"Lapidazione di Santo Stefano" di Filippo Lauri. |
Sebirblu, 26 dicembre 2024
In occasione della festa di Santo Stefano pubblico, grazie alla medianità di Chico Xavier e alla guida Emmanuel, parti del discorso da lui pronunciato a Gerusalemme per catechizzare le genti, alla presenza fatale di Paolo di Tarso che, ligio alla Legge Mosaica, avrebbe poi contribuito a farne il primo martire cristiano, per lapidazione. [Ved. "Atti degli Apostoli (6, 5)"].
La Predicazione del Diacono Stefano
[...] «Quando la vasta sala, spoglia di ornamenti e simboli di ogni tipo, d'improvviso si riempì, un giovane attraversò le lunghe file (di storpi, poveri e malati; ndr), affiancato da Pietro Giacomo e Giovanni, salendo tutti e tre in una elevazione quasi naturale, formata di pietre sovrapposte.
‒ Stefano!... È Stefano!... Voci soffocate indicavano il predicatore, mentre i suoi ammiratori più entusiasti, lo ricevevano con un sorriso gioioso.
Un inatteso silenzio manteneva tutte le teste in singolari aspettative. Un giovane, magro e pallido, nella cui assistenza i più infelici pensavano di trovare un'estensione dell'amore del Cristo, pregò ad alta voce supplicando per sé e per l'assemblea la ispirazione dell'Onnipotente.
Di seguito aprì una pergamena in forma di rotolo e lesse un brano dalle annotazioni di Matteo:
«Rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele; e strada facendo predicate che il Regno dei cieli è arrivato.» (Mt. 10, 6-7).
Stefano sollevò alto gli occhi sereni e luminosi, e, senza sentirsi turbato dalla presenza di Saulo e dei suoi numerosi amici, iniziò a parlare più o meno in questi termini, con voce chiara e vibrante:
«Miei cari, ecco che sono arrivati i tempi in cui il Pastore viene a riunire le pecore attorno al suo zelo senza limiti. Eravamo schiavi della ragione, ma oggi siamo liberi attraverso il Vangelo di Cristo Gesù.
La nostra razza conservò, da tempo immemore, la luce del Tabernacolo e Dio ci ha mandato il suo Figlio senza macchia. Dove sono, in Israele, quelli che ancora non hanno sentito il messaggio della Buona Novella? Dove sono quelli che ancora non si sono rallegrati con le gioie della Nuova Fede?
Il Padre ci ha mandato la Sua risposta divina alle nostre aspirazioni millenarie, le rivelazioni del cielo chiariscono le nostre strade.
Secondo le promesse della profezia di tutti coloro che hanno sofferto e pianto per amore dell'Eterno, l'Emissario divino è giunto al fossato dei nostri amari e giusti dolori, per illuminare la notte delle nostre anime impenitenti affinché si aprissero gli orizzonti della redenzione.
Il Messia si prese cura degli angosciosi problemi della creatura umana, con la soluzione dell'Amore che redime tutti gli esseri e purifica tutti i peccati. Maestro del lavoro e della perfetta gioia di vivere, le Sue benedizioni rappresentano la nostra eredità.
Mosè fu la porta, Cristo è la chiave. Con la corona del martirio acquistò, per noi, l'alloro immortale della salvezza. Eravamo prigionieri nell'errore, ma il suo sangue ci ha liberati. Nella vita e nella morte, nelle allegrie di Cana, come nell'angoscia del Calvario, per quello che ha fatto e per tutto quello che lasciò di fare durante il suo passaggio glorioso sulla Terra, Egli è il Figlio di Dio che illumina il cammino.
Al di sopra di tutte le cogitazioni umane, lontano da tutti gli attriti delle ambizioni terrene, il Suo regno di pace e di luce risplende nella coscienza delle anime redente. Oh! Israele tu che aspettavi da tanti secoli, la tua angoscia e le dolorose esperienze non sono state vane!...
"Predica di Santo Stefano e disputa nel Sinedrio" - Beato Angelico e aiuti, tra cui Benozzo Gozzoli. |
Mentre altri popoli si dibattevano in bassi interessi, cercando falsi idoli di pseudo adorazioni e promuovendo, simultaneamente, guerre di sterminio con raffinata perversità, tu, Israele, aspettasti il Dio giusto.
Portasti le catene della crudeltà umana, nella desolazione e nel deserto; tramutasti in canzoni di speranza, la ignominia della prigionia; soffristi l'obbrobrio dei potenti della Terra; vedendo i tuoi figli, le tue mogli, i tuoi giovani e i bambini sterminati sotto il guanto delle persecuzioni, ma mai perdesti la fede nella giustizia dei Cieli!
Come il Salmista, attestasti con il tuo eroismo che l'amore e la misericordia vibrano in tutti i tuoi giorni! Piangesti lungo il cammino dei secoli, le tue angosce e ferite. Come Giobbe, vivesti la tua fede, sopraffatta dalle catene del mondo, ma ora ricevesti il sacro deposito di Geova, il Dio Unico...!
Oh! speranze eterne di Gerusalemme, cantate di gioia, gioite, anche se non siamo stati del tutto fedeli nella comprensione, portando l'Agnello amato tra le braccia della croce. Le sue ferite, tuttavia, ci hanno comprato l'ingresso in cielo, con l'alto prezzo del sacrificio supremo!...
Isaia lo contemplò, curvo sotto il peso delle nostre iniquità, fiorendo nell'aridità dei nostri cuori, come un fiore del cielo in una terra bruciata, ma rivelò pure che, dal tempo della Sua rinuncia estrema, alla morte infame, la Sacra Causa divina avrebbe prosperato per sempre nelle Sue mani.
Amati, dove sono andate quelle pecore che non sapevano o non potevano aspettare? Cerchiamole per Cristo come dracme perse del Suo svelato Amore! Proclamate a tutti quelli senza speranza le glorie e le gioie del Suo Regno di Pace e di Amore immortale!...
La Legge ci conservava nello spirito di nazione, ma non era più in grado di cancellare dalla nostra anima il desiderio umano di supremazia sulla Terra. Molti della nostra razza hanno aspettato un principe dominatore, che penetrasse nella città santa in trionfo, con i trofei di una sanguinosa battaglia di rovina e di morte; ci facesse impugnare un scettro odioso di potere e tirannia.
Ma il Cristo ci ha liberati per sempre. Figlio di Dio ed emissario della Sua gloria, nel Suo più grande comandamento conferma Mosè, che ci raccomanda di amare Dio sopra qualsiasi cosa, con tutto il cuore e la mente, aggiungendo nel più famoso comandamento divino, che ci amassimo gli uni con gli altri come Lui ci ha amati.
Il Suo Regno è quello della coscienza retta e del cuore purificato al servizio di Dio. Le Sue porte sono il meraviglioso cammino della redenzione spirituale, aperte a due a due ai figli di tutte le nazioni.
I Suoi amati discepoli verranno da tutte le parti. Al di fuori della Sua Luce ci sarà sempre la tempesta ad assalire il viaggiatore barcollante della Terra che, senza il Cristo, cadrà vinto nelle battaglie infruttuose che distruggono le migliori energie del cuore. Solo il Suo Vangelo concede la pace e la libertà.
È il Tesoro del mondo. Nella Sua gloria sublime i giusti troveranno la corona del trionfo, gli sfortunati la consolazione, i tristi la fortezza del buon animo, i peccatori il cammino redentore del riscatto misericordioso.
È vero che non lo avevamo capito. Nella Sua grande testimonianza, gli uomini non compresero la Sua divina Umiltà, e i più affezionati Lo abbandonarono. Le Sue ferite gridarono per la nostra indifferenza criminale.
Nessuno potrà sottrarsi a questa colpa, visto che siamo tutti eredi dei Suoi doni celestiali. Dove tutti godono i benefici, nessuno può sfuggire alla responsabilità. Ecco perché rispondiamo al crimine del Calvario. Ma le Sue ferite furono la nostra luce, i Suoi martiri, il più ardente appello d'Amore, il Suo Esempio la rotta aperta ai beni sublimi e immortali.
Venite, poi, a partecipare con noi al tavolo del banchetto divino! Non più le feste del pane che marcisce, ma l'eterno alimento dell'allegria e della Vita... Non più il vino che fermenta, ma il nettare confortante dell'anima, diluito nei profumi dell'Amore immortale.
Il Cristo è la sostanza della nostra libertà. Verrà un giorno in cui il Suo Regno comprenderà i figli dell'Oriente e dell'Occidente, in una unione di fratellanza e di luce. Così, capiremo che il Vangelo è la risposta di Dio alle nostre richieste, rispetto alla Legge di Mosè.
La Legge è umana, il Vangelo è divino. Mosè è il conduttore; il Cristo, il Salvatore. I profeti furono maggiordomi fedeli, ma Gesù è il Signore della Vigna. Con la Legge, eravamo servi, col Vangelo, siamo figli liberi di un Padre amorevole e giusto!...» [...]
Paolo di Tarso (in origine Saulo; ndr), emotivo per temperamento, si univa all'onda di ammirazione generale ma, molto sorpreso, verificò le differenze tra la Legge e il Vangelo proclamato da questi strani uomini, che la sua mentalità non riusciva a capire.
Analizzò di sfuggita il pericolo che i nuovi insegnamenti procuravano al Giudaismo dominante. Dissentì dal sermone ascoltato, nonostante la sua risonanza di misteriosa bellezza. A suo avviso, era necessario eliminare la confusione che si abbozzava a proposito di Mosè.
La Legge era una ed unica. Quel Cristo che culminò con la sconfitta, tra due ladri, appariva ai suoi occhi come un mistificatore indegno di qualsiasi considerazione. La vittoria di Stefano nella coscienza popolare, che si verificava in quel momento, gli causò indignazione.
Quei galilei potevano essere compassionevoli, ma comunque erano dei criminali per il sovvertimento dei principi inviolabili della razza.
L'oratore si preparava a riprendere la parola, momentaneamente interrotta e attesa con giubilo generale, quando il giovane dottore si alzò coraggiosamente e disse, quasi collerico, sottolineando i concetti con evidente ironia:
«Pietosi galilei, dove è il senso delle vostre dottrine strane e assurde? Come osate proclamare la supremazia di un falso e oscuro Nazareno su Mosè, proprio a Gerusalemme, dove si decidono i destini delle tribù d'Israele invincibile? Chi era questo Cristo? Non fu un semplice falegname?»
Dopo l'orgoglioso e inaspettato rimprovero, si sentì nell'ambiente una retrazione di timore, ma dagli indigenti, per i quali il messaggio del Cristo era l'alimento supremo, partirono a Stefano sguardi di difesa e di gioioso entusiasmo.
Gli Apostoli della Galilea non potevano nascondere la loro paura. Giacomo era livido. Gli amici di Paolo si accorsero della sua maschera di disprezzo. Anche il predicatore impallidì, ma rivelò nello sguardo risoluto lo stesso tratto di fermezza e serenità imperturbabile.
Fissò il dottore della Legge, primo uomo della città che aveva osato disturbare gli sforzi generosi di evangelizzazione, e senza tradire la linfa d'amore che usciva dal suo cuore mostrò a Paolo la sincerità delle sue parole e la nobiltà dei suoi pensieri.
Così, prima che i compagni si riprendessero dalla sorpresa che li aveva colti, con una ammirevole presenza di spirito, indifferente al timore collettivo, disse umilmente:
«Meno male che il Messia era stato un falegname, perché in questo caso l'Umanità non resterà più senza rifugio. Lui era, infatti, il Rifugio della pace e della speranza! Mai più cammineremo senza meta tra le molte tempeste, né sulle passerelle dei ragionamenti chimerici di chi vive di calcolo senza la chiarezza del sentimento.»
La risposta concisa, senza paura, sconcertò il futuro rabbino, abituato a trionfare nelle sfere più acculturate, in tutte le dritte della parola. Energico, arrossì, mostrando profonda collera e mordendo il labbro in un gesto che gli era peculiare e aggiunse con voce imperiosa:
«Dove andremo a finire con questi simili eccessi di interpretazione intorno ad un mistificatore volgare, che il Sinedrio ha punito con la fustigazione e la morte? Che dire di un Salvatore che non ha potuto salvare sé stesso? Emissario rivestito di così tanti poteri celesti non evitò l'umiliazione di una condanna infamante?
Il Dio degli eserciti, che liberò la nazione privilegiata dalla prigionia e che l'ha guidata attraverso il deserto aprendo la strada verso il mare; che placò la fame con la manna divina e, per Amore, trasformò la roccia impassibile in sorgente di acqua viva, non avrebbe avuto altri mezzi per indicare il suo inviato, che non la croce del martirio tra i criminali comuni?
Tenete in questa casa, la gloria del Signore Supremo, così barattata? Tutti i Dottori del Tempio conoscono la storia dell'impostore che celebrate con la semplicità della vostra ignoranza! Non vacillate nel ridurre i nostri valori, presentando un Messia lacerato e sanguinante, sotto i fischi e le ingiurie del popolo?!... Gettate la vergogna su Israele e desiderate fondare un nuovo regno? Sarebbe giusto farci notare, a noi altri, i moventi delle vostre pietose favole.»
Stabilita una pausa nel suo severo rimprovero, l'oratore tornò a parlare con dignità:
«Amico, ben si diceva che il Maestro sarebbe venuto nel mondo per la confusione di molti in Israele. Tutta la storia edificante del nostro popolo è un documento della rivelazione di Dio. Tuttavia, non vedi gli effetti meravigliosi con cui la Provvidenza guidò le tribù ebraiche, in passato, verso manifestazioni dell'affetto estremo di un Padre disposto a costruire il futuro spirituale di bambini cari al suo cuore?
Con il passare del tempo, abbiamo osservato che la mentalità infantile comporta principi educativi più ampi, quello che ieri era affetto, oggi è energia oriunda delle grandi espressioni amorevoli dell'anima.
Quello che ieri era verde e calmo, per la nutrizione della sublime speranza, oggi può essere tempesta, per dare sicurezza e resistenza. In precedenza, siamo stati bambini, anche nel trattare le rivelazioni; ma, ora, gli uomini e le donne di Israele hanno raggiunto la condizione di adulti nella conoscenza.
Il Figlio di Dio portò la luce della Verità agli uomini, insegnando loro la misteriosa bellezza della vita, accresciuta attraverso la rinuncia. La Sua gloria si riassume nell'amarci come Dio ci ama. Per questa stessa ragione, Egli non è stato ancora compreso. Per caso avremmo dovuto attendere un salvatore sulla base dei nostri desideri inferiori?
Affermano i profeti che le strade di Dio possono anche non essere i percorsi che desideriamo, e che i Suoi pensieri non sempre si armonizzano con i nostri. Cosa avremmo detto di un Messia che impugnasse lo scettro del mondo, disputando con i Principi dell'iniquità i premi dei trionfi sanguinosi? Per caso la Terra non sarà già piena di battaglie e cadaveri?
Domandiamo ad un generale romano quanto gli è costato il dominio del più oscuro dei villaggi; consultiamo la lista nera dei trionfatori, secondo le nostre idee erronee della vita. Israele non avrebbe mai potuto aspettarsi un Messia che si ostentasse sopra un carro di magnifiche glorie materiali, in grado di scivolare nella prima buca della strada.
Queste espressioni transitorie appartengono ad uno scenario effimero, in cui la porpora più scintillante ritorna alla polvere. Al contrario di tutti coloro che desiderano insegnare la virtù, riposando nella soddisfazione dei propri sensi, Gesù compì il Suo dovere tra i più semplici e i più sventurati, dove spesso, si trovano le manifestazioni del Padre, che educa, attraverso la speranza insoddisfatta e i dolori che cesellano, l'esistenza umana dalla culla alla tomba.
Il Cristo edificò tra di noi, il Suo Regno di Amore e di Pace sulle fondamenta divine. Il Suo Esempio è impresso nell'anima umana con Luce eterna! Chi di noi, quindi, realizzando tutto questo, sarebbe in grado di identificare nell'Emissario di Dio un principe bellicoso? No! Il Vangelo è Amore nella sua espressione più sublime.
Il Maestro si è lasciato immolare trasmettendo a noi l'Esempio della redenzione attraverso l'Amore più puro. Pastore dell'immenso gregge, Egli non vuole che si perda nessuna delle Sue pecore molto amate, o la morte del peccatore.
Il Cristo è la Vita, e la salvezza che ci ha donato sta nella sacra opportunità della nostra elevazione, come figli di Dio, esercitando i suoi gloriosi insegnamenti.»
Dopo una pausa, il dottore della Legge si stava già alzando per replicare, quando Stefano continuò:
‒ «Ed ora, fratelli, chiedo il permesso per concludere le mie parole. Se non vi ho parlato come desideravate, ho parlato come il Vangelo ci consiglia, imputando a me stesso l'intima condanna dei miei grandi difetti. Che la benedizione del Cristo sia con tutti voi.»
Prima che potesse lasciare il pulpito e confondersi con la folla, il futuro rabbino si alzò di scatto e lo fissò con rabbia:
‒ «Esigo la continuazione dell'arringa! Che il predicatore aspetti, perché io non ho finito quello che volevo dire.»
Stefano rispose serenamente:
‒ «Non potrei discutere.»
«Perché?» ‒ chiese Paolo irritato ‒ «Sei intimato a procedere.»
«Amico» ‒ chiarì con calma ‒ «il Cristo ci consigliò che dobbiamo dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio. Se disponete di eventuali azioni legali contro di me, presentate senza timore che io vi ubbidirò; ma in ciò che appartiene a Dio, solo a Lui compete giudicarmi.»
Un così alto spirito di risoluzione e serenità, quasi sconcertò il dottore del Sinedrio; comprendendo, tuttavia, che la sua impulsività poteva unicamente compromettere la chiarezza del suo pensiero, aggiunse con più calma, nonostante il tono imperioso lasciasse trasparire tutta la sua energia:
‒ «Ma ho l'urgenza di chiarire gli errori di questa casa. Necessito di fare delle domande e voi dovete rispondermi.»
‒ «Per quanto riguarda il Vangelo ‒ disse Stefano – già vi ho offerto gli elementi di cui potevo disporre, spiegando quello che ho a portata di mano. Per il resto, quest'umile tempio è l'edificio della fede e non di un tribunale. Gesù si prese cura di raccomandare ai suoi discepoli che fuggissero dai fermenti delle discussioni e delle discordie. Ecco perché non sarà lecito perdere tempo in lotte inutili, quando l'Opera di Cristo esige il nostro sforzo.»
‒ «Ogni volta questo Cristo! Sempre l'impostore!» ‒ tuonò Paolo, accigliato ‒ «La mia autorità è insultata dal vostro fanatismo, in questo recinto di miseria e ignoranza. Mistificatori, rifiutate la possibilità di chiarimento che vi offro; galilei incolti, non volete considerare il mio nobile segno di sfida.
Saprò vendicare la Legge di Mosè, offesa. Rifiutate la mia intimazione, ma non potrete sfuggire al mio oltraggio. Imparerete ad amare la verità e ad onorare Gerusalemme, rinunciando al Nazareno insolente, che pagò con la croce i criminali vaneggiamenti. Mi rivolgerò al Sinedrio per giudicarvi e punirvi. Il Sinedrio ha l'autorità per annullare le vostre condannabili allucinazioni.»
Così concluse in un eccesso di furia. Ma non riuscì a disturbare il predicatore, il quale rispose con l'animo sereno:
‒ «Amico, il Sinedrio possiede migliaia di modi per farmi piangere, ma non gli riconosco il potere di costringermi a rinunciare all'amore di Gesù Cristo.»
Detto questo, scese dalla tribuna con la stessa umiltà, senza lasciarsi esaltare dal gesto di approvazione che gli lanciavano i "figli della sventura" che lo ascoltavano, come un difensore di sacre speranze. Alcune proteste isolate incominciarono a farsi sentire. Farisei arrabbiati vociferavano insolenze e offese. [...]
Farisei nel Tempio |
Passati alcuni giorni, si prendevano a Gerusalemme i provvedimenti affinché Stefano fosse portato davanti al Sinedrio e interrogato sullo scopo della predicazione.
Di fronte alla reiterata scusante di Stefano, il dottore di Tarso si esasperò. E dopo aver vieppiù inasprito i compagni contro l'avversario, architettò un grande piano per costringerlo alla desiderata polemica, dove avrebbe cercato di umiliarlo davanti a tutti i più grandi capi del giudaismo dominante.
In seguito ad una delle sessioni comuni del Tribunale, Paolo chiamò uno dei servitori amici e parlò a bassa voce:
‒ «Neemias, la nostra causa ha bisogno di un collaboratore deciso e mi sono ricordato di te per la difesa dei nostri principi sacri.»
‒ «Di cosa si tratta?» ‒ Chiese l'altro con un sorriso enigmatico ‒ «Mandate ed io sono pronto ad obbedire.»
‒ «Hai mai sentito parlare di un falso taumaturgo di nome Stefano?»
‒ «Uno di quei detestabili uomini del "Cammino"? Lo vidi parlare di persona e ho riconosciuto nelle sue idee quelle di un vero e proprio allucinato.»
‒ «Sono contento che tu lo conosca da vicino» ‒ disse il giovane dottore, soddisfatto ‒ «Ho bisogno di qualcuno che lo denunci come blasfemo di fronte alla Legge e mi sono ricordato di te per collaborare in questo senso.
‒ «Tutto qui?» – chiese sagacemente ‒ «È cosa assai facile e gradevole. Poi, non gli ho forse sentito dire che il falegname crocifisso è il fondamento della verità divina? Questa è più che una bestemmia. È un rivoluzionario pericoloso, deve essere punito come calunniatore di Mosè.»
‒ «Molto bene!» ‒ esclamò Paolo in un largo sorriso ‒ «Conto su di te.»
Il giorno seguente, Neemias comparì nel Sinedrio e denunciò il generoso predicatore del Vangelo come blasfemo e calunniatore, aggiungendo osservazioni criminali per proprio conto. Nell'atto di accusa, Stefano appariva come stregone volgare, maestro di precetti sovversivi, in nome di un falso Messia che Gerusalemme aveva crocifisso anni prima, sotto identiche accuse.
Neemias si spacciava come vittima di una pericolosa setta che aveva disturbato la sua famiglia, e affermava d'essere testimone di bassi sortilegi praticati da lui, a scapito di altri.
Paolo prese nota dei minimi particolari, accentuando i dettagli compromettenti. La notizia esplose nella chiesa del "Cammino", producendo effetti singolari e dolorosi.
I meni risoluti, con Giacomo in testa, si lasciarono trasportare da considerazioni di ogni sorta, timorosi di ritrovarsi perseguitati, ma Stefano, Simon Pietro e Giovanni rimasero assolutamente sereni, rispondendo di buon animo e con coraggio all'ordine accusatorio.
Il giovane diacono, pieno di speranza, pregava Gesù che non lo dimenticasse, in modo che potesse testimoniare la ricchezza della sua fede evangelica. E aspettò l'occasione con fede e gioia.
Fonte dei brani QUI (cap. 5), dettati da Emmanuel, guida di Chico Xavier, che è stato anche il coordinatore ultraterreno del bellissimo film "Nosso Lar": ved. QUI.
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