sabato 10 aprile 2021

La "Partita" a Scacchi tra Dio e il Diavolo




Sebirblu, 10 aprile 2021

Di questo prestigioso ed illuminato Autore, come delle sue opere, ho già parlato QUI. Egli merita senz'altro un'attenzione particolare, specialmente da parte di coloro che anelano ad avere risposte serie ai tempi gravosi e bui che opprimono oggi l'Umanità intera.

La visione allegorica qui descritta invita a riflettere sullo scenario reale che si mostra solo a chi sa vedere oltre la cortina fumosa del mondo ingannevole che ci circonda.

Penso che esprima con molta efficacia la condizione in cui si trova chiunque si sia "Risvegliato alla Luce" e voglia rendere partecipi gli altri della sua straordinaria "Scoperta".




La "Partita" a Scacchi

Vedo due Esseri cimentarsi con gli scacchi. Da solo, non sarei mai riuscito ad immaginare che Dio potesse mettersi a rivaleggiare col Diavolo. Eppure...

Sento, tuttavia, che si tratta di un'immagine e che devo interpretarla. Mi applico quindi a comprenderla. Innanzitutto capisco che i pezzi del gioco posizionati sulla scacchiera rappresentano degli individui e mi sembra addirittura di riconoscermi in uno di essi, direi tra i più piccoli...

Mi rendo conto allora che in tale competizione anche una semplice pedina può essere preziosissima, se per esempio si trova al posto giusto, nel momento giusto. Tutto dipende dalla strategia di colui che studia le mosse da farsi.

Osservando la sfida, mi appare sempre più evidente che l'Eterno si trovi in una posizione di svantaggio. Nella scena impersonifica mio Padre.

Penso: «È impossibile che Lui, essendo Dio, non vinca la partita. Egli è più forte del Diavolo. Questi è una creatura, e non può vincere contro Colui che lo ha creato. Il Divino Genitore è necessariamente più intelligente dei figli partoriti, anche dei più dotati».

Tuttavia... Il Suo sfavore è ben visibile. Lo guardo con occhi ansiosi. Sono come un bimbetto che osserva il suo Papà, lo sa Onnipotente e, malgrado ciò, lo vede indietreggiare di fronte ad un turpe e misterioso avversario vestito di nero.

Peggio ancora, vedo pure che a tratti Gli vengono le lacrime agli occhi, o quasi, perché la contesa lo obbliga a cedere uno, due, o magari tre dei suoi pezzi, che per Lui sono così preziosi...

Il bambino (ossia me, nella visione), si ribella all'idea che suo Padre, valentissimo, il più bravo di tutti, perda terreno di fronte ad un antagonista così brutto, ma proprio brutto!




Ancora bimbo, scopro per la prima volta l'esistenza del male: qualcosa di così sgradevole ed opprimente che sembra capace di sconfiggere il bello e il buono, di sopprimerlo, di annientarlo, di distruggerlo, e che per me non ha senso.

Per la prima volta nella mia vita percepisco la realtà di questa forza mortifera, e ne soffro moltissimo... Non riesco a concepire come essa possa vincere, neanche in forma parziale, nemmeno per un istante.

Il fanciullino, che sono, ha bisogno di aiuto, di luce, ha bisogno di una spiegazione che gli permetta di respingere un dubbio così schiacciante, così atroce... Non potendone più, mi metto a dire con voce di pianto:

Papà...! Papà...! Papà...! Non voglio che Tu perda! Non voglio!... Fa' qualcosa... Sei Dio... Sei Onnipotente! Lo so... lo so che sei Onnipotente... e allora devi vincere! Non puoi perdere! Devi vincere... vincere... Voglio che Tu sia il Vincitore!

Mi sento avvilito, pieno di dolore, immerso nel dispiacere, e mentre soffro di questa esperienza i miei occhi si mettono a guardare la scacchiera. La guardo, la fisso... e mentre la fisso... così, senza un motivo particolare, di punto in bianco... Teeh! Ecco la spiegazione!... Ce l'ho davanti allo sguardo!

Mi accorgo, infatti, che tutti i pezzi che appartengono a mio Padre hanno il privilegio di essere provvisti di libertà, e che alcuni di essi, credendosi in posizione sfavorevole, anziché rimanere sul quadratino dove Lui li ha messi, si spostano da soli, chi verso un quadrato vicino, e chi più lontano ancora.

Ed è questa singola mancanza di fiducia nei confronti di Dio – mio e loro – che provoca la rispettiva perdita, la propria squalifica.

Sempre nella visione, pur rimanendo il fanciullino che sento di essere, capisco che mio Padre è davvero Onnipotente, ma che la libertà insita nella Sua legge d'Amore, della quale possono usufruire le pedine davanti a Lui, lo mette in posizione di svantaggio di fronte al rivale.




Viceversa,  nel campo  del  Diavolo  tale  libertà  non  esiste. Al suo posto c'è la paura; ed è tramite questa che l'Avversario riesce a mantenere ogni suo pezzo solidamente ancorato al quadratino che la sua diabolica intelligenza gli sceglie di volta in volta.

A questo punto, mi ritrovo dalla parte della realtà, quella di tutti i giorni, e la Voce silenziosa mi dice: «Mia cara, piccola pedina, ti ricordi quel testo che diceva che qualsiasi cosa avvenga, Io ricostruirò la mia Chiesa?» Me lo ricordo, sì, ma non con le parole esatte, e allora cerco il testo. 

Rintracciatolo, mi metto a rileggerlo. Porta la data del 19 marzo 1969, e dice: "Il mondo moderno è la mia rinnovata Passione. Anche se tutti i Sacerdoti Mi dovessero abbandonare, come avvenne per i Miei discepoli, salvo uno che Mi seguì sul Golgota ‒ Giovanni, sarà proprio attraverso di lui che Io rinnoverò il mondo" (cfr. QUI; ndr).

La rilettura dello scritto mi fa capire che la vittoria finale appartiene all'Eterno. È cosa certa, sicura, ma durante la «partita» che oppone Dio all'Avversario ci possono essere delle sconfitte apparenti del Divino, dei trionfi illusori della morte sulla vita, del male sul bene, dell'infelicità sulla gioia, di Satana sul Cristo.

E tuttavia, anche se pare che a volte la morte prevalga sulla vita, tale trionfo non sarà mai definitivo, ma sempre provvisorio. Dio ha deciso che il bene e il male si separino l'uno dall'altro in questa maniera, che la morte si squalifichi da se stessa credendosi vittoriosa sulla vita.

Quello che conta, dunque, non è la serie di vittorie temporali e transitorie, ma solo quella finale.

Sto riflettendo su quanto il Signore mi ha appena fatto capire. Aspetto un commento dalla Voce silenziosa, ma visto che non arriva, ne deduco che l'esperienza or ora vissuta debba essere abbastanza esplicativa.

Per me lo è, ma mi domando se lo sia anche per gli altri. Intuisco che se una persona non ama la Verità con cuore sincero, queste immagini, malgrado la loro potente chiarezza, non le saranno sufficienti.




Mi chiedo quale sia il fattore che impedisca a certi individui di lasciarsi convincere dalle spiegazioni che la Provvidenza divina invia a tutti indistintamente (cfr. QUI; ndr). Allora la Voce incorporea si fa udire di nuovo, e mi parla così:

"Esistono due tipi di persone. Le prime accolgono quello che viene offerto loro dall'Alto, invece le seconde non lo accettano. Le prime confidano nella Provvidenza, le seconde non vogliono credervi. Le une hanno buona volontà, le altre non ne hanno, e non desiderano nemmeno averla.

E ancora, talune sono come bimbette che creano la propria letizia con quello che ricevono dagli adulti dai quali sanno di dipendere, talaltre hanno un'anima somigliante ai contestatori professionali. Non v'è nulla che le convinca ad accettare la Verità allorché qualcuno la propone.

Per loro detta Verità non esiste, e se esiste, non ha alcun valore. Non la amano, la odiano. Se si accorgono che essa è in procinto di emergere da qualche parte, le negano il diritto di nascere in anticipo, la uccidono prima che nasca, la abortiscono.

Di conseguenza, se un testimone della Verità non dichiara il suo nome, la sua asserzione non è valida, se invece lo dice, è il nome a non esserlo.

Se un libro espone la Verità con tanto di "Imprimatur", si tratta per esse di vecchio paternalismo; se, al contrario, si presenta privo di tale placet, guai a colui che si è permesso di pubblicarlo così!"

A queste condizioni, mi dico, a che scopo indugiare oltre? È preferibile che io prosegua la mia strada senza perdere altro tempo; è meglio agire nel modo in cui Virgilio consigliava di fare al proprio compagno Alighieri nel corso del viaggio che entrambi compirono tra i meandri dell'Inferno: "Non ragioniam di lor, ma guarda e passa". (Divina Commedia - Inferno - Canto III - v. 51)

Gustave Doré  (1832-1883)


Relazione, adattamento e cura di: Sebirblu.blogspot.it

Estratto da: "Il Regno dei Giorni Felici" di Johannes De Parvulis

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