Danny Hahlbohm |
Sebirblu, 7
aprile 2020
Il presente
articolo è dedicato a tutti coloro che, a causa della forzata
segregazione domiciliare nella quale sono costretti a rimanere, non
possono recarsi nelle chiese per pregare e celebrare la Pasqua di Risurrezione del Signore, né tanto meno ricevere i Sacramenti.
Va ricordato, tuttavia, che l'atteggiamento basilare della preghiera dovrebbe essere di ubbidienza, di adesione alla volontà di Dio, di armonizzazione
alla Sua Legge perfetta, piuttosto che la petulanza nel chiedere
immediati vantaggi materiali i quali, pur coincidendo con le singole
esigenze, non è detto che rappresentino davvero il Bene spirituale
di ciascuno.
Perché assumere
certi contegni queruli e noiosi pretendendo di ricevere più con
l'insistenza che con l'umiltà per mezzo di una lunga ripetizione
vocale spesso vuota di fede ardente? L'Eterno conosce già tutto di
noi, "SA di cosa abbiamo bisogno PRIMA ancora che Glielo
chiediamo" (Mt. 6,8).
Il Padre ci ama.
Ha tutta la premura di offrirci quello che ci serve, a patto che non
sia un danno per noi. Quindi, se proprio vogliamo ridurre la
preghiera ad una semplice richiesta di grazie, il miglior modo di
ottenerle è meritarle.
Già avevo
pubblicato un insegnamento altissimo sul giusto modo di intendere ed
attuare la Preghiera, il Sacrificio e l'Elemosina onde raggiungere un
corretto rapporto con Dio (ved. QUI), perciò, in
questa settimana di Passione, non soltanto del Cristo, ma di tutto il
Suo Corpo Mistico sofferente a causa dell'epidemia, offro ai Lettori
una riflessione e una traccia per il sostentamento spirituale.
È indubbio che
se il Padre permette questo flagello, ciò è sicuramente in relazione
all'impenitenza, al rigetto e alla mancanza di rispetto nei Suoi
confronti, che hanno raggiunto dei limiti insostenibili anche per
Lui, Bontà Infinita. (Cfr. QUI).
D'altronde, si
stanno compiendo le Scritture sotto i nostri occhi, e sarebbe tempo
che l'umanità si "svegliasse", almeno per rendersi conto
che la chiusura delle chiese in questo grave periodo di pestilenza, e soprattutto
durante la Settimana Santa, è un errore gravissimo!
Ecco parte delle
risposte date a «Il Giornale» (QUI) dal prof. Roberto De Mattei sulla
domanda se condivide la serrata:
«No, non la
condivido affatto. Il coronavirus ci pone in una situazione di
emergenza, ma nelle situazioni di emergenza il ruolo dei sacerdoti è
analogo a quello dei medici.
Mi spiego: i
sacerdoti devono svolgere sul piano spirituale e morale quello che i
medici svolgono sul piano sanitario. I sacerdoti per la cura delle
anime, i medici per la cura dei corpi. I consacrati devono essere a
disposizione della comunità. Gli ospedali devono essere aperti,
certo, ma anche le chiese. Così come tutti i luoghi di ospitalità.
(Come si vede, la pensa come Salvini! Ved. QUI).
Dunque
"sigillarsi" non è cattolico?
Il problema è
che la chiusura delle chiese è espressione di una certa
impermeabilità spirituale, che oggi dimostrano di avere le autorità
ecclesiastiche italiane e non. Chiudendo tutte le chiese, eliminando le
Messe, togliendo l'acqua benedetta dalle acquasantiere, sconsigliando
assembramenti di fedeli, si rinuncia alla missione delle autorità
ecclesiastiche stesse.
Ma non è sempre
stato così in casi come questi?
Nel 1576, quando
scoppiò la peste di Milano (non quella di Manzoni), brillò la
carità di San Carlo Borromeo, che si oppose ai magistrati della
città che avrebbero voluto proibire le processioni e le preghiere
collettive dei fedeli.
Borromeo si
impuntò. E al centro della città, nel pieno della peste, si
svolsero tre grandi processioni in tre giorni diversi. Il cardinale e
arcivescovo della città di Milano le guidò a piedi scalzi. Questo è
il modo di comportarsi dei pastori nei momenti drammatici della
storia.
Ma non avere
paura della morte, in questa fase, non è irresponsabile?
No, nei momenti
di catastrofe naturale ‒ come questo che riguarda un'epidemia ‒ è
giusto che vengano prese tutte le precauzioni possibili, ma accanto
alle precauzioni indispensabili e materiali esistono anche quelle
spirituali.
Una di queste è
la preghiera, che deve essere pubblica. Dove non arriva la medicina,
può arrivare Dio, a cui tutto è possibile. Nella storia della
Chiesa, dai tempi di San Gregorio Magno ad oggi, i cristiani si sono
sempre riuniti per contrastare le epidemie. Come? Invocando l'aiuto
di Dio.
Non si tratta di
non avere paura della morte, ma per scampare dalla morte spirituale e
fisica bisogna usare anche il rimedio della preghiera.» (Cfr. anche
QUI il parere di Franco Cardini su "La Stampa").
Con queste
disposizioni, allora, come poter sopperire alla mancanza delle funzioni
pasquali? Il momento non è facile per tutti coloro che sono abituati
a frequentare le chiese e a seguirne i riti!
E a questo punto mi vien facile pensare a quel che aveva detto don A. M. Minutella a
proposito dei Sacramenti nulli con questa Falsa Chiesa (ved. QUI, QUI e QUI). Sembra quasi che il Cielo gli stia
dando ragione nel consentire quanto avviene!
Sì, perché è
indubbio che lo sgradevole spettacolo di adorazione della Pachamama nei
Giardini Vaticani da parte di suore e frati, e addirittura fin dentro
la Basilica di San Pietro, sia stata la fatidica "goccia"
che ha provocato l'«IRA di DIO».
Ma, proseguendo
nel tema prefissatomi, prima di inoltrarci in un maggiore e più
profondo contatto con Colui che ha dato la Vita per l'umanità, è
necessario (e l'attuale isolamento è propizio per questo) riflettere
sul nostro stato interiore e prendere coscienza che non si può
impunemente sfidare le Leggi sacrosante dell'Altissimo senza subirne
poi le pesanti conseguenze.
È indispensabile
quindi un sincero e sentito atto di contrizione che ci ponga nelle
condizioni adatte per chiedere perdono di tutte le nostre offese al
Divino Genitore e delle omissioni di soccorso verso il prossimo, prima
di essere sorpresi all'improvviso dal grande shock che incombe su noi (ved. QUI e QUI).
Non deve però
essere la paura dell'«inferno» o la speranza del «paradiso» a
farci muovere, ma l'Amore vero, riconoscente, nei confronti di CHI
per primo ci ha dato l'Esempio di cosa vuol dire AMARE senza nulla
chiedere e Tutto offrire.
La vicinanza e la
compenetrazione col Cristo è vitale in questi tempi di prova in cui
la gente è smarrita, mentre i governi vacillano sotto il peso
delle difficoltà economiche, e la "Barca di Pietro"
affonda, guidata da un Falso Nocchiero che invece di condurla al
porto la spinge sempre più verso gli scogli e il naufragio finale.
Avviamoci
pertanto alla Mensa del Signore, preparandoci adeguatamente a
riceverlo nel modo più puro possibile, tralasciando qualsiasi
pensiero, parola o azione che ci richiami a terra, ma elevando lo
Spirito là dove l'aria si fa rarefatta e profuma di Dio.
Visualizziamo lo
scenario sublime dell'Ultima Cena. Chi non l'avesse già
impressa nell'anima può affidarsi alla lettura dei Vangeli che
contengono un immenso tesoro da meditare.
Jon McNaughton |
È possibile così giungere all'immedesimazione dell'atmosfera spirituale che pervadeva quel luogo concentrando la propria attenzione, in particolare, sulla figura del Cristo, osservandone il pensiero, l'Amore, la passione in quell'ora, e cercando di penetrare il senso del Suo supremo Sacrificio. Ci apriremo così man mano la via alla comunione spirituale con Lui che ora qui a noi si dona.
In principio
questa ascesa, il nostro graduale elevamento sarà lento e
difficoltoso, perché tutto dipenderà dalla nostra purezza.
A tale
circostanza, sono indispensabili la solitudine, il silenzio ed il
distacco totale da tutto ciò che è terreno, sforzandosi di
coadiuvare il processo di sintonizzazione con il centro intorno a cui
si ruota e a cui si tende.
Per questo
motivo, all'inizio, ho precisato che per il suo contenuto l'articolo
è diretto in modo particolare a coloro che sono già abituati a "volare
alto", a identificarsi e a fondersi con le note armoniche dei
Cieli.
Facciamo dunque
di tutto per aprire, spalancare la nostra Anima alle radiazioni
divine, lasciandocene inondare, ed accogliendone le vibrazioni nell'intimo del nostro essere.
I non esperti alle profonde immersioni spirituali non si sgomentino. Il Padre che
dall'altro estremo desidera l'unione molto di più della Sua
creatura, la aiuterà in questo anelito di congiunzione.
Una volta
stabilito il contatto attraverso il desiderio e la
preghiera, la comunione è spontanea, calma, senza scosse. Una nuova
armonia dal sapor di paradiso inizierà a pervadere il nostro
Spirito, dandoci la forza di superare le difficoltà delle prove e le
angustie della vita.
Raggiunto il massimo stato di calma e limpidità, sempre mantenendo viva la visione dell'Ultima Cena, vedremo il Cristo elevare il pane, benedirlo, spezzarlo e offrirlo agli apostoli dicendo:
«Prendete,
questo è il mio corpo».
Poi, Lo vedremo
alzare il calice, rendere grazie e offrirlo ai "Dodici"
dichiarando:
«Questo è il
mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti». (Mc. 14,
22-25).
È in quel
momento che in tutta umiltà dovremmo dire come il centurione:
«Signore, io non
son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola
(e il mio servo sarà guarito ‒ Mt. 8, 5-11 ‒ e cfr. QUI) e l'anima mia sarà salvata».
È proprio tale Fede (ed è consigliabile ripetere la frase per tre volte)
che attirerà in noi la Presenza sostanziale del Cristo.
Se l'Anima avrà saputo giungere a questo punto, Dio opererà e parlerà in lei. Ed ella
tacendo ammirata e rapita, si porrà in ascolto, realizzando così la
preghiera perfetta.
Sarà Lui stesso
che la guiderà per le vie ardue dell'esistenza se saprà
perseverare nel "cibarsi" mettendo in pratica il Suo
Esempio ("Io Sono il Pane della Vita; chi viene a me non avrà
più fame")...
...e "soddisferà l'arsura" se berrà il Suo Sangue ("e chi crede in Me non avrà mai più sete.) Gv. 6, 35.
...e "soddisferà l'arsura" se berrà il Suo Sangue ("e chi crede in Me non avrà mai più sete.) Gv. 6, 35.
Dice la Voce
sublime:
Quale fu il
significato di quel «pane» e di quel «vino»? Un richiamo agli
umani, un richiamo rimasto incompreso agli ottusi e a coloro che
volutamente alterarono la concezione.
«Questo è il
Mio Corpo; questo è il Mio Sangue»: il pane non è che il risultato di
una elaborazione di energie dense terrestri, il vino è il risultato di
una elaborazione di energie terrestri, ma non dense, spirituali, la
Sostanza ‒ l'Essenza.»
E ancora:
«Il pane offerto
dall'Unigenito e il vino dallo Stesso porto ai Dodici rappresentano
umanamente l'uno il cibo fondamentale, l'altro la fusione dell'acqua
con l'alcol (il succo della vite), la purificazione d'acqua che
innalza lo Spirito, l'Essenza.»
Conclusione
Dunque, affinché ogni essere umano possa vivere la propria vita non soltanto da un punto di vista fisico, come un bruto, è necessario che si alimenti con l'Esempio dato dal Pane‒Cristo e con la Conoscenza Vera data dal Vino‒Sangue‒Sapienza.
D'altra parte,
questo simbolismo lo ritroviamo nell'emissione di acqua e sangue
sgorgati dal costato di Gesù appeso alla Croce, dopo essere stato trafitto
dalla lancia di Longino, che poi s'è convertito, e nelle nozze di
Cana dove il Cristo ha tramutato l'acqua in vino offrendo, sotto il premuroso invito di Sua Madre, il dono della
«Sostanza» essenziale agli sposi e ai commensali presenti.
Si noti come
sovente nei Vangeli viene menzionata l'acqua‒corpo (di cui questo è costituito
in massima parte) come base indispensabile di purificazione per
ricevere poi, il vino‒sangue‒Spirito.
Infatti, la
risposta del Cristo a Nicodemo (Gv. 3, 1-8) fu: «In Verità, in
verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può
entrare nel regno di Dio.»
In definitiva, il Corpo‒Pane‒Acqua rappresenta l'Immanenza, mentre lo Spirito‒Vino‒Fuoco raffigura la Trascendenza, che insieme formano la Croce attraverso la quale ognuno di noi giunge alla Meta e alla Risurrezione dal giogo della materia.
In definitiva, il Corpo‒Pane‒Acqua rappresenta l'Immanenza, mentre lo Spirito‒Vino‒Fuoco raffigura la Trascendenza, che insieme formano la Croce attraverso la quale ognuno di noi giunge alla Meta e alla Risurrezione dal giogo della materia.
Ora, ripercorrendo i punti salienti dell'intero scritto, emerge che nella drammatica situazione in cui si trova l'umanità oggi, soprattutto in questa Settimana di Passione, urge più che mai rivolgere al Cielo un appello accorato (colmando anche il VUOTO abissale della Chiesa) per la fine di questa pandemia.
La riflessione
più importante, avvalendosi del gran tempo a disposizione durante il "ritiro"
coatto, dovrebbe incentrarsi su quale rapporto intendiamo avere
con Dio. Sarebbe ora di ripristinarlo in modo più consapevole e
maturo (ved. QUI, QUI e QUI) per non
aggravare ulteriormente la nostra stolta presunzione di poter fare a
meno di Lui.
La titanica lotta
tra il Bene e il Male è in pieno svolgimento... (ved. QUI e QUI); da che
parte si schiererà ognuno di noi?
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