"Martirio ed ultima Comunione di Santa Lucia" di Paolo Veronese |
Sebirblu, 11 dicembre 2023
Siamo ormai a ridosso della festa di Santa Lucia, vergine e martire, patrona della vista (forse perché il nome deriva da "Lux" = Luce) e delizia dei bambini che proprio in tal giorno ricevono molti regali, ma non tutti sanno, come vedremo, che oltre ad essere ricordata solennemente a Siracusa, sua città natale e addirittura in Svezia, viene menzionata più volte anche dall'Alighieri nella sua Divina Commedia.
Ma andiamo per ordine, in quanto riporto qualche nota sulla sua vita:
Gli Atti del suo martirio, il cosiddetto Codice Papadopulo, narrano di una giovane, orfana di padre, appartenente ad una ricca famiglia di Siracusa, che era stata promessa in sposa ad un pagano.
La madre di Lucia, Eutichia, da anni ammalata di un inarrestabile flusso di sangue, aveva speso ingenti somme per curarsi, ma nulla le era giovato.
Fu così che entrambe, unendosi ad un pellegrinaggio di siracusani verso la tomba di sant'Agata, nel suo dies natalis, pregarono affinché intercedesse per il risanamento della donna.
Il Vangelo di quel giorno verteva proprio sulla guarigione dell'emorroissa. Lucia suggerì alla madre di avvicinarsi al sepolcro della Santa e di toccarlo con fede e fiducia. Durante la preghiera, Lucia si assopì e in una visione onirica vide la Santa che, preannunciandole il suo futuro martirio e il suo patronato sulla città di Siracusa, come lei lo aveva su Catania, le disse:
«Lucia, perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi ottenere per tua madre?»
"S. Lucia e sua madre al sepolcro di S. Agata" di Jacobello del Fiore (1370-1439) |
Ritornata a casa, e constatata la guarigione di Eutichia, Lucia comunicò alla madre la sua ferma decisione di consacrarsi al Cristo e di poter disporre del proprio patrimonio per devolverlo in beneficenza.
La notizia della rinuncia della giovane ai suoi beni personali, per donarli ai poveri, arrivò ben presto al futuro sposo che chiese subito chiarimenti alla madre, la quale gli fece credere che la decisione fosse legata ad un investimento alquanto redditizio di una vasta proprietà, destinata ad accrescersi di valore, inducendolo quindi a collaborare.
Poi, forse esacerbato dai continui rinvii del matrimonio, il pretendente, insospettito e preoccupato dal dissolvimento dei beni di Lucia la denunciò come cristiana, visto che erano in vigore i decreti persecutori emanati dall'imperatore Diocleziano.
Il processo che Lucia sostenne dinanzi al prefetto Pascasio ne attestò la fede e la fierezza nel proclamarsi seguace del Nazareno.
Dopo un interrogatorio assai fitto di scambi verbali con il magistrato che la vergine riuscì a sostenere con la forza e la sicurezza di chi è ispirato dal Cristo, il governatore Pascasio le inflisse la peggior pena possibile: il postribolo! Mossa dallo Spirito, la casta fanciulla reagì con risposte provocatorie, che incitarono l'aguzzino ad attuare subito il suo ignobile provvedimento.
Ella, infatti, gli gridò che non avrebbe ceduto in alcun modo di fronte a qualsiasi abuso rivolto al suo corpo senza la sua volontà e che sarebbe rimasta, comunque, pura e incontaminata nell'anima e nella mente.
A quel punto avvenne un prodigioso evento: Lucia non riuscì ad essere rimossa dal suo posto nemmeno con il carro dei buoi, fatto giungere a prelevarla di peso per condurla al lupanare, né dai maghi appositamente convocati dallo spietato Pascasio.
Furioso dall'incredibile fatto, il vile governatore ordinò che venisse bruciata per stregoneria, ma neanche il fuoco riuscì a lambirla e Lucia perì, infine, tramite spada! Così, piegate le ginocchia, la vergine fu vittima del "colpo di grazia" per decapitazione, non prima, tuttavia, di aver profetizzato la destituzione di Diocleziano e la pace per i cristiani.
Secondo l'agiografia tramandata da fonti antiche, Lucia sarebbe nata nel 283 d.C. e deceduta a soli 21 anni nel 304. Ci sono inoltre varie divergenze sui supplizi infertigli e sulla sua morte.
Non esiste alcun fondamento, almeno fino al XV secolo, sulla veridicità dell'episodio in cui si sarebbe strappata ‒ o le avrebbero cavato ‒ gli occhi.
L'emblema dei bulbi oculari sulla coppa, o sul piattino, risalirebbe più semplicemente alla devozione popolare che l'ha sempre invocata per i problemi legati alla vista, forse per il suo nome connesso alla luce.
Per quanto riguarda invece il suo trapasso, fonti latine dicono che avrebbe ricevuto una pugnalata alla gola (jugulatio), ed è per tal motivo che a volte, in molteplici opere d'arte, la sua immagine viene raffigurata trafitta da uno stiletto e con l'immancabile palma del martirio in mano.
Nell'ambito della tradizione letteraria propriamente detta, la figura della Santa ispirò Dante Alighieri, come annunciato sopra.
Il Poeta afferma, in "Convivio" (III, IX, 15-16), che in gioventù aveva subito una lunga e pericolosa alterazione agli occhi a causa delle prolungate letture, ottenendone poi la guarigione per mezzo della vergine e martire di Siracusa.
Gratitudine, speranza e ammirazione indussero perciò il sommo Poeta ad attribuirle un ruolo di base non soltanto nella sua vicenda personale, ma allegoricamente anche in quella dell'umanità intera nel suo viaggio oltremondano, descritto nella Divina Commedia.
Santa Lucia nelle tre cantiche diventa il simbolo della "Grazia illuminante", per la sua adesione al Vangelo sino al sacrificio di sé, dunque "via", strumento, per la salvezza eterna di ogni essere umano, oltre che per l'Alighieri come personaggio ed uomo.
Questa rappresentazione religiosa della figura storica della vergine siracusana, quale Santa che illumina il percorso di ciascuno nella comprensione del Vangelo e della Fede in Cristo, risale ai primi secoli della diffusione del suo culto.
Così l'hanno esaltata, promuovendone la devozione, san Gregorio Magno (590-604), san Giovanni Damasceno (674-754), sant'Adelmo d'Inghilterra (†709) e tanti altri.
13 dicembre - Santa Lucia: il giorno più corto che ci sia? - ved. QUI. |
Ed è appunto a questa interpretazione della figura memorabile di Santa Lucia che si collega Dante, in aspra e aperta polemica con il contesto storico di decadenza morale, politica, civile del suo tempo, tema peraltro di fondo, che percorre tutta l'Opera, dalla «selva oscura» all'ascesa verso l'«Empireo».
La vergine siracusana compare nell'Inferno, quando Beatrice racconta a Virgilio che la Madre SS. chiamò Lucia a sé per raccomandarle il destino di Dante (personaggio), ostacolato dalle tre fiere nella «selva oscura».
La Santa è definita "nimica di ciascun crudele" e la Madonna dichiara che Dante è un suo fedele, probabilmente perché ella lo avrebbe "miracolato" agli occhi, (come spiegato sopra).
Lucia, che simboleggia la Grazia illuminante, si reca allora da Beatrice e la invita a soccorrere il Poeta (sempre nella "Commedia"), per cui la beata si reca nel Limbo da Virgilio.
Nel Purgatorio, invece, si narra come la stessa Lucia prelevi Dante durante il sonno e lo trasporti dalla "valletta dei principi negligenti" alla sua porta d'ingresso.
Infine, nel Paradiso, san Bernardo mostra a Dante che Lucia siede nella candida rosa dei beati di fronte ad Adamo, additandola come colei che mosse Beatrice, quando Dante abbassava lo sguardo perdendo la speranza di salvarsi (ai piedi del colle, respinto nella selva dalle tre fiere).
"Beatrice, nel Limbo, parla con Virgilio" di Gustave Doré |
Se esaminiamo con attenzione la figura di Santa Lucia nella Commedia, scorgiamo in lei un personaggio vivo e reale.
Appare infatti, nello stesso tempo, come creatura umana e celeste quando, su invito di Maria, scende dall'«Empireo», per avvertire Beatrice dello smarrimento di Dante e del conseguente pericolo che incombe su di lui:
«Questa (e cioè la "donna gentil", Maria, indicata sempre così nell'intera Opera) chiese Lucia in suo dimando e disse: Or ha bisogno il tuo fedele di te e io a te lo raccomando. Lucia, nimica di ciascun crudele, si mosse...» (Inferno II, 92-96).
A questo punto, la Santa con gli occhi luminosissimi in lacrime (li occhi lucenti lacrimando volse) si rivolge a Beatrice, la tanto amata dal Poeta, invitandola a soccorrere Dante prima che sia troppo tardi:
«Beatrice, loda di Dio vera, ché non soccorri quei che t'amò tanto, ch'uscì per te de la volgare schiera? Non odi tu pietà del suo pianto? Non vedi tu la morte che 'l combatte Su la fiumana ove 'l mar non ha vanto?» (Inferno II, 103-108).
E ancora, nel 2º regno oltremondano, Santa Lucia è creatura umana, materna, nel prendere Dante assopito, dopo un colloquio con illustri personaggi in una località amena (la "valletta dei prìncipi") e nel condurlo alla porta d'ingresso del Purgatorio:
«Venne una donna e disse: I' son Lucia lasciatemi pigliar costui che dorme; sì l'agevolerò per la sua via.» (Purgatorio IX, 55-57).
E così, dopo averlo aiutato ad intraprendere il difficile cammino di salvezza, a seguito dello smarrimento nella «selva oscura», lo mette in condizione di proseguire nel percorso della purificazione dei propri peccati.
Anche qui Dante personaggio, per influsso senz'altro del Poeta, autore e uomo a lei "fedele", accenna ancora una volta alla luminosa bellezza degli occhi della martire, non senza rimandi simbolici:
«Qui ti posò ma pria mi dimostraro li occhi suoi belli quella intrata aperta: poi ella e 'l sonno a una se n'andaro.» (Purgatorio IX, 61-63).
Infine, la vergine siracusana è spirito celeste quando al termine del viaggio ultra-terreno, nel Paradiso, su indicazione di San Bernardo, Dante la rivede nel primo cerchio dell'«Empireo», accanto a sant'Anna e a san Giovanni Battista, nel trionfo della Chiesa da lei profetizzato durante il martirio:
«Di contr'a Pietro vedi sedere Anna, tanto contenta di mirar sua figlia che non move occhio per cantare osanna. E contro al maggior padre di famiglia siede Lucia, che mosse la tua donna, quando chinavi, a ruinar, le ciglia.» (Paradiso XXXII, 133-138).
Dante, raggiunta la pienezza della sua ascesa, associa questa volta significativamente la figura di Santa Lucia a quella della Madre di Maria, sant'Anna, collocandola di fronte ad Adamo, il capostipite del genere umano.
Maria, Beatrice e Lucia sono le tre donne che hanno permesso, per volere divino, il cammino di redenzione al personaggio Dante, ma tra di esse, la vergine siracusana rappresenta per il sommo Poeta, il mirabile anello di congiunzione (e per tal motivo, di superamento) fra l'esperienza terrena del peccato e il provvidenziale cammino ascetico-contemplativo dell'esperienza nell'Oltre.
"Il martirio di Santa Lucia" di Mario Minniti |
Alcune note finali
Nel 1039 il generale bizantino Giorgio Maniace trafugò il corpo per farne omaggio al suo sovrano, a Costantinopoli. I siracusani, infatti, dopo l'occupazione araba della Sicilia, avevano nascosto il corpo della Santa giovinetta nelle catacombe, in un luogo segreto.
Maniace riuscì a farselo indicare, probabilmente con l'inganno, da un anziano, il cui nome non è mai stato indicato nel corso dei secoli per non marchiare d'infamia lui e i suoi discendenti.
Il corpo della Santa fu portato insieme alle spoglie di Sant'Agata a Costantinopoli per farne dono all'imperatrice Teodora. Da lì fu trafugato nel 1204 dai veneziani che conquistarono la capitale bizantina a conclusione della quarta Crociata e fu portato a Venezia come bottino di guerra.
Le sacre spoglie della Santa tornarono in via eccezionale a Siracusa per sette giorni nel dicembre 2004 in occasione del 17º centenario del suo martirio.
La loro permanenza fu accolta da una incredibile folla di siracusani e da gente accorsa da ogni parte della Sicilia. Riscontrata l'elevatissima partecipazione dei devoti, da allora si è fatta strada la possibilità di un ritorno definitivo alla città natale di questa straordinaria Santa.
Tra le leggende inerenti alla tradizione, per la quale il 13 dicembre i bimbi di talune località italiane, sparse però anche in giro per il mondo come in Svezia, ricevono regali e dolciumi, spicca quella di Verona dove, intorno al XIII secolo scoppiò una terribile ed incurabile epidemia di "male agli occhi", specialmente fra i bambini.
La popolazione decise allora di chiedere la grazia a Santa Lucia, con una processione a piedi scalzi e senza mantello, fino alla chiesa di Sant'Agnese, dedicata anche alla martire siracusana.
Il freddo spaventava i piccoli che non avevano nessuna intenzione di parteciparvi. Allora i genitori promisero loro che, se avessero ubbidito, la Santa avrebbe fatto loro trovare, al ritorno, tanti e tanti doni. Essi, ovviamente, accettarono e poco tempo dopo l'epidemia sparì.
Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it
Fonti: it.cathopedia.org
" : it.wikipedia.org
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