Danny Hahlbohm |
Sebirblu, 22 ottobre 2023
A distanza di quattro anni e tre mesi ripropongo questo interessante articolo in un momento davvero drammatico per il conflitto israelo-palestinese che, stranamente, avevo "profetizzato" nella chiosa finale.
Eccolo:
In questo tempo oscuro, dove
l'apostasia dell'Occidente dilaga come una metastasi distruggendo
qualsiasi anelito al Divino, emerge con tutta la sua forza la vicenda di un notissimo
personaggio ebreo dello scorso secolo che vide il Cristo...
Israel Anton Zoller (1881-1956) - ved. QUI |
La storia di Eugenio Pio Zolli,
nato Israel Anton Zoller, uno dei più importanti leader
dell'ebraismo europeo del primo Novecento, convertitosi
al cattolicesimo in seguito ad un'apparizione di Gesù e dopo i drammi
dell'Olocausto.
"Il rabbino che si arrese a Cristo" è il titolo della traduzione italiana di un libro scritto da Judith Cabaud ‒ un'autrice ebrea convertitasi al cattolicesimo negli anni
'60 ‒ sulla vita dell'ex rabbino-capo di Roma e sugli eventi che
lo portarono a "spalancare le porte a Cristo". Ella, pur non scrittrice professionista, coglie
pienamente il profondo significato della conversione di uno dei
massimi esponenti dell'ebraismo europeo.
Il Novecento è stato uno dei periodi
più importanti per la storia del cattolicesimo, caratterizzato
dall'alternanza di fenomeni paranormali inspiegabili all'uomo
comune e carichi di significati profetici e messianici (come ad
esempio le apparizioni mariane a Fatima nel 1917), di persecuzioni
gravissime sfociate in veri e propri tentativi di genocidio e
scristianizzazione, come la tragica questione cristera in Messico nel
post-rivoluzione, la caduta dell'Europa centro-orientale, cuore
della cristianità ortodossa, sotto il dominio ateistico dell'Unione
Sovietica, e l’elezione di Karol Józef Wojtyła al soglio
pontificio, il primo papa non italiano 455 anni dopo Adriano VI.
La Chiesa cattolica non è mai stata vicina all'annichilimento come nel corso del '900: fra
persecuzioni, genocidi e processi di ateizzazione forzata; eppure è
sopravvissuta, riuscendo a ritrovare una forza mobilitante capace di
abbattere regimi autoritari e dittatoriali in America Latina, Europa
ed Asia nell'epoca della geopolitica della fede, e spingendo milioni
di persone in tutto il mondo a porsi la domanda che Gesù (secondo i
cristiani Messia e Figlio di Dio venuto a riscattare l'umanità dal
peccato e gli ebrei dall'ipocrisia farisaica) pose a Pilato: "quid
est veritas?" (che cos'è la verità? Gv. 18-38; ndr).
La ricerca della Verità sulle origini
del mondo e dell'uomo, dell'esistenza di un fato e di un Essere superiore, Creatore di ogni cosa conosciuta e sconosciuta
dell'Universo, dove può essere trovata e magari compresa?
Sempre più persone trovano la risposta a questo dilemma millenario
nell'Islam, la prima religione del mondo da alcuni anni, e in
fortissima crescita in ogni continente; la civiltà indiana ha invece
rinvenuto la risposta nei testi sacri dell'antichissima tradizione
induista e, un tempo, la civiltà occidentale sapeva con certezza che
tale risposta era racchiusa negli insegnamenti di Gesù riportati nel
Nuovo Testamento.
Ed è proprio nel cristianesimo, più in particolare nel cattolicesimo, che nel '900 moltissimi pensatori, statisti, intellettuali e grandi uomini trovarono la risposta al quesito:
Werner von Braun,
creatore dei missili V2 ed in seguito capostipite del programma
spaziale statunitense, Gilbert Keith Chesterton, celebre scrittore
inglese, Alexis Carrel, premio Nobel per la medicina nel 1912 (ved. QUI; ndr),
Giovanni Papini, scrittore anticlericale e anticattolico, e Israel
Anton Zoller, rabbino-capo di Roma durante la seconda guerra
mondiale.
La storia di Israel Zoller è stata
condannata alla "damnatio memoriae" e all'oblio ma rappresenta uno
dei capitoli più importanti della storia del dialogo
ebraico-cattolico. Zoller nacque nel 1881 in Galizia da una facoltosa
famiglia di ebrei polacchi.
L'antigiudaismo strisciante nella
Russia imperiale e il grande collasso dell'impero austroungarico lo
spinsero in Italia nel primo dopoguerra, più precisamente a Trieste,
dove diventò rabbino-capo nel 1920, a due soli anni dal suo arrivo,
favorito da una profonda erudizione nell'ebraismo e dalle doti
carismatiche.
Nel 1925 si recò in Egitto e Palestina
per ragioni di studio. Durante la permanenza in Palestina, all'epoca
coinvolta in un importante processo di rinascita dell'ebraismo,
ebbe il privilegio di studiare i testi ebraici sotto l'egida di
Abraham Isaac Kook, l'allora rabbino capo di Gerusalemme ed uno dei
più prominenti cabalisti di sempre.
L'amicizia con Kook, uno dei più
importanti sostenitori del progetto sionista, irrigidì le posizioni
di Zoller riguardo al dialogo inter-religioso e il trattamento degli
ebrei secolarizzati. Scrisse diverse lettere aperte all'Unione
delle Comunità Israelitiche Italiane, ammonendo circa lo smarrimento
degli ebrei italiani, largamente assimilati e secolarizzati,
spingendo per una maggiore vigilanza e un maggiore attivismo nel
farli ritornare alla religione dei padri.
Durante gli anni a Trieste
svolse un ruolo importante nell'accoglienza degli ebrei in fuga dal
resto d'Europa e diretti in Palestina; circa 160mila ebrei
transitarono per il porto di Trieste fra il 1920 ed il 1930.
L'affermazione del fascismo sconvolse
drammaticamente la sua esistenza: dapprima costretto a cambiare nome
in Italo Zolli per via dell'italianizzazione forzata attuata dal
regime, in seguito licenziato dall'università di Padova, dove
insegnava lingua e letteratura ebraica dagli anni '20, per via
delle leggi razziali fasciste.
Testata del Corriere del 1938 sulla prima legge razziale fascista: ved. QUI |
Si prospettavano tempi duri per gli ebrei d'Europa, la guerra era alle porte, insieme all'Olocausto, e Zolli trovò proprio nella comunità ebraica italiana un rifugio sicuro e l'opportunità di continuare a guadagnarsi da vivere, nel 1940 fu infatti nominato rabbino-capo di Roma.
Durante l'occupazione nazista, Zolli
diventò un punto di riferimento per tutti gli ebrei italiani, non
solo a livello spirituale, ma anche materiale, occupandosi di
raccogliere viveri e denaro per i più bisognosi, per coloro che
avessero perduto ogni bene per via delle confische, e di nascondere e
aiutare a scappare altrove i fuggitivi. È proprio in questo periodo
che l'esistenza di Zolli cambierà per sempre.
Il 27 settembre 1943 il colonnello
delle SS Herbert Kappler ordinò ai vertici rabbinici romani di
barattare 50 chilogrammi d'oro per la salvezza degli ebrei
capitolini. A Zolli fu data soltanto una giornata per recuperare
quanto richiesto, pena l'immediata deportazione nei campi di
concentramento tedeschi dei suoi correligionari.
Le difficoltà di Zolli nel reperire
tutto l'oro richiesto lo spinsero a contattare Pio XII, l'allora
pontefice, uno statista legato alla comunità ebraica da un rapporto
di amore-odio per via di questioni teologiche, dipinto come
collaboratore della Germania nazista e sostenitore delle ideologie
fasciste.
Pio XII autorizzò la destinazione di
15 chilogrammi d'oro (20 secondo altre fonti) nell'aspettativa di fermare il proposito del rastrellamento del ghetto di Roma da parte
nazista, che sarebbe avvenuto ugualmente a meno di un mese di
distanza, il 16 ottobre, nonostante le forti proteste vaticane.
L'incontro con il pontefice e la
grande disponibilità mostrata dalla Santa Sede e dalla comunità
cattolica nell'aiutare gli ebrei nei giorni del rastrellamento
spinsero Zolli a ringraziare pubblicamente Pio XII durante la
riapertura del Tempio Maggiore di Roma e a mutare in maniera
inspiegabile ed improvvisa il suo atteggiamento nei confronti dei
suoi correligionari.
I leader rabbinici tentarono di
riavvicinare Zolli, proponendogli la carica di direttore del Collegio
Rabbinico, ma senza successo.
Il 23 settembre 1945, nella basilica di
santa Maria degli Angeli e dei Martiri, Israel Anton Zoller rinacque a nuova
vita, ricevendo il Battesimo cattolico ed assumendo i nomi di "Eugenio
Pio", in onore di colui che si prodigò per salvare le vite di coloro
che prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale lo accusarono di
anti-giudaismo e di collaborazionismo.
Cappella di M. Maddalena e Battistero dove fu battezzato Zoller |
La conversione di una delle più importanti figure dell'ebraismo europeo novecentesco al cattolicesimo gettò la comunità ebraica mondiale inizialmente nello sconforto, e in seguito nella pura rabbia.
Dagli Stati Uniti d'America giunsero numerose
offerte di denaro in cambio di un ritorno all'ebraismo, le riviste
della comunità ebraica italiana uscirono listate a lutto, e la
famiglia di Zolli dovette trasferirsi per via delle minacce di morte,
trovando ospitalità in un primo tempo in un convento romano.
All'ex rabbino furono affidate
cattedre d'insegnamento all'università La Sapienza e al
Pontificio Istituto Biblico, ed iniziò a dedicarsi alla scrittura di
opere religiose inerenti a Gesù, all'ebraismo e al dialogo
ebraico-cattolico, nonché autobiografiche, tenendo seminari in tutto il
mondo aperti soprattutto ai suoi ex correligionari.
L'obiettivo esistenziale di Zolli
diventò la salvezza del popolo eletto, ossia di coloro che si
ritenevano già salvati. Sebbene accusato dagli ebrei di tutto il
mondo di essere un apostata opportunista convertitosi semplicemente
per ricambiare l'aiuto del papa e dei cattolici durante
l'occupazione nazista, Zolli e la sua famiglia si trasformarono in
cattolici zelanti.
I libri, gli insegnamenti e le
riflessioni dell'ex rabbino su Gesù e sulla rilettura in ottica
cristiana dei testi sacri giudaici ed in particolare delle profezie
di Isaia, diedero luogo ad una piccola ondata di conversioni
dall'ebraismo al cattolicesimo.
Ma che cosa spinse Zolli ad abbandonare
di punto in bianco le proprie convinzioni? Nel settembre del 1944,
durante la celebrazione dello Yom Kippur, il giorno della espiazione
del popolo ebraico, gli sarebbe apparso Gesù in una visione lucida e
ad occhi aperti, dicendogli che quella sarebbe stata la sua ultima
volta al Tempio Maggiore.
Ritornato a casa, quella stessa sera, mantenendo il più stretto riserbo sull'accaduto, la moglie e la
figlia gli raccontarono di avere avuto rispettivamente una visione ed
un sogno relativi a Gesù.
Da quel giorno Zolli iniziò segretamente un percorso individuale di maturazione spirituale ed apertura della mente e dell’anima ad una Verità sino ad allora sempre rifiutata.
Da quel giorno Zolli iniziò segretamente un percorso individuale di maturazione spirituale ed apertura della mente e dell’anima ad una Verità sino ad allora sempre rifiutata.
Di lì a breve avrebbe iniziato a scrivere "più con le lacrime che con l’inchiostro" una delle sue opere più importanti, Christus, poi pubblicata nel 1946 da "Anonima Veritas Editrice".
Sin da giovane appassionato di misticismo,
perciò accanito lettore e studioso della Qabala e simpatizzante
della corrente di rinnovamento spirituale ebraica hassidista, spiegò
attraverso scritti e seminari di vedere nel cristianesimo il
completamento evolutivo dell'ebraismo e nella figura di Gesù il
compimento delle attese messianiche dei discendenti di Abramo.
Morì il 2 marzo 1956 all'età di 74
anni, lo stesso giorno dell'ottantesimo compleanno di Pio XII,
forse una semplice coincidenza o un altro degli eventi enigmatici
della sua vita.
Oggi di Zolli non si parla e neanche si
scrive; il suo nome è stato censurato negli ambienti più ecumenici
della Chiesa cattolica perché la sua conversione rappresenta una
ferita ancora aperta per la comunità ebraica e quindi un ostacolo al
dialogo inter-religioso, ma la storia della sua vita e le sue
elucubrazioni teologiche continuano ad essere un passaggio obbligato
per tutti quegli ebrei (e non soltanto) che ogni anno decidono di
rinascere a nuova vita attraverso il Battesimo, vedendo in esso la
risposta a quella domanda flagellante: "quid est veritas?".
Chiosa di Sebirblu
Non deve meravigliare che un rabbino,
anche se umanamente molto conosciuto come il protagonista di questo
articolo, abbia preso coscienza della Vera identità di "quel"
Gesù il cui paese fu definito così, 2000 anni fa: "da Nazareth
cosa può venire di buono?" (Gv. 1, 45-46).
Tutti gli ebrei infatti si
convertiranno (ved. QUI e Rom. 11, 25-27), rendendosi conto finalmente che il "messia",
da loro atteso in veste umana da "Conquistatore terreno",
non sarà altro che un inganno colossale del Maligno che lo
presenterà come "autentico", mentre sarà l'Anticristo
che, subdolamente, metterà a ferro e fuoco il pianeta.
Probabilmente ciò avverrà quando la
ricostituita nazione d'Israele, patria del "popolo eletto"
e per questo ritenuta invincibile, subirà invece qualcosa di
tremendo e di inaspettato, come l'apocalittica "battaglia di
Armageddon", (cfr. QUI e QUI), che getterà la Nazione in ginocchio, insieme a
diversi abitanti della Terra.
Nel dolore immane che colpirà gli
israeliti, ancora convinti e speranzosi nella manifestazione
messianica di un Duce vigoroso che li porterebbe a soggiogare il
mondo, prenderanno invece coscienza del tragico errore.
Comprenderanno che il vero Messia è
proprio il Cristo di due millenni addietro, il vero Re, il Re
dell'Amore, e lo riconosceranno come "Figlio di Dio" venuto
sulla Terra anche per loro, per riscattarli e renderli liberi dalla
schiavitù luciferina.
Egli infatti disse:
«Ecco, la vostra Casa vi sarà
lasciata deserta! Perché Io vi dico: non mi vedrete più, finché
non diciate: 'Benedetto Colui che viene nel nome del Signore'». (Mt 23, 38-39).
Relazione e cura di: Sebirblu.blogspot.it
Fonte: l'articolo, di Emanuel Pietrobon, nel frattempo è scomparso dalla rete.
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