venerdì 4 dicembre 2015

Il Natale negato, segno della nostra disgregazione




Sebirblu, 3 dicembre 2015

Il periodo dell'anno appena iniziato è il più ricco in festività e ricorrenze mondane che coinvolgono gran parte dell'umanità fino al 6 gennaio. Così, il mio pensiero è corso a considerare quanto sono cambiate nel loro insieme le celebrazioni sacre nell'ultimo scorcio di secolo.

Esse infatti con l'aumento del benessere occidentale, risucchiate dal vortice opulento e individualista, si sono impoverite della loro più profonda espressione religiosa diventando profane e perdendo irrimediabilmente ogni valore sostanziale necessario per vivere.

Naturalmente, tutto ciò non è avvenuto "per caso" ma è stato fortemente voluto ed auspicato dalle forze Oscure che governano il mondo assoggettandone gli abitanti ignari con satanica maestria.

Ecco allora che, al posto di "Gesù Bambino" recante i doni, siamo passati all'usanza nordica di Babbo Natale con tanto di slitta e renne, per arrivare pian piano, subdolamente, ad eliminare i presepi (preferendovi l'albero scintillante e colorato), i re Magi (per rimpiazzarli con la Befana) le croci e qualsiasi altro richiamo al Cristianesimo perché troppo "scomodo" o addirittura offensivo per altre confessioni.

Così, anche altre ricorrenze come quella di Pasqua (utile ormai solo per programmare vacanze e picnic all'aperto con le immancabili uova variopinte), il giorno di San Giuseppe (mutatosi in festa del Papà), di Ognissanti concomitante alle bolge di Halloween (Cfr. QUI), degli Angeli Custodi il 2 di ottobre (diventato festa dei Nonni) e via dicendo...

Ma la cosa più grave, come suddetto, è la scomparsa graduale, pressoché costante nell'ambito sociale e in special modo educativo, del senso della cristianità; inconsciamente la si rinnega, come se ci si dovesse vergognare delle nostre radici bimillenarie provenienti dall'epoca romana.

È per questo motivo, gentili Lettori, che ho deciso di pubblicare l'articolo che segue perché, pur essendo uno fra i tanti ormai, è anche la denuncia di una nuova mentalità umana completamente vuota, superficiale, insipiente e sterile che pretende purtroppo arrogantemente di insegnare alle nuove leve generazionali.


Mercatino natalizio a Stoccarda in Germania

Il Natale oscurato segno della nostra disgregazione

Tommaso Scandroglio, 29-11-2015

Se passate dall'aeroporto di Fiumicino, alcuni negozi hanno addobbato le vetrine e gli interni con sagome di abeti in cui campeggia la scritta "Season Greetings" che letteralmente significa "Auguri di stagione".

Questi auguri "stagionali" vogliono sostituire quelli natalizi. Già Babbo Natale aveva avuto gran parte nello sfrattare dall'immaginario collettivo, soprattutto infantile, il Bambino Gesù.

Ora ci si sono messi pure le catene commerciali e gli enti pubblici in giro per il mondo a svuotare ancor più dall'interno il significato cristico del Natale, sostituendolo con un Natale laico, che è un vero e proprio ossimoro (di senso opposto; ndr), o con una Festa d'Inverno dal sapore tanto celtico.

Questa tendenza a "candeggiare" nella tinozza laicista il Santo Natale non ha risparmiato le scuole di ogni ordine e grado. Già da diversi anni parecchi istituti hanno abolito i presepi, e Gesù, Maria e Giuseppe non sono più persone gradite nelle aule a volte frequentate pure da immigrati clandestini con foglio di via.

La ventata cristiano-fobica ha avuto il suo picco in quel di Rozzano (nel milanese), in particolare all'Istituto Garofani.

Marco Parma, dirigente scolastico dello stesso, ha deciso di annullare l'usuale festa di Natale che si teneva ogni anno (ad eccezione delle Medie) e di sostituirla con festicciole private nelle classi, in stile "catacombale", e con una pagana Festa d'Inverno che si svolgerà a gennaio.

Banditi per tutti, poi, i canti a sfondo religioso e via dalle aule gli ultimi due crocefissi sopravvissuti non alla furia iconoclasta dei miliziani dell'Isis bensì al Consiglio di Istituto. La nostra piccola Palmira l'abbiamo avuta in provincia di Milano.


L'Istituto Garofani di Rozzano (MI)

Partiamo da un'evidenza (che non è più tale): il Natale si festeggia perché nasce Gesù. Proibire di intonare carmi religiosi è come impedire ad una ricorrenza di compleanno di inneggiare "Tanti auguri a te" perché potrebbe dare fastidio a quei bambini che non hanno compiuto gli anni in quel giorno.

Eppure è questa la motivazione addotta dal preside: «Per evitare che qualcuno potesse sentirsi escluso» si è deciso di censurare la fede cattolica in quell'istituto. Mettersi a cantare "Tu scendi dalle stelle" «non sarebbe stato il massimo», spiega Parma, «perché questa è una scuola multietnica».

Così gli esclusi e i discriminati finiscono per essere la maggioranza, cioè i bambini cattolici. Il dirigente scolastico aggiunge: «Non è un passo indietro nei confronti dell'Islam rispettare la sensibilità delle persone che appartengono ad altre culture e credenze religiose, mi pare invece un passo avanti nell'integrazione e nel rispetto reciproco».

Qualche riflessione su questo frusto argomento:

‒ Primo: se si vietano canti e simboli natalizi-religiosi, si viola la libertà d'espressione dei credenti. Si tratta di un atto di violenza culturale.

‒ Secondo: il rispetto della libertà non consiste nel vietare gli emblemi e le espressioni della fede cristiana, ma nell'astenersi dall'imporli.

Il cattolico sa che ogni manifestazione inerente al proprio credo corrisponde al Vero e l'eventuale fastidio da parte di terzi (tutto da provare perché spesso è presunto) risulta simile all'avversione di prendere una medicina amara... ma che fa bene.

Il laicismo pretende una neutralità "svizzera" in tema di espressività religiosa: pari dignità a tutte le fedi o, che è lo stesso, zero dignità a qualsiasi altra. Questo è inesatto perché nella prospettiva di Dio – e non degli uomini che hanno la vista corta – c'è una sola religione autentica, ed è quella del Cristo.

Dio è cattolico (ossia "universale", checché ne dica il Papa; cfr. QUI, ndr), non protestante, né ebreo, né musulmano (per gli incerti si rimanda al documento "Dominus Iesus della Congregazione della Dottrina per la Fede").




Nella prospettiva cattolica le altre credenze si tollerano e si rispetta il libero arbitrio delle persone non appartenenti alla Chiesa di Roma, dal momento che la libertà è condizione ineludibile e necessaria perché si aderisca ad essa volontariamente.

Il Cristo chiede di essere conosciuto e amato, ma amare è un atto di libertà. Il più eccelso atto di libertà.

Se poi portiamo a logica conclusione l'asserto che il rispetto delle differenze equivale alla cancellazione della propria identità, perché queste potrebbero risultare urticanti per chi non è cristiano, gli effetti diventano dirompenti.

Infatti, la fede permea tutto il nostro vivere: anche l'ateo dice "grazie" a qualcuno come forma di cortesia, ignaro che quel termine voglia dire «che il Signore ti riempia di grazie». Così come il suo interlocutore rispondendo: «prego», in pratica dice: «prego per te».

La cristianità è dappertutto: vie e piazze sono dedicate ai santi; così come sovente lo sono i nostri stessi nomi di battesimo, e la medesima cosa vale per ospedali ed università.

Per non infastidire atei e credenti di confessioni diverse dovremmo far tabula rasa di tutto questo? E ancora, perché non ampliare il discorso ad altre fedi, come quelle calcistiche? A Tizio dovrebbe essere vietato di andare in giro con la maglia della (gloriosa) Juve per non indispettire gli interisti o i milanisti.

‒ Terza riflessione: integrazione vuol dire che è l'ospite che si deve adeguare al contesto e alle regole dell'ospitante e non viceversa. 

Se ai bambini musulmani la canzoncina "Astro del Ciel" provoca la «pellagra» possono  ovviamente  astenersi  dal  presenziare.

Se io vado alla Mecca, non mi è lecito chiedere di radere al suolo il Masjid al-Haram, cioè la più grande moschea al mondo perché ne sono infastidito. Tanto per capire il senso del principio di reciprocità e di rispetto delle altre religioni così come inteso in Arabia Saudita: l'accesso alla Mecca è interdetto ai non musulmani.


La moschea di Masjid al-Haram con la Kaaba - Mecca - Arabia Saudita 

Se "sbianchiettiamo" la nostra specificità non c'è integrazione ma solo annullamento, perché quest'ultima prevede come presupposto logico che un'identità possa convivere pacificamente con un'altra.

Non integrazione quindi, ma disintegrazione di una fede, di una cultura, di un popolo, di una nazione. Se noi andassimo a cancellare i nostri dati anagrafici in Comune ciò significherebbe che per lo Stato noi saremmo morti, vale a dire dei cadaveri.

Quindi è sbagliato ciò che dice il preside: «meno si sottolineano le differenze e meglio è se si accentuano le concordanze». Sono proprio quelle diversità che identificano me stesso, altrimenti sarei uguale in tutto e per tutto all'altro. Il dialogo avviene tra due individui, non tra una persona ed un fantasma.

Infine tale preside, in merito ai recenti fatti di Parigi, così chiosa: «Se avessimo organizzato un concerto a base di canti religiosi dopo quello che è successo, qualcuno avrebbe potuto interpretarlo come una provocazione probabilmente anche pericolosa».

Gli risponde Nostro Signore: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna» (Mt 10, 28).

I terroristi e, in modo non violento, una buonissima parte del mondo islamico vogliono annientare la nostra fede, e sradicare dai nostri cuori e dalle nostre menti le verità rivelate. Vogliono togliere il crocifisso per metterci la mezzaluna.

Il preside di Rozzano ha già compiuto per loro metà dell'opera. La cosa triste, sicuramente, sta nel fatto che noi ci prestiamo a questo piano. «Islam», infatti, significa sottomissione (che altra musica quando Gesù ci dice «Non vi chiamo più servi [...] ma vi ho chiamato amici», Gv. 15, 15).


James Seward

Non opponiamo resistenza, e scegliamo da noi l'eutanasia della fede. Anticipiamo il nemico nei suoi progetti e diamo alle fiamme la cittadella cristiana con le nostre stesse mani. Il dramma sta tutto qui: il cattolico medio ‒ così come mediamente sul piano culturale l'italiano comune ‒ è un imbelle.

Di fronte a gente spietata che follemente si suicida (e dà la morte ad altri; ndr) per una credenza erronea, noi non siamo capaci ‒ non diciamo di dare la vita per Cristo, ossia di offrirGli fedeltà «usque sanguinem» ‒ ma almeno di fornire un'aula dove si insegnano canti cattolici.

In nome di Allah ci bersagliano a colpi di kalashnikov e noi porgiamo loro le terga a brache calate. La pavidità di affermazioni come «non offendiamo, siamo prudenti, veniamoci incontro, scegliamo ciò che ci unisce e non ciò che ci divide» è il sintomo più veritiero che la nostra fede è già morta.

Ci prostituiamo con il pretesto della tolleranza, ma siamo noi che non tolleriamo più il nome di Cristo.

Relazione, adattamento e cura di Sebirblu.blogspot.it

Fonte: lanuovabq.it, ma confrontare anche QUI e QUI.

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