domenica 23 luglio 2023

La Voce dell'«IO»: la Coscienza. Ma cos'è in realtà?


William Bouguereau - "Il rimorso di Oreste" - 1862
 
Sebirblu, 21 luglio 2023

Le ispirazioni, che sono per l'uomo di enorme aiuto, specie in certi momenti cruciali, vengono dall'«IO» o Ego superiore (ved. QUI, QUI e QUI) che attraverso l'anima o psiche le fa giungere al piccolo «io» o ego inferiore della personalità.

La voce, che ognuno «sente» al suo interno, varia a seconda del proprio gradino evolutivo. Purtroppo, però, essa rimane spesso inascoltata. Eppure è la più valida «guida» individuale, la più vera e la più idonea.

Da sola, basterebbe a condurre l'uomo fino alla sommità del suo faticoso percorso spirituale, perché è la voce della Coscienza, la Voce di Dio in noi, della Particella divina che alberga in ciascun essere pensante, di solito a sua insaputa finché non si «risveglia» alla realtà della sua Origine.

Mons. Fulton Sheen (ved. QUI e QUI; la sua biografia QUI) ne dà una spiegazione molto semplice quanto basilare, per un maggiore discernimento nelle decisioni e nelle scelte da fare nell'arco della vita, per non doversi poi pentire per la dissonanza prodotta contro l'eterna Legge di Dio.




Che cos'è la Coscienza? Fare il Bene ed evitare il Male!

"Dio ha impresso in ogni uomo che nasce la luce che illumina le anime lungo i sentieri della pace, verso la patria dei figli della libertà".

"Dentro ogni uomo si trova un tribunale silenzioso: la coscienza è il giudice, che siede in giudizio"

Che cos'è mai la coscienza? La coscienza è il giudizio della ragione che ci dice che dovremmo fare il bene ed evitare il male. Questo suscita la domanda: "Cosa rende buona una cosa qualsiasi?".

Una cosa è buona se consegue lo scopo e il fine superiore per cui è stata fatta. Una matita è buona se scrive, perché quello è il fine di una matita. Ma una matita non è buona per aprire una scatola di latta, perché non è stata costruita come apriscatole; e se a questo scopo ci serviamo di una matita, non solo non apriamo la scatola, ma rompiamo la matita.

Se impieghiamo le nostre vite per scopi diversi da quelli assegnati da Dio, non solo non raggiungiamo la felicità, ma facciamo del male a noi stessi e generiamo in noi strane anomalie [...]

Non ha senso dire che una cosa è ingiusta senza saper prima se sia giusta. Nessun arbitro rileverebbe un errore durante una partita di basket se non esistessero delle regole.

Questo imperativo dentro di noi, che non è meccanico, né biologico, né istintivo, ma che è razionale, implica un canone ideale. La coscienza pone davanti a noi alcuni principi per guidare le nostre azioni.

La coscienza stessa ha bisogno di essere aiutata, ma questo è un altro discorso. Tutti siamo nati con la facoltà di parlare, ma tutti abbiamo necessità di una grammatica. Anch'essa ha bisogno di una rivelazione.



La nostra coscienza è molto simile al miglior governo del mondo, che a detta di molti è quello degli Stati Uniti d'America (ora non più... ahimè! ndr). Esso ha tre funzioni e tre branche.

La scienza ha esplorato l'intera superficie della Terra, ha costretto il mare a rivelare i segreti delle sue profondità, il sole a narrarci la storia dei suoi vagabondaggi e le stelle il mistero della loro luce; ma tutta questa esplorazione è esteriore.

L'uomo moderno ha fatto molto poco per esplorare quella regione che gli è più vicina e tuttavia più sconosciuta: le profondità della propria coscienza.

Che cos'è la coscienza? La coscienza è un governo interiore che esercita la medesima funzione di quelli umani, ossia legislativa, esecutiva e giudiziaria.

Essa ha il suo Congresso, il suo Presidente e la sua Corte Suprema: fa le leggi, controlla i nostri comportamenti in relazione alle stesse, e infine ci giudica.

Prima di tutto, la coscienza ha funzione legislativa.

Basta vivere per sapere che nel nostro intimo esiste un "Sinai interiore" (ossia i Dieci Comandamenti; ndr), in cui, tra i tuoni e i lampi della vita quotidiana, è promulgata una legge che ci dice di fare il bene ed evitare il male.

Senza nemmeno essere consultata, la coscienza esercita il suo compito legislativo, indicando quali sono gli atti malvagi e quali invece quelli morali e giusti da compiere.

Secondariamente, la coscienza è esecutiva, in quanto controlla l'applicazione della legge in rapporto alle azioni.

Una similitudine imperfetta,  ma utile,  si può cogliere nel governo  degli Stati Uniti. Il Congresso propone una norma, quindi il Presidente la esamina e la approva, applicandola alla vita dei cittadini. Parimenti, la coscienza attua la legge, nel senso che controlla la fedeltà dei nostri comportamenti alla stessa.

Aiutata dalla memoria, essa registra il valore del nostro agire:

‒ ci dice se abbiamo avuto padronanza di noi stessi, in che misura siamo stati condizionati dalla passione, dall'ambiente, dalla forza, dall'ira;

 ci dice se le conseguenze erano previste o impreviste; ci mostra, come in uno specchio, le tracce di tutto il nostro operato;

 mette il suo dito sulle impronte delle nostre decisioni, viene a noi in qualità di testimone veritiero precisandoci: "Io ero presente, ti ho visto fare questo. Le tue intenzioni  erano  quelle  e  queste".



Nell'amministrazione della giustizia umana, la legge può chiamare in causa solo quei testimoni che mi hanno conosciuto esteriormente, ma la coscienza, in qualità di testi, non chiama soltanto coloro che mi hanno visto, ma convoca me che mi conosco molto bene. E, mi piaccia o meno, io non posso mentire rispetto a ciò che viene rilevato verso la mia persona.

Infine, la coscienza non solo promana le proprie leggi e controlla la mia obbedienza o disobbedienza nei riguardi delle stesse, ma mi giudica anche in maniera conforme.

Dentro ogni uomo si trova un tribunale silenzioso: la coscienza è il giudice, assiso in pronunciamento, che formula le proprie decisioni con autorità tale da non ammettere un secondo appello, perché nessun uomo può appellarsi contro un giudizio che lui stesso pronuncia su di sé.

Ecco perché intorno al foro interno della coscienza si affollano tutti i sentimenti e tutte le emozioni associate a ciò che è giusto e ingiusto: gioia e dolore, pace e rimorso, soddisfazione e timore, lode e biasimo.

Se faccio il male, esso mi riempie di un senso di colpa di fronte al quale non posso sottrarmi; nel mio intimo, nel santuario della mia coscienza sono assalito dalla voce severa di questo giudice, per mezzo del quale sono cacciato fuori da me stesso ad opera esclusivamente mia.

Dove allora posso fuggire se non dentro di me, con quel senso di consapevolezza, rimorso e indegnità, che finisce per diventare l'inferno stesso dell'anima? Se, invece, la coscienza approva il mio atto, allora nella mia stanzetta interna si forma la dolcezza di una rugiada vespertina, quella gioia estranea all'effimero piacere dei sensi.

Chiaramente questa triplice funzione, che è alla base di ogni governo umano, deve avere una ragione che ne determini l'ordine; ma dove la si può ricercare? Qual è la fonte della funzione legislativa, esecutiva e giudiziaria esercitata dalla mia coscienza?

Essa non proviene da me, perché nessuno può essere legislatore supremo di se stesso. Inoltre, se la legge della mia coscienza fosse solo opera mia, io potrei distruggerla; siccome non mi è possibile farlo, perché questa legge si presenta davanti a me sfidando la mia stessa volontà? Quando la mia volontà si erge contro di essa, nel rifiuto di ascoltarla o di obbedirle, essa si presenta come una delegata a cui compete il diritto di governarmi.

Ciò significa che non l'ho fatta io, ma che sono solamente libero di obbedirle o meno. Né questa legge viene dalla società, perché la società è soltanto un'interprete delle norme della coscienza, ma non ne è l'autrice.

Le leggi umane possono sanzionarla ed elaborarla, ma non la creano. L'approvazione o la disapprovazione della società non hanno creato nella mia coscienza il senso del giusto e dell'ingiusto, perché talvolta la coscienza ci comanda di non considerare le leggi della società, laddove siano nemiche della legge di Dio, come nel caso dei martiri che sono morti per la fede.



Se la voce del "Sinai interiore", che è la coscienza, non viene né da me stesso né dalla società, e se nei suoi sussurri e le sue articolazioni essa è universale, in modo che nessuna creatura morale possa completamente ignorarla, vuol dire che dietro questa legge c'è un legislatore, e dietro questa voce una persona, e dietro questo comando un potere, cioè Dio.

Egli ha impresso in ogni uomo che nasce la luce che illumina le anime lungo i sentieri della pace, verso la patria dei figli della libertà.

Così, un esame della mia coscienza e della sua triplice funzione porta a concludere che, poiché l'occhio corrisponde alle cose visibili, l'orecchio alle udibili e la ragione alle intelligibili, così anche la legge della mia coscienza dovrebbe corrispondere a un potere che legifera, la testimonianza della mia coscienza deve corrispondere ad una equità che esegue, e la lode e il biasimo della stessa ad una giustizia che giudica.

Poiché il potere, l'equità e la giustizia corrispondono alle qualità essenziali di una persona, devo concluderne che...

‒ quel potere personale è intelligente al fine di poter fare le leggi;

‒ quell'equità personale è onnisciente al fine di poter avere una corretta introspezione del carattere morale, e che...

 quella giustizia personale è suprema, al fine di poter emanare le sentenze a seconda dei suoi giudizi.

E quel potere intelligente, quell'equità onnisciente e quella giustizia suprema, davanti a cui mi inginocchio accorato, sono Dio. [...]

Si potrà obiettare: "Se Dio sapeva ciò che avrei fatto, se sapeva che avrei rubato, perché mi ha creato?". La risposta è la seguente: "Dio non ti ha creato ladro. Sei stato tu a fare di te stesso un ladro".

Noi siamo esseri suscettibili di auto-creazione, abbiamo dentro di noi il potere di scegliere i nostri atti: ciò comporta un'autodeterminazione. Quanti sostengono che resistendo alla nostra natura inferiore ci creiamo dei "complessi", dimenticano che il complesso non si stabilisce resistendo alla tentazione, bensì cedendovi.

Noi non siamo in questo mondo semplicemente come oggetti, cioè non solo le cose accadono a noi; ma siamo anche soggetti, nel senso che le facciamo accadere. 

Ciascuna delle nostre libere scelte forma nelle nostre vite uno schema; questo schema è il nostro carattere. Tutto quello che facciamo, nel bene e nel male affonda nel nostro inconscio.

Al termine della sua giornata di lavoro, l'uomo d'affari trascriverà dal suo libro mastro tutti i debiti e i crediti della giornata. Analogamente, al termine di ogni vita umana sarà estratta dal nostro intelletto cosciente o incosciente la registrazione di ogni pensiero, di ogni parola e azione. Questa formerà il nostro giudizio. (Consiglio di leggere QUI: si troveranno dei link molto preziosi; ndr).

(Fulton J. Sheen, da "La Vita merita di essere vissuta" edizioni Fede e Cultura).




Conclusione

La guida vera, la più vicina all'uomo, è questa Voce interiore, l'Io spirituale che gli parla nell'intimo. Chi dirige e governa la sua vita è sostanzialmente l'Ego superiore che è Luce di Dio: la Coscienza.

Quest'ultima, dopo il Pensiero e la Ragione; ved. QUI e QUI, avrà sempre l'ultima parola per giustificare o condannare le scelte dell'individuo durante la sua esistenza.

Essa darà il suo consenso o rimorderà in base all'evoluzione raggiunta, ed è per tal motivo che in molti, sebbene spesso ne sentano il rimprovero, tentano di soffocarla, stordendosi sempre più, fino ad arrivare talvolta a degli atti estremi, sospinti dalla disperazione.

Conviene perciò essere riflessivi prima di agire col pensiero, la parola e l'azione, diventando  consapevoli  che  alla  propria  Coscienza  non  si può sfuggire... Cfr. QUI. È  a Dio stesso,  quindi,  che per mezzo suo ognuno dovrà rendere conto!

Relazione a cura di Sebirblu.blogspot.it


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