domenica 10 dicembre 2017

Gerusalemme capitale: Trump dà Fuoco alle Polveri?




Sebirblu, 9 dicembre 2017

Che il presidente Trump sia una sorta di "mina vagante", perché supportato sin dagli inizi della sua campagna elettorale da potenti lobby evangelico-cristiane-sioniste a cui ora ha dovuto pagare il conto, è fuori discussione, tanto più che si trova un genero, Jared Kushner a cui ha dato ampi poteri e che è il suo profeta (ved. QUI e QUI).

Quello che non si comprende però è che mentre, almeno in apparenza, Kushner sta tentando di mettere pace tra israeliani e palestinesi cercando di risolvere un annoso problema di territorialità ‒ che nessuno finora è riuscito a dirimere ‒ ecco che suo suocero promettendo di trasferire l'ambasciata statunitense a Gerusalemme e dichiarandola per conto degli USA capitale d'Israele, di fatto, ne annulla l'operato.

Tra l'altro, questo avviene a 70 anni dalla spartizione dell'ONU del 29 novembre 1947 e al 7 dicembre del 2017, allorché si è diramata la notizia dell'Ansa; proprio come ho detto QUI, sul valore del numero 7 che ruota intorno al presidente americano. 

A mio avviso, sia gli evangelici cristiani pro-Israele che i sionisti al Potere occulto, vogliono accelerare i tempi della Fine, come ho ampiamente descritto QUI, QUI e QUI.

Ma ecco un compendio esauriente, seppur breve, dell'intera parabola riguardante lo Stato ebraico dal momento della sua Rinascita in terra di Palestina.




Trump rischia grosso su Gerusalemme

Il presidente Trump ha annunciato che intende trasferire l'ambasciata degli Stati Uniti in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, entro sei mesi, e ha dichiarato l'audace riconoscimento dell'antica città ebraica come capitale di Israele.

Tale atto inaudito è stato ampiamente denunciato dalla maggior parte dei capi di stato, ad eccezione ovviamente del governo israeliano. Attualmente, quasi tutti i paesi con relazioni diplomatiche con Israele hanno la missione a Tel Aviv.

Trump ha appena fatto una grande scommessa per risolvere il lungo conflitto tra Israele e Palestina. Ma già da come le cose si svolgono, le speranze di una soluzione sono lontane.

Breve e conciso riassunto della disputa arabo-israeliana

Questo è un conflitto molto lungo, teso e complicato, quindi la sintesi non rende vera giustizia ai fatti in modo adeguato perché, non potendo coprire tutto, richiederebbe un libro intero.

In pratica, l'ultimo grande cambiamento che emerge quale riferimento alla maggior parte dei tentativi sugli accordi di pace, è la guerra dei 6 giorni del 1967, quando Israele sconfisse gli arabi.

Lo Stato ebraico finì con l'annettersi il Sinai dall'Egitto, Gerusalemme Est, la Cisgiordania dalla nazione omonima e le alture del Golan dalla Siria. Da allora, il Sinai fu restituito all'Egitto con l'accordo di pace del 1979, mentre il Golan e la Cisgiordania (conosciuta anche come Giudea e Samaria in Israele), sono rimaste sotto occupazione israeliana.

Da allora, la maggior parte dei tentativi per la risoluzione del conflitto arabo-israeliano verteva spesso sui confini precedenti il 1967, quando la composizione politica di Israele e Palestina era molto più vicina al piano di partizione dell'ONU del 1947: la Risoluzione 181.

Il motivo per cui ciò non è esatto è che il piano di suddivisione iniziale cambiò dopo lo scontro del 1948, quando gli arabi dichiararono guerra ad Israele proprio il giorno dopo il solenne annuncio della sua indipendenza. Israele vinse, ed occupò più terra di quella in origine lasciatagli dall'ONU.




Problemi chiave

Diritto al ritorno

I palestinesi espulsi e/o fuggiti da Israele durante la guerra del '48, che all'epoca erano oltre 700.000, si stabilirono in grandi campi profughi in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania e Gaza. Oggi sono 4-5 milioni.

La richiesta di ritorno è un'esigenza che sancisce il diritto ai rifugiati di tornare in patria. Israele si oppone fermamente a questo, per ovvi motivi: ne cambierebbe i dati demografici in favore degli arabi.

Status di Gerusalemme

Entrambi i contendenti rivendicano Gerusalemme come capitale: la parte Ovest conosciuta come "la metà israeliana", e la parte Est conosciuta come "la metà araba". L'ONU dichiarò Gerusalemme città internazionale, a motivo della sua importanza per israeliani ed arabi, come per cristiani, ebrei e musulmani.

La Chiesa ortodossa russa orientale, il Vaticano e la pia fondazione islamica Waqf sono i possessori di quasi tutte le proprietà storiche di Gerusalemme e sovrintendono vari monumenti sacri, consolidando così il concetto di status internazionale.

Sicurezza

Con la scissione dell'Autorità palestinese (AP) tra Hamas a Gaza e Fatah a Ramallah (Cisgiordania), quest'ultimo partito ha riconosciuto il diritto di esistere ad Israele all'inizio degli anni '90 e prima degli accordi di pace di Oslo del 1993, ma non come Stato ebraico. Hamas, invece, non riconosce alcun diritto ad Israele, in nessuna forma, ma Israele lo esige.

Perciò, Gaza subisce un intenso blocco aereo, marittimo e terrestre dallo Stato ebraico, mentre la Cisgiordania ha maggiore libertà di movimento, sebbene molto ristretta, con limitate forze palestinesi autorizzate a controllare una zona dentro l'area esterna dei checkpoint di sicurezza israeliana.

Israele insiste su un'autorità palestinese smilitarizzata in qualsiasi accordo. L'AP probabilmente persisterà su una più ampia forza di polizia e di confine, ma qualsiasi cosa al di là di ciò sarà considerata grave minaccia per lo Stato ebraico.

Il governo israelita ha costruito il famigerato muro di cemento, la "barriera di sicurezza" attorno ai territori palestinesi per impedire gli attacchi suicidi dell'Intifada, ma è diventato anche simbolo di oppressione.

La peggiore minaccia che ora affronta sono gli attacchi coi razzi dall'estero e quelli dei lupi solitari all'interno. I palestinesi non hanno praticamente forze di sicurezza e sono vulnerabili alle IDF (Forze di Difesa Israeliane).




Confini e insediamenti

Questo è un importante punto critico perché Israele persegue attivamente un cambio demografico a proprio favore, costruendo insediamenti ebraici illegali in violazione della Quarta Convenzione di Ginevra e sfrattando i palestinesi da Gerusalemme e dalla Cisgiordania.

Molti lo vedono come un modo per pregiudicare i territori arabi. Le IDF sono note per non fare nulla contro i coloni illegali che molestano i palestinesi. L'espansione degli insediamenti è soltanto l'opportunismo israeliano verso un'Autorità palestinese disunita.

La costruzione della "barriera di sicurezza" ha anche permesso ad Israele di assorbire pressoché il 10% delle terre arabe in Cisgiordania. Per tale motivo, l'Autorità Palestinese richiede i confini com'erano prima del '67 e ciò rimane un argomento molto controverso.

Abbiamo considerato i problemi più essenziali. Ora, analizziamo le azioni di Trump in questo scenario.


Trump: "E' il momento di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele. E' la cosa giusta da fare"

Il ruolo da mediatore degli Stati Uniti è definitivamente rovinato

Trump ha una posizione sin troppo filo-israeliana che discredita gli USA come mediatori del conflitto.

Egli adombrerà ancor più il prestigio degli Stati Uniti nel mondo arabo, in special modo nel contesto degli ultimi due decenni d'imperialismo americano in Medio Oriente, avendo provocato incessanti massacri attraverso diversi cambi di regime, con l'ingerenza palese nello scontro tra sunniti e sciiti, così come con il terrorismo sponsorizzato dalle nazioni.

Francamente, la mediazione degli Stati Uniti non può più essere presa sul serio. Adottare un approccio non sfumato, riconoscendo Gerusalemme come capitale d'Israele  senza  menzionarne  l'importanza  per palestinesi e musulmani,  è sbagliato.

Tale posizione è grossolanamente incompatibile con la soluzione dei due Stati. Ne beneficia soltanto un Paese: quello ebraico. Trump ha compiuto una mossa estrema anche per gli standard americani, dove nessuna precedente amministrazione ha mai osato veramente mettere in pratica una simile dichiarazione.

I politici europei hanno condannato tale mossa. Quindi lo status di Gerusalemme come perno-chiave del conflitto arabo-israeliano è ormai danneggiato da tale posizione nettamente filo-israeliana. Jared Kushner lavora chiaramente per l'agenda sionista e Trump ne è il burattino.

L'escatologia di fondo

Credo che il lavoro preparatorio per una simile dichiarazione sia stato pianificato da tempo dai neocon filo-sionisti. Le loro guerre e gli sforzi di destabilizzazione del mondo musulmano hanno contribuito ad indebolirlo con lotte intestine, guerre e odio, permettendo ai sionisti di perseguire il proprio piano in Israele, mentre il contesto islamico resta diviso.

La politica estera USA è condotta da un'alleanza empia tra cristiani evangelici di destra e sionisti ebrei, rappresentati da cittadini statunitensi e israeliani operanti all'interno dell'America per promuovere il programma sionista.

Tale alleanza di comodo tende a schiacciare l'opposizione musulmana in Israele, visto che gli evangelici credono che Israele debba essere solo uno Stato ebraico, pre-condizione per la seconda venuta di Cristo.

Gli ebrei, d'altronde, mirano a ricostruire il loro Terzo Tempio, che necessariamente significa distruggere la Moschea di Al-Aqsa e la Cupola della Roccia, entrambe molto sacre all'Islam. Questo è un confronto fideistico di proporzioni potenzialmente apocalittiche. Purtroppo, auto-realizzantesi e delirante.

Il  fattore  religioso  è  il panorama  ultimo  di Gerusalemme.  Escatologia significa ciò che riguarda la fine dei tempi, segno distintivo di tutte le credenze abramitiche convergenti su Israele.




Il fattore russo

La Russia potrebbe rispondere, bilanciando la situazione, nell'aprire la sua ambasciata  a  Gerusalemme  Est,  dando  così  speranza  alla  causa  palestinese.  A ciò  potrebbe  seguire la corsa  di  varie  nazioni ad insediare le missioni diplomatiche a Gerusalemme Ovest o ad Est, legittimando la città come importante a livello internazionale.

Sarebbe una mossa rischiosa per Putin, ma comunque possibile. Aiuterebbe Trump a "salvare la faccia", calmando una situazione potenzialmente esplosiva. La volontà del contrappeso russo verrebbe seguita dal mondo arabo, specialmente dopo la decisa dimostrazione di forza in Siria.

Potenziale scissione con gli alleati arabi

Dopo la guerra del 1973, gli Stati arabi (OPEC) si unirono per mettere in ginocchio l'Occidente con un devastante embargo petrolifero. Fu la risposta al sostegno dato ad Israele nella guerra e una dimostrazione così profonda di potere che diede vita all'accordo sul petro-dollaro con cui gli USA sterilizzarono l'arma petrolifera araba, fatturandone la vendita in dollari USA, in cambio di garanzie per la sicurezza delle nazioni produttrici.

Così, l'azione di Trump rischia di alienare gli alleati arabi, in particolare i Paesi "fantoccio" del Golfo, già visti come troppo vicini ad Israele e agli USA dai loro popoli. Questo potrebbe imbarazzarli seriamente, venendo visti come filo-sionisti e costringendoli a prendere le distanze dall'America e dallo Stato ebraico.

Inoltre, con tale mossa, Trump potrebbe benissimo finire per unire il mondo musulmano contro USA ed Israele, perdendo altri alleati ed annullando decenni di complotti CIA‒Mossad volti esattamente al contrario, seminare discordia tra gli islamici.

Non va dimenticato che potrebbe anche spingere l'Arabia Saudita, se abbastanza irritata, a rinunciare al petro-dollaro per il petro-yuan e a scartare qualsiasi possibilità di quotare l'Aramco alla borsa di New York.

Qui appare un possibile sospetto: Jared Kushner avrebbe convinto l'ingenuo Muhamad bin Salman ad impegnarsi nella faida familiare per indebolire i sauditi poco prima dell'annuncio di Gerusalemme?

Non si sa a questo punto, ma è possibile che l'alleanza evangelico-sionista si sia posizionata per distruggerli, per così dire, in Israele. Ma ciò potrebbe tremendamente ritorcerglisi contro, essendoci già in programma proteste di massa.

Vladimir Putin osserverà da vicino come ciò influirà sulla posizione degli USA nel mondo musulmano, e potrebbe cogliere l'opportunità di intervenire in soccorso là dove gli USA hanno fallito, ancora una volta.

Il fatto che questo accada poco prima di Natale dimostra che la mossa ha intenti evangelico-sionisti.


"Il Signore radunerà tutte le Nazioni contro Gerusalemme per la battaglia..."
(Zc. 14,2)
 

Relazione, adattamento e cura di Sebirblu.blogspot.it

Traduzione di Alessandro Lattanzio

Fonte: aurorasito

Nessun commento:

Posta un commento