mercoledì 1 maggio 2024

L'Uomo spirituale di fronte alle Religioni di massa

 

"L'ipocrisia è il cancro delle religioni.
  Esso le corrode fino ad ucciderle."

Sebirblu, 30 aprile 2024

Sono molte ora le persone, specialmente dopo le restrizioni e gli obblighi governativi imposti all'umanità dal 2020, a sentire la necessità di rivolgersi a Dio per una maggiore e più profonda Conoscenza interiore.

Ma le stesse non sono più disposte a seguire ciecamente ciò che si insegnava loro soltanto qualche decennio addietro e questo per diversi motivi:

‒ il primo fattore, a mio avviso, è l'evoluzione che attraverso la sofferenza dei limiti subiti ha fatto un balzo in avanti, sensibilizzando maggiormente gli animi per un nuovo approccio con il "Trascendente".

‒ il secondo è la constatazione di aver assistito al tradimento delle chiese che, soprattutto in ambito cattolico sono rimaste chiuse, senza portare alcun sollievo ai fedeli e dando così un pessimo esempio di Carità cristiana. (Cfr. QUI).

il terzo è il susseguirsi continuo di scandali di vario genere con cui gran parte del clero si è macchiato e, non ultima, la "scoperta" di molti che sul Trono di Pietro, da undici anni, siede un Falso Papa demolitore non solo della Chiesa fondata dal Cristo, ma anche del Vangelo stesso.

L'elenco delle ragioni che hanno indotto molta gente ad abbandonare le pratiche religiose in tutto il mondo sarebbe ancora lungo da analizzare, ma di sicuro ha spinto numerosi esseri ad avere un rapporto più diretto con Dio, senza intermediari esterni, cercando in sé stessi nelle profondità dello spirito le risposte tanto attese.

È su questo che verte in prevalenza l'articolo, tratto da un volume di Pietro Ubaldi (ved. QUI) il quale affronta magistralmente il problema di quanti, risvegliati nella propria consapevolezza esistenziale, preferiscono appartarsi in solitudine piuttosto che scendere a compromessi con una Chiesa che rasenta troppo la terra per poterli seguire nel loro libero volo...




La Posizione dell'Uomo spiritualmente evoluto di fronte alle Religioni.

«Osserviamo un particolare caso di coscienza, quello del comportamento che deve seguire l'individuo spiritualmente più sensibilizzato della media e per ciò aderente ad una religione di sostanza più che di forma, ma tuttavia nella pratica inquadrato nelle norme imposte alle masse.

Vi sono nella società anche esseri profondamente evoluti, che per questo fanno molta fatica ad incanalarsi nella corrente in cui così bene si trova la maggioranza. È un dato di fatto che spesso la forza del numero è quella che stabilisce ciò che è legge e veridicità.

Quando l'errore è dalla parte dei più non è giudicato tale, ma verità, e quando il Vero sta dal lato della minoranza non passa come autentico ma come errore. Sembra che la verità, quando non è armata di qualche forza per farsi valere imponendosi, perde il suo valore e si riduce ad un'affermazione teorica senza diritto a realizzarsi. (Cfr. QUI; ndr).

Togliete ad una qualsiasi dottrina la potenza che le conferisce il numero di seguaci, ed essa resterà un'idea nuda e sola, che può essere la più bella e perfetta, ma che non è presa in considerazione. Per questo ogni religione si appoggia sul proselitismo.

Che deve fare allora l'individuo in minoranza? Egli può scegliere tra varie vie. Una può essere quella di adattarsi ai gusti della maggioranza. Ma quelli rappresentano per lui una religione di forma, scarsa di sostanza.

Conformarsi e accettare tale mentalità significherebbe per lui rinunciare all'esistenza spirituale vissuta in profondità, cioè mutilarsi nella parte più alta del suo essere. Ciò, per chi è maggiormente progredito nello spirito, è la più penosa e anche dannosa delle esperienze, quella della retrocessione involutiva che lo porta a vivere ad un livello spirituale più basso.

L'individuo più evoluto ha un altro concetto di Dio. Le masse se ne sono fatta una propria rappresentazione per loro uso e consumo, ridotta nelle dimensioni del loro concepibile. L'essere medio concepisce un Dio antropomorfico fatto a sua immagine e somiglianza. Ora, una sua riduzione in così angusti confini è inaccettabile per chi pensa più in profondità.

L'uomo più elevato concepisce Dio come un sapiente Pensiero, funzionante in ogni forma e fenomeno, ovunque sempre Presente, con il Quale bisogna fare i conti in ogni movimento, perché quel Pensiero li regola tutti con una Legge esattamente stabilita e che non si può violare senza doverne poi pagare le conseguenze.

Si tratta di concetti positivi, razionalmente e sperimentalmente controllabili, di cui la scienza si impossesserà per costruire una nuova religione basata sulla logica dei fatti, quindi universale.

Come si osserva, in questo caso il problema religioso è impostato in forma del tutto diversa.  Avviene però che,  invece di aprire le porte a tali concetti più accettabili per la scienza,  si insiste nei vecchi, che sembrano fatti apposta per spingere le menti colte ad una negazione sommaria, finendo nella irreligiosità dell'ateo. A questi risultati possono portare gli antichi metodi.




Quando una religione impone il concetto di un Dio esclusivamente personale e trascendente, l'evoluto progredito, pur desiderando di obbedire, può dire a se stesso:

«Io non posso accettare perché i fatti mi parlano invece dell'immanenza di Dio in tutto l'universo. È vero che Egli in esso è centrale e per questo può essere inteso anche come personale, ma ciò non mi impedisce di vedere che Egli è pure periferico, cioè presente in tutto ciò che esiste.

Così concependolo, io sento questa Sua Presenza e non posso negarla per ammettere invece un Dio immensamente lontano, che si assenta dalla sua Creazione isolandosi nella sua trascendenza.

Se così fosse, tutto morirebbe all'istante. Ed io ho bisogno di questa Presenza per vivere, perché sento che quel separarsi da un Dio relegato così lontano mi uccide. So che in tutto Dio è presente, come Pensiero direttivo, come dinamismo animatore di tutte le forme dell'esistere in cui Egli si esprime.

Cosi anche in me,  così come in ogni altra creatura, Dio è presente.  Io sono cellula del Suo Organismo vivo in tutti gli esseri; devo quindi pensare all'unisono con il Pensiero che di quell'organismo dirige i movimenti, e devo funzionare secondo i principi che lo reggono, cioè secondo la Legge di Dio.

Certo Egli è l'IO centrale dell'organismo del Tutto, ma come avviene nel nostro, l'IO centrale non si isola dai suoi elementi costitutivi, ma esiste anche in ogni cellula, la quale non può vivere che in funzione di Lui, in strettissima unione e comunione con Lui. Dio è la Vita ovunque presente.

Togliete all'essere questo legame ed esso muore. Dio è l'esistere. Un isolamento di Dio nella sola Sua trascendenza distruggerebbe il Creato, perché taglierebbe questo fuori dalla corrente dell'esistere.

Non so se questo è panteismo. Ma so che non posso rinunciare a questa Presenza di Dio, perché è essa che mi fa vivo nell'eternità. Una tale rinuncia troncherebbe il filo della mia vita, quello che mi unisce a Lui, e dal Quale la ricevo.»




Comprendere e vivere tutto questo è fondamentale per l'uomo spirituale, ma poco interessa alle masse. Non si tratta di astrazioni teologiche, ma di una maniera di concepire la vita e di realizzarla differente da quello delle maggioranze, con risultati diversi, a cui chi li conosce non può rinunciare.

Moltissimi risolvono gli elevati problemi spirituali, come quelli della coscienza e conoscenza, in maniera molto facile, cioè ignorandoli o sopprimendoli, occupandosi solo di quelli dello stomaco e del sesso. Ma cosi si ottiene il vantaggio di semplificare la vita e di alleggerire la fatica della lotta, ridotta alle conquiste più elementari.

Tutto ciò si spiega. È vero che è potente la spinta dell'evoluzione che porta al «S» (Sistema divino), essendo la redenzione Legge fondamentale e Ragione dell'esistenza. Ma è vero pure che a tutto ciò resiste una pur opposta potente spinta d'involuzione che tende all'«AS» (Anti-sistema satanico).

Questo conduce, invece che allo sforzo per ascendere, a scivolare sempre più in basso. È la negatività che vuole la perdizione, che si oppone alla positività salvatrice. Ecco cosa significa la retrocessione involutiva a cui si ridurrebbe l'uomo spirituale se si adattasse al livello delle masse che vorrebbero trattenerlo nel loro piano.

La posizione di queste ultime è completamente diversa. Esse non posseggono, non saprebbero usare l'autonomia spirituale se la possedessero, quindi non la desiderano. Bisogna pur capire tale forma mentale. Le pecorelle, per vivere, hanno bisogno del gregge, e di un pastore che le guidi. Lasciate sole all'aperto, in libertà, non sanno dove dirigersi e si perdono.

L'autonomia che per l'evoluto spiritualizzato ha un valore inestimabile, per i "fedeli" non è un vantaggio, ma un pericolo e un danno. [...] (Nel frattempo, però, è così che si forma lo spirito di gruppo, che sotto il pastore resta unito il gregge, e più questo è grande tanto più è potente; ndr). E per la sua estensione in crescita si va realizzando per gradi il progresso di collettivizzazione. [...]

(Per gradi appunto, perché al livello attuale di evoluzione delle masse, abituate ad obbedire ciecamente, o a ritirarsi del tutto dal contesto religioso che impone l'ordine con proprie regole di disciplina, non si può andare oltre; ndr).

Un  più  progredito tipo  di unificazione sociale,  quella  per cui è maturo l'evoluto e che egli potrebbe realizzare se trovasse un ambiente umano simile al suo, risulta invece essere composta da tanti individui autonomi, spontaneamente affratellati, in cosciente collaborazione per il comune vantaggio. Ma le organizzazioni umane di qualunque genere non hanno ancora raggiunto un tale piano evolutivo.

(A meno che non si tratti di piccoli gruppi strettamente connessi l'un con l'altro al Principio Cristico sostanziale; ndr).




È secondo le leggi della vita che per poter dirigere bisogna possederne le qualità, e che chiunque non le abbia debba invece obbedire. Libertà e comando significano responsabilità. Inettitudine e pigrizia portano ad uno stato di soggezione.

Tutti vorrebbero eliminare il rovescio della medaglia e farsi servire gratis. Ma anche il servizio che compie chi dirige bisogna pagarlo con l'obbedienza. Bisogna altrimenti imparare ad auto-dirigersi.

Se fino ad ieri le masse sono rimaste sottoposte, ciò è stato perché per immaturità ed inerzia hanno preferito la via della pazienza, per esse meno faticosa e rischiosa.

Un'altra via può scegliere l'individuo più evoluto che si trova in minoranza; non quella ora vista di un vero adeguarsi, ma quella di un finto accondiscendere, solo mimetizzandosi all'esterno nelle forme, ovvero la via dell'ipocrisia.

La vita suole usare la menzogna, quando non vi è altro mezzo, come conciliativo tra opposti. È un accordo solo apparente, che si limita a nascondere il dissenso che resta, non più sincero e visibile ma contorto tanto da sembrare consenso.

Tutto ciò si giustifica in quanto è un tentativo, un anticipo di quello vero, a cui per evoluzione si dovrà poi arrivare. Tuttavia anche questo è un modo per raggiungere una convivenza pacifica, il che è preferibile ad uno stato di guerra. [...]

Certo che mentire non è onesto ed è necessaria molta insensibilità morale per potervisi adattare. Ma quando l'intesa non si può raggiungere nella sua vera posizione diritta, la vita si conforma a raggiungerla in maniera rovesciata che, seppur si presenti come pseudo accordo, è per lo meno un tacito compromesso che, bene o male, già un po' avvicina le due parti contrarie e permette una prima istanza di pacifica convivenza tra opposti.

Ecco qual è la funzione biologica della menzogna. Così si spiega come l'esistenza, onestamente utilitaria, vi ricorre seguendo la logica del suo principio col minimo mezzo.

È in questa foggia che l'individuo può allinearsi ad assumere la forma mentale religiosa imposta dalla maggioranza quando è ancora involuto, e con ciò provvisto di quella insensibilità che permette dei cedimenti morali. Ma non vi si abituerà per nulla un essere avente una ben più alta sensibilità, in quanto il metodo dell'ipocrisia resta per lui impraticabile.

È così che un tale "escamotage" (ossia di pseudo accondiscendenza; ndr) risulta valido soprattutto per i meno evoluti, essendo loro utile per nascondere la forma mentale che li porta invece all'utilizzo della religione per interessi materiali, quali l'ottenere rispetto, autorità, posizione sociale e il benessere che tutto ciò porta con sé.




Se né l'adeguamento sincero né quello ipocrita sono accettabili per l'individuo più progredito che si trova in minoranza, vi è tuttavia per lui un terzo modo con cui risolvere il suo caso: l'isolamento.

Anche se questo a tanti può apparire come indifferenza religiosa, assenza spirituale, miscredenza o ateismo, ed essere per essi causa di scandalo, tale metodo, per quanto appaia condannabile in faccia al mondo, è migliore degli altri di fronte a Dio, in quanto evita la retrocessione evolutiva a cui porta il primo criterio, e il cedimento morale implicito nel secondo.

Ottimo è lo spirito di conciliazione che lubrifica gli attriti e attutisce l'urto, ma non a questo prezzo. Ridurre una religione ad una forma di ipocrisia è beffarsi di Dio, ed è necessario un alto grado di insensibilità morale per potersi ridurre a tanto. È meglio un ateismo sincero e convinto che una falsa religiosità.

Come si vede, nei due casi, il modo di concepire la vita è completamente diverso. Ciò porta ad un'etica e ad un comportamento del tutto differenti. Le religioni ufficiali sono il risultato di un lungo processo di adattamento dell'idea madre che le ha generate, agli istinti, gusti e bisogni umani, operatosi nel subcosciente delle masse.

L'uomo spiritualmente evoluto rimane fedele al concetto iniziale e respinge i compromessi. Da qui il dissenso. Ora, l'aderenza all'idea primaria non è utopia, perché costui non la riceve ciecamente da un profeta fondatore di religione, ma la controlla e l'accetta perché gli viene confermata dall'osservazione del funzionamento direttivo (e intelligente; ndr) di tutto ciò che esiste, cioè da un fatto sperimentale positivo e universale.

L'essere umano non ha coscienza della presenza di tale Pensiero (divino), non ha idea del suo Potere assoluto e, resistendogli col porsi in contraddizione con esso, non concepisce quali cataclismi si attira addosso.

Nella sua ingenuità crede  che persino la Legge di Dio  possa essere ingannata e che da essa si possa  evadere con astuzie. Essa invece impone un equilibrio inviolabile secondo una giustizia calcolabile con esattezza matematica. Ne segue una morale ferrea e realmente funzionante, al posto di quella del mondo, elastica e comoda ma ingannevole.

Chi segue la prima sa che ogni abuso produce una proporzionata privazione, sa che per raccogliere bisogna aver seminato, che per ricevere bisogna aver dato. Chi ha rubato deve restituire tutto, più gli interessi e il risarcimento dei danni. Fino a che ciò non sarà fatto e non si sarà cambiato modo di agire, quel rubare produrrà miseria.




Per la stessa Legge ogni generosità, invece, produce abbondanza. (Ved. QUI, come funziona la Provvidenza divina; ndr). Il fatto è che si ignora questa presenza attiva della Legge che si frappone tra l'azione dell'essere e i risultati da esso cercati. [...]

(E vi si frappone perché tende al raddrizzamento di quest'ultimo, per riportarlo nel "Sistema" voluto da Dio; ndr). 

Ma l'uomo non comprende che non raggiungendo i suoi fini, proprio quel dolore e quella penitenza lo salvano, poiché è per questa via che sta il segreto della Salvezza universale. [...]

Si spiega così, come la ricerca della felicità, fatta con i metodi del mondo, finisca sempre nella sofferenza, ossia nel punto critico correttivo dell'errore, piuttosto che in quello della vittoria del Male.

Tutto si risolve, allora, quando si comprende questo intreccio di forze opposte, apocalittico scontro tra il Bene ed il Male, diretto a concludersi fatalmente col trionfo del primo. [...]

In tal modo abbiamo scoperto con quali mezzi di difesa la Legge fornisce i giusti che sembrano inermi nel mondo. Essa non li abbandona. Ciò è possibile perché il «S» è sempre presente anche nell'«AS» e al Pensiero di Dio nulla sfugge.

Perciò, l'uomo che vive secondo la Legge, e con ciò si pone nel campo di azione diretta del «S», risulta più potente di colui che vive contro di essa, nella posizione inversa e negativa dell'«AS».

Di questo meccanismo la Scienza ancora non sa nulla, continua il tentativo di rovesciamento del «S» in «AS». (Ved. QUI; ndr). Tentativo folle perché serve solo per eccitare nella Legge reazioni che poi si pagano col proprio dolore.

Eppure, con retta condotta, lanciando queste forze nella direzione giusta, si potrebbe raccogliere bene invece che male e costruirsi dei destini di pace e di gioia, al posto di ansie e sofferenze.

L'uomo, che lo voglia o no, vive dentro la Legge come un pesce dentro il mare. Per quanto voglia ribellarsi non può esistere che immerso dentro di essa, proprio come avviene, analogamente, per l'atmosfera terrestre.

Nella nostra esistenza vediamo che quando facciamo cattivo uso di una cosa buona, cercando di realizzare il suo capovolgimento, vediamo che essa diventa cattiva per avvelenarci.

Di fronte all'abuso non vi è allora altro rimedio che il giusto pagamento raddrizzante l'inversione, riportandoci nell'ordine, in accordo con la Legge. Così chi si vuol liberare dalle conseguenze del malfatto, non ha altro mezzo che quello di fare altrettanto bene.

La compensazione tra le due spinte, positiva e negativa, deve essere esatta. Per ritornare nello stesso punto da cui si è discesi, bisogna rifare in salita tutto il tratto percorso all'ingiù: pregare e invocare sarà utile, ma solo come mezzo accessorio.

Il problema non sarà risolto fino a che tutto il lavoro di risalita e relativo pagamento non sarà stato compiuto.»

Ed io aggiungo, concludendo, che in questo consiste l'eterna e giusta Legge di Dio.

Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it

Estratto dal libro di Pietro Ubaldi: "La Tecnica funzionale della Legge di Dio" - cap. 2

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