mercoledì 7 dicembre 2022

Le Straordinarie Analogie del Piano di Dio!

 


Sebirblu, 6 dicembre 2022

I tempi tumultuosi che stiamo vivendo sono ormai sotto gli occhi di tutti. Man mano la gente si sta svegliando alla realtà amara che la circonda, satura di ingiustizie, inganni ed insidie... persino per la vita.

Ma pur nel fosco della valle in cui giace l'umanità, una Luce perenne veglia su di lei, senza cessare mai di alimentarla, nonostante il rifiuto ostinato ad accoglierla, chiusa com'è nel proprio orgoglio smisurato.

Nella sua stolta ignoranza delle cose di Dio, salvo una piccola minoranza ancora troppo esigua per cambiare tutto, essa non rivolge mai lo sguardo a qualcosa di più alto e profondo se non alla misera vita da bruco nella quale è immersa.

Tuttavia, sono proprio le iniquità e i soprusi subiti a farla ripiegare su se stessa, dopo essersi saziata a dismisura d'inezie umane, creandosi un bozzolo per riflettere, totalmente ignara del suo domani di farfalla.

Quella Luce costantemente emanata sulla Terra dall'inizio della creazione è andata vieppiù intensificandosi in determinate epoche, ben stabilite dalla Legge del Padre, a beneficio dei reprobi ribellatisi a Lui nella Caduta iniziale: ved. QUI, QUI e QUI.

Ecco allora l'era dei Patriarchi: Enoch, il sacerdote pre-diluviano, il settimo dopo Adamo che, con la sola potenza del pensiero aveva in sé la chiave del mistero "vita", pose il primo Sigillo equilibratore per il rinnovo degli esseri. Egli con la sua Luce fu il lampo di Atlantide. Scomparve alla vista richiamato dall'Eterno.

Egli era l'augusto capostipite astrale e terrestre della nuova umanità la quale, anziché ascendere, cadde nella densità assoluta della materia, in seguito ad un progressivo ulteriore aggravamento che condusse all'inevitabile purificazione per mezzo del Diluvio. Noè fu l'ultimo uomo della stirpe atlantidea.




Hovhannes Aivazovsky (1817-1900)


Già parlai a più riprese del dopo: di Elia, di Eliseo, di Giovanni Battista e di Giovanni Evangelista, ma pur accennandone, forse non sono stati troppo considerati gli episodi di Lazzaro, il 'resuscitato' dal Cristo e quello di Francesco d'Assisi, l'Innovatore della Chiesa Mistica.

Ed è proprio per tal motivo che oggi riprendo l'argomento per approfondirne non solo la sostanzialità, ma per metterne a fuoco la Potenza voluta dall'Eterno Padre a pro dei Suoi figli dispersi nella valle oscura del mondo.

C'è un filo d'oro che lega mirabilmente fra loro i personaggi or ora menzionati, come d'altronde sono mirabili tutti gli interventi divini mossi dall'Amore che tutto regge.

Il Cristo nel Suo passaggio terreno operò tre volte la risurrezione di trapassati: quella della figlia di Giairo, del figlio della vedova di Naim e, in modo speciale, dello stesso Lazzaro.

Quest'ultimo evento si distingue nettamente dagli altri perché il Signore, pur essendo stato un suo amico intimo, tardò ad intervenire.

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«La sorella di Lazzaro, Maria, Gli disse infatti, quasi a rimproverarLo:

"Maestro, se tu fossi stato con noi, l'amico Tuo non sarebbe morto" ‒ "Dove l'avete sepolto?" ‒ "Laggiù nella grotta" ‒ "Andiamo, voglio vederlo" ‒ "È inutile, Maestro, egli già pùte, che è di quattro dì" ‒ "Togliete la pietra"...

Soggiogati, i presenti tolgono la pietra della sepoltura, ed Egli grida: "Lazzaro sorgi, vieni fuori che Io ti attendo!" E Lazzaro esce...



"La Risurrezione di Lazzaro" di Heinrich Carl Bloch (1871)

Ora, se il Cristo fosse accorso subito avrebbe dovuto elargire, come agli altri, soltanto la sanità fisica. Ritardò affinché si compisse il movimento sostanziale: "Non ha forse la giornata dodici ore? E allora Io opererò al giusto tempo, allo scadere dell'attimo preciso."

Doveva ricomporsi la materia entrata già in putrefazione e non prima. La Potenza della Divinità non poteva più essere posta in dubbio.

E  siccome  per  liberarsi  dalle bende  che costringevano Lazzaro (ossia le strettoie e gli affanni che imprigionano l'umanità) necessitava proprio la volontà umana, ecco che il Cristo "si servì" di Giovanni (onnipresente individualità superiore, sempre al Suo fianco; ndr) onde trasfondere le di lui energie psico-fisiche per la rigenerazione del defunto.» (brano tratto da "Scintille dall'Infinito"; ved. QUI e QUI).

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Dunque, Lazzaro rappresenta il genere umano fedele e redivivo, soccorso dall'Eterno che, attraverso un altro uomo ‒ assolutamente puro ‒ viene fatto risorgere non solo nel corpo ma soprattutto nello Spirito soffocato dai palpiti della materia.

Ma anche Giovanni evangelista, a maggior ragione, raffigurava tutta l'umanità. Non scordiamo le parole di Gesù, espresse a lui e alla Madre Santissima, mentre erano ai piedi della Croce: "Figlio, ecco tua Madre"... e rivolto a Lei: "Madre, ecco tuo figlio"... sublime dono offerto agli umani ingrati e dimentichi del proprio Dio!

E Giovanni restò... non morì... (cfr. QUIQUI), si eclissò alla vista degli uomini per ri-manifestarsi di nuovo al momento opportuno (ved. QUI), ma non cessando mai di proteggere le genti, specialmente dallo scatenamento bellico e dai pericoli psico-fisici e spirituali in cui incorrono le anime.

Non fu l'unico però a "sparire" dal globo terrestre! Altri esseri superiori, facenti parte del Piano divino per il Bene dell'umanità, si avvicendarono come astri magnifici al fine di illuminarla nel faticoso cammino di redenzione.

Enoch, Mosè ed Elia, infatti, tra i più grandi personaggi del Vecchio Testamento "scomparvero", come riporta il Tramando: il primo, nella Bibbia, in Gen. 5, 24, in Sir. 44,16 e in Eb. 11,5; il secondo, nel testo* dello storico Giuseppe Flavio, e il terzo, in 2Re 2, 8-1, sottraendosi tutti allo scenario del mondo.



Affresco dei tre profeti: Giovanni Battista, Elia ed Eliseo
situato nel Monastero Stella Maris sul Monte Carmelo ad Haifa in Israele

*Testo che, in "Antichità Giudaiche" (libro IV, cap. XIV) riferendosi a Mosè, dice:

"...all'improvviso una nuvola lo cinse, portandolo in una valle vicina, lungi dall'altrui sguardo; nei libri sacri, però, lasciò scritto di sé stesso che morì, per paura che a causa dei suoi meriti straordinari ardissero affermare che era stato mutato in un Dio".

Ma mentre Enoch, rapito dall'Altissimo, non fu trovato più e nessuno ne seppe più nulla (esattamente come Mosè che non entrò nella Terra promessa), Elia fu "rapito" su un "Carro di fuoco" davanti al suo discepolo Eliseo.

Così viene descritto nella Scrittura:

«...Elia ed Eliseo si fermarono sulla riva del Giordano. Elia prese il suo mantello, lo arrotolò e percosse le acque, che si divisero di qua e di là. Così attraversarono il fiume a piedi asciutti.

Appena furono passati, Elia disse ad Eliseo: "Chiedi cosa vuoi che io faccia per te, prima che io ti sia portato via". Eliseo rispose: "Due terzi del tuo Spirito siano in me!" Elia replicò: "Tu domandi una cosa difficile; tuttavia, se mi vedrai quando io ti sarò rapito, ti sarà dato quello che chiedi; ma, se non mi vedrai, non ti sarà dato".

Mentre continuavano a camminare conversando insieme, ecco un Carro di fuoco e dei cavalli di fuoco interporsi fra loro, ed Elia salì al cielo in un turbine. Eliseo lo vide e gridò: «Padre mio, padre mio! Carro e cavalleria d'Israele!" Poi non lo vide più.

Allora, afferrate le proprie vesti, le lacerò in due pezzi; raccolse il mantello che era caduto ad Elia e tornò indietro fermandosi sulla riva del Giordano.

Quindi, con quello stesso mantello percosse le acque, ed esclamò: "Dov'è il Signore, Dio d'Elia?" Quando anch'egli compì quel gesto, le acque si divisero in due, ed egli passò.

Allorché i discepoli dei profeti che stavano a Gerico di fronte al Giordano videro Eliseo commentarono: "Lo Spirito di Elia si è posato su Eliseo." »




"Elia rapito su un Carro di Fuoco davanti ad Eliseo" di Giuseppe Angeli (Venezia, 1712-1798)

Breve analisi del brano:

Il fiume Giordano sin dall'antichità è il luogo dove l'Eterno manifestò ripetutamente la Sua Gloria e Potenza:

‒ Abramo vi fu guidato per raggiungere la "Terra di Canaan", dove si sarebbe insediato il popolo d'Israele.

‒ Giosuè lo attraversò per condurre gli Israeliti, reduci dalla prigionia d'Egitto, alla Terra Promessa.

‒ Elia, con il suo mantello avvolto in mano a guisa di bastone, ne percosse le acque dividendole, come fece Mosè col mar Rosso, per passare all'altra sponda all'asciutto, insieme al suo discepolo Eliseo, per poi scomparire su un Carro di fuoco.

‒ Giovanni Battista, il Precursore, vi battezzò Gesù, mentre da tempo vi invitava anche le folle a pentirsi e a purificarsi per l'avvento del Messia tanto atteso.

Il mantello lasciato ad Eliseo rappresenta l'investitura di energie potenziali per il proseguimento della Missione che passava in questa maniera da Elia (presentatosi poi al momento giusto sul Giordano come precursore del Cristo con il nuovo nome di Giovanni Battista), al suo discepolo Eliseo (divenuto in un secondo tempo Giovanni Evangelista, prosecutore dell'Opera Cristica).  

Ecco perché Eliseo, rispondendo alla domanda di Elia gli aveva chiesto "i due terzi del suo Spirito"!

‒ Considerando come unità Enoch, iniziatore del Piano divino...

‒ Elia ed Eliseo suo discepolo (primo binomio), poi riapparsi rispettivamente come Giovanni Battista e Giovanni Apostolo (secondo binomio), risultano essere proprio TRE UNITÀ inscindibili e complementari. (Si notino anche i nomi).




"Enoch ed Elia" di Moretto da Brescia
 

L'Ultrafanìa (significato QUI) ci svela che la "Potenza Giovanni" si è espressa più volte in varie forme, con quelli che vengono chiamati "prismi" radiosi raggruppati per "tre" o per "sei", come nel caso di Lazzaro che per risorgere fu investito dalle energie dell'Apostolo. (Cfr. QUIQUI e QUI).

E come questi, redivivo, mostrò tutta la "possanza giovannea" raffigurando l'umanità risorta nello Spirito, parimenti avvenne sotto l'aspetto fisico di Francesco d'Assisi*, l'Alter Christus, che si appalesò al mondo per ricondurlo alla purezza integrale del Cristianesimo.

*Non è un semplice "caso", quindi, che il Santo Poverello avrebbe dovuto chiamarsi "Giovanni" per volontà di sua madre Pica, mentre Pietro di Bernardone vi si oppose, nomandolo "Francesco"... in onore della seta damascata francese... (sic!).

Altra sublime ed ultima comparsa di sé darà la medesima "Potenza" sulla Terra, per mezzo dello stesso Apostolo che vi "doveva rimanere" per ineluttabile Volontà divina, come suddetto. Con tale ulteriore manifestazione viene completato il secondo prisma, la Triade sfolgorante programmata dall'Eterno Padre per la Salvezza di tutti i suoi figli.

Ad avvalorare questo mio asserto su Francesco d'Assisi, riporto un brano molto significativo tratto dalla "Legenda major" di San Bonaventura da Bagnoregio che, senza averlo cercato, mi è giunto davanti agli occhi giorni fa, facendomi sobbalzare per la conferma datami di quanto appena detto in questo post.


Leggenda Maggiore
(dal prologo)

«La grazia di Dio, nostro salvatore, in questi ultimi tempi è apparsa nel suo servo Francesco a tutti coloro che sono veramente umili e veramente amici della santa povertà. [...]

Su di lui, veramente poverello e contrito di cuore, Dio posò il suo sguardo con grande accondiscendenza e bontà; non soltanto lo sollevò, mendico, dalla polvere della vita mondana, ma lo rese campione, guida e araldo della perfezione evangelica e lo scelse come faro per i credenti, affinché, divenuto testimone della Luce, preparasse per il Signore la via della Pace nel cuore dei fedeli.

Come la stella del mattino, che appare per prima nei cieli, con i raggi fulgentissimi della sua esistenza e della sua dottrina, attrasse verso la Luce coloro che giacevano nell'ombra della morte; come l'arcobaleno, che brilla tra le nubi luminose, portando in sé medesimo il segno del patto col Cristo, annunziò agli uomini il vangelo della Salvezza.

Angelo della vera Pace, anch'egli, a imitazione del Precursore, fu predestinato da Dio a preparargli la strada nel deserto dell'altissima povertà e a predicare la penitenza con l'esempio e con la parola.

Prevenuto dapprima dai doni della grazia celeste – come luminosamente appare dallo svolgimento della sua vita – s'innalzò poi, per i meriti di una virtù sempre vittoriosa; fu ricolmo anche di spirito profetico (ved. QUI; ndr) e, deputato all'ufficio degli Angeli, venne ricolmato dell'ardente amore dei Serafini, finché, divenuto simile alle gerarchie angeliche, venne rapito in cielo da un Carro di fuoco.




Giotto: "Visione dei frati di San Francesco su un Carro di fuoco"

Resta così razionalmente dimostrato che egli è stato inviato fra noi con lo Spirito e la Potenza di Elia.

E perciò si afferma, giustamente, che egli viene simboleggiato nella figura dell'Angelo che sale dall'Oriente e porta in sé il Sigillo del Dio vivo, come ci descrive l'altro amico dello sposo, l'apostolo ed evangelista Giovanni, nel suo vaticinio veritiero.

Scrive infatti l'autore dell'Apocalisse al momento dell'apertura del sesto Sigillo: "Vidi poi un altro Angelo salire dall'Oriente, il quale recava il Sigillo del Dio vivente.

Questo araldo  di Dio,  degno di essere amato  da  Cristo,  imitato  da noi e ammirato dal mondo, è il servo di Dio Francesco: lo costatiamo con sicurezza indubitabile, se osserviamo come egli raggiunse il vertice della santità più eccelsa, e, vivendo fra gli uomini, imitò la purezza degli Angeli, fino a diventare esempio di perfezione per i seguaci di Cristo.

Ci spinge ad abbracciare, con fede e pietà, questa convinzione il fatto che egli ebbe dal cielo la Missione di chiamare gli uomini a piangere, a lamentarsi, a radersi la testa, a cingersi di sacco e ad imprimere, col segno della croce penitenziale e con un abito fatto in forma di croce, il Tau (cfr. QUI; ndrsulla fronte di coloro che gemono e lacrimano.

Ma ci conferma poi in essa, con la sua verità incontestabile, la testimonianza di quel Sigillo che lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo crocifisso. Sigillo che fu impresso nel suo corpo non dall'opera della natura o dall'abilità di un artefice, ma piuttosto dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo.»




Conclusione

A voler ben guardare sono davvero stupefacenti le analogie che si snodano durante la lettura dei Testi Sacri in cui sono coinvolti i protagonisti or ora menzionati.

Se assimiliamo Mosè ad Elia, vediamo che entrambi vanno nel deserto e vi restano: l'uno per 40 anni e l'altro per 40 giorni e 40 notti, parimenti al Cristo (cfr. QUI il valore del numero) e vengono nutriti tutti e due in modo soprannaturale.

Inoltre, sia Mosè che Elia si incamminano verso il monte Oreb e lì incontrano Dio: l'uno per ricevere il Decalogo e l'altro per avere istruzioni sull'investitura di Eliseo che diventerà suo discepolo e continuatore della sua Missione.

Ancora, sia Mosè che Elia dovettero affrontare l'idolatria dei conterranei apostati: l'uno col vitello d'oro e l'altro con i sacerdoti divenuti adoratori di Baal, divinità pagana. (Sembra che la storia si ripeta con la Pachamama di Bergoglio in Vaticano ed "eminenze" varie).

In più, sia Mosè che Elia nel toccare le acque, l'uno del mar Rosso e l'altro del fiume Giordano, ne provocarono la separazione permettendo di attraversarle all'asciutto. 

Inutile forse ripetere che entrambi, come ho descritto minuziosamente QUI per una intuizione avuta, apparvero ai lati di Gesù negli attimi della Trasfigurazione, davanti agli sguardi attoniti di Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte Tabor.

Infine, scomparvero tutti e due, l'uno non ufficialmente, e l'altro con gran clamore sul Carro di fuoco trainato da cavalli avvolti dalle fiamme, esattamente com'era stato visto Francesco d'Assisi dai suoi confratelli, dopo essere ritornato alla Casa del Padre. Ecco QUI, un suo dolce messaggio ultrafànico.


Fonte del brano francescano QUI.


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