Sebirblu, 11 settembre 2016
Ecco un'ottima analisi della situazione
in cui l'Umanità, in gran parte indifferente e cieca, si trova a vivere con questo pontificato, dicendo: "Io delle cose riguardanti
la Chiesa non mi interesso, anzi mi danno fastidio..." Ma dovrà molto presto, suo malgrado, prendere seriamente in
considerazione il precipitare improvviso degli eventi...
Si
vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi.
La navicella di San
Pietro se ne sta andando allegramente alla deriva
quasi che una brama
di autodistruzione li avesse afferrati.
Sorge la domanda: quale
padrone stanno servendo?
di Francesco Lamendola
Oramai ne stiamo vedendo di tutti i
colori, per cui, purtroppo, si finisce per non meravigliarsi più di
nulla, per non scandalizzarsi, per non indignarsi.
Specialmente quando il cattivo esempio
viene dall'alto, non c'è trombettiere o mascotte del reggimento,
perfino vivandaia al seguito, che non si sentano autorizzati a
stracciare e a lordare le bandiere, a tirare fango contro le
uniformi, a ballare oscenamente sulle ceneri di ciò che un tempo
furono onore, disciplina, spirito di sacrificio, senso del dovere, lealtà, fedeltà, coerenza.
La navicella di San Pietro se ne sta
andando allegramente alla deriva e una parte dei marinai, invece di
ammainare le vele, le mandano tutte a riva, quasi che una brama di
autodistruzione li avesse afferrati; e il nocchiero, invece di
tenersi sottovento, porta la nave di traverso alle onde e si direbbe
che voglia offrirle il fianco per farle imbarcare più acqua che sia
possibile, fin che le onde non l’avranno rovesciata e affondata.
Sorge allora la domanda: quale padrone
stanno servendo, tutti costoro? Vedono il pericolo, vedono la rotta
suicida su cui la nave si posta, eppure non fanno nulla per tentar di
scongiurare la catastrofe imminente; al contrario, si direbbe che
facciano di tutto per affrettarla, per renderla più certa e più
immediata.
Eppure non sono degli stupidi; molti di
loro sono persone intelligenti e preparate, pertanto sanno benissimo
quello che stanno facendo.
Sapranno anche il perché? Sarebbe
meglio pensare di no: perché, se non lo sapessero, a dispetto di
tutta la loro intelligenza, sarebbero solo dei presuntuosi che hanno
deciso di sfidare la rovina, in piena coscienza, illudendosi, forse,
di riportare chi sa quale trionfo, mai visto e mai udito prima.
Cosa, questa, che tradirebbe il loro
movente segreto, una sfrenata, folle ambizione, insieme ad una
compulsiva, indomabile voglia di apparire, di essere al centro
dell'attenzione, di ricevere applausi e, magari, anche critiche, ma
comunque di far parlare di sé, di lasciare il segno.
Se, al contrario, sapessero perché
stanno agendo in questo modo, cioè se stessero portando la nave
verso il naufragio sapendo quello che fanno, allora sarebbe ancora
peggio: l'unica conclusione possibile alla quale potremmo giungere,
sarebbe che ad ispirarli non sia la voce di Dio, ma quella del
Diavolo.
"Insidia" di Marcello Ciampolini |
Il papa Francesco, ormai da molto
tempo, si può dire quasi dall'inizio del suo pontificato, ha
adottato un nuovo stile "pastorale" quello di sfidare,
irridere e offendere i sentimenti di quanti, dentro la Chiesa, non la
pensano come lui; di quanti non condividono certe sue aperture, certe
sue "sparate", certe sue temerarie improvvisazioni.
Di quanti, soprattutto, si preoccupano
di salvare la navicella di Pietro e non pensano solo in termini
quantitativi, non sono dominati dall'ossessione di ritrovare i grandi
numeri, le folle oceaniche del passato, ma di ricompattare il tessuto
dogmatico, teologico e morale della Chiesa.
Ma anche di rinsaldare la fede
vacillante di una parte significativa del clero, di ripartire alla
ricerca delle anime da salvare e non solamente delle folle da
attirare per i grandi incontri internazionali, come la Giornata
Mondiale della Gioventù, dove, di cristiano e di cattolico, alla
fine dei conti, si vede ben poco e si respira ancora meno.
Tutti i Papi del XX secolo, coscienti
delle tensioni e delle contraddizioni innescate dai processi della
modernità nella carne viva della Chiesa, clero e laici, hanno sempre
tenuto conto della sensibilità dell'intero popolo di Dio: sia i Papi
considerati, a torto o a ragione, progressisti, sia quelli
considerati conservatori.
Tutti si sono sforzati di salvare la
concordia o quantomeno l'unità all'interno della Chiesa; tutti
hanno assunto un atteggiamento di rispetto e, fin dove possibile, di
delicatezza verso quanti non condividevano appieno la loro linea.
Bisogna dire, peraltro, che prima di papa Francesco non si era mai parlato di una "linea"
pontificale, perché i Papi, tutti dal primo all'ultimo, si sono
sempre considerati come i depositari e i custodi di una Verità da
custodire, difendere e tramandare, non certo come gli autori di una
innovazione unilaterale, di una accelerazione nel senso desiderato
dal "mondo".
Le cose sono cambiate in quest'ultimo
pontificato, davanti allo spettacolo, ormai pressoché quotidiano, di
un Papa che polemizza in continuazione con i suoi veri o presunti
"oppositori" che, non pago di averli esemplarmente
castigati e mortificati ‒ come avvenuto nel caso dei Francescani
dell'Immacolata (cfr. QUI; ndr) ‒ non si perita di denigrarli
pubblicamente.
Di un Papa che sfrutta il pulpito delle
sue omelie quotidiane nella Chiesa di Santa Marta, e soprattutto i
microfoni dei giornalisti che lo intervistano, specialmente durante i suoi spostamenti aerei nel corso dei viaggi pastorali, per indirizzare bordate su bordate contro quelli che lui giudica, facendo di tutta l'erba un fascio, i "conservatori", i "nostalgici"
del passato e, naturalmente, i "nemici" del Concilio
Vaticano II. (Cfr. anche QUI; ndr)
Spettacolo clamoroso, sconcertante,
penosissimo: che non avremmo mai voluto vedere, cui non avremmo mai
desiderato assistere. Spettacolo inaudito, se appena si riflette su
quale sia la natura della missione del romano pontefice.
Chi è il Papa, infatti? Si risponde:
il successore di San Pietro, che Gesù Cristo ha eretto a capo della
sua Chiesa. Dunque, San Pietro e Gesù Cristo dovrebbero essere i
suoi grandi, i suoi unici modelli; e nessun altro.
Ora, non ci risulta affatto, leggendo
il santo Vangelo, che né San Pietro né tanto meno il divino
Maestro, Gesù Cristo il Figlio di Dio, avessero l'abitudine di
regolarsi in questo modo: di rivolgersi con tono d'incessante
reprimenda, di sfida, di fastidio verso gli altri Apostoli; né, per
la verità, nei confronti di nessun altro, né i semplici fedeli e
neppure i non credenti.
No: non era questo il loro stile
pastorale. Essi andavano alla ricerca della pecorella smarrita;
cercavano di persuadere con l'esempio e con la dolcezza; certo, erano
severi quanto alla sostanza del Vangelo, nel senso che non
tolleravano storpiature o compromessi della dottrina di salvezza, ma
erano estremamente pazienti e misericordiosi con i loro fratelli,
compresi quelli che, a loro giudizio, si stavano allontanando, o
erano in errore.
Questa dolcezza, questa carità, questa
mitezza, Bergoglio le riserva esclusivamente agli altri: ai
protestanti, ai musulmani, ai giudei, agli atei; quanto ai cattolici,
li divide drasticamente in due campi: quelli che sono d'accordo con
la sua "linea", e quelli che non lo sono; questi ultimi non
solo non tenta di persuaderli, ma li provoca e li maltratta ogni
santo giorno, senza misericordia, senza nemmeno un tratto di umana
tolleranza o comprensione.
La misericordia Bergoglio la riserva
unicamente ai lontani e ai diversi, primi fra tutti i
migranti/invasori, da lui promossi tutti quanti, senza bisogno di
quisquilie come l'accertamento individuale, al rango di "profughi"
e, pertanto, di "fratelli bisognosi" meritevoli di ogni
aiuto e di ogni comprensione da parte nostra. (Cfr. QUI; ndr).
Bergoglio a Lesbo - Grecia |
Ma per i cattolici che egli, con
pochissima stima, considera "tradizionalisti", e che sono
semplicemente coloro i quali sono rimasti fedeli al Vangelo perenne e
alla Chiesa di ieri, di oggi e di sempre, senza tanta teologia della
liberazione (peraltro condannata in maniera esplicita da Giovanni
Paolo II) e senza tanto buonismo e sociologia neomarxista o, peggio,
neoradicale (si pensi alla sua stima dichiarata per personaggi come
Pannella e Bonino, campioni del divorzio, dell'aborto,
della eutanasia, della droga libera e dei matrimoni omosessuali), egli
non ha che rimbrotti, frecciate, provocazioni e, in definitiva,
disprezzo.
Il bello è che il "partito"
clericale a lui favorevole non solo non fa nulla per attenuare queste
sue asprezze, questa sua mancanza di tatto e di misericordia, questa
sua durezza sgradevole e poco cristiana (si ricordi la luce cattiva
che gli brillava nello sguardo quando, ai microfoni, ricordava che
lui, l'allora sindaco Marino, in America non l'aveva invitato, no,
assolutamente no, chiaro?) ma, come fanno i cortigiani di un sovrano
che è sempre sopra le righe, lo fomentano, lo istigano e lo
applaudiscono ogni volta che alza i toni e raddoppia le provocazioni.
La grande stampa cattolica, a
cominciare da Avvenire e L'Osservatore Romano – per non parlare di
Famiglia Cristiana che, in questa linea modernista e progressista si
era messa già da tempo per conto suo, sovente in polemica con i
predecessori del Papa attuale – si è schierata tutta al suo
fianco, o meglio, al suo seguito.
Si legga, a titolo di esempio – uno
fra mille – quanto scrive il vaticanista Luigi Accattoli per il
mensile La Voce di Padre Pio (n. 5 del maggio 2016), che così
conclude un articolo intitolato "Un vecchio pieno di
giovinezza", che è tutto un panegirico di papa Francesco, anche
negli aspetti più discutibili e divisivi del suo stile pastorale.
Tutti i Papi sono contestati, da dentro
o da fuori, da destra o da sinistra. È inevitabile che una figura
unica e bianca, posta sul candelabro, ogni giorno sotto gli occhi di
tutti, non incontri il favore generale.
Ed è inevitabile che le sue decisioni
scontentino alcuni o molti tra i tanti osservatori esteri e anche tra
i cattolici. Ma se tutti i Papi sono contestati, i Papi riformatori
sono contestati due volte: c'è un convincimento antico nella Chiesa
Cattolica, ma anche nelle altre, che non si debba mai cambiare nulla
e chi propone cambiamenti viene posto comunque sotto accusa.
Infine Bergoglio è contestato tre
volte: tutti i Papi recenti cercavano di attenuare con il linguaggio
il risentimento di quanti non erano d'accordo. Seppure dovevano
contraddirli, provavano a farlo con buone parole.
Papa Francesco non si preoccupa di
tenere buoni gli oppositori – qui è la più sorprendente delle sue
novità – persino polemizza apertamente con loro, dicendo per
esempio che quanti vogliono "tornare indietro" rispetto al
Concilio Vaticano II sono "stolti" e "testardi".
Si tratta di un atteggiamento
spregiudicato che è attribuibile alla "libertà di spirito"
dei gesuiti che è famosa, e che Bergoglio ha più volte rivendicato.
Una libertà che spiazza gli oppositori e che costituisce una delle
migliori armi in mano al riformatore venuto "dalla fine del
mondo".
Molti si chiedono che succederà "dopo"
che Francesco sarà uscito di scena. Sarei tentato di scommettere che
se durerà quanto Benedetto – cioè otto anni – riuscirà a porre
le premesse perché il successore possa continuar l'opera avviata.
Possa, o debba? Perché, se il motto di
papa Francesco è "indietro non si torna", allora egli sta
facendo una cosa ancor più grave che imporre la "sua"
linea; quasi che il Depositum Fidei, del quale è solo il custode,
gli appartenesse in proprio, compresa la licenza di modificarlo a suo
arbitrio.
Sta addirittura gettando le premesse
per una svolta irreversibile, per una mutazione genetica definitiva
della Chiesa cattolica. Ma ne ha il diritto giuridico, morale e
pastorale?
Perfino i suoi ammiratori, se fossero
in buona fede, dovrebbero convenire che questa, forse, non è
precisamente l'opera che si domanda di svolgere ad un pontefice nel
momento in cui viene eletto a capo della Chiesa cattolica.
Si noti, peraltro, il sofisma svolto da
Accattoli: Bergoglio viene criticato ("tre volte": come
dire, tanti nemici, tanto onore) perché il suo stile consiste nel
polemizzare apertamente, sfidare e offendere gli "oppositori"
(perché chiamare dei cattolici, come lui fa, "stolti" e
"testardi", è un vero e proprio offendere).
Luigi Accattoli, vaticanista di "Repubblica" |
Ma allora, egli viene criticato perché
è progressista, o perché non rispetta e, anzi, provoca e insulta
chi non è d'accordo con lui? Sono due cose diverse; non è lecito
confonderle. Del resto, un Papa che sia anche responsabilmente il
capo della Chiesa cattolica (ma non aveva esordito dicendosi,
semplicemente e assai umilmente, soltanto "il vescovo di Roma?")
dovrebbe preoccuparsi, e molto, di avere degli "oppositori".
Non è una cosa normale: chi resta
fedele all'insegnamento di Cristo, non ha "oppositori"
dentro la Chiesa, se non gli eretici. Dunque, i "conservatori"
sono diventati eretici? Perché, se così non fosse – e ci sembra
che nemmeno lui e i suoi seguaci e ammiratori, tipo Enzo Bianchi,
siano arrivati a tanto – allora non resterebbe che l'altro corno
del dilemma: che eretica sia una certa "linea" da lui
portata avanti con estrema decisione e ostinazione (a proposito di
"testardaggine").
Tutto questo fa ancora più specie se
si considera che, dalla bocca del Papa, non è mai uscita una sola
parola, non diciamo di rimprovero, ma neanche lontanamente di
ammonimento, per quanto blando, nei confronti dei seguaci delle altre
religioni e delle diverse confessioni cristiane, per non parlare degli
atei dichiarati e militanti: tutte bravissime persone, a sentir lui.
E basti pensare che, davanti alla
persecuzione e allo sterminio di migliaia e migliaia di cristiani in
tutto il mondo ad opera dei terroristi islamici, e davanti al sangue
ancora caldo di padre Hamel, sgozzato sull'altare in una chiesa della
Normandia da due ragazzi islamici, Francesco ha avuto l'ardire di
negare che esista un fondamentalismo islamico, che vi sia un problema
islamico...
Ma anzi ha sostenuto, con una logica
aberrante, che, semmai, un fondamentalismo esiste anche fra i
cristiani, e così pure un terrorismo, visto che... vi sono dei
mariti, di religione cattolica, i quali uccidono le loro mogli, o le
suocere.
Che dire poi della "famosa libertà
di spirito dei gesuiti", di cui parla Accattoli? Non ci risulta
per niente. Al contrario, si sono sempre vantati di obbedire (alla
Chiesa?) "perinde ac cadaver", cioè come cadaveri... (Ved. QUI; ndr).
Francesco Lamendola ‒ (il suo profilo
QUI; ndr).
Chiosa di Sebirblu con un'immagine
di
Gustave Doré
"Il Cielo e la Terra passeranno, ma le Mie parole non passeranno" Mt. 24, 35 |
Relazione e cura di: Sebirblu.blogspot.it
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