sabato 21 maggio 2022

M. Athos: cacciano i Monaci Russi? Paisios docet!


Santi Anthony e Theodosius, fondatori del monastero delle grotte "Pecierskaja Laura" a Kiev.
Autrice: Sayda Afonina (1995)

Sebirblu, 20 maggio 2022  

In un articolo dell'8 maggio 2022, di un sito greco (QUI), è stato apposto questo titolo: "Il Monte Athos nel mirino degli Stati Uniti ‒ Lo sforzo per neutralizzare l'influenza russa".

Il pezzo ha come protagonista principale Victoria Nuland, (ved. QUI), oggi sotto-segretario di stato americano (nominata da Biden) e tristemente nota per aver fomentato in Ucraina, nel 2014, il colpo di stato che ha rovesciato il governo legittimo di Janukovyč e condotto alla sanguinosa strage di piazza Maidan; (cfr. QUIQUI un mio rapporto di allora, ripubblicato a marzo).

Recentemente, forte del suo incarico politico, ha visitato la Grecia e, guarda caso, poco dopo ha avuto inizio un serio pericolo di espulsione per diversi monaci russi residenti sul Monte Athos e molti di loro solamente simpatizzanti per quella nazione (ved. QUI e QUI).

Per questo motivo, riporto un interessante resoconto di un viaggiatore che, insieme a tre amici, ha voluto recarsi sulla Santa Montagna (l'Aghion oros) per approfondire la sua conoscenza, osservando da vicino le vite ascetiche e meditative dei monaci aghioriti, appunto, là residenti in vari monasteri e romitori.

Tra le numerose visite compiute e descritte in un fascicoletto di sole 58 pagine molto scorrevoli, emerge quella effettuata all'eremo di padre Paisios, dichiarato santo dalla Chiesa Ortodossa (ved. QUI) per le personali virtù e i carismi profetici donatigli dal Cielo.

Già avevo parlato di questa grande Anima QUI, riportando alcune sue visioni sugli ultimi tempi e, in parte, anche su ciò che sta accadendo ora. (Cfr. anche QUI e QUI)

Lo scritto che segue ne è il doveroso corollario, se non altro per far capire di quale irraggiungibile spiritualità sono dotati certi spiriti eletti, là stanti, che nobilitano accrescendola la fama di sacralità del Monte Athos, per questo preso di mira dal nemico infernale!


Padre Paisios (1924-1994) il Santo del Monte Athos

Nella piccola 'kalyva' di padre Paisios

Giovedì 13 agosto. Antivigilia della Dormizione. Sempre con il vecchio calendario. Mi sono svegliato alle 6 del mattino. Giorno pesante, oggi. Nuvolo, caldo, umidità. La colazione che ci attende è ricca: tè, caffè, pane, marmellata, ciliegie sciroppate. Traboccante di sentimenti ospitali spontanei, (i monaci) hanno tirato fuori ciò che avevano.

Quello che avevano nelle loro credenze, nei loro cuori. Assieme alla benedizione, ci portiamo via il ricordo riconoscente dell'ospitalità abramitica di padre Chrysostomos. Partiamo alle 9:30. Mi sono sentito commosso, ma non pacificato. Mi aspettavo qualcos'altro.

Il tempo è lievemente migliorato. Sole fioco e foschia. Nostro obiettivo: padre Paisios. Gli occhi bevono con ingordigia. Il cervello lavora senza sosta. Oggi vedremo ciò che finora avevamo immaginato. Mio Dio! Quale dolce sensazione creava in me il desiderio dell'ascetismo genuino che celavo nell'intimo! Abbiamo camminato per tre quarti d'ora.

Già siamo abbastanza vicini. Voglio disperatamente vedere, ma non assolutamente imitare. È qualcosa da ammirare soltanto. Non da fare. Rifiuto, dentro di me, di accettarla anche come semplice ipotesi o remota possibilità. È escluso. Io diventerò uno scienziato! Voglio conquistarmi questa vita. Quella che vedo. Quanto all'altra... "è nelle mani di Dio"!

Dopo un po', ecco apparire la piccola, umile kalyva di padre Paisios. Dista, all'incirca, quindici minuti. Il suo tetto è fatto di lamiera. Un cipresso, proprio accanto ad essa, ti soggioga. Sta un po' più in basso rispetto a noi. Può darsi che essa sia, però, il punto più alto della terra!...



Foto scattata a padre Paisios mentre un giorno era turbato dalla molta gente andata a visitarlo.

Con i piedi percorriamo il sentiero scendendo, con l'anima, salendo. Tra noi non parliamo. Come se ci attendessimo qualcosa di misteriosamente sacro. Qui c'è un silenzio assoluto, per quanto si sentano uccellini o cicale o fruscii di foglie.

Tale silenzio non è strano o insolito soltanto, ma emana un senso profondo di mistero. Non ti spinge al godimento, ma crea in te compunzione. Non distende, ma risveglia. Taci, e tutto dentro di te è attivo così intensamente come non mai.

Sei in ansia ma, in una maniera mai sperimentata prima, tranquillo. Aspetti... No, il silenzio qui non ha niente a che spartire con quello di Karyès dopo il tramonto del sole né, tanto meno, con quello di Daphni dopo la partenza dell'autobus. Gli altri silenzi non ti fanno udire nulla. Questo, invece, genera per te nuovi suoni, ti porta messaggi e melodie che appartengono all'Oltre.

In questo silenzio senti i battiti del cuore; comprendi i tuoi abissi; percepisci la Sua Immensità; senti quelle cose "che orecchio non udì" (1Cor 2,9), "parole indicibili" (2Cor 12,4). Qui si ode qualcosa che non si capta altrove, da nessuna parte.


Eccoci! Ci troviamo già fuori dalla porta della kalyva... la kalyva della preziosa Croce. Fuori dall'eremitaggio di padre Paisios. Ho paura... È un tale sentimento a dominare dentro di me. Me ne rendo conto. Si tratta, però, di una paura indefinibile. Timore reverenziale inconfessabile e ammirazione inesprimibile. Bussiamo con discrezione, anche se con una certa insistenza, alla porta del cortile.


Monte Athos: il monastero Esphigmenou, dove nel 1950 San Paisios entra novizio.

Un pezzo di ferro rende un servizio assai più efficace dei moderni campanelli elettrici. Passano cinque minuti. Nessuna risposta. Potrebbe anche non aprirci. Eventualità, dicono, che è la più probabile. Di solito non interrompe il suo dialogo con Dio. Noi, comunque, speriamo.

Tra noi bisbigliamo. Non osiamo parlare più forte di quanto sia necessario per sentirci. Né decidiamo di bussare di nuovo. Il primo colpo si è udito bene nel soggiogante silenzio: non vi è ombra di dubbio. Ripeterlo equivarrebbe ad inquinare con il nostro egoismo e la nostra impazienza un tale silenzio. L'anziano sicuramente sta pregando, dato che lo fa senza tregua. Non si bussa perché egli senta: egli sente.

Si bussa perché dobbiamo essere noi a mendicare. Per chiedere prima che egli dia, non per ricevere senza l'umiltà del domandare. Scegliamo l'attesa. Aspettiamo altri cinque minuti. Non appena decidiamo di riprovare, ecco, si avverte qualcosa: una porta si apre. Una figura appare.

È colui che si nasconde e che proprio ora si manifesta. "Gloria a te, o Dio": le mie orecchie odono la sua voce."Gloria a te, o Dio": anche il mio cuore ode la stessa voce. "Ci ha aperto", ho detto con sollievo, seppure accompagnato da una certa trepidazione dentro di me. Viene lentamente e saldamente verso di noi senza dir nulla. Apre la porticina.

Al nostro saluto: "Ci benedica!"(1), la sua voce, tremula per il raccoglimento e debole per il raro uso, aggiunge: "Il Signore.""Entrate". Gli lancio un'occhiata frettolosa. Non ho retto a una seconda, né ho osato.

Il mio cuore batte veloce. Mi prende l'interesse... di scoprire il mistero della sua santità, e... la paura che egli riveli il segreto della mia miseria peccaminosa. Lui si nasconde per umiltà, io per egoismo.



Monte Athos: il monastero di  Philotheou, in cui nel 1956 San Paisios riceve tale nome e la tonsura. 


Entriamo  nella  sua  piccola  kalyva  disadorna.  Tutto  è  piccolo.  Le  porte  strette  e basse. Il soffitto è incombente. Persino le dimensioni geometriche qui sono umili. Raggiungiamo l'oratorio (il luogo approntato per le orazioni; ndr).

L'iconostasi è semplice, costruita con assi di legno. Icone russe rinascimentali, di semplice carta, fissate con puntine da disegno e con chiodi alla tavola che fa da cornice all'iconostasi, senza un dorso di legno. Basta toccarle e si strappano. Tutto nei limiti della resistenza naturale e della stretta necessità. Mentre noi veneriamo le icone, padre Paisios ci accompagna con un sottofondo: "Gloria a te, o Dio", "Signore, pietà".

Mi ha impressionato il fatto che, mentre in quasi tutte le icone le mani dei santi apparivano consunte, nell'icona di Nostro Signore erano i suoi piedi ad essere quasi cancellati. In una diversa circostanza, ho colto l'occasione per manifestargli la mia osservazione.

Mi ha detto, allora: "Con amore baciamo il volto; per rispetto, le mani; i piedi, soltanto con contrizione. Non baciamo Dio nel volto, quando ci sono i suoi piedi. I santi, osiamo baciarli nelle mani. Cristo, invece, unicamente nei piedi riusciamo a baciarlo". E dai suoi occhi scorrevano lacrime...

Fuori della kalyva, la tomba di papa (2) Tychon (3), anziano (4) [guida spirituale] di padre Paisios, morto da tre anni. Due o tre piante di rosmarino, una vite e un cipresso di quelli che, solo a vederli, ti sollevano l'anima al cielo.

Entriamo nella sua foresteria, nel suo soggiorno: due metri per due e mezzo, all'incirca. Non più grande. Un rialzo naturale alla base del muro, con una coperta militare di color marrone al di sopra, fa da divano. Ci serve dell'acqua e dei lucumi (5). [Questi, sono dei dolcetti tipici; ndr].


Una Voce: "Non andrai nel deserto, ma a Konitsa, dove ti aspettano gli uomini".
Era il 1958 e, ubbidendo, soggiorna nel monastero di Stomio, non più sul monte Athos.

Aspettiamo che ci dica qualcosa. Ma lui niente: tranquillo, con la testa inclinata, intreccia un komboskini senza proferire parola per parecchio tempo. Qualcuno rompe il silenzio. Non ricordo che cosa ha chiesto esattamente. Ricordo solo che l'anziano, con la sua voce tremula, descriveva l'Amore di Dio anzitutto, e poi il fatto che è la percezione di esso a generare anche il nostro amore per Lui.

Presentava tutto in una maniera così dolce! Parlava dei dolciumi di Dio, del sole... della sua Presenza, della nobiltà dei santi, della virilità dei martiri e dell'onore con cui dobbiamo comportarci (6).

In questa atmosfera, con un tono, un accento e un lessico simili, descriveva la magnificenza della Preghiera come percezione della Presenza di Dio e movimento del nostro amore verso di lui. Io ascoltavo soltanto. (Cfr. QUI e QUI; ndr). 

Bevevo con occhi, orecchi e pensiero ciò che potevo, specie ciò che andava al di là di quanto egli diceva o mostrava. Il suo contegno parlava sicuramente più delle sue parole. Diceva ciò che egli dissimulava.

Le domande venivano poste così, tanto per chiedere. Io non ho aperto bocca. Ho preso tuttavia la decisione di ritornare con uno specifico repertorio di interrogativi. Avevo sete di ciò che andava oltre il convenzionale, l'eticamente corretto, il moderato.

Mi ero stancato dei ricettari di vita spirituale. Qui ci trovavamo di fronte, con ogni evidenza, ad un cibo genuino e da intenditore. Preparava piatti da leccarsi le dita. Non ascoltava soltanto le "parole indicibili" del silenzio ma, nella sua invisibilità, quest'uomo era una manifestazione.

Qui, ascolti l'indicibile e vedi l'invisibile. Ogni eremitaggio è come un pozzo profondo. Da lì dentro – i fisici ce lo spiegano – puoi vedere, anche a mezzogiorno, le stelle. Come le pareti del pozzo assorbono i raggi riflessi del sole, così l'eremitaggio assorbe ogni suono, immagine o preoccupazione, dando all'asceta la possibilità di sentire, vedere e pensare con chiarezza e senza distrazioni.


Nel 1962 si reca, perché invitato dal vescovo-igumeno,
nel monastero di Santa Caterina, sul Sinai, e vi rimane quasi un anno.
  


Con molta cortesia e garbo ci ha fatto capire che era il momento, per noi, di partire. Già noi eravamo in ritardo. Siamo usciti nel cortile. Egli ci ha raggiunti nuovamente per portarci, come benedizione (7), un piccolo komboskini da lui stesso intrecciato.

Accanto a noi, nella cavità di un albero, distinguo un vaso di vetro contenente nocciole crude. Vi era scritto: "Benedizione". Tutto, qui, è offerto come benedizione. Si unisce a noi per indicarci un sentiero che ci permetterà di accorciare la strada. Lo salutiamo. Ci benedice e partiamo.

Molti pensieri stordivano la mia mente. Siamo forse andati da lui mossi da curiosità e non da sete? Ha forse, dopotutto, sprecato il suo tempo con noi? È dalla nostra vita che dipende il valore del suo tempo. Mi sono girato per rubare un'ultima sua immagine, per vedere sia pure il suo dorso. Era scomparso. Impaziente di ritornare alla sua preghiera!

Da padre Paisios sono andato anche nel 1976, con un compagno di studi. Ricordo la grazia e la dolcezza delle sue parole. "Cosa studiate, giovanotti?" ‒ ci ha chiesto. "Fisica" ‒ gli rispondiamo.

"Entrambi fisici? Eh, allora dovete imparare anche la fisica della metafisica. Sapete qualcosa della scissione spirituale dell'atomo (8)? Quando conosciamo il nostro io, quando cioè arriviamo alla conoscenza di noi stessi, avviene, allora, la scissione dell'atomo che siamo noi.

Se non ci facciamo umili, così da scindere l'atomo che noi siamo, non viene rilasciata l'energia spirituale di cui abbiamo bisogno per vincere la forza di gravità della nostra bassa natura. Solo così, giovanotti, potremo seguire una traiettoria spirituale".


Monte Athos: nel 1968 San Pasios, malgrado le sue precarie condizioni di salute,
aiuta i monaci a ristrutturare il monastero di Stavronikita.

Che bella sorpresa! Ci ha parlato nella nostra lingua con la sua. "La vita spirituale è facile" ‒ ci ha detto. "Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero (Mt 11,30), insegna il Signore". "Ma stretta è la porta e angusta la via (Mt 7,14)" ‒ lo contraddice il mio amico in maniera amabile e gentile.

"È il grasso, benedetto giovane, a renderla stretta. Liberatene e vedrai quanto tutto sia facile. Il nostro amore deve essere lo stesso per tutti. Solo allora è Amore di Dio. Se amiamo alcune persone più di altre, dobbiamo sospettare presenza di egoismo. Più ci dimentichiamo di noi stessi, e più riconosciamo le benedizioni di Dio nella nostra vita. E che cosa non ci dà il buonissimo Dio!"

(Con che calore, con che dolcezza ha pronunciato questo 'buonissimo'!) E continua: "A volte sentiamo le nostre ossa piegarsi come cera, incapaci di portare il peso dei suoi doni. Sotto l'Amore di Dio, tutto si piega. Accanto ad esso, tutto si scioglie".

Ci ha parlato, altresì, delle meraviglie della Preghiera e della Grazia di Dio. Ci ha detto di aver conosciuto un monaco che, con semplicità ‒ basandosi sulla massima scritturistica e sulla Parola del Signore che aveva dato ai Suoi il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni (Lc 10,19) ‒ afferrava serpenti velenosi con le mani e li lanciava fuori del suo recinto senza alcuna paura.

Ci ha raccontato, parimenti, di un altro monaco che la Grazia di Dio, durante le orazioni, trasportava in luoghi lontani – dove compiva miracoli e manifestava la Potenza dell'Eterno – e poi lo faceva ritornare. Una volta, al risveglio, lo stesso monaco aveva trovato un fiore che cresce solo nella regione del Mar Caspio. Fin lì l'aveva portato l'Altissimo.

Con tali racconti l'anziano rompeva il guscio del nostro razionalismo. Inoculava dubbi: forse esiste un altro modo di concepire la vita... Nessuna esitazione, tuttavia, era riuscito a generare in me, magari sulla mia chiamata. Testardamente mi rifiutavo di guardare in quella direzione...


Monte Athos: il monastero Koutloumousiou, l'ultimo abitato da San Paisios dove riceveva i pellegrini. 

Dodici anni dopo, nel 1988, mi sono trovato sulla 'Montagna' avendo quale alleata, questa volta, la mia vocazione. Era un'estate molto secca. Per mesi non era caduta nemmeno  una  goccia  di  pioggia.  Le sorgenti  e i ruscelli  erano inariditi;  le fontane si erano prosciugate. Nessun ortaggio, di chicchessia, era in grado di svilupparsi normalmente.

Vedevi le piante di pomodoro non superare il metro di altezza. Come ragazze tisiche erano appese ai loro sostegni, creando uno spettacolo sconfortante. Nel medesimo stato, se non peggiore, erano le colture di peperoni, zucchine e cetrioli.

Unica eccezione: l'orto di padre Paisios. Egli non coltivava tutti i tipi di verdura. Ma solo quegli ortaggi che non dovevano essere cucinati, visto che la sua regola ascetica non poteva conciliarsi con nulla di simile. Piantava nove piantine di pomodoro e una di cetriolo.

Quell'anno, le sue piante di pomodoro, non abbeverate, oltrepassavano i due metri: più mancavano d'acqua e più guadagnavano in altezza. Quanto al loro volume, erano simili a piccoli meloni.

Sbalordito, contemplavo il miracolo dinnanzi a me. L'acqua viva della Grazia divina sostituiva la necessità di quella naturale. Con la minima quantità d'acqua e la grande Fede in Dio, noi Lo provochiamo spiritualmente ed Egli trasfigura la Creazione.

Quanto più si affievoliscono, dentro di noi, la logica di questo mondo e la pinguedine della mondanità, tanto più il Vivente e Vero Dio emerge, sia nell'atmosfera dell'anima che nell'ambito della nostra esistenza.


Isola di Patmos: monastero di San Giovanni Theologos, ultima residenza di San Paisios.


Volendo scherzare, il santo monaco mi aveva sospinto tra i pomodori, dicendomi: "Peccato, ti immaginavo più alto! Qui ti superano anch'essi... Pensa se li avessi annaffiati!".  Da  quelle  piante  di  Padre  Paisios  tutta  l'area  circostante  e  i  diversi eremi hanno tratto conforto. Non sapevo, alla fine, se avessimo mangiato pomodori; sicuramente, però, gustavamo la benedizione di Dio.

Chi ha voluto poco ha guadagnato molto. Come si può dimenticare una simile esperienza? Tali fatti di vita irrigano anche le anime più incolte degli aghioriti e le costringono, in tempi aridi come i nostri, a produrre in un modo straordinario i frutti più succulenti e saporiti dell'epoca nostra. "La loro fede e la loro vita sostengono l'universo" (9).

Egli mi ripeteva spesso che, quando Dio visita il cuore, l'uomo diventa così fine e delicato nel suo rapporto con la natura da non volerle creare alcun disturbo e da non proteggersi di fronte ad essa: non strappa un fiore, non calpesta un'ortica, non uccide una formica, non scaccia in modo rude una mosca, ma rispetta il ramoscello spezzato, l'albero infruttuoso, l'insetto fastidioso, l'animale aggressivo.

Quando incontri un animale selvaggio o un serpente, se lo ami così, non ti farà del male: anch'esso ti ama. Diventi amico della Creazione ed essa ti contraccambia l'amore e la fiducia. La rispetti nel suo gemito e nella sua debolezza, l'annaffi con l'orazione ed essa ti risponde con frutti meravigliosi. I pomodori, il raccolto che ottieni, non sono il risultato di leggi biologiche, ma una prova della benedizione di Dio.

In questa maniera l'ambiente si trasforma in un tempio e le leggi vengono sostituite dal miracolo e dall'intervento divino. È questa l'ecologia ascetica! Il padre Paisios del 1988 e le sue piante di pomodoro convalidavano le parole del suo dolce insegnamento del 1976 e confermavano le impressioni profonde che avevano marchiato il mio essere in quell'incontro benedetto del 1971.

Ricordo che, allora, non avevo bisogno di guardarlo né, persino, di sentirlo parlare. Mi bastava la sensazione di trovarmi accanto ad un uomo trascendente, di conoscere un asceta, di incontrare un santo.


Isola di Patmos: chiesa di Sant'Arsenio, facente parte del monastero femminile di San Giovanni,
dove sono sepolti i resti mortali di San Paisios dal 12 luglio 1994.
 

NOTE

(1) "Evloghite" – "Mi benedica" – è il consueto saluto al Monte Athos, che ha come risposta "o Kyrios" – "Il Signore", in quanto sorgente di ogni benedizione, e di ogni benedizione reale: "Dio benedice con i fatti, mentre è benedetto [dall'uomo] con le parole" (Teodoreto di Ciro, Interpretatio in Psalmos, 134,21, PG 80, 1920). Rinviare, in tal modo, alla benedizione del Signore significa dare alla benedizione un contenuto non soltanto verbale (un semplice "bene-dire"), ma anzitutto fattuale, come sono i doni e gli interventi salvifici del Signore. 

(2) La forma abbreviata 'papa' (da papàs, prete), preposta al nome proprio di un monaco, indica che quel monaco è sacerdote, come la forma abbreviata e prefissa 'diako' indica che il monaco è un diacono.

(3) Di papa-Tichon, suo padre spirituale, padre Paisios stesso ha tracciato una breve biografia, tradotta all'interno del volume: AA.vv., Voci dal Monte Athos, pp. 253-276.

(4) Come il Lettore avrà cominciato a notare, il termine 'anziano' presenta, nel linguaggio athonita, una molteplicità di significati: designa anzitutto l'igumeno di un monastero cenobitico, ma anche il monaco presbitero di un kellion o di una kalyva; è il nome che si dà alla propria guida spirituale (che può essere sacerdote o anche no), ma è altresì l'appellativo con cui ci si può rivolgere a qualsiasi monaco, indipendentemente dalla sua età e dalle sue funzioni. 

[Ecco una rara registrazione della voce di padre Paisios, con i sottotitoli in italiano che vanno azionati, mentre trasmette i suoi consigli spirituali.] 



(5) Dolci di provenienza turca a forma di cubetti, cosparsi di zucchero a velo, fatti di gelatina d'amido variamente aromatizzata. Normalmente, nei monasteri athoniti, si accolgono gli ospiti servendo loro un bicchierino di rakì, un caffè, dei lucumi e un bicchiere di acqua. Negli eremitaggi, dove la vita è più povera, l'accoglienza viene fatta in base alle concrete possibilità.

(6) Philotimo, in greco. Una parola cara a padre Paisios, con cui esprimeva il dovere dell'uomo di rispondere con onore ai doni di Dio e del prossimo: una risposta libera, grata, pronta, zelante, generosa, tale, appunto, da fare onore a chi la dà.

(7) Il termine benedizione (evloghia in greco) assume sul Monte Athos una pluralità di sensi. Quello di dono, anzitutto, come nel presente contesto, in base al detto: "Benedizione è abbondanza di beni donata liberamente", registrato in un florilegio patristico del VII secolo (Doctrina Patrum de Incarnatione Verbi).

Ma benedizione significa anche il permesso che l'igumeno o l'anziano di una fraternità dà ad un monaco di realizzare un suo desiderio, come pure, più in generale, il permesso che un monaco chiede ad un altro monaco per qualsivoglia cosa. Benedizione, naturalmente, è anche il gesto del sacerdote che traccia con le mani il segno della croce su persone o su oggetti, come pure l'antidoron, il frammento del pane benedetto distribuito alla fine della liturgia eucaristica.

(8) Il termine greco 'atomon' significa sia atomo che individuo.

(9) 'Synodikòn' della domenica dell'ortodossia (la prima domenica di quaresima, nella quale si celebra la vittoria dell'ortodossia sull'eresia iconoclasta – e su ogni tipo di eresia – e la restaurazione del culto delle immagini dopo l'iconomachia). 

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[E per terminare in bellezza, pubblico un meraviglioso video sul Monte Athos, che delizierà con suoni soavi e immagini tutti coloro che, interiormente, vibrano sulle frequenze più alte dello Spirito.]



Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it

Fonte: il pdf QUI, in italiano. "Monte Athos – Il punto più alto della Terra", cap. 4.


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