Guido Reni - San Francesco in Estasi - XVII secolo |
Sebirblu, 4 ottobre 2014
Proprio nel giorno della ricorrenza del
nostro Santo, Patrono d'Italia, a me particolarmente caro per i suoi
"incredibili" interventi nella mia vita, dei quali non
potrò scordarmi mai, e che suscitano da allora la mia più viva
gratitudine, vi riporto gentili Lettori questo articolo di A. Socci
che io condivido pienamente.
Vi consiglio inoltre di leggere, QUI, le considerazioni da me fatte sulle strane "coincidenze" e il loro significato simbolico, in occasione del Conclave 2013, per eleggere questo Papa.
L'Anticipazione della Premessa di:
"NON
È FRANCESCO"
(il nuovissimo libro di Socci; ndr)
e delle Prime
Pagine del Capitolo sul Conclave del 2013.
Antonio Socci, 2 ottobre 2014
Nel 2006 col libro "Il quarto
segreto di Fatima" posi un problema che attirò su di me
insulti, invettive e anatemi (da ecclesiastici e annessi).
Passarono quattro anni e il 13 maggio
2010, a Fatima, papa Benedetto XVI in persona confermò i punti più
importanti delle mie ipotesi, smentendo addirittura il suo Segretario
di Stato.
Nel settembre 2011 su "Libero"
detti la notizia che Benedetto XVI si sarebbe dimesso dopo il suo 85°
compleanno. Anche quella volta mi riempirono di cattiverie e
volgarità. Poi, nel febbraio 2013 (cioè due mesi prima di compiere
86 anni) Benedetto XVI ha fatto la sua rinuncia.
Stavolta, senza neanche aver letto il
mio libro "Non è Francesco", che esce domani, sono stato
coperto di biliose volgarità. Non gliene voglio.
Il coraggio e la libertà intellettuale
non tutti se li possono permettere e – come diceva Mario Hrvat –
"l'invidia è la consapevolezza della propria mediocrità".
Qua sotto anticipo stralci dalla
premessa del libro e dopo le prime tre pagine del capitolo del mio
libro che riguarda il Conclave del 2013 (Il papocchio), dove riporto
i fatti che fanno ipotizzare la nullità dell'elezione di papa
Francesco.
Stralci della Premessa del Libro
Ammetto di essere uno dei tanti che
hanno accolto Bergoglio – il 13 marzo 2013 – a braccia
spalancate, come era giusto fare ritenendolo il Papa legittimamente
eletto.
E anche per una serie di amicizie
comuni (a me molto care), che mi avevano indotto a nutrire benevole
speranze nel nuovo Pontefice.
Gli comunicai perfino (e convintamente)
che – fra tanti altri – poteva contare pure sulla preghiera mia e
della mia famiglia, e sull'offerta delle nostre croci per il
compimento della sua alta missione. Mi piaceva quel suo stile
dimesso.
I giornali lo rappresentavano come il
vescovo che girava per Buenos Aires con i mezzi pubblici, che abitava
in un modesto appartamento anziché nel palazzo vescovile, che
frequentava i miseri quartieri delle periferie come un padre buono,
desideroso di portare ai più infelici la carezza del Nazareno.
Tutto questo poteva essere una
formidabile ventata di aria fresca per il Vaticano e per l'intera
Chiesa.
Ho sostenuto papa Francesco come
potevo, per mesi, da giornalista, sulla stampa. Mi sembrava un
apostolo del confessionale, devoto della Madonna.
L'ho difeso dalle critiche affrettate
di alcuni tradizionalisti e continuo a trovare ancora oggi assurde le
polemiche di coloro che prendono a pretesto le dichiarazioni di papa
Francesco per attaccare in realtà il Concilio Vaticano II, Joseph
Ratzinger e Giovanni Paolo II, (…) che nessuna responsabilità
hanno nelle scelte di Bergoglio.
Da questo punto di vista sono ben
contento di essere fra coloro che Roberto De Mattei considera «i
difensori più accaniti del Vaticano II».
Sono infatti convinto, con Benedetto
XVI (con Giovanni Paolo II e con Paolo VI), che il Concilio è un
evento molto prezioso. Ma il vero Concilio, quello che sta nei
documenti e fa parte del magistero della Chiesa.
Il Concilio Vaticano II (1962-1965) |
Ben altra cosa (opposta) è quello
«virtuale» costruito dai mass media, quello che per esempio si
trova teorizzato dalla storiografia progressista. (…)
Sostenere oggi che le dichiarazioni di
Bergoglio a Scalfari (per fare un esempio) in fin dei conti sono in
continuità con Benedetto XVI, con Giovanni Paolo II e con Paolo VI,
ovvero che Bergoglio «incarna l'essenza del Vaticano II» (De
Mattei), è assurdo. (…).
Purtroppo, oggi io sono uno dei
tantissimi delusi (un sentimento che dilaga sempre più tra i
cattolici, seppure non raccontato dai giornali). (…).
Diversi cardinali avevano votato
Bergoglio con la speranza che egli continuasse l'opera di
rinnovamento e purificazione intrapresa da Benedetto XVI, che
irrompesse nella Curia vaticana e (metaforicamente) la rovesciasse
come un calzino, quasi col fuoco di Giovanni Battista.
Invece bisogna amaramente riconoscere
che poco o nulla è stato fatto (solo qualche rimozione, in certi
casi anche ingiusta).
Va bene andare a vivere nel residence
di «Santa Marta», può essere anch'esso un segnale positivo, anche
se non è proprio una povera cella monastica. Io, in un mio libro
avevo addirittura sognato un Papa che andava a vivere in una
parrocchia di borgata. In ogni caso apprezzo il messaggio.
Ma poi il problema è il governo di
quella cosa complessa che è il Vaticano e – per esempio – dello
Ior, che qualcuno ha pure prospettato di chiudere, non essendo chiara
la sua utilità per la Chiesa, ma che Bergoglio non ha chiuso
affatto.
Al contrario, dicono gli osservatori
più informati, Bergoglio ha moltiplicato commissioni, burocrazie e
spese. (…)
Ci si aspettava una ventata di rigore
morale nei confronti della «sporcizia» (anche del ceto
ecclesiastico) denunciata e combattuta dal grande Joseph Ratzinger.
Ma come dobbiamo interpretare il
segnale dato al mondo di lassismo e di resa nei confronti dei nuovi
costumi sessuali della società e dello sfascio dei principi morali e
delle famiglie?
Come interpretare il rifiuto di papa
Bergoglio di opporsi alle questioni etiche, come hanno fatto
eroicamente i suoi predecessori, o anche solo di «giudicarle», cioè
di contrastare culturalmente quella rivoluzione dei rapporti
affettivi che distrugge ogni serio legame e ha lasciato tutti più
soli e infelici, schiavi dell'istinto?
San Paolo affermava «l'uomo spirituale
giudica ogni cosa» (1Cor 2,15) e non «chi sono io per giudicare?».
E perché non opporsi a quella cultura
della morte che non riconosce più nessuna sacralità all'essere
umano o a quell'ondata di anticristianesimo e antiumanesimo che,
sotto diverse bandiere, pervade ormai il mondo? (…).
C'erano da confutare coloro che, nella
Chiesa, buttano alle ortiche la retta dottrina cattolica e che –
pure da cattedre potenti – demoliscono il cuore della fede, invece
si sono visti «bastonare» i buoni cattolici, quelli ortodossi che
vivevano veramente la povertà, la castità, la preghiera e la
carità.
Anzi, papa Bergoglio si scaglia proprio
su chi usa «un linguaggio completamente ortodosso» perché così
non corrisponderebbe al Vangelo (Evangelii Gaudium n. 41). Cosa mai
vista e mai sentita in tutta la storia della Chiesa.
Per non dire di quando lo stesso
Bergoglio si avventura nelle sue sconcertanti affermazioni, tipo «se
uno non pecca non è uomo», una tesi sorprendente che nemmeno si
avvede così di negare di fatto l'umanità di Gesù e Maria, i quali
furono esenti dal peccato e proprio per questo sono il modello ideale
supremo dell'uomo e della donna.
O quando ha attribuito erroneamente a
san Paolo la frase «mi vanto dei miei peccati» (Omelia di Santa
Marta del 4 settembre 2014), un'enormità su cui il sito vaticano
www.news.va ha ritenuto addirittura di fare il titolo «Perché
vantarsi dei peccati».
Evidentemente in Vaticano, e in
particolare a Santa Marta, non si conosce quanto afferma San Tommaso
d'Aquino: «È peccato mortale quando uno si vanta di cose che
offendono la gloria di Dio».
Diego Velazquez - La Tentazione di San Tommaso d'Aquino - 1631 |
Si sperava davvero che si soccorressero
le vittime più indifese e inermi nelle periferie più sperdute del
mondo, invece – lo ricordo con dolore – papa Bergoglio ha
ostinatamente evitato di alzare la sua voce, nell'estate 2014, in
soccorso dei cristiani massacrati nel Califfato islamico del Nord
Iraq, limitandosi a poche dichiarazioni,
senza mai pronunciare una vibrata invettiva (come quelle che ha fatto
su argomenti politically correct) o un vigoroso appello alla comunità
internazionale perché intervenisse a disarmare i carnefici e difendere gli inermi massacrati.
Mai si è rivolto verso un mondo
islamico che in genere umilia ogni minoranza, mai una sferzata contro
il terrorismo islamista, mai ha chiesto esplicitamente
quell'«ingerenza umanitaria» (concepita specialmente da Giovanni
Paolo II) che disarmasse, anche con la forza, i carnefici e impedisse
massacri come pure imploravano i vescovi dell'Iraq.
I quali patriarchi hanno gridato a gran
voce che le proprie comunità venissero difese, con la forza, dal
massacro incombente e hanno mosso una critica esplicita alla
reticenza del Papa chiedendogli «un uso più audace della propria
influenza per la causa dei cristiani iracheni».
Ma Bergoglio è stato cauto e
reticente, barcamenandosi senza esporsi. Siamo sicuri che di fronte
alla tragedia dei cristiani (e delle altre minoranze) in Iraq non
potesse assumere un atteggiamento più deciso come quello dei suoi
predecessori o come il suo su altri temi? (…).
Non si è vista nemmeno un'opera di
vera sensibilizzazione della Chiesa intera, che mobilitasse la
preghiera di tutti, che sollecitasse veglie, novene, digiuni (sono
queste le armi dei cristiani) e un grande aiuto umanitario. Che
controindicazioni c'erano su questo? Non se ne vedono davvero.
C'era bisogno di dare conforto e aiuto
concreto ai tanti cristiani perseguitati, umiliati, incarcerati,
massacrati, ma papa Bergoglio invece ha continuato a confidare in un
dialogo senza condizioni e senza precauzioni, esponendosi a dolorosi
incidenti come quello dell'8 giugno 2014, quando ha chiamato a pregare in
Vaticano, fra gli altri, un Imam che, lì sul suolo bagnato dal
sangue di tanti martiri cristiani, infischiandosene dei discorsi
concordati, ha invocato Allah perché aiuti i musulmani a schiacciare
gli infedeli («dacci la vittoria sui miscredenti»). (…).
C'era bisogno di dire almeno una parola
in difesa di giovani madri – come Meriam o Asia Bibi – condannate
a morte nei regimi islamici per la loro fede cristiana o almeno si
poteva chiedere di pregare per loro, ma papa Francesco non lo ha mai
fatto.
Non ha nemmeno risposto all'appello
mandatogli da Asia Bibi, mentre ha scritto personalmente un lungo
messaggio di auguri agli islamici che digiunano per il Ramadan
auspicando che esso porti loro «abbondanti frutti spirituali». (…).
(Un breve mio aggiornamento: "E in più, di recente, il Papa non ha neanche ricevuto la famiglia di questa donna che è giunta appositamente dal Pakistan per poterlo incontrare. Egli si è limitato a stringer loro la mano, per pochissimi secondi, al suo passaggio vicino alle transenne di sbarramento. Vedere QUI; ndr.)
(Un breve mio aggiornamento: "E in più, di recente, il Papa non ha neanche ricevuto la famiglia di questa donna che è giunta appositamente dal Pakistan per poterlo incontrare. Egli si è limitato a stringer loro la mano, per pochissimi secondi, al suo passaggio vicino alle transenne di sbarramento. Vedere QUI; ndr.)
Si è venuti a scoprire peraltro che al
tempo del discorso di Ratisbona di Benedetto XVI (quello che è
passato alla storia per aver fatto infuriare i musulmani), il
portavoce dell'allora cardinale Bergoglio, arcivescovo di Buenos
Aires, criticò pubblicamente papa Ratzinger.
Il Newsweek pubblicò le sue parole
sotto il titolo «L'Arcidiocesi di Buenos Aires contro Benedetto
XVI».
Il portavoce dopo qualche tempo fu
sollevato dall'incarico, ma molti si sono chiesti se e quando vi sia
stata una sconfessione pubblica da parte del vescovo Bergoglio e un
suo appoggio aperto al discorso pronunciato da Ratzinger a Ratisbona.
(…).
Alla luce di questi fatti si spiega
l'atteggiamento attuale di papa Francesco nei confronti dell'Islam e
degli islamisti del Califfato iracheno (carnefici di cristiani e di
altre minoranze).
Bergoglio, sempre così critico con i
cattolici, non si contrappone mai nemmeno alle lobby laiciste sui
temi della vita, del gender, dei principi non negoziabili che papa
Benedetto individuò come pilastri della «dittatura del
relativismo». (…).
C'era (e c'è) bisogno di far accendere
una luce per una generazione che è stata gettata nelle tenebre del
nichilismo, che non sa più nemmeno distinguere il Bene dal Male
perché le hanno insegnato che non esistono e che ognuno può fare
quello che gli pare.
Purtroppo papa Bergoglio rischia di
assecondare proprio questa tragica deriva dicendo anch'egli che
«ciascuno ha una sua idea di bene e di male» e «noi dobbiamo
incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il bene».
C'era e c'è bisogno di annunciare
Cristo, nostra speranza e vera felicità della vita, a una
generazione che non sa nemmeno più chi è Gesù e non sa che farsene
della propria giovinezza e dell'esistenza.
Harry Andersen - "Ecco, Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi" (Mt. 10,16) |
E rischia di essere fuorviante sentir
dire da papa Bergoglio che «il proselitismo è una solenne
sciocchezza» e che lui non ha «nessuna intenzione» di convertire i
suoi interlocutori.
Certo, ha ragione quando ricorda che il
cristianesimo si comunica «per attrazione», ma l'ardore missionario
ci è stato testimoniato dai santi e «fare proselitismo» è il
comandamento di Gesù ai suoi apostoli:
«Andate dunque e fate discepoli tutti
i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho
comandato» (Mt. 28, 19-20).
Non si può dimenticare questo precetto
evangelico, che indica il vero, grande compito della vita, per avere
il plauso dei ricchi e potenti salotti snob e anticattolici della
Repubblica. Dove tutti ora esultano ritenendo di avere finalmente un
Papa «scalfariano».
C'è un gran bisogno di portare la
carezza del Nazareno a chi è solo, malato, sofferente o disperato ed
è molto doloroso veder «saltare» all'ultimo momento la visita del
Papa all'ospedale Gemelli con i malati in attesa sotto il sole (loro,
le cui piaghe sono le piaghe di Cristo).
Questo, mentre si trovano facilmente
ore da dedicare a Scalfari, o si trova il tempo per telefonare a
Marco Pannella o a Maradona e andare di persona a Caserta solo per
incontrare l’amico pastore protestante. (…)
Bergoglio – secondo i suoi fan più
sfegatati – sarebbe un rivoluzionario che intende sovvertire la
Chiesa cattolica, eliminando i dogmi della fede e buttando alle
ortiche secoli di magistero. Cosa significherebbe e cosa
comporterebbe tutto questo? Se fosse vero la Chiesa sarebbe alla
vigilia di una drammatica esplosione.
È così? Vorrà scongiurarlo, padre
Bergoglio? Vorrà tornare sulla strada dove un giorno, da giovane (lo
ha raccontato una volta e mi ha commosso), incontrò gli occhi di
Gesù? Vorrà ricercare quel suo sguardo e in Lui ritrovare tutti
noi?
IL PAPOCCHIO
Quel pomeriggio del 13 marzo 2013 a
Roma pioveva. Non tanti si aspettavano una fumata bianca dal
comignolo della Cappella Sistina perché il Conclave era solo al
secondo giorno. Invece fu annunciato l'«Habemus papam».
Era stato eletto il cardinale argentino
Jorge Mario Bergoglio. Alla quinta votazione, si disse. Ma dopo
qualche tempo si è saputo che in realtà fu eletto alla sesta, che
non doveva essere fatta in quel pomeriggio.
Cosa era accaduto?
Elisabetta Piqué è una brava
giornalista argentina, lavora per il quotidiano «La Nación» di
Buenos Aires occupandosi del Vaticano (e dell'Italia) ed è
collaboratrice della Cnn in lingua spagnola e di Deutsche Welle.
È molto amica, da anni, di Bergoglio,
è addirittura la sua biografa. Anzi, a leggere il libro "Francesco.
Vita e rivoluzione" si nota un tono decisamente apologetico.
Nelle pagine dedicate alle fatali ore
del Conclave, la Piqué descrive l'andamento delle votazioni, delle
diverse candidature, le reazioni e alle pagine 39 e 40 – fra
l'altro – riferisce in poche righe un fatterello curioso relativo
proprio alla quinta votazione:
"Dopo la votazione e prima della
lettura dei foglietti, il cardinale
scrutatore, che per prima cosa mescola
i foglietti deposti nell'urna,
si accorge che ce n'è uno in più:
sono 116 e non 115 come dovrebbero
essere. Sembra che, per errore, un
porporato abbia deposto due
foglietti nell'urna: uno con il nome
del suo prescelto e uno in bianco,
che era rimasto attaccato al primo.
Cose che succedono. Niente
da fare, questa votazione viene subito
annullata, i foglietti verranno
bruciati più tardi senza essere stati
visti, e si procede a una
sesta votazione".
È precisamente da questa sesta votazione che uscirà eletto Bergoglio. Il fatterello è una semplice curiosità, a prima vista sembra far parte dell'aneddotica.
Un vaticanista amico della giornalista
argentina e molto vicino, anch'egli, a papa Bergoglio, alle cui
stanze ha accesso, Andrea Tornielli, su «Vatican Insider», il 16
novembre 2013, all'uscita del libro della Piqué, firma
un'anticipazione dove illustra tutti i pregi del volume e fra l'altro
riporta (come un piccolo scoop) l'episodio inedito rivelato
dall'autrice.
Il libro ha un «lancio» in pompa
magna sui media vaticani, quasi da biografia ufficiale. Infatti il 19
novembre 2013 la Piqué viene intervistata dalla Radio Vaticana,3
diretta da padre Federico Lombardi. Mentre il 16 novembre già
«L'Osservatore Romano» aveva esaltato il volume lasciando pensare
che lo stesso Bergoglio ne fosse la fonte privilegiata:
"È un Bergoglio raccontato di prima mano, diretto e vero, quello
che esce dalle pagine di Elisabetta
Piqué, nel libro Francisco, vida
y revolución (in libreria in Italia
dal 21 novembre per le edizioni
Lindau con il titolo Francesco. Vita e
rivoluzione). Sette mesi
d'inchiesta «vecchio stile», cercando
conferme e incrociando fonti
in 373 pagine ricche di dettagli
inediti sul Conclave e sulla vita di
Jorge Bergoglio. Pagine per capire
Francesco, il Papa che telefona,
scrive e parla chiaro."
È un po' curioso l'elogio dei dettagli inediti sul Conclave fatto dall'«Osservatore» (dal momento che vigerebbe il segreto pontificio e sarebbe colpa grave, anche da scomunica, il divulgarli all'esterno della Sistina), ma se davvero, come si lascia immaginare nelle righe precedenti, a svelarli è stato proprio Bergoglio non c'è violazione perché lui, in quanto Papa, non ha bisogno di autorizzazioni per parlarne.
In ogni caso nessuno ha avuto nulla da
ridire su quei dettagli del Conclave, che anzi sono stati tutti
accreditati da queste incontestabili fonti.
C'è solo un – per così dire –
«piccolo» problema di cui nessuno finora sembra essersi accorto:
stando ai fatti riferiti dalla Piqué – e così autorevolmente
confermati – l'elezione di Bergoglio è nulla.
Infatti l'articolo 69 della
Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis che regola il
Conclave recita testualmente:
«Qualora nello spoglio dei voti gli Scrutatori trovassero due
schede piegate in modo da sembrare
compilate da un solo
elettore, se esse portano lo stesso
nome vanno conteggiate
per un solo voto, se invece portano due
nomi diversi, nessuno
dei due voti sarà valido; tuttavia, in
nessuno dei due
casi viene annullata la votazione».
La Cappella Sistina, luogo specifico per le votazioni del Conclave. |
La prima violazione delle norme che si
può intravedere è quindi l'aver annullato una votazione che doveva
essere ritenuta valida e scrutinata.
Ma come se non bastasse si può
ravvisare una seconda violazione, perché si è proceduto con una
nuova votazione – la quinta di quel giorno (proprio quella che ha
eletto Bergoglio) – laddove la stessa Costituzione apostolica
prescrive invece che si debbano fare quattro votazioni al giorno, due
al mattino e due al pomeriggio (articolo 63).
Perché si tratterebbe di violazioni
che comportano la nullità dell'elezione? Perché l’articolo 76
della Universi Dominici Gregis afferma:
«Se l'elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto
nella presente Costituzione o non
fossero state osservate
le condizioni qui stabilite, l'elezione
è per ciò stesso nulla
e invalida, senza che intervenga alcuna
dichiarazione in
proposito e, quindi, essa non
conferisce alcun diritto alla
persona eletta».
Né è possibile che il Conclave abbia potuto cambiare «in corsa» quelle norme perché Giovanni Paolo II, in quella Costituzione apostolica, ricorda più volte che il Conclave non ha assolutamente il potere di modificare le regole. Nemmeno votando alla unanimità.
Quindi – se così si sono svolti i
fatti – mi pare si possa concludere che l'elezione al Papato di
Bergoglio semplicemente non è mai esistita. Non è nemmeno un
problema sanabile a posteriori perché non si può sanare ciò che
non è mai esistito.
Che la regolarità canonica
dell'elezione sia «conditio sine qua non» della sua validità, del
resto lo dice la stessa formula rituale dell'«accettazione e
proclamazione» dell'eletto. Infatti l'articolo 87 della Universi
Dominici Gregis recita testualmente:
"Avvenuta canonicamente [sic] l'elezione, l'ultimo dei Cardinali
Diaconi chiama nell'aula dell'elezione
il Segretario del Collegio
dei Cardinali e il Maestro delle
Celebrazioni Liturgiche Pontificie;
quindi, il Cardinale Decano, o il primo
dei Cardinali per
Ordine e anzianità, a nome di tutto il
Collegio degli elettori chiede
il consenso dell'eletto con le seguenti
parole: Accetti la tua elezione
canonica [sic] a Sommo Pontefice? E
appena ricevuto
il consenso, gli chiede: Come vuoi
essere chiamato? Allora il
Maestro delle Celebrazioni Liturgiche
Pontificie, con funzione di
notaio e avendo per testimoni due
Cerimonieri che saranno chiamati
in quel momento, redige un documento
circa l'accettazione del
nuovo Pontefice e il nome da lui
assunto".
Se non c'è la regolarità canonica non c'è stata nessuna elezione.
Come già ho precisato, l'invalidità
delle procedure seguite al Conclave e della conseguente elezione non
implica nessuna colpa da parte di Bergoglio. E la nullità
dell'elezione non rappresenta assolutamente un giudizio di valore
sulla persona.
Dal libro di Antonio Socci, "Non è
Francesco" - (Ed. Mondadori)
Relatore: Sebirblu.blogspot.it
Fonte: antoniosocci.com
Nessun commento:
Posta un commento