (ora non più, ndt), veniva bombardata senza spiegare da chi; ignorano i sabotaggi nel mar Baltico e banalizzano il pericolo di un conflitto nucleare che potrebbe facilmente divenire incontrollabile.
«I giornali più influenti del pianeta fanno propaganda per la Terza Guerra Mondiale, mentre le voci che predicano la verità, la trasparenza e la pace sono emarginate, zittite, evitate e imprigionate», afferma la giornalista australiana Caitlin Johnstone, che non ha alcun nesso con l'autore del libro su menzionato.
In occasione dell'anniversario della crisi di Cuba nel '62, siamo più vicini che mai ad un rischio che aumenta ogni settimana.
Gli Stati Uniti, a motivo dello schema strutturale della loro economia, dell'assenza di sconfitte militari sul proprio territorio, di una nota predisposizione alla violenza fin dalla loro originaria nascita come Stato, e della totale mancanza d'esperienza bellica nelle sofferenze umane, si trovano al centro di questo pericolo globale.
Lascio ai ciechi il compito di definire questa mia osservazione «anti-americanismo»: tutti gli imperi che crollano sono insidiosi quando vengono colpiti ma, qui ed ora, non c'è nulla di più allarmante della reazione attuale dell'America, al suo declino come potenza egemonica.
Chiosa di Sebirblu
Comunque sia, ribadisco ancora ciò che ho sempre detto nei miei post: ci troviamo nel bel mezzo dell'Apocalisse.
Stiamo vivendo e assistendo agli ultimi tempi in terza dimensione del nostro pianeta, ma noi sappiamo benissimo che il Male non prevarrà perché le Forze mirabili della Luce, in piena attività ORA seppur nell'invisibile, proteggeranno chi in Dio confida e ne segue le Leggi.
Nostro Signore e Sua Madre Santissima non abbandoneranno il "Piccolo Resto" ad un tragico destino ma, come di continuo promesso lo porteranno in salvo... INCOLUME! (Ved. QUI, QUI, QUI e QUI).
Traduzione libera e relazione a cura di Sebirblu.blogspot.it
Fonte: reseauinternational.net
Nessun commento:
Posta un commento