Perché sto lasciando
la Goldman Sachs
Greg Smith, 14 Marzo 2012
Oggi è il mio ultimo giorno a Goldman Sachs. Dopo quasi dodici anni in azienda - prima come tirocinante estivo mentre ero a Stanford, poi a New York per dieci anni, e ora a Londra - credo di aver lavorato abbastanza a lungo per comprendere la traiettoria della sua cultura, della sua gente e della sua identità.
E posso dire onestamente che l'ambiente
ora è tossico e distruttivo come non l’ho mai visto prima.
Per spiegare la cosa nel modo più
semplice, gli interessi del cliente continuano ad essere secondari
rispetto al modo in cui opera questa azienda e al pensiero di
guadagnare soldi.
Goldman Sachs è una delle più grandi
e più importanti banche d’investimento al mondo ed è troppo
integrata alla finanza globale per poter continuare ad agire in
questo modo. La compagnia ha cambiato rotta da quando ci sono entrato
subito dopo l’università, e in buona coscienza non posso dire di
potermi identificare con quello che rappresenta.
È probabile che tutto ciò sia
sorprendente per il pubblico scettico, ma la cultura è sempre stata
una parte vitale del successo di Goldman Sachs. Si basava sul lavoro
di gruppo, sull'integrità, sull'umiltà, facendo sempre le cose giuste
per i clienti. La cultura era la ricetta segreta che ha fatto grande
questa azienda e che ci ha consentito di guadagnare la fiducia dei
nostri clienti per 143 anni.
Non si tratta solo di soldi; questi non
possono sostenere una società così a lungo. Si parla di fierezza e
di fiducia nell'organizzazione. Sono triste nel dire che,
osservandola oggi, non riesco a vedere traccia della cultura che mi
ha fatto amare il lavoro in questa compagnia per tanti anni. Non
ho più l'orgoglio, o la convinzione.
Ma le cose non sono sempre state così.
Per più di un decennio ho selezionato e formato i candidati con le
nostre estenuanti interviste. Sono stato scelto per essere una delle
dieci persone (in un’azienda con più di 30.000 dipendenti) che
dovevano apparire sul nostro video per le assunzioni, che viene
trasmesso in tutti i campus universitari che visitiamo nel mondo
intero.
Nel 2006 ho gestito il programma
interno estivo per le vendite e il trading a New York per 80 studenti
universitari che erano stati scelti, tra le migliaia che si erano
proposti.
Ho capito che era giunto il tempo di
andarsene quando ho capito che non potevo più guardare gli studenti
negli occhi e dire loro quanto fosse bello lavorare per essi.
Quando i libri di storia parlano di
Goldman Sachs, potrebbero segnalare che l’attuale direttore
esecutivo, Lloyd C. Blankfein, e il presidente, Gary D. Cohn, hanno
perso contatto con la cultura dell’azienda. Io credo fermamente che
questo declino nella fibra morale dell’azienda rappresenti la
minaccia più forte alla sua sopravvivenza nel lungo termine.
Nel corso della mia carriera ho avuto
il privilegio di prestare consulenza a due dei maggiori hedge fund
del pianeta, a cinque dei più grandi gestori di asset degli Stati
Uniti, e a tre dei più importanti fondi sovrani del Medio Oriente e
dell’Asia. I miei clienti hanno una base totale di asset superiore
al trilione di dollari.
Ho sempre provato un forte orgoglio nel
consigliare i miei clienti sulle cose migliori per loro, anche se ciò
comportava minori entrate per la mia azienda. Questo approccio è
diventato sempre più impopolare a Goldman Sachs. Un altro segnale
che era ora di andarsene.
Come siamo arrivati a questo punto? La
compagnia ha cambiato il modo di concepire la leadership. Prima si
basava sulle idee, dando l’esempio e facendo le cose nel modo
corretto. Oggi, se guadagni abbastanza soldi per l’azienda (anche
senza essere un boia), vieni promosso in una posizione influente.
Tre modi rapidi per diventare un
dirigente?
a) seguire le "asce"
aziendali, che è il modo gergale in Goldman per persuadére i clienti
ad investire in azioni o in altri prodotti di cui stiamo tentando di
liberarci, perché loro ne abbiano un gran profitto potenziale.
b) "Caccia agli Elefanti." In
inglese: porta i tuoi clienti – alcuni dei quali sono sofisticati,
mentre altri non lo sono – a trattare qualsiasi cosa che porti il
maggior utile a Goldman. Chiamatemi fuori moda, ma non mi piace
vendere ai miei clienti un prodotto che è sbagliato per loro.
c) Cerca di metterti in una posizione
per poter scambiare prodotti liquidi e opachi con un acronimo di tre
lettere.
Oggi, molti di questi dirigenti
annoverano un tasso di cultura di Goldman Sachs pari allo zero. Io
partecipo alle riunioni per le vendite dei derivati in cui non viene
impiegato un solo minuto per domandarsi come aiutare i clienti. Si
parla solo di come riuscire a guadagnare da loro più soldi
possibile.
Se tu fossi un alieno che arriva da
Marte e che si trova in mezzo ad una di queste riunioni, crederesti
che il successo o i progressi di un cliente non fanno parte
dell’analisi del pensiero.
Mi fa stare male quando le persone
parlano senza remore di ingannare i propri clienti. Negli ultimi
dodici mesi ho visto cinque diversi direttori esecutivi definire i
propri clienti "pupazzi", qualche volta nelle mail interne.
Anche dopo il S.E.C., Fabulous Fab,
Abacus, il lavoro di Dio, Carl Levin, i Calamari Vampiro? Umiltà
uguale a zero? Non è possibile. Integrità? Sempre meno.
Non so se ci siano state condotte
illegali, ma esistono persone che spingono per vendere ai clienti
prodotti remunerativi e complicati, anche se non sono gli
investimenti più semplici o quelli più direttamente corrispondenti
ai loro obbiettivi? Certo che sì. Tutti i giorni.
Mi sbalordisce come gli alti funzionari
non riescano a recepire una verità spicciola: se i clienti non si
fidano, alla fine smetteranno di fare affari con te. Non importa
quanto sei intelligente.
Questi giorni, la domanda più
frequente sui derivati che mi viene fatta dagli analisti junior è,
"Quanti soldi guadagniamo dal cliente?" Mi infastidisce
ogni volta che lo sento dire, perché è un riflesso di ciò che
stanno osservando dai loro dirigenti sul modo di comportarsi.
Ora facciamo un salto di dieci anni nel
futuro: non è necessario essere un fisico nucleare per dedurre che
un’analista appena entrato che siede tranquillo nell'angolo della
stanza, sentendo parlare di "fantocci", "strappare gli
occhi dalle orbite" e di “farsi pagare", non diventi
esattamente un cittadino modello.
Quando ero analista nel primo anno non
sapevo neppure dove fosse il bagno, o come allacciarmi le scarpe. Mi
fu insegnato che dovevo preoccuparmi di imparare le basi, di scoprire
cosa è un derivato, capire la finanza, di cercare di conoscere i
nostri clienti e cosa li motiva, di imparare il modo in cui
concepiscono il successo e come riuscire ad aiutarli per arrivarci.
I momenti di cui vado più fiero –
quando ho ottenuto una borsa di studio per andare dal Sud Africa alla
Stanford University, quando sono stato selezionato come finalista
nazionale dei Rhodes Scholar, quando ho vinto la medaglia di bronzo
di tennis tavolo ai Giochi Maccabei in Israele, noti come Olimpiadi
Ebree – hanno tutti a che fare con il lavoro duro, senza
scorciatoie.
Oggi Goldman Sachs si basa troppo sui
propri progressi. È una cosa che non mi sembra più giusta.
Spero che questa possa essere una
sveglia per il consiglio d’amministrazione. Riportare il cliente ad
essere il centro focale dell’impresa. Senza clienti non si fanno
soldi. Alla fine, scompari.
Vanno "diserbate" le persone
moralmente fallite, indipendentemente da quanti soldi guadagnano per
l’azienda. E riportare la cultura giusta, per fare in modo che le
persone vogliano lavorarci per le giuste motivazioni.
Le persone che si preoccupano solo di
fare soldi non sosterranno questa compagnia - o la fiducia dei suoi
clienti - per molto tempo.
Oggi Greg Smith si è dimesso dalla
posizione di funzionario esecutivo di Goldman Sachs e direttore della
sezione statunitense dei derivati azionari per Europa, Medio Oriente
e Africa.
Tramite: Sebirblu.blogspot.com
Fonte: Why I Am Leaving Goldman Sachs -
New York Times
Traduzione per
www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
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