domenica 21 giugno 2020

NDE: Scienza Medica e casi di Premorte a confronto




Sebirblu, 20 giugno 2020

Il 13 giugno, giorno in cui si sposarono mio padre e mia madre nel lontano 1939, allorché l'Italia devota festeggiava sant'Antonio da Padova, mi è venuto di pensare alla loro vita nell'Oltre, a come stiano, e se il loro stato interiore abbia raggiunto una certa serenità o se ancora, e mi auguro di no, rimpiangano qualcosa di terreno.

Questi pensieri sono normali per me ora, dal momento che il mio cammino di intensa ricerca spirituale ebbe inizio nel 1969, proseguendo poi per anni, fino a quando la Gran Legge Eterna mi spalancò le porte dell'Anima per farmi scorgere la sublimità della Conoscenza superiore.

Molte e profonde sono state le esperienze che, senza mai averle chieste, mi vennero concesse dall'Alto, dandomi la certezza assoluta della veridicità dell'esistenza dopo la morte.

Ma questo non mi appagava del tutto, perché l'alimento di cui sentivo la necessità era di gran lunga più importante del sapere che si sopravvive alla dipartita finale, così, nel contempo, continuavo ad abbeverarmi alla Fonte Infinita... Trovai quello che cercavo... ed era proprio COLUI che disse: "Chi beve di quest'ACQUA NON avrà più sete!" (Ved. QUIQUIQUIQUI e QUI) ...LUI, SI FECE TROVARE da me, piccola anima!!!...

Da quel tempo, non smisi mai di distribuirLA agli "esausti", agli "assetati", a tutti coloro che, incerti ed incoscienti camminano barcollando lungo l'aspra parabola dell'esistenza.

Ora, coerentemente, dedico l'articolo che segue ai tanti che ancora non sanno nulla, o si disinteressano del tutto della REALTÀ della vita oltre la "soglia" estrema.

Ma prima, ecco un video propedeutico che indurrà, con le sue testimonianze dirette, anche i più accaniti negatori a riflettere.




Lascio, quindi, ancora una volta la parola alla Scienza (come feci nel passato, QUIQUIcon un'intervista che è stata fatta al professor Enrico Facco, neurologo e specialista in anestesiologia e rianimazione, che opera a Padova. (QUI un suo breve videoclip).

Intervistatrice:

"Le NDE (near-death-experience) consistono in una serie di esperienze vissute in condizioni critiche cerebrali associate a perdita di coscienza: in questi casi, quando il paziente torna cosciente (o «rientra in sé», si noti il senso appropriato dell'uso comune del termine; ndr), racconta di aver visto l'aldilà, riferisce immagini della vita oltre la vita. Le esperienze di premorte hanno una fenomenologia precisa, estranee al momento e alla latitudine in cui avvengono. Se ne trova testimonianza anche nel passato?"

Prof. Facco:

"Questo abbraccia un argomento vastissimo che emerge nell'intera cultura umana, nelle tradizioni di tutti i tempi e luoghi. (Cfr. QUI, QUI, QUI e QUI; ndr).

Per fare un solo esempio, possiamo partire dal mito di Er, narrato da Platone, in cui il soldato creduto morto e posto sulla pira per essere cremato, si risveglia all'improvviso e racconta il viaggio compiuto nell'Ade, descrivendo quello che è l'Aldilà secondo il filosofo e scrittore antico.

Il testo è molto suggestivo e ne consiglio la lettura: Platone descrive il destino che porta le anime a reincarnarsi, a scegliere la loro vita futura in funzione di quello che hanno fatto nel passato, per poi bagnarsi nelle acque del fiume Lete e perdere la memoria prima di tornare sulla terra. (Cfr. QUI e QUI, link importantissimo: si può scaricare il prezioso libro ormai introvabile; ndr).

In questo mito troviamo diverse analogie con il concetto reincarnativo proveniente dal Buddhismo e dal Libro Tibetano dei Morti. (Cfr. QUI, QUI, QUI e QUI; ndr).

Si tratta del medesimo aspetto che rinveniamo nell'antica tradizione cristiana con la trasmigrazione delle anime descritta da Origène, Padre della chiesa, che ipotizzò uno stadio intermedio tra Inferno e Paradiso.

Le teorie di Origène vennero spazzate via dal Concilio di Costantinopoli (553 d.C. ndr), con il quale la Chiesa cassò tutto ciò che aveva a che fare con il concetto di trasmigrazione e reincarnazione, dato che nel Nuovo Testamento non ne veniva fatta menzione alcuna (apertamente, ma non sostanzialmente; ved. QUI; ndr).

La Chiesa arrivò così al tredicesimo secolo, con un vuoto dottrinario incolmabile, dal momento che si pose lo stesso problema che si era posto Origène: ed ecco che in quel periodo venne propriamente «inventato» il Purgatorio."


Josephine Wall - "Reminiscenze"...

Intervistatrice:

"Concerne dunque un evento che ha una portata culturale e filosofica di dimensioni enormi e che riguarda, prima di tutto, i concetti di vita, morte e realtà, come noi li percepiamo."

Prof. Facco:

"Le NDE, ovvero le esperienze di premorte, si inseriscono in tale contesto, anche se non spiegano nulla, al momento attuale, sulla possibilità di una vita dopo la morte, sull'esistenza della reincarnazione o altro di questo genere. Le NDE hanno un alto valore cognitivo in questa vita, indipendentemente da quello che sarà il destino del nostro corpo fisico al termine dell'esistenza." [...]

"La morte, comunque, non può essere ridotta a meccanismi biochimici e biologici – sono fondamentali e importantissimi sotto una visuale medica, soprattutto, ma non possono esaurire il problema."

Intervistatrice:

"Fino a pochi decenni fa le esperienze di pre-morte non venivano considerate dalla Scienza. Oggi, come lei stesso testimonia con le sue ricerche, hanno acquisito sommo interesse dal punto di vista scientifico. Cosa è accaduto?"

Prof. Facco:

"Le NDE sono state rifiutate a lungo dalla Scienza come tema di ricerca e di indagine perché essa, nel suo paradigma riduzionista e meccanicista, si basa su postulati e assiomi indimostrabili che hanno però una potenza culturale immensa.

Intervistatrice:

"Esse fanno parte di quei fenomeni strani, di confine, che restano in quarantena in virtù proprio della loro particolarità: non si sa in che modo avvicinarli, classificarli, studiarli. Questo però non significa che non esistano."

Prof. Facco:

"Le NDE, così come numerose altre espressioni non ordinarie della coscienza, hanno rappresentato il dominio di un terreno incerto che faceva riferimento in parte alla filosofia, in parte alla religione, in parte alla parapsicologia.

Per  tutte  le  manifestazioni  extrasensoriali  dobbiamo  cercare  di  capire  cosa  siano a livello fisiologico e che significato abbiano: quello che ignoriamo come gestire, che non rientra nel mondo rassicurante conosciuto, rimane un po' fuori dai campi di indagine scientifica e viene scotomizzato (oscurato; ndr), escluso, in quanto non considerato degno di ricerca.

Intervistatrice:

"Abbiamo una fenomenologia e una casistica specifica di questi eventi?" 




Prof. Facco:

"L'esperienza di premorte è quella di chi è in condizioni critiche (arresto cardiaco, coma, gravi emorragie) ma con la terapia intensiva viene rianimato e racconta le sue esperienze, caratterizzate sempre dagli stessi elementi ovunque nel mondo e a tutte le latitudini. 

In questo senso le NDE sono un risvolto delle moderne tecniche di rianimazione. Era sorto in Inghilterra, verso i primi del Novecento, un interesse di studio verso queste manifestazioni. Poi la cosa è andata dissolvendosi: nella visione dominante, razionale e materialista della Scienza, questi fenomeni sono stati sottovalutati e di nessuna rilevanza. (Cfr. QUI, QUI e QUI; ndr).

Se noi adottiamo l'assioma fondamentale delle neuroscienze per il quale la psiche e la coscienza sono un epifenomeno (aspetto collaterale; ndr) dei circuiti cerebrali, tutto quello che succede nelle NDE viene attribuito a disordini dell'encefalo, prodotti dal danno acuto a cui il soggetto è andato incontro, come se ci trovassimo di fronte ad una sorta di delirium o di allucinazione: fenomeni marginali o semmai di natura psichiatrica e comunque non interessanti valutati da un'ottica clinica, impegnata a curare solo il corpo, riparare il danno, e rimandare il paziente a casa."

Intervistatrice:

"E d'altronde i pazienti, dal canto loro, le hanno sempre taciute per paura di essere presi per pazzi."

Prof. Facco

"Due dei venti pazienti con episodi di NDE che analizzo nel mio libro, ossia il dieci per cento, sono stati sottoposti a trattamenti con psicofarmaci per aver raccontato la loro esperienza di premorte.

Tutto questo ci fa riflettere su quanto il pregiudizio culturale sia influente in questi casi: chi racconta una tale esperienza può essere preso per folle.

Nella Scienza, un conto è definire quale sia il confine della stessa, un altro è negare la realtà di un certo tipo di eventi solo perché non li si può catalogare con il metodo scientifico positivista: è un atteggiamento un po' riduttivo, se non integralista."

Ed ecco l'analogo parere di un altro medico, eminente cardio-oncologo, anestesista e rianimatore, il dottor Carlo Cipolla (curriculum QUI) che in questo video racconta alcune sue esperienze con pazienti che hanno vissuto le NDE.




Intervistatrice:

"L'aspetto forse più affascinante è quello delle OBE [acronimo di Out of body Experience, esperienze extracorporee; n.d.r]. Di fronte a racconti di questo tipo, come lei stesso scrive nel libro, dobbiamo rifiutarli ritenendoli non veri (ma ciò è in contrasto con i dati sperimentali raccolti), o ammettere che per ora non abbiamo gli strumenti e le conoscenze atte a comprendere di cosa si tratti?

Le prospettive aperte da alcuni concetti della fisica quantistica, come ad esempio l'entanglement (legame fra particelle di natura quantistica; ndr), che genere di luce possono gettare su un argomento come le OBE? Possiamo pensare che le attività della coscienza non abbiano sede solo all'interno del nostro cervello?"

Prof. Facco:

"Rimaniamo saldamente nel terreno scientifico ed empirico, senza fare speculazioni di tipo metafisico, ma aperto ad accettare i fatti quali sono e a non rifiutarli per una mancata coesione con le credenze scientifiche che abbiamo oggi.

Ciascuna conoscenza intellettuale parte da assiomi indimostrabili e potrebbe anche succedere che la condizione di partenza sia diversa da come l'abbiamo immaginata. Quando l'asserto salta, allora salta tutto lo scenario che ci avevamo costruito sopra.

Questo è già successo in fisica, ad esempio, con i principi del tempo e dello spazio di Newton: nell'ambito umano funzionano ancora bene, ma quando ci spostiamo nel mondo quantistico e nella teoria relativistica non sono più adeguati a descriverne i fenomeni.

La stessa cosa accade per la coscienza: noi abbiamo un'evidenza empirica su di essa come residente nel cervello. Ne abbiamo anche un'altra sul fatto che quando le aree cerebrali funzionano in un certo modo,  si è coscienti;  quando alcune si rompono,  si va in coma, e quando si riaggiustano si ridiventa coscienti. Ciò è verissimo, ma non dimostra affatto che la coscienza risieda nel cerebro.

Facciamo un'ipotesi alternativa che ho inserito nell'ultimo capitolo del mio libro dicendo chiaramente di non volerla sostenere, ma ponendola soltanto perché venisse confutata. Se non si riesce a falsarla non è però possibile accettarne a priori un'altra, in quanto tutte possono essere plausibili.


Il dr. Enrico Facco con il suo libro "Esperienze di premorte"

Se il rapporto tra cervello e coscienza fosse simile a quello esistente tra un televisore e i programmi emessi, la fenomenologia sarebbe identica, perché quando la televisione è in funzione se ne vedono i canali, se si dovesse guastare non si vedrebbero più, ma se la si riparasse, si vedrebbero di nuovo.

Solo che i programmi permangono nell'etere anche quando la televisione è spenta. Allora la fenomenologia della coscienza ci suggerisce, giustamente, che essa risiede nel cervello, ma non è dimostrabile.

Sulle OBE (esperienze fuori dal corpo; ndr) possiamo dire che sono un fenomeno vasto perché alcune persone dichiarano di sperimentarle anche in condizioni di normalità o in seguito a meditazione, oppure ad allucinazioni ipnagogiche (gli stati di sonnolenza prima del sonno; ved. QUI e QUI; ndr).




Ci sono quattro episodi di NDE segnalati nella letteratura mondiale, due dei quali nell'ambito di studi rigorosissimi: uno di questi è stato pubblicato su «Lancet» e un altro è uscito recentemente su «Resuscitation».

Si tratta di racconti di pazienti che quando sono usciti dal coma hanno descritto tutto quello che era accaduto durante la fase di arresto cardiaco, stato in cui l'EEG è piatto (l'elettroencefalogramma; ndr), il flusso cerebrale durante la rianimazione cardio-polmonare sussiste, ma è così basso da non permettere alcuna forma di coscienza e la morte è incipiente.

Siamo in una condizione in cui non sarebbe possibile avere alcun tipo di questi fatti, secondo ciò che conosciamo. Ebbene questi pazienti non solo hanno avuto esperienze e le hanno riportate, ma hanno anche esposto esattamente tutto quello che è successo durante la fase di arresto.

Un ultimo evento raccontato con precisione da Sam Parnia [un medico, specialista in anestesia e rianimazione, una delle massime autorità sul rapporto mente-cervello, sullo studio scientifico della morte e sulle diverse esperienze ai confini di essa; n.d.r.] riporta la visione precisa di un paziente sul (grafico) bip-bip apparso sullo schermo del defibrillatore automatico.

Da quella descrizione e dal fatto che il ciclo di defibrillazione ventricolare dura tre minuti, Parnia ha concluso che l'ammalato ha avuto almeno tre minuti di coscienza e di percezione del mondo esterno durante quel periodo, il che non è spiegabile con le conoscenze correnti di neurofisiologia e di neuroscienze. Però non possiamo rifiutare questi eventi perché non collimano con gli assiomi e le nostre credenze odierne."

Intervistatrice:

"Lei è specializzato in anestesiologia e rianimazione per cui immagino che i confini tra la vita e la morte, tra la coscienza e l'incoscienza siano per lei territori all'ordine del giorno da diverso tempo.

Nonostante questa vicinanza lei ha deciso di esplorare senza pregiudizi un tema di confine come quello delle NDE spesso relegate nei territori della parapsicologia. Inoltre si occupa anche di medicina tradizionale cinese e ipnosi.

Cosa l'ha spinta verso un tema così spinoso come le NDE e verso campi che per la maggior parte dei medici ancora cozzano con il sapere scientifico?"




Prof. Facco:

"Per quanto riguarda le NDE, diciamo che è proprio lavorando sui margini che si ha maggiore possibilità di scoprire qualcosa di nuovo e di interessante rispetto a quello che è il cuore di ogni materia scientifica.

Ma, al di là di ciò, vi sono ambiti di studio molto coinvolgenti che si trovano al limite tra varie discipline e proprio per questo sono difficili da analizzare, anche dal lato pratico delle misurazioni e della costituzione dei team di ricerca.

Eppure, in questi settori si presentano fenomeni clinicamente rilevanti che vengono sottodimensionati, sottostimati e poco studiati proprio perché non hanno una parte centrale nel ramo di chi ci lavora.

Io ho sempre operato in questi campi interdisciplinari e di confine. Quando nel 1980 ho iniziato ad occuparmi dei coma in rianimazione, mi sono voluto applicare alla neurofisiologia perché, secondo me, indagare sull'attività elettrica del cervello in quegli istanti era un fatto basilare per conoscere cosa fosse veramente un coma, e avere informazioni sulla prognosi.

All'epoca si diceva che l'elettroencefalogramma non serviva a niente e che non dava alcuna informazione; il problema era come veniva letto e interpretato. Accadeva questo: il neurologo e il neurofisiologo non vivevano in rianimazione, quindi non vedevano i pazienti in stato comatoso; l'anestesista non si occupava di neurofisiologia e dunque c'era un vuoto. Io in questo vuoto ho fondato venticinque anni di studi ed analisi che hanno dato ottimi risultati.

Per quanto riguarda la medicina tradizionale cinese, posso dire che non l'ho appresa e praticata per avere uno sbocco professionale, ma ho cominciato ad interessarmene e a leggere testi di filosofie orientali quando avevo 16 anni: questo è un punto un po' misterioso per me perché nessuno mi ha mai spinto verso questi temi parlandomi della Cina o dell'estremo Oriente. Ma da allora non ho mai smesso di interessarmi alla filosofia Zen e al Taoismo che ancora adesso sono le mie letture preferite.

Nel 1972 ho conosciuto l'agopuntura, ed ho iniziato a seguirla e a praticarla, cosa che all'epoca era come pensare di andare oggi, ad abitare su Marte. Questa medicina si basa su presupposti ed assiomi completamente diversi dai nostri, che per noi sono pure difficili da comprendere in maniera diretta, ma funziona, e non è priva di fondamento: vi sono pazienti che rispondono meglio a questo genere di medicina piuttosto che alla nostra, soprattutto per quel che riguarda i disturbi funzionali."




Intervistatrice:

"Abbiamo ospedalizzato la nascita e la morte, le abbiamo allontanate dalle nostre case, dall'ambiente familiare, dai riti che le accompagnavano, con il risultato che ne abbiamo sempre più paura... Questo è un grosso problema e si tratta di un fatto culturale che noi stessi abbiamo costruito."

Prof. Facco:

"Abbiamo avuto uno sviluppo tecnologico velocissimo, infinito, con cui non riusciamo a tenere il passo; contestualmente le religioni sono scese di valore nell'immaginario collettivo, mentre la scienza unitamente al pensiero laico, materialista e razionale, ha acquisito sempre più credito.

Ma in tutto questo non abbiamo chiaramente superato l'angoscia del decesso, anzi si è accentuata, perché non avendo più una visione che arrivi oltre l'esistenza fisica si giunge là dove essa diventa minaccia di annientamento.

La morte è stata oscurata nel XX secolo; è uscita dalla nostra vita di tutti i giorni: in questo senso è come la pornografia, è illecita, è fuori dalla scena, è oscena. Siamo preda di un rifiuto totale e nello stesso tempo di un'attrazione altrettanto totale per essa, per cui passiamo tutta la vita a leggere di cronaca nera, a guardare film di morti ammazzati e così via.

La gente vive nell'illusione di essere immortale e quando si trova di fronte ad una malattia o agli anni che passano e quindi alla fine che si avvicina, arriva la tragedia. La tragedia dell'Ego che si vede annichilito e che non ha strumenti per capire che senso ha la sua esistenza, ma lo riacquista soltanto se include nel concetto vita anche quello di morte.

Il trapasso non è un dramma, e nemmeno l'opposto della vita: è solo una sua parte inscindibile e se così non fosse, ovvero se avessimo vita eterna, questa sì che sarebbe una vera tragedia: il peggiore degli stati totalitari, la peggiore delle condanne, un ergastolo eterno."




Concludo, augurandomi che sempre più persone comincino a volersi interessare, finalmente, di cosa accadrà nell'attimo fatale in cui dovranno lasciare il proprio corpo fisico.

È una vera follia partire per un viaggio e non conoscerne la destinazione, che tipo di "clima" si dovrà affrontare e quale "lingua" si parlerà per farsi capire... a pensarci bene, è inconcepibile l'indifferenza generalizzata...

Relazione e cura: sebirblu.blogspot.it

Fonte: tuseiluce

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