domenica 28 aprile 2024

Quando Benedetto XVI parlò di S. Ildegarda di Bingen




Sebirblu, 26 aprile 2024

Prima di esporre due dotte quanto indimenticabili catechesi tenute da Benedetto XVI nel settembre 2010 su Santa Ildegarda di Bingen, in occasione delle udienze generali del mercoledì, riporto come prefazione qualche dettaglio in più su quest'Anima straordinaria dai carismi eccezionali.

«I "Dottori della Chiesa" sono coloro che, in virtù della propria santità e sapienza, hanno saputo rendere grande la Sacra Istituzione. Nella sua storia più che millenaria, con tale titolo vi sono solo quattro donne.

Sono Santa Teresa d'Avila e Santa Caterina da Siena, canonizzate da Papa Paolo VI nel 1970; Santa Teresa di Lisieux elevata agli altari da San Giovanni Paolo II nel 1997. L'ultima è Santa Ildegarda di Bingen, proclamata degna di dulìa (ossia di venerazione dovuta ai santi) da papa Ratzinger nel 2012.

L'insegnamento della santa monaca benedettina venne giudicato straordinariamente attuale nel mondo contemporaneo dall'allora Papa regnante.

Ella, infatti, scrisse numerose opere mediche e scientifiche diventando per questo Patrona degli erboristi. Nei suoi trattati si occupò anche di alimentazione e del tipo di vita sana da condurre.

Il pensiero di Ildegarda è incentrato sul concetto di viriditas, la parola latina che indica il colore verde, l'energia verdeggiante della vita.

Per lei le piante verdi, germogliando, rappresentano l'equilibrio della salute fisica e spirituale, capaci di guarire gli esseri umani. La viriditas è vita, energia e armonia dell'universo, una visione ecologista ante litteram.

Nel solco della filosofia greca, Ildegarda riteneva che ogni cosa fosse formata dai quattro elementi – aria, acqua, terra, fuoco – e che sopra di essi vi stesse l'anima. Per curare un malato, occorreva considerare ogni aspetto dell'individuo, a partire dalla sua relazione con la natura.

Nel suo testo Physica, espone, affronta e cataloga qualità ed usi terapeutici come farmacologici delle piante. In Herbora sempliciorum elenca e illustra le erbe coltivate nei monasteri, dalle quali vengono tratti i rimedi.

Nell'opera Causa et Curæ la Santa spiega come si originano le malattie e il potere medicamentoso degli erbaggi. Superando i trattati di erboristeria medioevali, Ildegarda personalizza l'effetto che la sostanza produce sull'uomo, distinguendo l'efficacia del rimedio in base al paziente.

Partendo da una visione mistica della vita e del creato, la medicina di Ildegarda aveva comunque raggiunto una solida base scientifica. Alcune sue preparazioni, infatti, sono ancora attuali.» (Fonte QUI).




Bisogna dire, inoltre, che la benedettina Ildegarda di Bingen è una delle personalità più eclettiche di tutta la storia monastica, perché fu mistica, veggente, scrittrice, musicista, drammaturga, linguista, filosofa, poetessa, consigliera politica, profetessa, naturalista, farmacista, guaritrice: sono molteplici i termini per definire questa santa donna dalla mente poliedrica, multiforme e originalissima.

Ed ecco quello che disse ai fedeli Benedetto XVI sulla sua celebre e dotta conterranea il 1° settembre 2010, durante l'udienza generale a Castel Gandolfo:

«Nel 1998, in occasione dell'Anno Mariano, il Venerabile Giovanni Paolo II scrisse una Lettera Apostolica intitolata Mulieris dignitatem, trattando del ruolo prezioso che le donne svolgono nella vita della Chiesa.

"La Chiesa – vi si legge – ringrazia per tutte le manifestazioni del genio femminile apparse nel corso della storia, in mezzo alle genti e a tutte le nazioni; ringrazia per gli estesi carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del popolo di Dio, per le vittorie che essa deve alla loro Fede, Speranza e Carità; ringrazia per tutti i frutti di santità femminile".

Anche in quei tempi della storia che noi abitualmente chiamiamo Medioevo, diverse figure femminili spiccano per la santità della vita e la ricchezza dell'insegnamento. Oggi vorrei iniziare a presentarvi una di esse: santa Idelgarda di Bingen, vissuta in Germania nel XII secolo.

Nacque nel 1098, in Renania, probabilmente a Bermerscheim, nei pressi di Alzey, e morì nel 1179 all'età di ottantuno anni nonostante la permanente fragilità della sua salute. Idelgarda apparteneva a una famiglia nobile e numerosa e, fin dalla nascita, venne votata dai suoi genitori al servizio di Dio.

A otto anni fu offerta per lo stato religioso, secondo la Regola di San Benedetto, e per ricevere un'adeguata formazione umana e cristiana fu affidata alle cure della vedova consacrata Uda di Gollhreim e poi di Giuditta di Spanheim, che si era ritirata in clausura presso il monastero benedettino di San Disibodo.

Si andò formando un piccolo monastero femminile di clausura, che seguiva la Regola di San Benedetto. Ildegarda ricevette il velo dal vescovo di Bamberga e, nel 1136, alla morte di madre Giuditta, divenuta magistra (Priora) della comunità, le consorelle la chiamarono a succederle. 




Svolse questo compito mettendo a frutto le sue doti di donna colta, spiritualmente elevata e capace di affrontare con competenza gli aspetti organizzativi della vita claustrale. Qualche anno dopo, anche a motivo del numero crescente di giovani donne che bussavano alle porte del monastero, Ildelgarda si separò dal dominante monastero maschile di San Disibodo con la comunità a Bingen, intitolata a san Ruperto, dove trascorse il resto della vita.

Lo stile con cui esercitava il ministero dell'autorità è esemplare per ogni comunità religiosa: esso suscitava una santa emulazione nella pratica del bene, tanto che, come risulta da testimonianze del tempo, la madre e le figlie gareggiavano nello stimarsi e nel servirsi a vicenda.

Già negli anni in cui era magistra del monastero di san Disibodo, Idelgarda aveva cominciato a dettare le visioni mistiche, che riceveva da tempo, al suo consigliere spirituale, il monaco Volmar, e alla sua segretaria, una consorella a cui era molto affezionata, Richardis di Strade.

Come sempre accade nella vita dei veri mistici, anche Ildelgarda volle sottomettersi all'autorità di persone sapienti per discernere l'origine delle sue visioni, temendo che fossero frutto di illusioni e che non venissero da Dio. Si rivolse perciò alla persona che ai suoi tempi godeva della massima stima nella Chiesa: san Bernardo di Chiaravalle.

Questi tranquillizzò e incoraggiò Ildelgarda. Ma nel 1147 ella ricevette un'altra approvazione importantissima. Il Papa Eugenio III, che presiedeva un sinodo a Treviri, lesse un testo dettato da Ildelgarda, presentatogli dall'Arcivescovo Enrico di Magonza. Il Papa autorizzò la mistica a scrivere le sue visioni e a parlare in pubblico.

Da quel momento il prestigio spirituale di Ildegarda crebbe sempre di più, tanto che i contemporanei le attribuirono il titolo di "profetessa teutonica". È questo, cari amici, il sigillo di un'esperienza autentica dello Spirito Santo, sorgente di ogni carisma: la persona depositaria di doni soprannaturali non se ne vanta mai, non li ostenta e, soprattutto, mostra totale obbedienza all’autorità ecclesiale.

Ogni dono distribuito dallo Spirito Santo è destinato all'edificazione della Chiesa e la Chiesa, attraverso i suoi Pastori, ne riconosce l'autenticità.

Parlerò ancora una volta il prossimo mercoledì su questa grande donna "profetessa", che parla con grande attualità anche oggi a noi, con la sua coraggiosa capacità di discernere i segni dei tempi, con il suo amore per il creato, la sua medicina, la sua poesia, la sua musica, che ora viene ricostruita, il suo amore per Cristo e per la Sua Chiesa, sofferente anche in quel tempo, ferita come oggi dai peccati dei preti e dei laici, e tanto più amata come corpo di Cristo. Così santa Ildegarda parla a noi. Grazie per la vostra attenzione».




Come promesso il Papa, rientrato a Roma, continuò a parlare dell'abadessa tedesca pure nella catechesi del mercoledì 8 settembre, ed ai pellegrini radunati nell'aula Paolo VI dichiarò:

«Oggi vorrei riprendere e continuare la riflessione su santa Ildegarda di Bingen, importante figura femminile del medioevo, che si distinse per saggezza spirituale e santità dell'esistenza. Le visioni mistiche somigliano a quelle dei profeti dell'Antico Testamento: esprimendosi con le categorie culturali e religiose del suo tempo, interpretava nella luce di Dio le Sacre Scritture applicandole alle varie circostanze della vita.

In tal modo, tutti coloro che l'ascoltavano si sentivano esortati a praticare uno stile di condotta cristiana coerente e impegnato. In una lettera a San Bernardo, la mistica renana confessa:

"La visione avvince tutto il mio essere: non vedo con gli occhi del corpo, ma mi appare nello spirito dei misteri... Conosco il significato profondo di ciò che è esposto nel Salterio, nei Vangeli e in altri libri, che mi sono mostrati nella visione. Questa brucia come una fiamma nel mio petto e nella mia anima, e mi insegna a comprendere profondamente il testo". (Epistolarium pars prima I-XC: CCCM 91).

Le sue visioni mistiche sono ricche di contenuti teologici. Fanno riferimento agli avvenimenti principali della storia della salvezza, e adoperano un linguaggio principalmente poetico e simbolico. 

Per esempio, nella sua opera più nota, intitolata "Scivias", cioè "Conosci le vie", ella riassume in trentacinque visioni gli eventi della storia della salvezza, dalla creazione del mondo alla fine dei tempi.

Con i tratti caratteristici della sensibilità femminile, proprio nella sezione centrale della sua opera, sviluppa il tema del matrimonio mistico tra Dio e l'umanità realizzato nell'Incarnazione.  Sull'albero della Croce si compiono le nozze del Figlio di Dio  con la Chiesa, sua sposa, ricolma di grazie e resa capace di donare a Dio nuovi figli, nell'amore dello Spirito Santo (Visio tertia: PL 197, 453c).

Già da questi brevi cenni vediamo come la teologia possa ricevere un contributo speciale dalle donne, perché esse sono capaci di parlare di Dio e dei misteri della fede con la loro peculiare intelligenza e sensibilità.

Incoraggio perciò tutte coloro che svolgono questo servizio a compierlo con profondo spirito ecclesiale, alimentando la propria riflessione con la preghiera e guardando alla grande ricchezza, ancora in parte inesplorata, della tradizione mistica medioevale, soprattutto a quella rappresentata da modelli luminosi, come appunto Ildelgarda di Bingen.

Ildegarda raffigurata su una vetrata dell'abbazia di Eibingen, a Hesse.

La mistica renana è autrice anche di molti altri scritti, due dei quali particolarmente importanti perché riportano, come lo Scivias, le sue visioni mistiche: sono il Liber vitae meritorum (Libro dei meriti della vita) e il Liber divinorum operum (Libro delle opere divine), denominato anche De operatione Dei. 

Nel primo viene descritta un'unica e poderosa visione di Dio che vivifica il cosmo con la sua forza e con la sua luce. Ella sottolinea la profonda relazione tra l'uomo e Dio e ci ricorda che tutta la Creazione, di cui l'uomo è il vertice, riceve vita dalla Trinità.

Lo scritto è incentrato sulla relazione tra le virtù e i vizi, per cui l'essere umano deve affrontare quotidianamente la sfida di questi, che lo allontanano nel cammino verso Dio, e le virtù, che lo favoriscono. L'invito è di abbandonare il male per glorificare Dio e per entrare, dopo un'esistenza virtuosa, nella vita "tutta di gioia".

Nella seconda opera, considerata da molti il suo capolavoro, descrive ancora la Creazione nel suo rapporto con Dio e la centralità di sapore biblico – patristico.

La Santa, che presenta cinque visioni ispirate dal Prologo (ved. QUI; ndr) del Vangelo di san Giovanni, riporta le parole che il Figlio rivolge al Padre:

"Tutta l'opera che Tu hai voluto e che Mi hai affidato, Io l'ho portata a buon fine, ed ecco che Io sono in Te, e Tu in Me, e che Noi siamo una cosa sola" (Pars III, Visio X: PL 197, 1025°).

In altri scritti manifesta la versatilità di interessi e la vivacità culturale dei monasteri femminili del medioevo, contrariamente ai pregiudizi che ancora gravano su quei tempi. Essa si occupò di medicina e di scienze naturali, come pure di musica, essendo dotata di talento artistico.

Compose anche inni, antifone e canti, raccolti sotto il titolo Symphonia Harmoniae Caelestium Revelationum (Sinfonia dell'armonia delle rivelazioni celesti), che venivano gioiosamente eseguiti nei suoi monasteri, diffondendo un'atmosfera di serenità, e che sono giunti anche a noi. Per lei, la Creazione intera è una Sinfonia dello Spirito Santo, che è in se stesso gioia e giubilo.

La popolarità di cui era circondata spingeva molte persone a interpellarla. Per questo motivo disponiamo di molte sue lettere. A lei si rivolgevano comunità monastiche maschili e femminili, vescovi e abati. Molte risposte restano valide anche per noi.



Per esempio, ad una comunità religiosa femminile scriveva così:

"La vita spirituale deve essere curata con molta dedizione. All'inizio la fatica è amara, poiché esige la rinuncia all'estrosità, al piacere della carne e ad altre cose simili. Ma se si lascia affascinare dalla santità, un'anima elevata troverà dolce e amorevole lo stesso disprezzo del mondo. Bisogna solo intelligentemente fare attenzione che non avvizzisca" (E. Gronau, Hildegard, Vita di una donna profetica alle origini dell'età moderna, Milano 1996, p. 402).

E quando l'Imperatore Federico Barbarossa causò uno scisma ecclesiale opponendo ben tre antipapi al Papa legittimo Alessandro III, Ildegarda, ispirata dalle sue visioni, non esitò a ricordargli che anch'egli era soggetto al giudizio di Dio.

Con l'audacia che caratterizza ogni profeta, ella scrisse dunque all'Imperatore queste parole da parte di Dio: 

"Guai , guai a questa malvagia condotta degli empi che mi disprezzano! Presta ascolto, o re, se vuoi vivere! Altrimenti la mia spada ti trafiggerà!" (ibid. p. 412).

Con l'autorità spirituale di cui era dotata, negli ultimi anni della sua vita si mise in viaggio, nonostante l'età avanzata e le condizioni disagevoli degli spostamenti, per parlare di Dio alla gente. Tutti l'ascoltavano volentieri, anche quando adoperava un tono severo. La consideravano una messaggera mandata dall'Altissimo.

Richiamava soprattutto le comunità monastiche e il clero a una vita conforme alla loro vocazione. In modo particolare, contrastò il movimento dei catari tedeschi (che alla lettera significa "puri"), i quali propugnavano una riforma radicale della Chiesa, soprattutto per combattere gli abusi del clero.

Ella li rimproverò aspramente di voler sovvertire la natura stessa della Chiesa, ricordando loro che un vero rinnovamento della comunità ecclesiale non si ottiene tanto con il cambiamento delle strutture, quanto con un sincero spirito di penitenza e un cammino operoso di conversione. Questo è un messaggio che non dovremmo mai dimenticare.

Invochiamo sempre lo Spirito Santo, affinché susciti nella Chiesa donne sante e coraggiose, come santa Ildegarda di Bingen, che, valorizzando i doni ricevuti da Dio, diano il loro prezioso e singolare contributo per la crescita spirituale delle nostre comunità e della Chiesa nel nostro tempo.»



Concludendo...

Parole alte e chiare che diventano grave monito per tutte le speculazioni con cui la Falsa Chiesa cerca di organizzare oggi il... "Sinodo 2024: grandi manovre in favore dell'ordinazione delle donne"; ved. QUI.

Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it

Nessun commento:

Posta un commento