L'adultera di Vassilij Dimitriewitsch Polenow |
"Chi è senza peccato, scagli la prima pietra" Gv. 8,7
Cari Lettori,
sento oggi la profonda necessità di
esprimere un mio pensiero sugli ultimi avvenimenti clamorosi
(dimissioni e arresti a raffica di varie personalità), ma in
particolar modo sulla rinuncia di Benedetto XVI al Pontificato.
Premetto, come ho già detto in altre
occasioni, che la mia sintesi ormai da tanti anni è perfettamente
libera da pastoie di qualsiasi genere, sia politiche che religiose,
avendo trovato dentro di me quella Scintilla, quella Perla
meravigliosa che alberga in tutti noi e che sola può appagarci dando
un senso alla nostra vita.
Orbene, il mondo intero, a ragion
veduta, è disgustato da tutte le vessazioni ed i soprusi che da
migliaia d'anni sta subendo in tutti i campi e nello specifico,
purtroppo, anche da coloro che avrebbero potuto e dovuto portare
l'Umanità ad un livello maggiore di consapevolezza e di autentica
rinascita spirituale.
Non spetta a noi però, a nessuno di
noi, giudicare a priori una persona con un "dagli all'untore"
di manzoniana memoria. Non ci è permesso, se vogliamo gloriarci di
essere gente "risvegliata" e dunque spiritualmente pronta
per un cambio dimensionale, buttarci a testa bassa, alla cieca, in
congetture mentali o peggio in sentenze temerarie che non ci
onorano.
È per questo motivo che desidero
postare un articolo molto significativo di Magdi Cristiano Allam, da
lui redatto per "Il Giornale", dal momento che proprio il
Papa uscente gli ha impartito il Battesimo. Stimo molto questa
persona, la trovo equilibrata, intelligente, saggia ed imparziale.
Vorrei inoltre complimentarmi
pubblicamente con il fratello Lòthlaurin del sito "hearthaware"
per aver tolto, ipso facto, il post relativo all'eclatante mandato
d'arresto come quello di Joseph Ratzinger. Bravo Lòth! Rimango
sempre molto entusiasta quando è il cuore a prevalere sulla ragione!
Dopo queste mie esternazioni,
profondamente sentite, ecco dunque a voi il commento di Magdi
Cristiano Allam sulla rinuncia di Benedetto XVI.
Le dimissioni del Papa - Il giorno in
cui mi battezzò e poi disse: "Abbiamo vinto"
di Magdi Cristiano Allam, 12 Febbraio
2013 08:07:46
(da Il Giornale) - Ho mantenuto finora
il riserbo sulla mia esperienza diretta con la realtà interna alla
Chiesa, che mi ha fatto toccare con mano la gravità di un conflitto
acceso tra il Papa e l'apparato che sovrintende alla gestione dello
Stato del Vaticano, in considerazione della mia eterna gratitudine a
Benedetto XVI per aver scelto di essere lui a darmi il battesimo, la
cresima e l'eucaristia nella notte della Veglia Pasquale il 22 marzo
2008.
Ero ancora musulmano quando scaturì in
me non solo una stima particolare ma un'attrazione irresistibile per
il Papa quando, in occasione della Lectio Magistralis pronunciata
nell'Università di Ratisbona il 12 settembre 2006, ebbe l'onestà
intellettuale e il coraggio umano di dire la verità storica
sull'espansionismo islamico compiutosi attraverso guerre, conversioni
forzate e un fiume di sangue che sottomisero le sponde orientale e
meridionale del Mediterraneo che erano al 95% cristiane.
Non lo fece direttamente ma citando
l'imperatore bizantino Manuele II Paleologo. Si tratta di una ovvietà
storica attestata negli stessi libri di storia che si insegnano nelle
scuole dei Paesi islamici. Eppure per averla detta il Papa, si
ritrovò condannato, anche a morte, dai governi e dai terroristi
islamici. Così come scoprì di avere contro l'insieme dell'Occidente
sempre più scristianizzato e, soprattutto, dovette fronteggiare le
critiche interne alla sua stessa Chiesa.
Benedetto XVI fu di fatto costretto dai
reggenti della diplomazia vaticana a giustificarsi per ben tre volte,
ripetendo che non intendeva offendere i fedeli musulmani, rasentando
ma mai cedendo alla pressione di trasformare la giustificazione in
una pubblica scusa. Non bastò a placare né le ire degli islamici né
la tendenza alla resa dei diplomatici vaticani. Fu così che il Papa
fu costretto ad andare in Turchia e si ritrovò al fianco del Gran
Mufti a pregare insieme rivolti alla Mecca nella Moschea Blu di
Istanbul.
Quella di fatto segnò un successo
della diplomazia vaticana costringendo il Papa ad arrendersi a quella
che lui stesso definisce la "dittatura del relativismo",
considerata come il male profondo della nostra civiltà perché
mettendo sullo stesso piano tutte le religioni e le culture, a
prescindere dal loro contenuto, finisce per legittimare tutto e il
contrario di tutto, il bene e il male, la verità e la menzogna,
facendoci perdere la certezza della fede nel cristianesimo.
Mi ero immedesimato nel vissuto di
Benedetto XVI e lo immaginai come un Papa isolato e assediato da un
apparato clericale ostile all'interno del Vaticano. La sua
straordinaria intelligenza, la sua immensa cultura e la sua
ineguagliabile capacità di interpellare la nostra ragione e di
accompagnarci per mano alla fede, dimostrandoci con umiltà come il
cristianesimo sia la dimora naturale di fede e ragione, hanno per me
rappresentato un faro che mi ha illuminato dentro fino a farmi
scoprire il dono della fede in Cristo.
Fu così che quando grazie alla
saggezza e alla fraterna disponibilità di monsignor Rino Fisichella,
all'epoca Rettore dell'Università Lateranense, che mi accompagnò
nel mio cammino spirituale per accedere ai sacramenti d'iniziazione
alla fede cristiana, il Papa accettò di essere lui a darmi il
battesimo, considerai che il Signore aveva scelto di unire la mia
vita a quella del Santo Padre, indicandomelo come il più
straordinario testimone di fede e ragione.
Ebbene quando alla fine della cerimonia
religiosa nella sontuosità della Basilica di San Pietro, dopo tre
infinite ore che ho percepito come il giorno più bello della mia
vita, mi sono trovato al cospetto del Papa in compagnia del mio
padrino Maurizio Lupi, lui si limitò ad un sorriso lieve ma di una
serenità assoluta di chi è in pace con se stesso e con il Signore.
Ma non appena ci spostammo sulla
sinistra per salutare il suo assistente, monsignor Georg Gänswein,
scoprimmo sulle sue labbra un sorriso intenso, due occhi radiosi e
dalle sue labbra uscì un'esclamazione di giubilo: "Abbiamo
vinto!".
Abbiamo vinto! Se c'è qualcuno che
vince, significa che c'è qualcuno che ha perso. Chi aveva perso lo
capii appena varcato la porta della Basilica per andare ad
abbracciare monsignor Fisichella. Apparve il cardinale Giovanni
Battista Re, all'epoca Prefetto della Congregazione per i Vescovi,
che rivolgendosi ad alta voce e con un fare vagamente minatorio a
monsignor Fisichella, gli disse: "Se Bin Laden dovesse farsi
vivo, sapremmo a chi indirizzarlo!".
Successivamente da varie fonti ho avuto
la certezza che fino all'ultimo istante l'apparato dello Stato del
Vaticano esercitò forti pressioni su Benedetto XVI per dissuaderlo
dall'essere lui a darmi il battesimo, per paura delle rappresaglie da
parte degli estremisti e dei terroristi islamici, ma che il Papa non
ebbe mai alcuna esitazione.
È un fatto specifico e concreto che
evidenzia come Benedetto XVI ha dovuto scontrarsi con poteri interni
al Vaticano che, al fine di tutelarsi sul piano della sicurezza, sono
arrivati a concepire che il Papa non dovesse adempiere a quella che è
la sua missione, portare Cristo a chiunque liberamente lo scelga. Ed
è un caso emblematico dello scontro tra la Chiesa universale che si
sostanzia di spiritualità e un Vaticano terreno che si cala nella
materialità al pari di qualsiasi altro Stato.
Questo è il nodo da sciogliere ed è
la sfida che, con le sue dimissioni, Benedetto XVI ci lascia. La
Chiesa è ad un bivio: restare ancorata alla sua missione spirituale
incarnandosi nei dogmi della fede e nei valori non negoziabili oppure
cedere alla ragion di Stato per auto-perpetuarsi costi quel che
costi? È la pesante eredità che graverà sulle spalle del prossimo
Papa.
Relatore: Sebirblu.blogspot.it
Fonte: ioamolitalia.it
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