Sebirblu, 19
febbraio 2020
Il tempo che
stiamo vivendo e che scorre ormai come un fiume in piena sotto lo
sguardo semi-addormentato dell'umanità, in maggioranza non
consapevole di quanto la sua storia così come la conosciamo volga al
termine, è sempre più connesso alle radici cristiane ramificatesi
ovunque dopo l'avvento di Cristo. (Cfr. QUI e QUI).
È stato
soprattutto il monachesimo a diffondere in tutta Europa non soltanto la
spiritualità più eccelsa, ma anche la cultura raffinata di arti e
mestieri che hanno dato una spinta evolutiva determinante al
progresso umano, ma soprattutto al suo pensiero che da allora ha
cominciato ad elevarsi verso il Cielo.
I segni
rivelatori della parabola temporale oggi in declino ci sono tutti,
basta saperli vedere e, ovviamente, interpretare. Ne sono un esempio
due crolli emblematici avutisi, l'uno con il disastroso sisma a Norcia, che
ha sbriciolato la Basilica di San Benedetto, patrono dell'identità
cristiana europea (ved. QUI), lasciandone in piedi solo la
facciata, e l'altro con l'incendio, riguardante la guglia della
Cattedrale di Notre Dame di Parigi.
L'uno, avvenuto
il 30 ottobre 2016, proprio in concomitanza, guarda "caso",
con il viaggio di Bergoglio a Lund per festeggiare i 500 anni di
Lutero (emblematicamente durante la festa di Halloween), tradendo
così vergognosamente la Chiesa fondata da Nostro Signore (ved. QUI, QUI e QUI)
che, malgrado tutto, rimarrà ben salda nei suoi cardini spirituali,
come rivela il suddetto frontespizio rimasto ornato da un rosone e
dalle figure dei quattro evangelisti. (Cfr. QUI, QUI e QUI).
L'altro, del 15 aprile 2019, procurato dal fuoco indicante, con la sua "flèche"
distrutta, la caduta ultima inequivocabile della cattolicità
universale, come ho descritto nei dettagli QUI.
Ebbene, c'è un
intrigante filo conduttore che unisce i monaci benedettini a tre dipinti
eccellenti insieme alle profezie sui papi di Malachìa con Joseph Ratzinger e
con l'«Usurpatore» argentino del seggio di Pietro.
Strana
commistione? La chiarisco, collegandomi all'inciso fatto QUI da fra'
Bugnolo (al primo capoverso dopo la foto dei due "papi",
uno in esercizio e l'altro ancora cardinale), dove Ratzinger, a detta
del vaticanista Aldo Maria Valli, come da link aggiunto, avrebbe asserito che "tutto può essere" riguardo alle premonizioni del veggente irlandese e alla sua attribuzione di "Gloria Olivae" a lui stesso.
Nel 1595, Arnold
de Wyon, un monaco benedettino proveniente dalle Fiandre, pubblicò
un'opera in più volumi dal titolo "Lignum vitae, ornamentum et
decus Ecclesiae" che riportava sul tomo 1, per la prima volta,
uno scritto sconosciuto del XII secolo attribuito ad un arcivescovo
irlandese di nome Malachìa della diocesi di Armagh, vissuto tra il
1095 e il 1148, e proclamato santo da Clemente III nel 1190.
Il testo
profetico in questione presentava un elenco di 111 motti in latino
(ved. QUI) che indicavano in modo criptico tutti i papi che
si sarebbero succeduti nei secoli fino ai giorni nostri a partire da
Celestino II ‒ "Ex castro Tiberis" = "Dal castello
sul Tevere" ‒ che era nato infatti a Città di Castello, per
arrivare a Benedetto XVI – "Gloria Olivae" = "Gloria
dell'Olivo" ‒ un chiaro riferimento a San Benedetto da Norcia,
fondatore dell'Ordine degli Olivetani.
Inoltre, papa
Ratzinger nacque il giorno del sabato santo, con evidente riferimento
all'olivo pasquale.
Ma la lista dei
pontefici del Santo Malachìa non si conclude così, perché viene
menzionato un certo "Pietro Romano" NON papa, che
concluderà la sequenza in un tempo molto drammatico per Roma: il suo motto è ‒
"In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit."
= "Siederà nella persecuzione estrema della Santa Romana
Chiesa." ‒ (ossia un personaggio assiso sul soglio petrino di
cui Malachìa non precisa subito l'appellativo come per gli altri, ma
inspiegabilmente poi, andando a capo).
Questo, perché
c'è uno strano punto di interpunzione dopo il verbo "sedebit", e soltanto dopo si trova il soggetto con cui inizia la frase finale:
«Petrus Romanus,
qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas
septicollis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum.
Finis.» = «Pietro Romano, che pascerà il gregge fra molte
tribolazioni; passate queste, la città dai sette colli sarà
distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Fine.»
Per questo
motivo, il nome di "Pietro Romano" potrebbe indicare solo
il "Vescovo di Roma", come ama definirsi Bergoglio sin dal
13 marzo 2013, e come in effetti è; ved. QUI. Anticamente, infatti,
era bene specificare il "Pietro di Roma" per distinguerlo
da eventuali antipapi scismatici in altre parti d'Europa.
Tornando dunque
al tema centrale di questo mio scritto e all'attinenza di diversi
aspetti sulla profezia dei papi resa nota dal monaco Wyon, sono
emerse altre tessere sorprendenti che sembrano confermare ancor più
come Benedetto XVI (Gloria Olivae) corrisponda all'ultimo papa e
Jorge Mario Bergoglio a Petrus Romanus, e ciò è avvenuto per mano
di Alfredo Barbagallo appassionato studioso che, nel suo voluminoso
libro "I tesori di San Lorenzo", ha dedicato una parte delle ricerche sulle reliquie a Malachìa. (QUI il suo breve studio su questo tema in pdf).
Egli dice che nel
riportare le visioni profetiche di questo Santo irlandese, il monaco
Arnold de Wyon non si limitò unicamente a preservarne il testo, ma
commissionò tre importanti raffigurazioni pittoriche sul tema della
Gloria benedettina. (Ricordo, come già detto, che anche lui ne
faceva parte).
Una di esse si
trova tuttora nel convento riminese della Scolca e simboleggia il
poderoso "Albero genealogico" dell'Ordine; poi chiese di
eseguirne un'altra dal Vassilacchi (nel 1592) per la Basilica
benedettina di San Pietro a Perugia, forse la più grande tela del
mondo con i suoi 92 m² che, per una sua scioccante particolarità è
divenuta famosissima, e infine, dice Antonio Socci nel suo articolo
QUI:
«Wyon fece
realizzare la stessa rappresentazione in Piemonte (oggi conservata ad
Alessandria), all'abbazia benedettina ‒ ora non più esistente, di
San Pietro in Bergoglio ‒ non distante da Bosco Marengo".
Torna il riferimento a San Pietro in ambedue le chiese, ma
soprattutto qui colpisce il nome "Bergoglio".»
Ecco le tele
dedicate alla grande famiglia benedettina.
Albero genealogico benedettino |
"L'Apoteosi dell'Ordine dei benedettini" dipinto nel 1592 da Antonio Vassilacchi detto l'Aliense. |
La splendida Basilica benedettina di San Pietro a Perugia, sotto lo sguardo terrificante del Maligno... |
Prosegue Barbagallo nella sua descrizione, menzionando un altro breve scritto "La mystérieuse prophétie des Papes" pubblicato da un professore gesuita, mons. René Thibaut che, sebbene con criterio essenzialmente matematico cita una data, quella del 2012, definendola ripetutamente come "sostanziale conclusione dell'intero ciclo profetico malachiano".
A Thibaut era
ovviamente del tutto sconosciuta la previsione del calendario Maya
del 21 dicembre 2012 che ha suscitato un così grande scalpore ma,
nonostante questo, egli ha valutato che Benedetto XVI, proprio il 30
aprile di quell'anno, aveva confidato a Bertone di volersi
dimettere. Cosa che poi si è concretizzata l'11 febbraio 2013.
Ma quale spinta
ha condotto il gesuita Thibaut a riferirsi al fatidico 2012? Egli ha
considerato, e a ragione, che l'interesse e la pubblicazione del
testo sui papi da parte di Wyon (nel 1595) era intermedio all'intero
ciclo profetico per come poi si sarebbe realizzato.
Infatti, questo
monaco benedettino, che lo era diventato da più di vent'anni, nutriva una
particolare devozione per il grande papa di allora, Pio V (1504 –
1572), il vincitore della battaglia di Lepanto e il promulgatore
della Messa antica "Vetus Ordo" che, nel lungo elenco dei motti
con l'epiteto "angelus nemorosus" = "angelo boscoso"
e l'incredibile dicitura successiva "Michael vocatus, natus in
oppido Boschi", si trova in posizione centrale.
Eh sì, perché
la frase latina, che significa "nomato Michele, nato nella
città di Bosco" concerne il nome e il luogo di nascita di Pio
V, ossia Antonio Michele Ghislieri di Bosco Marengo, una volta
semplicemente Bosco. Proprio il luogo nei cui pressi c'era
l'abbazia benedettina di San Pietro in Bergoglio dove era esposta la
famosa tela commissionata da Wyon.
Non solo, ma la
data del decesso di questo papa eccezionale, il 1° maggio 1572,
coincide in maniera perfetta con quella dell'intenzione dimissionaria
confidata a Bertone da Benedetto XVI il 30 aprile 2012, esattamente
440 anni dopo.
«La circostanza,
già singolare ed inquietante ‒ dice Barbagallo ‒ sembra
acquisire valore decisivo se consideriamo come la stessa ordinazione
ad Arcivescovo e Primate d'Irlanda di Malachìa abbia storicamente
avuto luogo nel 1132, quindi, ancora 440 anni, prima della
scomparsa di Pio V.»
In questo
impressionante intreccio di "coincidenze", lo schema appare
dunque così:
Dice ancora
Barbagallo:
«Malachìa e
Wyon sono due consacrati e due ecclesiastici. Per loro Roma significa
il Papa e la Chiesa. Questo, e soltanto questo.
Attraverso lo
strano messaggio della profezia avvertono ciò che più temono, la
crisi definitiva della Chiesa romana, almeno per la sua funzione
evangelizzatrice di massa. Crisi che misteriosamente sentono come
reale in una data storica per loro futura ma per noi vera. [...]
Cosa induce il
gesuita Thibaut, uomo di fede e di scienza, ad indicare nel 1951,
proprio per il 2012, la data finale del ciclo profetico completo?
Cosa induce Papa
Ratzinger non solo al gesto delle dimissioni – abbondantemente ed
efficacemente motivate – ma anche alla prima confidenza interna (a
Bertone appunto; ndr) esattamente in quella data prevista dai Maya?
Cosa induce
Arnold de Wyon a far collocare il proprio quadro di "Lignum
vitae" in un monastero la cui località accompagna il nome di
Pietro con il cognome del presente "papa" Bergoglio?
Non possiamo
saperlo. Ma possiamo – per chi permanesse scettico sino alla cecità
– raccomandare almeno un esame obiettivo delle date e degli eventi.
Chi poi pensi ancora, dopo tutto ciò, ad un insieme di casualità
alzi pure la mano.»
San Malachìa di Armagh; ved. QUI |
A questo aggiungo che Malachìa pare abbia avuto la visione della sequenza papale a
Roma, nell'anno 1140. "Avrebbe riportato per iscritto le visioni
e consegnato il manoscritto a papa Innocenzo II, e il testo sarebbe
stato poi 'dimenticato' per 450 anni" ‒ dice Aldo
Maria Valli nel suo articolo QUI.
Ma per me quel
documento dovrebbe essere stato rintracciato, logicamente, prima
della pubblicazione effettuata da Wyon nel 1595. Se così fosse, ci
avvicineremmo ancora ai 440 anni summenzionati che ritornerebbero
alla ribalta.
Infatti, dal 1140
al 2020 corrono 880 anni, ed ecco un altro singolare periodo da
dividersi in due: 1140+440 = 1580: il secolo non solo del
ritrovamento delle profezie sui papi, ma anche del Concilio di
Trento, della Controriforma e della lotta alle eresie di Calvino e
Lutero che oggi Bergoglio, di nuovo dopo 440 anni e a 7 dal suo
pseudo pontificato, è riuscito a vanificare quasi del tutto.
Manca soltanto
l'invalidamento del Sacrificio dell'altare, la non Transustanziazione
delle Specie nel Corpo e il Sangue di Cristo, probabilmente
cambiandone in modo subdolo l'espressione verbale, per arrivare a
capofitto in pieno "abominio della desolazione" come
riportato dal profeta Daniele e da Giovanni nell'Apocalisse. Cfr.
QUI, QUI e QUI.
E poi, abbiamo mai pensato che proprio i due papi precedenti alla lista vaticinata
dal Santo monaco irlandese con a capo Celestino II, sono stati eletti
entrambi nel 1130 in quanto avversari fra loro? Erano Innocenzo II
(vero pontefice) e Anacleto II (antipapa).
Così, ancora una
volta, dopo circa 880 anni al 2013, data delle dimissioni e
della elezione invalida di Bergoglio, il mondo cattolico si ritrova
con due papi che, sebbene non in contrasto netto come quelli
del XII secolo, sembra lo stiano diventando in base alle profonde
divergenze di vedute emerse in questi ultimi tempi.
La storia si
ripete! E, ahimè, speriamo che finisca presto lo sconfortante e
tragico spettacolo di una Chiesa e di un pianeta in agonia che
attendono con accresciuta ansia l'Intervento dell'Altissimo e il
promesso Trionfo del Cuore Immacolato di Maria.
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