mercoledì 2 febbraio 2022

Candelora: "La LUCE risplende nelle Tenebre, ma...


Greg Olsen

Sebirblu,
1 febbraio 2022

Il 2 febbraio ricorre per diverse fedi cristiane, non solo per la Chiesa Cattolica, la festa della "Candelora" (ved. QUI), o memoria solenne della Presentazione di Gesù al Tempio che celebra l'ingresso della Luce (il Cristo) nella storia dell'uomo, decaduto dopo la "Rivolta" iniziale. (Ved. QUI, QUI e QUI).

Ciò che salta subito all'occhio leggendo il Vangelo di Luca 2, 22-38, è l'assenza totale dei sacerdoti preposti al "Luogo" sacro, in contraddizione stridente con quello che la festività vuole rappresentare, ossia l'offerta a Dio della propria vita e missione da parte di tutti i consacrati, per la salvezza delle anime.

Emerge invece, in tutta la sua intensità la fede del vecchio Simeone che, avendo richiesto a Dio la grazia, prima del trapasso, di veder compiersi la profezia tanto attesa da Israele della comparsa del Messia ‒ il Cristo, si recò al Tempio avvertito dallo Spirito Santo e venne perciò esaudito. Alla vista del Bimbo Divino esclamò:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il Tuo servo
vada in pace, secondo la Tua parola,
    perché i miei occhi hanno visto la Tua salvezza,
preparata da Te davanti a tutti i popoli:
Luce per rivelarTi alle genti
e gloria del Tuo popolo, Israele».

Ma ecco ora la Parola di Colui che disse: "Io sono la Luce del mondo. Chi segue me non camminerà nelle Tenebre, ma avrà la luce della vita. (Gv. 8,12).

Brano tratto da "I Quaderni del '43" di Maria Valtorta pag. 618.

4 dicembre ‒ dice Gesù:

«Quando nel cielo sereno si alza il sole al mattino, esso sorge dal lato d'Oriente. È da Oriente che la luce a voi viene e sempre più avanza e cresce sino ad empire il cielo di raggi e la Terra di tepore e festa.

Cosa c'è di più bello e grande del sorgere del sole ad ogni nuovo mattino? Esso vi parla del Supremo Ordinatore di tutte le cose, la cui potenza infinita regola il corso degli astri con pensiero d'amore per voi, suoi figli, al Quale i medesimi astri ‒ smisurati giganti dell'Universo ‒ sottostanno.

Voi, invece, impercettibile polvere sparsa su un pianeta, non dei più grandi, rotante per le vie sconfinate del firmamento, non reputate doveroso ubbidire per rispetto e gratitudine verso chi vi ama ed è un Dio.

Pagina che ogni mattina potete rileggere, sol che lo vogliate, con gli occhi dell'anima, la luce che torna basterebbe a farvi meditare per tutte le ore del nuovo giorno sulla Presenza, la Potenza, la Bontà di Dio, e richiamarvi alla mente Me: Luce del mondo, Sole eterno, Oriente Santo.




L'appellativo di "Oriente" datomi dagli antichi di Israele non è errato. Bello come il levarsi dell'astro al mattino è il Mio apparire al mondo, per il quale, come Sole, Io ho portato la Luce.

Con Essa, ho iniziato la giornata di Dio oscurata al suo formarsi dalla colpa prima che avrà il suo fulgido tramonto nel momento finale per risorgere poi eterna con tutti i suoi eletti nel Regno dell'Altissimo.

Io sono l'Oriente di Dio, quello che lo annuncia alle genti: generato da Lui (Unico Raggio Unigenito; ndr) vengo sotto di Lui, né, come il sole, conosco tramonto. Sto fisso, eterno nella Mia Divinità intorno alla Quale i popoli roteano come astri che da Me traggono vita e luce.

Non Io ma voi conoscete le oscurità delle Tenebre, perché in voi, non in Me, tramonta la luce, perché dalla Luce vi scostate frapponendovi le barriere e le lontananze di una volontà non consona a Dio o le colpe commesse contro la Sua Legge.

Venuto ad annunciare il Padre, Signore eterno, e a testimoniarne la Santissima Esistenza, Gli ho costruito il nuovo tempio. Ma non quello materiale di pietre e calcina che i secoli e gli uomini possono rovinare nei loro assalti di tempo o di guerre.

Bensì il Tempio la cui Pietra Io Sono: la Mia Chiesa che NON MORRÀ nemmeno con il morire della Terra e, come nuvola d'incenso e fragranza di fiore, salirà nel luogo di Dio, libera ormai come donna affrancata da tutti i servaggi per congiungersi al suo Fondatore in nozze eterne i cui testimoni saranno i suoi santi. (Cfr. QUIQUIQUI e QUI; ndr).

Bensì il tempio non collettivo ma singolo ‒ e per essere singolo non è meno santo ed eterno del Tempio della Chiesa Mia ‒ del vostro Spirito che Io ho riedificato dopo che Satana l'aveva minato con la colpa, rigenerandovi alla Grazia, inondandovi del Mio Sangue, istruendovi con la Mia Parola. (Cfr. QUI, QUI, QUI, QUI e QUI; ndr).




Questa è la Mia gloria. Aver restituito a Dio i templi delle vostre anime riconsacrate, e di questa gloria il Padre Santo Me ne riveste dandomi potere di Giudice su tutte le creature che a prezzo di Sacrificio senza misura ho fatte Mie.

Io sono il vostro secondo Creatore poiché ho ripreso i creati del Padre, fatti cadaveri dalla colpa, e ad essi ho infuso la vita con il Mio morire. Mi sono spogliato della vita per darvi la Vita. Mi sono spogliato della veste di Dio per cingere veste d'uomo, e anche questa ho persa per voi dopo aver conosciuto tutto l'orrore della vita: dolori, fame, tradimenti, torture, fatiche, agonie, morte.

Oh! Redenzione dell'uomo, riparazione e omaggio fatto al Mio Santissimo Padre, quanto Mi costi! Consacratore, costruttore e vittima, Io ho il diritto di essere Sacerdote Supremo. Né il Padre questo diritto Me lo nega, ma anzi lo proclama per la Sua Giustizia e Carità, perché Io col Padre Mio sono in intesa di pace infinita.

Egli m'è Genitore ed Io gli son Figlio, e sono l'Ubbidiente e l'Amoroso che l'Amore trasporta ad ubbidire per dare gioia e gloria al Padre Santo.

Dal momento in cui Io  ‒ "Oriente" del mondo  (ed è per questo che si è manifestato in  Medio Oriente,  per illuminare l'Occidente pagano, ved. QUI; ndr)sono venuto a portare la Luce alle Tenebre, vi ho chiamati con la forza della Carità (o dell'Amore) e della Parola.

Fin dai più lontani paesi siete venuti a Me poiché Io non sono un dio falso e crudele, ma il Dio vero e misericordioso che opera i miracoli dell'amore per condurre sotto il Suo Segno le pecore smarrite fuor del Suo ovile.

E siccome vi amo di un Amore per voi incomprensibile tanto è perfetto, non solo vi salvo, mettendovi nelle Mie schiere, ma vi faccio Miei collaboratori nell'edificare il Tempio che non conoscerà distruzione e nel quale la Gloria Trina riposerà, e voi tutti La conoscerete quale Essa è, assurti alla Vita perfetta e fatti capaci di conoscere Dio.

Io, Verità del Padre, ve lo giuro. A coloro che ascolteranno Me: Voce del Signore, sarà serbata la sorte di gioia infinita di conoscere Iddio.»




Lascio ora, sempre alla stessa Autrice, la sublime descrizione dell'evento che avrebbe cambiato per sempre le sorti dell'Umanità ribelle; segue commento di Gesù.

Dal 1° vol. de "L'Evangelo come mi è stato rivelato".

Presentazione di Gesù al Tempio.
La virtù di Simeone e la profezia di Anna.

1 febbraio 1944

«Vedo partire da una casetta modestissima una coppia di persone. Da una scaletta esterna scende una giovanissima madre con un bambino fra le braccia, avvolto in un panno bianco.

Riconosco questa Mamma nostra. È sempre Lei, pallida e bionda, snella e tanto gentile in ogni suo atto. È vestita di bianco, col manto in cui si avvolge di un pallido azzurro. Sul capo un velo bianco.

Porta con tanta cura il suo Bambino. Ai piedi della scaletta l'attende Giuseppe presso un ciuchino bigio. Giuseppe è vestito tutto di color marrone chiaro, sia nella tunica che nel mantello. Guarda Maria e le sorride.

Quando Maria giunge presso l'animale, Giuseppe si passa la briglia dell'asinello sul braccio sinistro e prende per un momento il Bambino, che dorme tranquillo, per permettere a Maria di accomodarsi meglio sulla sella. Poi le rende Gesù e si avviano.

Giuseppe cammina al fianco di Maria, tenendo sempre per la briglia il somarello e facendo attenzione che questo vada dritto e senza inciampi. Maria tiene in grembo Gesù e, come per tema che il freddo gli possa nuocere, gli stende addosso un lembo del suo mantello.

Parlano pochissimo i due sposi, ma si sorridono sovente. La strada, che non è un modello stradale, si snoda fra una campagna che la stagione fa nuda. Qualche altro viaggiatore si scontra coi due o li raggiunge, ma sono rari.

Poi ecco delle case che si mostrano e delle mura che serrano una città. I due sposi entrano in essa da una porta e comincia il percorso sul selciato (molto sconnesso) cittadino.

Il cammino diviene molto più difficile, sia perché vi è del traffico che fa fermare tutti i momenti il ciuchino, sia perché lo stesso sulle pietre e sulle buche che sostituiscono le pietre mancanti ha continue scosse, che disturbano Maria e il Bambino.




La strada non è piana. Sale, sebbene lievemente. È stretta fra case alte dalle porticine strette e basse e dalle rade finestre sulla via. In alto il cielo si affaccia con tante fettine di azzurro fra case e case, anzi fra terrazze e terrazze.

In basso sulla via vi è gente e vocìo, e si incrociano altre persone a piedi, o su asini, o conducenti dei somarelli carichi, ed altre dietro ad una ingombrante carovana di cammelli.

Ad un certo punto passa con molto rumore di zoccoli e di armi una pattuglia di legionari romani, che scompaiono oltre un arco posto a cavalcioni di una via molto stretta e sassosa. Giuseppe piega a sinistra e prende una via più larga e più bella. Vedo la cinta merlata, che già conosco, in fondo ad essa.

Maria smonta dall'asinello presso la porta dove è una specie di posteggio per altri somarelli. Dico «posteggio» perché è una sorta di capannone, meglio, di tettoia, dove è paglia sparsa e dei paletti con degli anelli per legare i quadrupedi.

Giuseppe dà alcune monete ad un ometto accorso e con esse acquista un poco di fieno, e attinge un secchio d'acqua da un pozzo rudimentale che è in un angolo, e li dà al ciuchino. Poi raggiunge Maria ed ambedue entrano nel recinto del Tempio.

Si indirizzano prima verso un porticato, dove vi sono quelli che Gesù poi fustigò egregiamente: i venditori di tortore e agnelli e i cambiavalute. Giuseppe acquista due colombini bianchi. Non cambia il denaro. Si capisce che ha già quello che gli occorre.

Giuseppe e Maria si dirigono ad una porta laterale che ha otto gradini, come mi pare abbiano tutte le porte, quasi che il cubo del Tempio sia sopraelevato dal resto del suolo. Questa porta ha un grande atrio, come i portoni delle nostre case di città, per dare un'idea, ma più vasto e ornato.




In esso vi sono a destra e a sinistra due specie di altari, due costruzioni rettangolari, di cui sul principio non capisco bene lo scopo. Sembrano delle basse conche, perché l'interno è più giù dell'orlo esterno, che si sopraeleva di qualche centimetro.

Non so se chiamato da Giuseppe o se venuto di suo, accorre un sacerdote. Maria offre i due poveri colombi ed io, che capisco la loro sorte, volgo altrove lo sguardo. Osservo gli ornati del pesantissimo portale, del soffitto, dell'atrio. Mi pare però di vedere, con la coda dell'occhio, che il sacerdote asperga Maria con dell'acqua.

Deve essere acqua, perché non vedo macchie sul suo abito. Poi Maria, che insieme ai colombini aveva dato un mucchietto di monete al sacerdote (mi ero dimenticata di dirlo) entra con Giuseppe nel Tempio vero e proprio, accompagnata dal levita.

Io guardo da tutte le parti. È un luogo ornatissimo. Sculture a teste d'angeli e palme e ornati corrono sulle colonne, le pareti e il soffitto. La luce penetra da curiose finestre lunghe, molto strette, naturalmente senza vetri, e tagliate diagonalmente alla parete. Suppongo che sia per impedire agli acquazzoni di entrare.

Maria si inoltra sino ad un certo punto. Poi si arresta. A qualche metro da Lei vi sono degli altri gradini e su questi sta un altro tipo di altare, oltre il quale vi è un'altra costruzione.

Mi accorgo che credevo essere nel Tempio e invece ero in ciò che contorna il Tempio vero e proprio, ossia il Santo, oltre il quale pare che nessuno, fuorché i sacerdoti, possano entrare.

Quello che io credevo Tempio non è perciò che un chiuso vestibolo, che da tre parti cinge il luogo sacro, dove è chiuso il Tabernacolo. Non so se mi sono spiegata per bene. Ma non sono architetto o ingegnere.

Maria offre il Bambino - che si è svegliato e gira i suoi occhietti innocenti intorno con lo sguardo stupito degli infanti di pochi giorni - al sacerdote. Questo lo prende sulle braccia e lo solleva a braccia tese, volto verso il Tempio, stando contro a quella specie di altare che sta su quei gradini. Il rito è compiuto. Il Bambino viene restituito alla Mamma e il levita se ne va.

Vi è della gente che guarda curiosa. Fra questa si fa largo un vecchietto curvo e arrancante, che si appoggia ad un bastone. Deve essere molto vecchio, direi certo oltre gli ottant'anni. Egli si accosta a Maria e le chiede di dargli per un attimo il Piccino. Maria lo accontenta sorridendo.

Simeone, che io ho sempre creduto appartenesse alla casta sacerdotale e invece è un semplice fedele, almeno a giudicare dalla veste, lo prende, lo bacia. Gesù gli sorride con la smorfietta incerta dei poppanti.


Greg Olsen

Sembra che lo osservi curioso, perché il vecchietto piange e ride insieme, e le lacrime fanno tutto un ricamo di luccichii insinuandosi fra le rughe e imperlando la barba lunga e bianca, verso la quale Gesù tende le manine.

È Gesù, ma è sempre un bambinello, e ciò che gli si muove davanti attira la sua attenzione e gli dà velleità di afferrare quella cosa per capire meglio cosa è. Maria e Giuseppe sorridono, e anche i presenti, che lodano la bellezza del Piccino.

Sento le parole del santo vecchio e vedo lo sguardo stupito di Giuseppe, quello commosso di Maria, e anche quelli della piccola folla, in parte stupita e coinvolta, e in parte, alle parole del vecchio, presa da ilarità.

Fra questi vi sono dei barbuti e tronfi sinedristi, che scuotono il capo, guardando Simeone con compatimento ironico. Lo devono pensare andato fuor di cervello per l'età.

Il sorriso di Maria si spegne in un più vivo pallore quando Simeone le annuncia il dolore. Per quanto Ella sappia, questa parola le trafigge lo spirito.

Si avvicina di più a Giuseppe, Maria, per confortarsi, si stringe con passione il suo Bambino al seno e beve, come anima assetata, le parole di Anna, la quale, donna come è, ha pietà del suo soffrire e le promette che l'Eterno le addolcirà di una forza soprannaturale l'ora del dolore.

"Donna, a Chi ha dato il Salvatore al suo popolo non mancherà il potere di dare il suo angelo a confortare il tuo pianto. Non è mai mancato l'aiuto del Signore alle grandi donne d'Israele, e tu sei ben più di Giuditta e di Giaele.

Il nostro Dio ti darà cuore di oro purissimo per resistere al mare di dolore, per cui sarai la più grande Donna della creazione, la Madre. E tu, Bambino, ricordati di me nell'ora della tua missione". E qui mi cessa la visione.» 




2 febbraio 1944  dice Gesù:

«Due insegnamenti per tutti sgorgano dalla descrizione che hai data. Il primo: non al sacerdote immerso nei riti e con lo spirito assente, ma ad un semplice fedele si svela la verità.

Il sacerdote, sempre a contatto con la Divinità, volto alla cura di quanto ha attinenza con Dio, dedicato a tutto quanto è più alto della carne, avrebbe dovuto intuire subito chi era il Bambino che veniva offerto al Tempio quella mattina.

Ma, perché potesse intuire, occorreva che avesse uno spirito vivo. Non unicamente una veste ricoprente uno spirito, se non morto, molto assonnato. Lo Spirito di Dio può, se vuole, tuonare e scuotere come folgore e terremoto anche lo spirito più ottuso.

Lo può. Ma generalmente, poiché è Spirito di ordine come è ordine Dio in ogni sua Persona e modo di agire, Esso si effonde e parla non dico dove è merito sufficiente a ricevere la sua effusione – allora ben poche volte si effonderebbe, e tu pure non ne conosceresti le luci – ma là dove vede la "buona volontà" di meritare la sua effusione. Come si esplica questa buona volontà?

Con una vita fatta, per quanto vi è possibile, tutta di Dio. Nella fede, nell'ubbidienza, nella purezza, nella carità, nella generosità, nella preghiera. Non nelle pratiche, nella preghiera. Vi è differenza minore fra la notte e il giorno che non fra le pratiche e la preghiera.

Questa è comunione di spirito con Dio, dalla quale uscite rinvigoriti e decisi a sempre più appartenere a Dio. L'altra è una abitudine qualunque, fatta per scopi diversi ma sempre egoisti, la quale vi lascia quelli che siete, anzi vi aggrava di una colpa di menzogna e di accidia.

Simeone aveva questa buona volontà. La vita non gli aveva risparmiato affanni e prove. Ma egli non aveva perduto la sua buona volontà. Gli anni e le vicende non avevano intaccato e scosso la sua fede nel Signore, nelle sue promesse, e non avevano stancato la sua buona volontà d'esser sempre più degno di Dio.

E Dio, prima che gli occhi del servo fedele si chiudessero alla luce del sole, in attesa di riaprirsi al Sole di Dio rutilante dai Cieli aperti al mio salire dopo il Martirio, gli mandò il raggio dello Spirito che lo guidasse al Tempio, per vedere la Luce venuta al mondo.

"Mosso da Spirito Santo" dice il Vangelo. Oh! se gli uomini sapessero quale Amico perfetto è lo Spirito Santo, quale Guida, quale Maestro! Se lo amassero e lo invocassero, questo Amore della SS. Trinità, questa Luce della Luce, questo Fuoco del Fuoco, questa Intelligenza, questa Sapienza! Quanto più saprebbero di ciò che è necessario sapere!




Vedi, Maria; vedete, figli. Simeone ha atteso tutta una lunga vita di "vedere la Luce", di sapere compiuta la promessa di Dio. Ma non ha mai dubitato. Non si è mai detto: "È inutile che io perseveri nello sperare e nel pregare".

Ha perseverato. E ha ottenuto di "vedere" ciò che non videro il sacerdote e i sinedristi pieni di superbia e di opacità: il Figlio di Dio, il Messia, il Salvatore in quelle carni infantili che gli davano tepore e sorrisi. Ha avuto il sorriso di Dio, primo premio della sua vita onesta e pia, attraverso le mie labbra di Bambino.

Seconda lezione: le parole di Anna. Anche ella, profetessa, vede in Me, neonato, il Messia. E questo, data la sua capacità di profezia, è naturale. Ma ascolta, ascoltate ciò che, spinta da fede e da carità, dice a mia Madre. E fatevene luce al vostro spirito, che trema in questo tempo di Tenebre e in questa festa della Luce.

"A Chi ha dato un Salvatore non mancherà il potere di dare il suo angelo a confortare il tuo, il vostro pianto". Pensate che Dio ha dato Se stesso per annullare l'opera di Satana negli spiriti. E non potrà vincere ora i satana che vi torturano? Non potrà asciugare il vostro pianto, sgominando questi satana e mandando da capo la pace del suo Cristo?

Perché non glielo chiedete, con fede? Fede vera, prepotente, una fede davanti alla quale il rigore di Dio, sdegnato da tante vostre colpe, cada con un sorriso e venga il perdono che è aiuto, e venga la sua benedizione ad essere arcobaleno su questa Terra che si sommerge in un diluvio di sangue voluto da voi stessi?

Pensate: il Padre, dopo aver punito gli uomini col diluvio, disse a Sé stesso e al suo patriarca: "Io non maledirò più la Terra a causa degli uomini, perché i sensi e i pensieri del cuore umano sono inclinati al male fin dall'adolescenza; quindi non colpirò più ogni vivente come ho fatto". Ed è stato fedele alla sua parola. Non ha più mandato il diluvio.

Ma voi quante volte vi siete detti, e avete detto a Dio: "Se ci salviamo questa volta, se ci salvi, non faremo mai più guerre, mai più", e poi ne avete sempre fatte di più tremende? Quante volte, o falsi e senza rispetto per il Signore e per la parola vostra? Eppure Dio vi aiuterebbe ancora una volta, se la gran massa dei fedeli lo chiamasse con fede e amore prepotente.

Mettete – o voi tutti che, troppo pochi per controbilanciare i molti che mantengono vivo il rigore di Dio, rimanete però a Lui devoti nonostante l'ora tremenda che incombe e cresce di attimo in attimo – mettete il vostro affanno ai piedi di Dio.

Egli saprà mandarvi il suo Angelo, ved. QUI, come ha mandato il Salvatore al mondo. Non temete. State uniti alla Croce. Essa ha vinto sempre le insidie del demonio, che viene con la ferocia degli uomini e le tristezze della vita a cercare di piegare alla disperazione, ossia alla separazione da Dio, i cuori che non può prendere in altra maniera».


Howard David Johnson

Chiosa di Sebirblu

La frase iniziale del titolo: "La Luce risplende nelle Tenebre, ma... le Tenebre non l'hanno accolta" fa parte dello splendido "Prologo" di Giovanni (rintracciabile QUI, con spiegazione approfondita), e rispecchia perfettamente lo stato attuale delle coscienze, con l'aggravante che all'epoca di Gesù Egli non era ancora conosciuto, ma ora sono passati più di duemila anni dal Suo sublime insegnamento e purtroppo viene ancora rigettato.

Non c'è però da meravigliarsi, perché lo stesso Giovanni nell'Apocalisse, descrivendo le sue visioni, ha annunciato il dramma che stiamo vivendo oggi. La parabola sta per terminare. Le forze anticristiche sono disperatamente all'opera perché sanno che rimane loro poco tempo per razziare il maggior numero possibile di anime.

Il Falso Profeta argentino ha quasi raggiunto 9 anni di governo, ottemperando così all'incarico voluto da coloro che invalidamente l'hanno eletto, ossia la distruzione definitiva della Chiesa Cattolica e l'avvento dell'Anticristo. (Ved. QUI, QUI e QUI).

Mi auguro soltanto che il piccolo contributo offerto ai lettori con questo mio post, ricco di spunti per riflettere, possa aprire il cuore a molti che giacciono inconsapevoli nel buio e nella tristezza affinché la Luce del Cristo li illumini e faccia loro sentire quanto è infinito il Suo Amore.

Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it


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