Nonostante la continua ostilità mostrata dalla Chiesa Cattolica da circa due millenni verso il concetto reincarnativo, esso rimane pur sempre l'unico caposaldo possibile per chiarire il senso dell'esistenza umana, con i suoi dolori e le sue imperfezioni, a volte sin dalla nascita, che non vanno attribuiti al "caso", ma alla sapiente Legge divina di Causa ed Effetto: cfr. QUI, ma anche QUI, QUI e QUI.
Molti sacerdoti, tramite i loro fedeli, vengono a contatto con questo convincimento e lo respingono come eretico, liquidandolo al pari di una farneticazione e costringendo i "creduloni" o ad essere ipocriti con sé stessi accantonando la questione, oppure provocandone l'allontanamento dalla comunità cattolica, se profondamente persuasi.
Spesso nel mio blog ho parlato di questo tema: QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI e QUI, ed ora mi accingo ad esporre un'accurata e dotta relazione, scritta da un gruppo profondamente cristiano ‒ i "Piccoli Francescani Spiritualisti" ‒ sui punti più importanti del Vangelo e della Sacra Scrittura che, accompagnati dalla Luce dello Spirito, svelano la realtà reincarnativa celata agli occhi dei più.
Jurgen Ziewe |
«Ciascuno di noi, che si sia avvicinato all'insegnamento del Cristo sintetizzato nella espressione "Amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi", non può non accorgersi di quale distanza intercorra tra il cristianesimo "all'acqua di rose" che l'uomo si impegna a vivere nel suo cammino terreno, breve o lungo che sia, e il traguardo che il Cristo propone.
Da un lato, essendo Egli Divinità, non può chiedere a noi ciò che non è raggiungibile, dall'altro un solo ed unico soggiorno sulla Terra, seppur centenario, risulta un tempo insufficiente a mutare in "fratelli" gli uomini immersi nell'egoismo e nella materialità.
Infatti è onesto constatare che alla maggior parte degli individui non bastano lunghi anni di vita, non dico per giungere alla meta esemplificata dal Cristo, ma nemmeno per avvicinarsi ad essa in modo significativo.
Nel Vangelo leggiamo che Egli si è manifestato sulla terra per salvare tutti gli uomini. Come si può conciliare questa asserzione con il concetto ecclesiastico per cui l'anima, staccatasi dal corpo, riceve senza alcun appello il riconoscimento dell'esito raggiunto (Paradiso) oppure la pena meritata, temporanea (Purgatorio) o definitiva (Inferno)?
La reincarnazione è la risposta della Misericordia divina alla riottosità dei colpevoli. L'Eterno rispetta la loro libertà di scelta ed essi hanno modo di comprendere e di correggersi di vita in vita, attraverso varie esperienze di fatica e di sofferenza.
Intendiamo parlare di ciclo reincarnativo, cioè il passaggio dell'anima da un corpo umano in altro corpo umano, NON di metempsicosi, dottrina orientale a noi estranea che ammette il transito anche in animali, vegetali od altro.
Diverse affermazioni dell'Antico Testamento e del Vangelo sono chiari riferimenti al continuo viaggio dell'essenza animica che rivive sulla Terra. Riportiamo solo due esempi tra i più significativi: il ritorno di Elia "reincarnato" come Giovanni Battista (importante confrontare QUI alla Trasfigurazione; ndr), e l'episodio del "cieco nato".
"Ecco, io vi mando Elia il profeta, prima che venga il giorno dell'Eterno." (Malachia 3,23).
Un ritorno di questo genere, ovviamente, non può essere inteso che come una vera e propria reincarnazione. Trascorrono i secoli. Ed ecco che Luca ci dice che tale profezia sta per avverarsi: l'Angelo infatti annuncia a Zaccaria la venuta di Elia con queste parole:
"Tua moglie Elisabetta ti partorirà un figliuolo al quale porrai nome Giovanni. Convertirà molti dei figliuoli di Israele al Signore Iddio loro; ed egli andrà innanzi a Lui (al Messia) con lo spirito e con la potenza di Elia." (Luca 1, 13 ‒ 1, 16-17).
Dunque nascerà Giovanni, che avrà lo spirito di Elia oltre che la sua potenza, e si precisa che egli precederà il Messia. È un riferimento chiaro alla reincarnazione di Elia in Giovanni Battista, come pure alla profezia secondo la quale Gesù avrebbe avuto un precursore. Giovanni nasce, predica alle genti, predica nel deserto, battezza Gesù, viene incarcerato.
Ma, poiché le turbe non hanno capito chi era, ecco, in Matteo, l'intervento austero di Gesù e il rimprovero che Egli muove loro: "Che andaste a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Ma cosa siete andati a vedere?
... Perché dunque siete andati? Per vedere un profeta? Sì, vi dico che è uno più che profeta. Egli è colui del quale è scritto: ecco io mando il mio messaggero davanti al tuo cospetto, che preparerà la via dinnanzi a te.
In verità vi dico che, fra i nati di donna, non è sorto alcuno maggiore di Giovanni Battista. E se lo volete accettare, egli è l'Elia che deve venire. Chi ha orecchi per intendere intenda." (Matteo 11, 7-11; 11,14).
E ancora: «I discepoli gli domandarono: perché dunque dicono gli scribi che prima deve venire Elia? Ed Egli, rispondendo, disse loro: Certo, Elia deve venire a ristabilire ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto... Allora i discepoli intesero che era di Giovanni Battista che Egli aveva loro parlato.» (Matteo 17, 10-13).
Quindi, dopo nove secoli, Elia si era reincarnato in Giovanni Battista e nessuno aveva riconosciuto che nelle sembianze di questi c'era l'Elia di un tempo. Gesù parla del vero Elia e non di un Elia simbolico da adattarsi alla profezia.
Se il vero Elia non fosse venuto, questa predizione non si sarebbe avverata, sarebbe cioè fallita, invece Gesù ribadisce che si tratta proprio di quell'Elia, di colui che deve essere il suo precursore. Non sembra che qui si possa cavillare adducendo che Giovanni raffigura Elia solo simbolicamente:
Ricordiamo anche ciò che si legge in Luca:
«Ora avvenne che, mentre Egli stava pregando in disparte, i discepoli erano con lui ed Egli domandò loro: "Chi dicono le turbe che Io sia?" E quelli risposero: "Gli uni dicono Giovanni Battista, altri Elia ed altri uno dei profeti antichi risuscitato."» (Luca: 9, 18-19).
Qui non sono soltanto i discepoli che credono nella reincarnazione, ma ci crede anche il popolo. Alcuni credono infatti che Gesù sia la reincarnazione di Giovanni Battista, altri di Elia, altri ancora la reincarnazione di uno dei profeti antichi risuscitato.
E qui «risuscitato» vale ovviamente per «reincarnato»; il corpo del profeta Elia o del profeta "antico", essendo ormai dissolti da secoli, non potevano ricostituirsi dal nulla per risuscitare. Gli unici componenti rimasti "vivi" lungo i secoli erano l'anima e lo spirito e quindi solo essi potevano ripresentarsi in sembianze nuove sulla terra.
Un altro riferimento alla reincarnazione di Elia è presente in Marco:
«Ora il re Erode udì parlare di Gesù (poiché il suo nome era divenuto notissimo) e diceva: "Giovanni Battista è risuscitato dai morti ed è per questo che agiscono in lui le potenze miracolose." Altri dicevano: "È Elia". Ed altri: "È un profeta come quelli di una volta." Ma Erode, udito ciò, diceva: "Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è lui che è risuscitato!"» (Marco: 6, 14-16).
Qui non possono sussistere dubbi di sorta: il termine "risuscitato" deve, senza alcuna possibilità di equivoci, essere inteso nel senso di "reincarnato".
Sappiamo infatti che Erode, sotto richiesta di Salomè istigata da Erodiade, aveva mandato "una guardia con l'ordine di portargli la testa di Giovanni. E quegli andò, lo decapitò nella prigione e ne portò la testa in un piatto. I discepoli di Giovanni, udita la cosa, andarono a prendere il suo corpo e lo deposero nel sepolcro." (Marco 6, 27-29).
Senza dire che un corpo, addirittura senza la testa, non può risuscitare, non può cioè essere richiamato in vita. Ed Erode, che queste cose le sapeva, doveva intendere naturalmente, parlando di Gesù, della reincarnazione in Esso dell'anima di Giovanni e non della rinascita di questi.
Altro significativo episodio di reincarnazione è riportato nel Vangelo di Giovanni:
Qui verifichiamo due realtà ben distinte:
1) I discepoli sanno della reincarnazione, di cui devono avere prima piena coscienza e conoscenza, poiché ne parlano con tanta sicurezza. Solo ammettendo questo, i loro interrogativi hanno senso.
Essi considerano quella cecità come l'espiazione di un peccato, ma, poiché la cecità risale alla nascita, il peccato non può essere stato compiuto che prima di quella, quindi nel corso di una vita precedente.
2) Gesù chiarisce che non peccò né il cieco né i suoi genitori. Orbene, sappiamo che il dolore e l'evoluzione spirituale procedono fianco a fianco: più si dolora e più si sale spediti verso la Meta. (Naturalmente non ribellandosi, ma accettando consapevoli la prova, offrendola a Dio per chi sta peggio di noi; ndr).
Il cieco dunque, mentre nell'intervallo tra quella vita e la precedente si trovava nel regno dello Spirito, cosciente colà della Meta da raggiungere, aveva scelto di soffrire intensamente con la privazione di quell'immenso bene che è il dono della vista, affinché, così patendo, si accelerassero i tempi della sua evoluzione spirituale e si "manifestassero" quindi, mediante lui, e sollecitamente, le Opere di Dio.
"Il cieco nato" di Morgan Weistling |
In Clemente Alessandrino (150-220 d.C.) leggiamo:
«Noi esistevamo lungo tempo prima della fondazione del mondo... avevamo vita nello sguardo di Dio... abbiamo avuto esistenza fin dal Principio, perché in Principio era il Verbo... Egli ebbe pietà di noi fin dal Principio... Filolao, il pitagorico, insegna che l'anima venne rinchiusa nel corpo a punizione dei misfatti compiuti e la sua opinione è stata confermata dal più antico dei profeti.» (Protreptico o Esortazione ai pagani).
Origene (185-254 d.C.) scrisse:
«L'anima, che è per sua natura immateriale e invisibile, non ha esistenza in un luogo materiale, a meno che non possieda un corpo adeguato alla natura di quel luogo stesso, ad un certo punto depone il corpo fino ad allora necessario, ma non più adatto alla sua mutata condizione, e lo scambia con un secondo corpo.» (Contra Celsum).
E ancora egli, commentando S. Paolo (Efesini 1,4-5): «L'anima non ha né principio né fine... entra in questo mondo fortificata dalle vittorie o indebolita dai difetti della vita precedente... Il suo operato in questo mondo determina il posto che avrà nel mondo successivo.» (De Principiis).
S. Girolamo (340-420 d.C.) concorda con Origene sul commento al passo di S. Paolo:
«Per divina dimora credo si debba intendere un laddove in cui abitavano le creature razionali... nella loro antica beatitudine... prima della loro discesa ad un più basso stato... Dove il Dio Creatore fece per loro corpi adatti alla loro umile condizione e creò questo mondo visibile, inviandovi ministri per la loro salvezza.» (XCIV Epistola ad Avito).
E nella sua "Epistola a Demetriade" leggiamo:
«L'ordine delle cose è regolato dal governo provvidenziale che ha sotto di sé il mondo intero; alcune potenze precipitano da una posizione più elevata, altre gradualmente affondano nella Terra; alcune cadono volontariamente, altre sono precipitate in basso contro la loro volontà; alcune per spontaneo desiderio assumendosi il servizio di tendere una mano a coloro che cadono, altre venendo costrette per lungo tempo a perseverare nel compito che si sono assunte.»
S. Agostino (354-430 d.C.) nelle "Confessioni" scrive:
«Dimmi, Signore Misericordioso, se mai la mia infanzia sia succeduta a qualche altra esistenza ormai morta; forse quella che vissi nel grembo della madre mia? E prima di codesto periodo, oh mio Dio e mia dolcezza, fui in qualche luogo, fui qualcuno?"» E, sempre S. Agostino, intorno al problema dei fanciulli viziosi, spiega a S. Girolamo: «Dio non potendo creare che il bene, è molto probabile che essi si siano viziati in una precedente esistenza.»
Affresco di Sandro Botticelli (1445-1510) "Sant'Agostino d'Ippona" |
Il Concilio di Costantinopoli ‒ 553 d.C.
Si ritenne che l'importante Concilio del 553 d.C. gettasse l'anàtema sulla dottrina della preesistenza delle anime e, implicitamente, sulla dottrina della reincarnazione.
Tuttavia l'Enciclopedia Cattolica, ed. inglese, (vol. XI, p. 311, sotto la voce "Origene" e vol. IV, pp. 308-309 sotto "Concili di Costantinopoli") dà informazioni da cui si può concludere che non esiste per i cattolici, almeno sul piano tecnico, nessun divieto a credere nella reincarnazione.
Vi fu, prima dell'apertura del simposio (ritardato per la resistenza di papa Vigilio) un'azione spinta dall'imperatore contro una forma di origenianesimo che vigeva in Palestina, ma non aveva nulla a che fare con Origene.
I vescovi sottoscrissero quindici anàtemi proposti dall'imperatore (contro Origene). Un suo seguace confesso, Teodoro di Scitopoli, fu costretto a rinnegare le sue idee, ma non esistono documenti tali da testimoniare che venisse richiesta l'approvazione del papa, in quel tempo impegnato a protestare contro la convocazione.
È facile capire come tale sentenza extra conciliare fosse, in epoca più tarda, scambiata erroneamente per un decreto del Concilio medesimo.
Secondo Henry R. Percival (Scelta di scritti dei Padri niceni e postniceni vol. XIV, serie 2, pag. 316) la difficoltà nell'accettare che tali anàtemi siano stati sanciti da quell'assemblea del 553 sta nel fatto che Origene non è nominato nell'atto che la indice e in nessuna lettera inerente ad essa. Il che sarebbe strano se se ne fosse discusso e ci fossero state pronunciazioni definitive.
La Scienza e il concetto di Reincarnazione oggi.
Studiosi di diversi paesi hanno avuto occasione di esaminare 'casi' di individui che asserivano di rammentarsi della loro esistenza precedente. Esaminati con serietà e scrupoloso rigore scientifico, i ricercatori hanno dovuto concludere che tali ricordi rispondevano al vero, realtà sconvolgente ma autentica.
E la casistica, ricchissima, si va ampliando sempre più ad opera anche di centri universitari. Basti dire che, presso l'università di Jaipur in India, sei docenti, riuniti in equipe, hanno raccolto nel loro archivio ben ottanta casi documentatissimi di reincarnazione.
Inoltre il Prof. Denys Kelsey, membro del Collegio Reale Inglese di Medicina, e sua moglie Joan Grant hanno riportato in un illuminante volume, tradotto anche in italiano, la stesura di altri dieci casi reincarnativi. Alle testimonianze bibliche si aggiungono dunque oggi prove e dichiarazioni non meno credibili.»
"Regressione nelle vite passate" - credito dell'immagine QUI. |
Quante volte nella vita ci siamo domandati: "Perché?
Perché tanti dolori che crediamo ingiustizie?
La reincarnazione risponde a questi perché.
La fortuna o la sfortuna NON esistono: esistono le prove da superare e la legge di Causa ed Effetto per cui ognuno raccoglie quello che ha seminato nelle vite anteriori.
Noi siamo gli artefici del nostro destino.
N O T A
Questo articolo ha ricevuto un commento che ho riportato per intero QUI, dove si può trovare anche l'episodio evangelico della visita notturna di Nicodemo ‒ fariseo e membro del Sinedrio ‒ al Cristo che, con la sua risposta relativa al testo originario, indica chiaramente la necessità della reincarnazione.
Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it
Fonte: piccolifrancescanispiritualisti.org
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