Sebirblu, 3 novembre 2024
È terminato il giorno della commemorazione dei defunti e, volutamente, scrivo oggi perché considero la "morte" soltanto una liberazione da tutto ciò che è fardello, fatica e affanno.
Così come uno studente arrivato alla conclusione dei suoi studi teme il giorno degli esami desiderando che si chiuda al più presto a coronamento dell'impegno profuso durante gli anni, parimenti l'essere, risvegliatosi al senso della vita nel suo continuo sperimentare terreno, attende fiducioso l'esito della prova, confidando nell'Amore Infinito.
La sua Coscienza (Voce di Dio in noi) emetterà il giudizio finale, poiché ogni pensiero, parola o azione da lui compiuti emergeranno dalla memoria, nitidi, presentandosi come sequenza viva di immagini il cui protagonista principale è l'individuo stesso. È il "Nastro di Vita" che, ineluttabilmente, sancirà il grado evolutivo raggiunto.
Noi stessi valuteremo, all'istante, la promozione a "classi superiori" o la "riparazione" per le "materie" non apprese a sufficienza (il male fatto e le omissioni di soccorso), ripetendo l'anno scolastico, ossia l'esistenza, finché perdura la terza dimensione.
"Alla fine della nostra vita non conteranno le nostre prestazioni e le opere mondane compiute, non ci verrà chiesto se eravamo cattolici o protestanti o cos'altro, perché le testimonianze di esperienze di premorte ci dicono che prima di tutto, e soprattutto, dovremo chiederci quanto abbiamo amato.
Nulla è permanente, niente e duraturo, ma questo è proprio ciò che noi esseri umani non riusciamo ad accettare. Percorrendo un cammino esoterico, iniziamo d'un tratto a cogliere la fugacità e ci rendiamo fulmineamente conto di quanto ci aggrappiamo alle cose, inseguiamo idee, siamo tormentati da paure.
Ci accorgiamo dei paraocchi che indossiamo nella nostra vita. Ho la convinzione che noi umani ci evolveremo fino al punto di non temere più la morte; riconosceremo in essa la grande trasformatrice e le daremo il benvenuto.
Gli alberi fioriscono, le foglie cadono, le stagioni si ripetono. Dalle scorie rinasce la vita: senza la morte e la distruzione questa non ci potrebbe essere. Il vero miracolo dell'esistenza è la sua continua trasformazione. Nascere, vivere e morire costituiscono la sua perfezione.
La beatitudine non è una situazione statica che raggiungeremo chissà quando in un lontano futuro. È invece uno sperimentare ed accettare la giustezza di questa danza divina di nascite e morti, come si presenta nella vita stessa.
Il nostro ego si oppone, usando ogni trucco. Questo 'io', per quanto ridicolo a volte possa sembrare, vorrebbe vivere in eterno. Non ci si può aspettare che l'ego rinunci di buon grado alla propria egemonia.
Nella misura in cui muore il nostro piccolo 'io', questo aggregato di processi psichici pauroso, disperato, aggressivo, opportunistico, manipolante, e troppo di rado gioioso, si sviluppano di pari passo la fiducia, la vera gioia e una ferma speranza.
Ma evidentemente non ci interessano affatto l'evoluzione del Principio divino caduto (ved. QUI, QUI e QUI: ndr), lo sviluppo dell'Universo, la molteplicità dei frangenti. Ci interessano solo l'«io» e il «mio»."
[Brano di Willigis Jäger, estratto dal film-documentario (e libro) «Attraversando il Bardo*. Sguardi sull'Aldilà» di Franco Battiato, esposto qui di seguito; ndr].
*[Il 'Bardo' è l'intervallo di tempo che, secondo la cultura buddista, sta fra la morte e la rinascita; ndr].
"Il passaggio dalla vita a quella che chiamiamo morte è l'argomento rimosso dei nostri tempi. Ma in realtà la morte non è fine. Non è inizio, ma passaggio". Così scriveva Franco Battiato ne «Lo Stadio Intermedio», libro del 2016."
Se c'è una persona che ha mostrato al mondo la determinazione, il trasporto per le cose superiori, l'anelito di salire sempre più abbracciando la Terra e i popoli che la abitano, questo è proprio lui.
Ha compreso che l'Oriente (e in modo particolare il Tibet), racchiude in sé dei valori spirituali preziosissimi, pur non avendo conosciuto il Cristo che, infatti, si manifestò nella sua congiunzione media con l'Occidente al buio, corrotto e pagano, portandovi la Luce, ved. QUI.
Ecco alcuni magnifici pensieri del prestigioso autore:
Di questo eclettico artista, riporto il commento di Michele Nigro. (QUI, QUI e QUI, sito, recensione e profilo).
«Le parole di Franco Battiato continuano a risuonare, attraversando il tempo e lo spazio, come un'eco che non si spegne mai.
La sua musica, così intrisa di spiritualità e introspezione, ha lasciato una traccia profonda in chiunque l'abbia ascoltata. In ogni nota, in ogni verso c'è la presenza di un'anima che ha saputo indagare il senso profondo dell'esistenza, il mistero della vita e della morte, e la bellezza che si cela nell'invisibile dietro l'ombra della Luce.
Battiato è ovunque: è nel ricordo di chi lo ha amato, nelle canzoni che continuano a risuonare, in quel "seme" che ha piantato e che fiorisce ogni volta che qualcuno riscopre il suo messaggio. Non siamo mai nati, non siamo mai morti... l'essenza dell'essere, secondo la sua visione, è eterna, come la sua arte.»
Lo stesso Nigro aveva già attirato la mia attenzione per il suo interessante sito, e dal momento che anch'egli ha nominato e visto il cortometraggio di Battiato relativo al tema della morte, ne riporto alcune sue considerazioni:
«[...] ho voluto rivedere il filmato "Attraversando il Bardo. Sguardi sull'Aldilà" del cantautore siciliano e in questo caso anche regista, nel quale viene descritto da diversi punti di vista il fenomeno della morte che un certo materialismo edonistico, di stampo prevalentemente occidentale, ci ha insegnato a temere e a cancellare dalla nostra vita in quanto argomento scomodo, intristente, malaugurante. Un tema da evitare anziché accogliere, abbracciare, fare proprio.
Dove va a finire, o meglio, in cosa si trasforma dopo la morte quell'essenza della nostra persona che per praticità acquisita da tradizione secolare abbiamo chiamato anima? Nel suo documentario Battiato non intervista solo monaci buddisti ma anche scienziati, psichiatri, teologi, filosofi: tutti convergono verso un unico punto riguardante l'immortalità della nostra essenza. (Cfr. anche QUI; ndr).
La morte dovrebbe essere vista come un'opportunità per conoscere una nuova vita oltre questo corpo limitato, e non come la fine di tutto; un'occasione estrema che richiede serena preparazione e non gesti apotropaici, per realizzare l'unica, vera conoscenza a cui siamo destinati.
Arrivare a questa certezza non per cieca fede dogmatica ma attraverso un aperto confronto esperienziale grazie al quale un fisico che si occupa di meccanica quantistica giunge, anche se descritte con linguaggi diametralmente opposti, alle medesime conclusioni di un monaco tibetano che non ha mai messo piede in un laboratorio di fisica. Spiritualità e scienza non sono state mai così vicine. [...]
L'ego, che ha vissuto un'intera vita attaccato ai sensi, agli istinti di sopravvivenza e ad altri espedienti limitanti, è preoccupato per quello che sarà costretto a lasciare su questa Terra; corpo, beni materiali, affetti, passioni, esperienze appaganti, illusioni esaltanti e altre "piccole gioie quotidiane": ci penserà "una torma di vermi" a ridurre tutto all'osso, ovvero a ripristinare una condizione zero da cui ripartire.
Emanciparsi "dal gravame della carne": la morte come liberazione dal sé stesso fallimentare, limitato, assediato dall'Io che tutto accentra e imprigiona.» [...]
E ancora:
«... la consapevolezza di possedere una mente che "non ha inizio" (e che quindi non ha un termine), che siamo in interazione col Tutto, che la morte non è la fine ma un'opportunità straordinaria di conoscenza ed è una festa per l'anima, sono verità che la nostra cultura materialistica da sempre mantiene a una certa distanza, e che al contrario potrebbero donarci già in vita un'autentica pace interiore.»
Qui di seguito un video, assolutamente da vedere, dell'antropologo e amico fraterno di Battiato, prof. Martino Nicoletti, che espone in modo magistrale il contenuto esoterico delle sue canzoni.
Il cantautore, a tre anni e mezzo dal suo trapasso avvenuto il 18 maggio 2021, rimane l'emblema ideale del ricercatore di sé stesso, che ha percorso instancabile tutte le strade offertegli dalla vita, per darle un senso, e scoprire che nemmeno la "morte" può bloccare chi riesce ad elevarsi verso il cielo e diventarne parte integrante.
Ed ecco un'ottima intervista, mandata in onda dalla TV svizzera che evidenzia, oltre all'eleganza del bravo conduttore, la grande signorilità e l'ampia cultura di un uomo che, al pari di una brillantissima cometa, solca gli spazi celesti facendosi notare ed ammirare preferibilmente da coloro che volentieri, e di buon grado, distolgono lo sguardo dalla Terra.
Relazione e cura di Sebirblu.blogspot.it