Anna Homchik nata in Ucraina a Kiev nel 1976 |
Sebirblu, 28 dicembre 2021
Gentili Lettori, nel ringraziare tutti
Voi della meravigliosa attenzione con la quale fate onore al mio blog, desidero porgervi, insieme ai più profondi
e sentiti auguri per un anno nuovo meno drammatico di quello in corso, un "bouquet"
di poesie ineffabili (Gitañjali) di Rabindranath Tagore. (Cfr. anche QUI).
Il significato del termine Gitañjali è
"Offerta di Canti" e penso che concludere il corrente 2021 facendoci cullare dalla mirabile vena poetica di una simile grande Anima sia un balsamo magnifico.
Proprio per quest'opera egli, nel 1913, esattamente nella ricorrenza del centenario in cui ho scritto l'articolo che oggi ripropongo, fu insignito del Premio Nobel per la letteratura: il primo ad essere conferito ad un personaggio non occidentale.
Eccone la motivazione:
«Per la profonda sensibilità, la
freschezza e la bellezza dei versi con i quali, con consumata
capacità, ha reso il proprio pensiero poetico, espresso in inglese
con parole proprie, parte della letteratura occidentale.»
Rabindranath Tagore - Calcutta 1861 - Shantiniketan, Bolpur 1941 |
TAGORE: "Gitañjali" Amore e Poesia di Fine d'Anno
Nel 1913, i giornali di tutto il mondo
pubblicavano la notizia che il premio Nobel per la letteratura era
stato assegnato a Rabindranath Tagore, nativo del Bengala, la terra
irrigata dal fiume sacro del Gange.
Il poeta indiano, primo orientale a
ricevere tale onore aveva allora cinquantadue anni, ma il suo nome
era, da più di trenta, il simbolo di un'età tuttora in corso.
L'irlandese W. B. Yeats, che per primo
rivelò all'Europa il bardo del Bengala, sentì dire da un medico
indiano:
"Leggo Rabindranath ogni giorno; leggere una sua riga
significa dimenticare tutti i dolori del mondo. Egli è grande nella musica, come nella
poesia, e le sue canzoni si cantano dall'India Occidentale fino alla
Birmania ovunque si parli il bengali.
A diciannove anni era già famoso per
il suo primo romanzo, e i drammi, composti nella maturità, sono
ancora rappresentati a Calcutta. Quando era molto giovane scrisse
molto sulla natura mentre se ne stava tutto il giorno nel suo
giardino.
In seguito la sua arte si fece più
profonda, divenendo religiosa e filosofica; nei suoi inni vi sono
tutte le aspirazioni dell'Umanità.
Egli è il primo dei nostri mistici che
non ha rifiutato di vivere, ma ha parlato della Vita stessa, e per
questo noi lo amiamo."
Taj Mahal - Agra - Uttar Pradesh - India Settentrionale |
Spirito multiforme, Tagore non concentrò i suoi sforzi verso un solo aspetto della vita: fu poeta e scrittore, pedagogo e asceta, pittore e musico. Tutto quanto eleva l'uomo, liberandolo dai legami più deleteri del mondo, attirò il suo interesse e fu per lui materia di studio e di ripensamento.
Qualunque cosa potesse contribuire al
miglioramento dell'esistenza umana, sia nel campo scientifico che in
quello politico, scolastico, letterario, fu per lui degna di grande
considerazione.
In lui l'arte fu semplice vita, l'estrinsecazione delle melodie dell'anima, e tutta la sua opera può
paragonarsi ad un vasto mosaico, le cui tessere però, anziché
costituire le varie parti dell'insieme, creano l'unità
dell'intero poema.
Per Tagore religione e morale sono una
cosa sola, e da quest'intimo connubio deriva l'identificazione
dell'Amore di Dio con l'Amore del prossimo.
Tutto il "Gitañjali"
(l'opera che meritò il premio Nobel) è un inno votivo a Dio che non
è visto come un Essere statico, collocato in un angolo del Tempio, a
cui si deve l'offerta d'incenso o la preghiera.
Il Dio di Tagore è là dove il
contadino ara la dura zolla e lo spaccapietre lavora, non disdegnando
di essere fra loro, coperto di polvere al sole o alla pioggia. Dio è
Tutto in tutti, e noi non possiamo amarLo, sentirne la presenza, se
non amiamo i nostri fratelli.
La poesia tagoriana, pur attingendo le
sue immagini dalla natura (non per nulla uno scrittore disse che
l'Universo fu la sua tela, la natura i colori, gli uomini i
contorni), è fatta di etere e di stelle.
I versi son come fili tessuti con i
raggi imponderabili dei sogni nei Campi Elisi che pur inebriando,
rapiscono, consolano, fugano le tenebre dai cuori aprendoli alla
Speranza e alla Fede.
Rajasthan - Deserto di Thar - India Occidentale |
Tagore ha recato al mondo, alla pari dei mistici più grandi dell'Umanità, un nuovo messaggio d'Amore e di Vita. Ed esso è tanto più universale quanto più il poeta annulla se stesso, la sua personalità, in cui assimila senza limiti di tempo e di spazio, tutto lo spirito dell'Uomo.
Egli era tutt'uno con la natura e mai si
vide una così completa compenetrazione dell'Anima umana con l'anima
delle cose; nella sua poesia Rabindranath ha trasfuso tutto la sua
Essenza vivente nello spazio infinito dei mondi.
Pensando all'ora ultima, egli non ha
timore alcuno, anzi si rallegra per questo richiamo: lo Spirito umano
come la Luce, quando ha il segno dell'immortalità, non può temere
la morte, che rappresenta non il termine di tutte le cose, ma il
congiungimento con la Coscienza universale.
Neanche le sventure familiari
riuscirono a fiaccarlo; in pochi mesi gli morirono due figli e la
moglie. La perdita della consorte fu per lui il più grande dolore:
"In disperata speranza vado e la cerco in ogni angolo della mia
stanza, e non la trovo" (Gitañjali).
Il cuore di Rabindranath cessò di
battere il 7 agosto 1941, mentre il mondo era sconvolto dall'immane
cataclisma della guerra; sul letto di morte, simile ad un Sadhu
(asceta), dettò ad un familiare un poema, in bengali, sugli ultimi
giorni della sua lunga ed operosa esistenza.
LASCIA QUESTE NENIE...
Lascia queste nenie, canti e dir di
rosari!
Chi adori in questo solitario e oscuro
angolo
del Tempio dalle porte chiuse?
Apri gli occhi e guarda! Il tuo Dio non
ti è dinnànzi.
Egli è là dove il contadino ara la
dura zolla
e lo spaccapietre lavora. Egli è con
loro,
al sole e alla pioggia, e le sue vesti
son coperte di polvere.
Levati quel manto sacro e scendi come
Lui sul suolo polveroso!
Liberazione? Dove si può trovarla?
Il nostro Maestro s'è preso lietamente
sulle spalle
i dolori del Creato, s'è unito a noi
per sempre.
Esci fuor dalle tue meditazioni
e lascia in un canto i fiori e
l'incenso!
Che male c'è se le tue vesti diventan
lacere e sporche?
Va' incontro a Lui e stagli accanto nel
lavoro,
con il sudore della fronte.
In disperata speranza vado e la cerco
in ogni angolo della mia stanza, e non
la trovo.
Piccola è la mia casa e ciò che una
volta è uscito
non può esser più ritrovato.
Ma infinita è la Tua Dimora, o
Signore,
ed io cercando lei son giunto alla Tua
porta.
Stetti sotto l'aurea volta del Tuo
Cielo crepuscolare
e sollevai gli occhi ansiosi verso la
tua faccia.
Son giunto sulla soglia dell'Eternità
da cui nulla può svanire – né
speranza, né felicità,
né visione di un volto intravvisto fra
le lacrime!
Oh, immergi in quell'oceano la vuota
mia vita,
tuffala nell'abisso più fondo.
Fa' che, per una volta, quel tocco
perduto
io lo senta nel Tutto universale.
Tu mi hai fatto senza fine, a tuo
piacimento.
Tu vuoti e rivuoti questo fragile vaso
e lo riempi sempre di nuova vita.
Per monti e valli hai portato
questo piccolo flauto di canna,
e vi soffi melodie eternamente nuove.
Al tocco immortale delle Tue mani
il mio minuscolo cuore si smarrisce per
la gioia
ed effonde parole indicibili.
Su queste piccolissime mani
piovono solo per me i tuoi doni
infiniti.
Passano le età, e Tu versi sempre,
e sempre v'è da riempire.
Chiedo la Grazia di un istante
per sedermi accanto a Te.
Il lavoro in corso, lo finirò più
tardi.
Lontano dalla vista del Tuo volto
il mio cuore non conosce riposo né
tregua,
e la mia opera diventa uno sforzo senza
fine
in un mare di fatica senza sponde.
L'estate con i suoi sospiri e mormorii
è venuta oggi alla mia finestra;
e le api fanno i menestrelli
alla corte del boschetto in fiore.
È ora tempo di sedermi accanto a Te,
faccia a faccia, e cantare
l'esaltazione della vita
in questa silente pace diffusa.
Sono stato invitato alla festa di
questo mondo,
e la mia vita è stata così benedetta.
I miei occhi hanno veduto e i miei
orecchi hanno udito.
In questa festa m'è toccato di suonare
sul mio strumento, ed ho fatto
ciò che ho potuto.
Ed ora chiedo: è giunto alfine il
tempo
in cui m'è concesso di entrare e
guardarTi in Volto
ed offrirTi il mio muto saluto?
Per giorni e giorni, o mio Dio,
la pioggia ha disertato il mio cuore
arido.
L'orizzonte è spietatamente nudo,
non il più piccolo riparo di una
nuvoletta,
non la più vaga speranza d'una fresca
pioggerella, anche se lontana.
Manda il furore della Tua tempesta
gravida di morte,
se questo è il Tuo desiderio,
e fa trasalire il Cielo da cima a fondo
con il balenìo dei fulmini.
Ma richiama, o Signore, richiama questa
silenziosa calura,
che tutto pervade; che lenta, acuta e
crudele,
brucia il cuore in una terribile
disperazione.
Lascia che la nuvola della Grazia si
chini dall'alto
come lo sguardo lacrimoso della madre
nel giorno dell'ira paterna.
La Liberazione per me non è nella
rinuncia.
Sento la libertà stretta in mille
legami silenziosi.
Tu mi versi sempre il sorso fresco
del Tuo vino fragrante e di vari colori
empiendo fino all'orlo questo piccolo
vaso di terra.
Il mondo accenderà dalla Tua Fiamma
cento differenti lampade
e le offrirà all'altare del Tuo
tempio.
No, non chiuderò mai le porte dei miei
sensi.
Le gioie della vista, dell'udito e del
tatto
recheranno l'impronta della Tua
delizia.
Sì, tutte le mie illusioni
risplenderanno di gioia
e tutti i miei desideri
matureranno in frutti d'Amore.
Nelle Tue mani, o Signore, il tempo è
senza fine.
Non c'è nessuno che conti i tuoi
minuti.
Passano i giorni e le notti,
le età fioriscono ed avvizziscono come
fiori.
Tu sai attendere.
I Tuoi secoli si susseguono
per rendere perfetto
un piccolo fiore selvatico.
Noi non abbiamo tempo da perdere e,
non avendo tempo, dobbiamo afferrare
l'occasione.
Siamo troppo poveri per giungere in
ritardo.
E così il tempo passa mentre io lo do
ad ogni uomo piagnucoloso che lo
chieda,
e il Tuo altare è alla fine del tutto
privo di offerte.
Sul finire del giorno m'affretto
per il timore che la Tua porta si
chiuda;
ma trovo che v'è ancora tempo.
Benares o Varanasi - Uttar Pradesh - India Settentrionale - Un asceta (Sadhu) sulle rive del Gange |
IN UN SUPREMO SALUTO A TE...
In un supremo saluto a Te, mio Dio
si spargano tutti i miei sensi
e tocchino questo mondo prono ai Tuoi
piedi.
Come una nuvola di luglio, sospesa in
basso
con il suo carico di pioggia non
versata,
la mia mente si inchini alla Tua porta
in un supremo saluto a Te.
Come uno stormo di nostalgiche gru,
dirette notte e giorno verso i nidi
montani,
così tutta la mia vita sia un viaggio
verso la Dimora eterna, in un supremo saluto a Te.
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